Coppie di fatto, la sfida di Fassino

Un metodo ragionevole e rischioso quello con cui Piero Fassino prova ad uscire dallo stallo sui Dico. Ragionevole, perché dopo la prova di forza (perduta) del Family Day il segretario Ds non si è rintanato nel fortino dell’orgoglio laicista ma tenta di far avanzare le vere ragioni dei laici per la tutela delle coppie di fatto. Rischioso, perché Fassino dovrà essere forte e determinato lungo il sentiero assai stretto che sembra voler percorrere. Dovrà quindi puntare sul serio all’obiettivo della garanzia dei diritti individuali di coloro che scelgono di vivere la propria vita affettiva fuori dalla famiglia tradizionale ed eterosessuale. E dovrà soprattutto evitare di dar ragione oggi agli uni e domani agli altri, nel tentativo sempre fallimentare di accontentare ogni diverso gruppo di pressione a seconda dei mutevoli umori di coalizione e dell’andamento dei sondaggi. Si dirà forse che Fassino stia giocando una mossa tattica della più vasta contesa per la leadership del Partito democratico. Ma ci sembra che lo spirito di questa sua iniziativa sia un altro. Quello ad esempio con cui la parte più avveduta del centrosinistra, su iniziativa di Ignazio Marino, sta lavorando da tempo per una soluzione legislativa sul testamento biologico. Ovvero sul fronte di scontro bioetico da cui saremo tutti coinvolti nelle prossime settimane.

E tutti significa davvero tutti. Perché se la tutela delle coppie di fatto interroga le nostre coscienze ma riguarda direttamente solo una parte della società, ognuno di noi dovrà prima o poi fare i conti con la fine naturale della vita e con i limiti che vorrà porre all’azione dei medici. Su un tema tanto complesso e delicato, Ignazio Marino ha scelto di uscire dallo scontro «eutanasia sì – eutanasia no» per perseguire un obiettivo più ambizioso: tutelare il nostro diritto a decidere in piena lucidità e consapevolezza i confini delle cure che potranno essere effettuate sul nostro corpo malato, una volta che sarà perduta ogni ragionevole speranza di recuperare l’integrità intellettiva.

Lo ha fatto con pacatezza e senza clamore, forte dell’esperienza morale e pragmatica che ha accumulato da medico negli Stati Uniti. E lo ha fatto come cattolico e uomo di sinistra, non come «cattolico di sinistra» nell’accezione tribale che siamo soliti attribuire a questo termine tutto italiano. Anche per questo si è guadagnato il rispetto e l’ascolto di quanti in Parlamento, pur muovendo da posizioni molto diverse, oggi sono disponibili a definire una soluzione che avvicini l’Italia alla gran parte dei Paesi occidentali che hanno da tempo garantito questa elementare norma di civiltà. Che niente ha a che fare con la pratica dell’eutanasia, nonostante il fuoco di sbarramento preventivo con cui una parte della Chiesa cattolica ha già iniziato a confondere le acque.
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Il testo integrale dell’articolo di Andrea Romano è stato pubblicato sul sito de La Stampa

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