Family Day, tra Stato e Chiesa

Un paio di anni fa, il partito popolare spagnolo, con l’ausilio della Chiesa cattolica, portò in piazza centinaia di migliaia di persone contro il matrimonio tra gay. Anche allora, la parola d’ordine fu “difendiamo la famiglia”.Gli organizzatori dichiararono il trionfo della manifestazione,a cui, secondo loro, parteciparono un milione di persone. Siccome tutto il mondoè paese, le cifre dettate dalla “questura” di Madrid ridimensionarono il numero dei partecipanti.

Comunque, il vice primo ministro del governo Zapatero rilasciò una dichiarazione, il giorno dopo. Ella disse che il numero dei partecipanti alla manifestazione in difesa della famiglia e del matrimonio tra eterosessuali era sicuramente sproporzionato al numero dei cittadini aventi eventualmente diritto al matrimonio omosessuale. Cioè c’era stata più gente in piazza di quanti avrebbero potuto usufruire del diritto al matrimonio tra gay. Ma il vice-primo ministro aggiunse un’altra cosa, molto importante: anche se si fosse trattato di tutelare il diritto di un solo cittadino spagnolo, toglietevi dalla testa che il nostro governo non avrebbe fatto una legge giusta.

Ecco il punto della questione: chiunque voglia scendere in piazza per aderire al Family Day, sappia che esercita un diritto sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana, che garantisce il diritto a tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero. E se quel pensiero è appannaggio di una esigua minoranza, la nostra Costituzione lo deve tutelare. In sostanza: vuoi contrarre matrimonio? La legge te lo garantisce. Vuoi sposarti solo civilmente? Vuoi sposarti solo religiosamente? Vuoi fare tutte e due le cose? Non vuoi fare nessuna delle due? La legge te lo garantisce. Coppie di fatto (etero, gay, trans) o di coscienza (ex amanti, conviventi tra parenti) devono avere il diritto di veder rappresentate dalla legge i loro comportamenti. La convivenza sotto lo stesso tetto può anche non essere sessuale (basta pensare alle perpetue dei parroci).

Anche perché, se legalizzati, questi legami implicano doveri, cioè un impegno formale di fronte alla collettività. E? giusto, è bello, è civile. Questo garantisce la Costituzione. Questo non è vietato dal Vangelo, né dai Vangeli. E quand’anche qualcuno volesse dargli una lettura restrittiva, la legge più estensiva sana le restrizioni precedenti. E quantunque uno non volesse aderire a una norma è libero di comportarsi da persona civile, senza che nessuno lo obblighi ad aderire o a rinnegare il proprio credo. Anche questo è nella nostra Costituzione. Non è nella nostra Costituzione, invece, il diritto a trasgredire la Legge : le obiezioni di coscienza, cioè il venir meno all’obbligo di prestare cure a chi esercita il diritto di usufruirne è illegale. Interruzione della gravidanza e il divorzio sono tutelati dalla Legge italiana.

Quanto alla reale condizione economica e sociale della famiglia in Italia, bisognerebbe chiedere a Savino Pezzotta, ex sindacalista della Cisl, attualmente tedoforo del Family Day, se è riuscito, almeno, a fare i conti con la sua coscienza.
Come capo della Cisl sottoscrisse il “Patto con l’Italia” di Berlusconi, spaccando non solo l’unità sindacale, ma sottoscrivendo l’idea neoliberista che faceva del Wellfare carne da macello.

Perché le cose che riguardano i nuclei famigliari in Italia sono meno ideologiche e molto pratiche: i lavoratori dipendenti guadagnano poco, le donne sono sfruttate, i figli sono precari, le case costano molto, la spesa sociale non copre più né la sanità, né i trasporti, né gli asili nido, né l’assistenza agli anziani. Questo è la famiglia nell’epoca del neoliberismo, questo è la famiglia nell’era del “meno stato, più mercato”. La presenza e l’adesione dei leader del centro-destra al Family Day è una beffa: sono loro e le loro politiche, al Governo fino all’anno scorso, che hanno fatto male alla famiglia, e a ciascuno dei membri di una famiglia italiana.

E’ successo spesso nella Storia che il nemico non è quello che hai davanti (i Dico) ma quello che hai a fianco ( la Cdl ). C’è da spendere una parola per un paio di ministri del governo Prodi che smaniano all’idea di andare a San Giovanni. Entrambi sembrano arlecchini in cerca di due padroni: lo Stato e la Chisa. La citazione non è soltanto obbligata dalle celebrazione del tricentenario della nascita di Carlo Goldoni, ma dal fatto che molti membri di governo devono smetterla di fare “la commedia dell’arte” a fini elettorali. Tra Stato e Chiesa non c’è solo il Tevere.

La fede e la democrazia non sono conciliabili. La fede restringe, la democrazia estende. A tutti, senza distinzione di razza, credo, sesso e appartenenze geografiche, etniche e linguistiche. Da questo punto di vista, lo Stato italiano deve fare molti passi avanti, lo Stato del Vaticano molti passi indietro. Urbi et Orbi.

Articolo di Marco Ferri pubblicato sul sito Megachip

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