La disfida dei darwinisti

Non contro Darwin, ma in opposizione al darwinismo. Stando ben attenti a non fare del cosiddetto creazionismo una nuova ideologia, pericolosa per la fede. Stanley L. Jaki, docente alla Seton Hall University di South Orange, nel New Jersey, e noto studioso del rapporto tra teologia e scienza, non ha dubbi: «Sia darwinisti che creazionisti hanno posizioni rispettivamente incomplete». Di passaggio nei giorni scorsi a Verona per una conferenza – nel capoluogo scaligero ha sede Fede & Cultura, diventato il nuovo editore del sacerdote magiaro-americano (ultimo lavoro pubblicato, Cristo e la scienza) – Stanley L. Jaki affronta l’attualissimo tema delle relazioni tra la comprensione biblica della Creazione e la teoria evoluzionistica di Charles Darwin. Proprio a Jaki il cardinale di Vienna Cristoph Schönborn aveva dedicato alcuni importanti passaggi della sua recente prolusione tenuta al Marcianum di Venezia su «Fides-ratio-scientia: dove è situato attualmente il dibattito sull’evoluzionismo?». A Jaki – premio Templeton nel 1987 – Schönborn ha riconosciuto il merito di aver smascherato la pretesa anti-teologica di Darwin. Ma, attestato ciò – secondo il teologo benedettino – non bisogna fare generalizzazioni e rigettare interamente quanto proposto dal naturalista di Shrewsbury: «Lui stesso aveva ammesso di non aver mai osservato, in nessun caso, la trasformazione di una specie in un’altra. Tuttavia ha affermato che il meccanismo da lui proposto per spiegare il gran numero delle specie e la loro sequenza era corretto».
Di quale meccanismo parla?
«Quello dell’evoluzione, che si basa su due fattori: la differenza tra genitori e prole, che è ovvia, e l’impatto dell’ambiente fisico su tale differenza. Da Darwin in poi questo meccanismo è stato abbondantemente investigato, in parte grazie allo sviluppo della genetica, che permette di misurare in profondità queste differenze fino ad arrivare al livello molecolare».
Quali sono le indicazioni a favore dell’evoluzione?
«La distri buzione geografica dei viventi e dei fossili, la loro sequenza temporale, gli organi omologhi e lo sviluppo filogenetico. Ma tali affermazioni si basano sull’abilità mentale dell’uomo di fare generalizzazioni ed estrapolazioni: è per questo che la filosofia di stretta osservanza materialista – connessa con il darwinismo dal punto di vista ideologico – distrugge il valore dimostrativo della stessa teoria di Darwin».
Qual è la relazione tra darwinismo e cristianesimo?
«Tra le basi della fede cristiana c’è la dottrina della creazione. L’affermazione di un un Creatore infinitamente potente e intelligente comporta anche l’idea che la sua creazione sia totalmente connessa e coerente. Tale principio, in altri termini, afferma cioè che il mondo materiale opera esclusivamente per cause secondarie. Anche nella Rivelazione biblica niente indica che Dio abbia creato le varie specie separatamente. Dal punto di vista della fede cristiana è dunque molto sospetto il fatto che per contemplare il mondo materiale, compresi gli organismi viventi, si debba assumere la posizione secondo cui un tale mondo non possa operare in modo autonomo».
A suo giudizio, da cosa è causato l’attrito che spesso esiste tra chi professa la fede cristiana e coloro che sostengono l’evoluzionismo?
«Molti teologi non hanno voluto comprendere che la Rivelazione ci fu non per spiegare come vanno i cieli, ma come si va in cielo. D’altro canto molti darwinisti non hanno ammesso che il meccanismo darwinista non dà prove concrete a proposito della trasformazione graduale da una specie a un’altra. In modo particolare, questi ultimi non hanno valorizzato l’aspetto metafisico delle indicazioni prima accennate. Dunque l’attrito è originato da un conflitto di posizioni rispettivamente incomplete».
[…]Il testo integrale dell’articolo di Lorenzo Fazzini è stato pubblicato sul sito di Avvenire

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