Per molti il ricordo di Derek Humphry è legato ad un manuale contenente le indicazioni per suicidarsi (Eutanasia: uscita di sicurezza, 1992). Sebbene questa sia una visiona caricaturale, è pur vero che la battaglia a favore della libertà del morire implica anche la trattazione del “come” morire. E in uno Stato che si oppone all’idea di legalizzare l’eutanasia i cittadini sono abbandonati a loro stessi anche nella ricerca dei mezzi pratici. Humphry ha così descritto vari modi per procurarsi la morte, oltre a sostenere le ragioni della libertà del morire. Una libertà che è da intendersi principalmente come assenza di coercizione legale: uno Stato dovrebbe impedire legalmente il ricorso all’eutanasia e per quali ragioni? Nel tentativo di fornire una risposta si intrecciano inevitabilmente aspetti intimi e personali e aspetti pubblici; e non si possono eludere temi fondamentali quali il fondamento della legittimità e l’estensione dell’azione dello Stato e i confini della libertà individuale, l’eventualità di includere il diritto a morire tra i diritti fondamentali e la difficile conciliazione di valori tanto distanti come l’indisponibilità della propria esistenza e la libertà di disporne – questione tanto più rilevante quanto più spazio viene concesso alle considerazioni morali nel dibattito politico.
Cofondatore della Hemlock Society (1980) oggi ribattezzata End of Life Choices (2003), per una prudenza terminologica ai limiti dell’ipocrisia, Humphry torna a parlare di eutanasia con Liberi di morire.Articolo di Chiara Lalli pubblicato sul blog Bioetica