Sei milioni di figli in meno. Sono quelli che gli italiani avrebbero voluto in questi ultimi trent’anni, e che poi non si sono sentiti di mettere al mondo. All’incontro su “Famiglia e generazioni” il demografo dell’Università Cattolica Alessandro Rosina spiega che, stando alle ricerche, le donne in Italia desiderano 2 figli. Oggi i nati in un anno sono 500 mila, ma nel 1977 le 800mila nascite corrispondevano esattamente a quei due figli a testa. Se gli italiani avessero potuto in questi trent’anni seguire i loro desideri, saremmo in sei milioni in più. È il primo elemento, in questo incontro fra demografi e sociologi, di una radiografia lucida e quasi spietata della crisi della famiglia italiana. Già contenuta in una cifra, il divario fra desiderio e realtà. Ragioni culturali o strutturali – problemi economici, carenza di politica e di welfare – dietro questa fetta di Italia che non c’è? Giovanni Sgritta, docente alla Università La Sapienza, indica una ostinata carenza della politica, e ritardi “colossali” nelle misure per la famiglia. A fronte dei quali il calo della fecondità sarebbe una sorta di legittima difesa, il «tentativo di ridurre i danni». Numeri, e in abbondanza, a disegnare il check up di una famiglia malconcia. Sullo schermo, le slides delle statistiche lasciano pochi dubbi. Alessandro Rosina parte col tasso di rischio povertà: per le famiglie con 3 figli, in Italia è attorno al 37%, contro il 23 % della Francia e il 4% svedese. Peggio di noi, solo il Portogallo.
Percentuale di figli maschi fra i 30 e i 34 anni in casa con i genitori: 36% al Nord, 43%. In Europa la maggioranza dei figli a 25 anni è fuori di casa. E certo conta la maggiore “protettività” della famiglia mediterranea. Ma, forse, anche provvedimenti come gli “allocation lodgement” francesi, con cui i giovani si pagano l’affitto, o misure di ammortizzazione sociale del lavoro precario (sullo schermo della sala, prima dei lavori, passa e ripassa la faccia di una giovane lavoratrice “a progetto”. «Quando ho detto all’azienda che ero incinta e che chiedevo come da legge una pausa per la maternità, mi hanno risposto: quale progetto? Il suo progetto non c’è più»). Dimostrazione ulteriore di come le istituzioni – l’ha fatto notare il sindaco di Milano, Letizia Moratti – non possano più provvedere ai servizi per la famiglia con modelli standardizzati, ma devono dare più spazio a soluzioni elastiche ispirate al principio di sussidiarietà.
Anziani. gli ultra 65enni sono il 20% della popolazione, nel 2040 saranno oltre il 30%. Gli ultraottantenni, che erano 2, 5 milioni nel 2005, saranno triplicati nel 2050, e non si capisce come sarà possibile garantire assistenza adeguata a quasi otto milioni di persone in alta percentuale in salute precaria. Le cure agli anziani in Italia tradizionalmente sono affidate alle donne, ma già oggi, dice Laura Sabbadini dell’Istat, il problema è che le donne, tra lavoro e figli e vecchi, e con il 73 % delle cure familiari a loro carico, «non ce la fanno più». Ma l’invecchiamento della popolazione influirà anche su un aspetto poco considerato: attorno al 2010 gli elettori over 65 sorpasseranno quelli sotto ai 35 anni. Nel 2045 il voto dei più giovani peserà la metà di quello dei vecchi. E siccome la politica rincorre il consenso, il rischio potrebbe essere quello, dice Rosina, di una gerontocrazia – di una politica che sempre più trascuri gli interessi di chi verrà dopo, avviando una decadenza.
Il matrimonio. Nonostante il diffondersi delle convivenze, dice il professor Rosina solo il 20% dei giovani lo considera una istituzione superata.
Il testo integrale dell’articolo di Marina Corradi è stato pubblicato sul sito di Avvenire
“Sei milioni di figli in meno. Sono quelli che gli italiani avrebbero voluto in questi ultimi trent’anni, e che poi non si sono sentiti di mettere al mondo.”
Per fortuna! Non ne abbiamo già abbastanza di problemi? Ci mancherebbero solo 6 milioni di cittadini in più ai quali dare scuola, assistenza, lavoro etc. Ma cosa credono? che l’Italia sia l’America(dei tempi dei pionieri)? Semmai è nei paesi in via di sviluppo che dovrebbero fare meno figli, qui la terra sta scoppiando, coglioni! Non volete capirlo?
Forse g.b. si è espresso con toni un po’ duretti, ma non ha fatto che ribadire una innegabile verità.
Si noti come l’articolista tenta la carta del “timore del futuro”, chiedendo tendenziosamente: “non si capisce come sarà possibile garantire assistenza adeguata a quasi otto milioni di persone in alta percentuale in salute precaria”. Eppure, la risposta è perfino ovvia: verrano sottratte risorse e personale ad altri campi (per lo più superflui, come ad esempio il settore viaggi e turismo) per destinarle laddove la gente (gli anziani) sarà disposta a spendere. A meno che, cosa molto probabile, i fondi che ATTUALMENTE la numerosissima generazione dei 35-55enni (fate un salto sul sito dell’ISTAT e fate quattro calcoli) sta versando in misura sovrabbondante vengano vergognosamente sperperati. Il vero problema non sono gli anziani di domani, ma le cicale e i ladri di oggi.
Anche quei furbacchioni che continuano ad insistere sulla falsa soluzione dell’aumento dell’immigrazione ci prendono per i fondelli, perché “dimenticano” di dirci la cosa più ovvia: che i giovani immigrati di oggi saranno anch’essi anziani nel futuro prossimo e richiederanno a loro volte cure su cure. Ah, già, ma basterà far più figli e far venire altri giovani dall’estero…
Avete poi mica sentito parlare della scuola (giusto per fare un esempio) come servizio costosissimo sul quale occorre produrre tagli su tagli? Bene, se aumentassero le nascite sarebbero praticabili solo due soluzioni: aumentare gli alunni presenti in ciascuna delle classi (già oggi oscillano tra i 23-28) e ridurre la qualità/quantità dell’istruzione pro-capite; oppure aumentare la spesa per l’istruzione dei giovani. Il che significa che gli anziani costano, ed i giovani pure.
Davvero si vuole accettare una discussione basata sul principio che le persone sono un “costo” o un “beneficio”? Bene, allora provate a ragionare sul fatto che gli unici che NON “costano” sono coloro che non nascono, e l’inconsistenza di un’impostazione di questo tipo dovrebbe saltarvi agli occhi.
E poi… e poi… ultimo ma non meno importante… volete mettere l’impatto sull’ambiente di ulteriori sei milioni di Italiani? Pensate al casino che sta succedendo proprio in questi giorni a Napoli, per una cosa tutto sommato quotidiana come lo smaltimento dei rifiuti. Bene, per inciso la città di Napoli conta meno di un milione d’abitanti (Wikipedia: 979.409), l’intera area metropolitana ne conta circa 3.100.000 (Wikipedia). Che vorremmo fare? Aggiungere SEI città come Napoli o DUE aree metropolitane grandi come l’immensa e invivibile conurbazione che già sta dando tutti quei problemi?
(per evitare alzate di scudi improprie, faccio presente che avrei potuto parlare di Milano, 1.302.002 il comune e 3.700.000 l’area urbana, e dei suoi problemi con l’acqua e con l’aria – il fatto che Milano sia meno di moda in questi giorni è irrilevante)
C’è poi la questione idrica, la questione del cambiamento climatico, la questione energetica, la questione della contaminazione del territorio, la questione della congestione che ostacola la mobilità, la questione della riduzione della libertà individuale dovuta all’esigenza di regolamentazioni sempre più strette alla vita quotidiana, la questione della devastazione del paesaggio…
Tutte questioni nelle quali la numerosità della popolazione ha un peso CENTRALE, per quanto non la si senta mai nominare come PROBLEMA DA AFFRONTARE E RISOLVERE a livello locale, nazionale, mondiale. LI’ occorre il coraggio di riformare alla radice e con energia.
Per dovere di cronaca: nel quinquennio 2001-2006, la popolazione in Italia è cresciuta ufficialmente di ben DUE MILIONI di abitanti (ISTAT) ai quali occorre aggiungere gli illegali, per loro natura non censiti. Terrificante. L’ennesimo fallimento.
Proviamo a chiederci il perché di tanti “problemini”, prima di permettere che dei venditori di sciocchezze come coloro che caldeggiano ulteriori aumenti della popolazione ci mischino in malo modo i neuroni. Deridere ed umiliare con la forza della ragione questi mistificatori è un dovere morale.
Questa esternazioni da parte di un demografo dell’Università Cattolica lasciano il tempo che trovano: già negli anni ’50 un politico democristiano di tutt’altra levatura come Alcide De Gasperi aveva denunciato che l’Italia fosse sovrappopolata. Adesso siamo 60 milioni e se ne vorrebbero altri 6 in più, chissà per farci cosa (guerre in vista?) oltre che distruggere il mercato del lavoro con un’offerta maggiore nel solo interesse dei datori di lavoro; nel mentre si potranno costruire, cementificare e distruggere altri migliaia e migliaia di ettari del già agonizzante ecosistema italiano. E vaglielo a spiegare al demografo cosa sia la sostenibilità ecologica di una nazione, specie se insegna in un’università legata alla Chiesa Cattolica, principale responsabile MONDIALE della tragedia dell’esplosione demografica e della lotta ai programmi di pianificazione familiare e contraccezione.
ma ancora non funziona?
scusate ho fatto una prova commento, il mio computer ha qualche problema o lo ha il sito?
si, stasera ci son di nuovo problemi tecnici. Ogni tanto dice “non trovato”. Almeno non si trovassero più i trolls ………..