Non ne avrei scritto, ma poi varie circostanze mi hanno fatto cambiare idea.
Non mi dilungo sul plot di “De Grote Donor Show” della BNN perché se n’è parlato abbastanza. Dal primo articolo quasi esclusivamente descrittivo (Olanda, un rene al vincitore del reality, Il Corriere della Sera, 27 maggio 2007) si è passati rapidamente alla perplessità fino all’invettiva: il Codacons, l’Aiart e il Movimento genitori invitano le emittenti televisive a non rendersi complici di tanta inciviltà. Francesco D’Agostino parla di un fatto di “gravità inaudita”, che “dimostra il fallimento di ogni etica individualistica, poiché si arriva a ridurre le scelte morali delle persone al mero rispetto delle preferenze personali”. Luisa Capitanio Santolini, responsabile Udc per le Famiglie, commenta: “siamo alla follia, al punto di non ritorno” e ritiene “agghiacciante che anche solo si parli della possibilità di un arrivo in Italia del reality show” (Un rene in palio per un reality, Radio Web Italia, 31 maggio 2007).
E poi Il Foglio di ieri (Spezzeremo le reni all’umanità), ove quanto avevo detto sulla possibilità di vendita di ovociti viene tirato in ballo frettolosamente e lievemente a sproposito (qui sotto c’è il mio intervento originario).
È facile e verosimile inferire che lo scandalo non sia suscitato dal reality show (ormai bisognerebbe fare un concorso a premi per elencare su cosa non siano stati fatti dei reality, come leggenda vuole che abbia fatto Harrods per scoprire cosa non fosse in vendita nei chilometri quadrati di esposizione). Ebbene, non sul reality in quanto reality (scandalo e sdegno che invece io dirotterei proprio qui, principalmente per motivi estetici, di noia e di squallore). Ma sull’oggetto del premio: un rene in palio. Verrebbe da chiedere: e allora? Rispolverando il criterio del danno come limite di legittimità per quanto deve essere proibito (e che può illuminare anche gli ostacoli di ordine morale) la domanda è: chi subisce un danno in questa riffa di pessimo gusto (pessimo gusto estetico, ripeto)? Lisa ha esercitato la sua libera scelta; la gravità della sua malattia non aumenterebbe e forse potrebbe anche ottenere un po’ di felicità nell’aiutare qualcun altro donando il proprio rene. I tre concorrenti conoscono le regole del gioco: per due di loro ci sarà una condizione finale uguale a quella di partenza (escludendo le speranze deluse, che non sono propriamente un danno); per uno ci sarà un beneficio e la speranza di una vita migliore. Infine potrebbe essere una occasione per riflettere su un problema la cui soluzione non può essere affidata alla provvidenza né al fare finta di niente: le lunghe attese per un organo, per la speranza di sopravvivere. In questo contesto si situa la possibilità di considerare la commercializzazione come una alternativa.
Perché tanta acredine? Perché urlare all’indecenza e all’abominio?
Aggiunta
Da un pezzo su Noi Press di ieri, Olanda, il reality con un rene in palio: le reazioni in Italia. Santolini (Udc): ‘La famiglia va difesa’ (ma che diavolo c’entra la famiglia?) il parere di Francesco D’Agostino contiene anche una riflessione sul principio del danno che io ho citato:
nessuno è danneggiato da questo spettacolo, non chi decide di donare l’organo o chi concorre per ottenerlo o il pubblico, e sembra che tutto sia lecito, ma questo – ha sottolineato D’Agostino – è un esempio di povertà morale; se dovessimo infatti valutare lo show chiedendoci chi è danneggiato, potremmo paradossalmente concludere che nessuno lo è, ma bisogna andare oltre.
Oltre dove? E quale criterio dovremmo usare?
Aggiunta 2
Gran bello scherezetto!
Articolo di Chiara Lalli pubblicato sul blog Bioetica
Beh, gia’ il fatto che fosse stato realizzato dalla TV pubblica olandese (che mica e’ la RAI o la Mediaset) con il contributo dell’ente olandese che gestisce i trapianti faceva supporre, a chi non fosse gia’ in sella con la lancia in resta, che qualcosa di “strano” ci fosse.
Saluti
Hanmar
Sono assolutamente favorevole al commercio di organi. Che diritto ha qualcuno di impedirmi di vendere parti del mio corpo?
“si arriva a ridurre le scelte morali delle persone al mero rispetto delle preferenze personali”
E che c’è di male? In un paese normale dovrebbe essere la regola. Come ha scritto Liberale, se io liberamente voglio vendere il mio rene, non vedo perché qualcuno mi dovrebbe costringere a fare il contrario, perché quel qualcuno sa meglio di me quale è il mio bene
La libertà personale è un conto, ma qui non siamo di fronte a un individuo che ha scelto di vendere un rene (cosa che comunque mi sembrerebbe discutibile, dacché l’etica individualista dovrebbe rispettare l’individuo almeno nella sua integrità…), ma a una trasmissione televisiva concepita per far leva, in modo bieco e amorale, sulle speranze di persone che si trovano a concorrere non equamente per la propria salute o per quella di propri cari.
Perché dico “non equamente”? Perché state certi che se siete sufficientemente ricchi e avete bisogno di un organo, in qualche modo lo trovate.
Non parlate a sproposito di libertà: certi reality sono arene mediatiche in cui poveracci vengono schiavizzati per il divertimento di un pubblico di miserabili.
“Perché dico “non equamente”? Perché state certi che se siete sufficientemente ricchi e avete bisogno di un organo, in qualche modo lo trovate.”
E allora? Il fatto resta, io ho diritto a fare ciò che voglio del mio corpo, non devo rendere conto agl’interessi di qualcun’altro.
Per il resto sono d’accordo con Alessandro, il reality è l’ennesima caduta in basso di una società di teledipendenti.
Ma comunque sarei contro a vietarlo…..
Mi dispiace ma stavolta faccio il moralista, perchè è vero che ognuno è libero anche di vendere pezzi del prprio corpo, ma spettacolarizzarlo mi sembra un pò troppo. Anch’ io ho sempre pensato che il “principio del danno” sia il più importante da tenere in considerazione per valutare delle scelte, e sicuramente a livello materiale questo reality non farebbe male a nessuno.Ritengo semplicemente che sarebbe poco educativo e di cattivo gusto. Ma ci tengo a ribadire che ognuno è libero di fare ciò che vuole di se stesso, della propria vita e anche del proprio corpo.
Non sono d’accordo. Chi cede una parte del proprio corpo in donazione (es: uno che cede un rene per salvare qualcuno che ne ha bisogno) fa una scelta eticamente comprensibile. Chi vende parte del proprio corpo opera invece una scelta avvilente, in primis verso sé stesso.
Fermo restando che una realtà del genere andrebbe a discapito dei ceti poveri, e quindi ce ne vuole a parlare di libertà… una scelta simile presuppone un dualismo malato, secondo cui il mio corpo non sono io, ma è qualcosa di altro da me che sono libero di fare a pezzi e cedere quando mi pare. Invece io sono ESCLUSIVAMENTE il mio corpo, e da ciò dovrebbe derivare il massimo rispetto per il mio essere “materiale”, poiché è l’unico essere che mi connota.
E non si tratta tanto di vietare, più che altro di fermare l’andazzo penoso che induce a produrre sempre più merda televisiva, quando invece la televisione potrebbe essere uno straordinario strumento di divulgazione artistica e scientifica.
Ci sono capolavori straordinari del cinema che diventa sempre più raro beccare, poi ci propinano stronzate del genere, che saranno senz’altro condite con l’ipocrisia morale più falsa e miserabile, tipo “la storia delle disgrazie che il povero X ha dovuto passare sinora…”.
Casalinghe, preparate i kleenex!
e intanto il reality era una bufala…
per sensibilizzare la gente sul tema delle donazioni. la moribonda non è moribonda.
@ Alessandro
Io posso anche essere d’accordo con te che noi siamo il nostro corpo e che per questo dobbiamo rispettarlo. Ma chi non è d’accordo e pensa che il suo corpo è una prigione? Chi vuole mercificarlo? O chi consapevolmente si fa del male fumando? Tutti malati? Penso che ognuno debba decidere autonomamente come utilizzare il proprio corpo, e nessuno, al di fuori del diretto interessato, può arrogarsi questo diritto, costringendo qualcuno a non fare qualcosa in vista di una morale che non è condivisa dal diretto interessato.
Che squallore senza limiti. Bufala o no, viviamo in un mondo dove una simile idiozia e’ credibile… e questo dovrebbe dircela lunga sul grado di itorpore morale ed intellettuale raggiunto.
In teoria si’, se proprio volessi dovrei essere libera di vendere i miei organi, in pratica sappiamo tutti benissimo che questo si tradurrebbe in una folla ancora piu’ fitta di quanto non sia gia’, di disperati e poveracci costretti a vendere i propri organi.
La liberta’ fine a se stessa e’ un concetto astratto, non la si puo’ predicare senza tener conto degli effetti delle sue applicazioni.
La libertà è libertà nel contesto di certe regole che poichè animali razionali siamo in grado di darci per espirmere la nostra socialità.
Nikky, penso che tu possa capire da sola il divario che passa tra il fumare e vendere pezzi di corpo. Come ha scritto giustamente Pessimista Cosmica, la libertà fine a sè stessa è astrazione pura: nella maggioranza dei casi ciò che ti viene proposto come libertà tale non è. Uno non si sveglia la mattina dicendo “cosa faccio oggi? Dai, vado a vendermi un rene!”… salvo non essere masochisti allo stadio terminale, si suppone che una persona che arriva a tanto sia un disperato che non può fare altro.
A me sembrerebbe più corretto parlare di disperata necessità, che non di libertà, o sbaglio?
Per inciso: libertà di scelta si ha quando si parte da simili presupposti. Se alla partenza qualcuno sta davanti alla linea e qualcun altro dietro, se alcuni vanno a piedi e certun altri sono in moto, non venite poi a parlare di “libertà di scelta”.
Ulteriore osservazione, e scusatemi se sono prolisso ma l’argomento è interessante, almeno per “conoscere noi stessi”: già un intellettuale del calibro di Max Weber osservò come l’etica capitalista derivasse dal cristianesimo, nel suo caso protestante… io vado oltre, e ritengo che il capitalismo derivi dal cristianesimo in genere, ideologia religiosa che insegna come l’unica “creatura” fatta a “immagine e somiglianza di Dio” sia l’uomo, e che pertanto l’uomo possa concepire la natura come un bene messo a sua disposizione, sfruttabile e quindi mercificabile.
Ora, nella forma mentis cristiana un posto centrale è occupato dal dualismo, secondo cui anima e corpo sono separabili, e il secondo sarebbe strumento della prima, nostra reale profonda natura.
Se le cose stanno così, io rifiuto l’assioma secondo cui simili proposte di trasmissioni tv, vere o false che siano, siano da ascrivere alla mentalità individualista. Secondo me tali aborti nascono dalle nostre tanto esaltate “radici cristiane”, che portano al punto di mercificare il nostro stesso corpo, inteso non più come nostra forma reale ma come strumento alienabile.
@ Liberista
una regola mediata puramente dall’individuo può diventare mercificazione a danno delle categorie più misere. forse dirai “e chissenefrega”, però tutte le normative (anche di stati molto lontani dal socialismo) tendono a tutelare le classi sociali più povere, anche per ragioni pratiche, cioè prevenire disordini sociali.
la provocazione ha comunque una doppia valenza.
1) per far riflettere se esistono limiti al becerume telvisivo (in proposito ci sono altre idee curiose tipo “battle royale”)
2) per far riflettere sulla necessità della donazione di organi ma anche sulle regole della donazione.
@ Alessandro Bruzzone
Apprezzo moltissimo i tuoi ragionamenti, il tuo fervore e la tua cultura (soprattutto con riferimento alla citazione a Max Weber). Spero che non ti arrabbierai se condivido quasi tutto quello che dici.
Come non vietiamo la prostituzione (anche quello piuttosto “avvilente” e “mercificante”, no?), mi pare che non abbiamo ragione per vietare a una persona di farsi del male da sola, per soldi. Come si diceva sopra, non siamo più bravi noi di lei a giudicare cosa sia bene per lei.
E comunque non credo che ci sarebbe la corsa dei cittadini italiani alla vendita dei propri organi interni.
A parte questo, l’idea di fare un reality show su un tema così delicato equivale a coprire il secondo con la merda del primo: se fossi stato il direttore della rete televisiva, non avrei fatto rientrare quella trasmissione nei miei progetti. Per inidoneità culturale.
P.S. A quanti pensano alle classi sociali più povere, e alla disperazione che costringe a vendere un rene: una ragazza incinta, per povertà, può anche essere “fortemente indotta” dalla situazione ad abortire: che facciamo, glielo impediamo ope legis, perché non era veramente libera di scegliere?
D’accordo, non è proprio la stessa condizione. Ma le differenze non mi sembrano poi così enormi ( Magari quella ragazza avrebbe voluto il bambino, sotto altre condizioni economiche: tanto per fare il primo esempio stupido che mi viene in mente.) Quindi mi rispondo che l’eventuale “miseria nera” che costringe a farsi del male si combatte rimuovendone le cause, non i sintomi. E che lo Stato può offrire assistenza e appoggio all’individuo, non sostituirsi ad esso in queste decisioni cruciali.
Libertà significa accettarne le conseguenze.
Io parto del presupposto di non volere ne potere impedire alla gente di farsi del male, e neppure imporre alla gente costrizioni in nome del benessere degli altri.
Ciò che è stato detto prima riguardo allo sfruttamento delle classi più deboli mi fà sorgere una domanda: se in un contesto ove tali individui risultino essere liberi da costrizioni si comportino in un determinato modo, siamo sicuri che sia meglio impedirglielo? Se uno pensa che piuttosato di morire di fame è meglio vendersi un braccio, non è forse suo diritto farlo? Che senso ha dire “và a svantaggio delle classi più deboli” se determinate azioni non vengono concepite come tali in una situazione di libera scelta?
Un pò come il minimo salariale. Per mè è uguale. Si impedisce ai lavoratori più deboli la possibilità di accedere ad un posto di lavoro “per il bene dei lavoratori”.
Basta vedere nei paesi scandinavi, gioielli socialdemocratici con dei tassi di disoccupazione fra gli immigrati che arrivano al 50%, a cui “si rimedia” con sussidi statali,cioè gli si paga per parassitare anzichè per lavorare, a vantaggio dei lavoratori locali.
Il fatto è che per un libertario la domanda non è X è sbagliato, ma se è giusto o no vietare X. Conosco molte persone che da un punto di vista personale sono contrari all’aborto, eppure lo sono altrettanto verso le leggi proibizioniste in materia. Questo significa essere liberali. Le convinzioni personali sono un’altra cosa.
Un pò come la storia del locale gay. Ha assolutamente diritto di escludere gli etero, credo che ognuno con la propria attività possa farci ciò che vuole. Però,per quanto mi rigurda, dovrebbe essere permesso anche ad un gestore di escludere gli omosessuali dalla propria attività. io posso anche considerare questa cosa disgustosa, magari anche negativa “socialmente”, eppure non impedirei mai a chicchessia di gestire la propria attività come vuole, di escludere ebrei,comunisti,liberali atei, neri e cristiani.
Mamma mia, dove sta andando questa povera Europa. Meno male che l’olanda sarebbe uno dei paesi da tenere come esempio….
@ Fedele: no dai non mi offendo. 🙂
@ Magar: proponi dei fragili accostamenti: una donna che abortisce non strappa un pezzo di corpo a un essere sviluppato e cosciente… oppure vogliamo dare ragione alla Chiesa che tutela la personalità dell’embrione?
@ Liberale Liberista Libertario: ok, ma neanch’io voglio “impedire”. Mi sembra che fraintendi un po’ troppo le mie critiche, che tali sono e non certo proposte di leggi di censura. Intenderei piuttosto “regolare”, evitare che le risorse vadano sprecate in assurdità simili. Io propongo una visione individualista in cui trovano posto il rispetto e il dialogo, la tutela del debole o, quantomeno, la ricerca di un equilibrio sociale in cui almeno le necessità di base sono assicurati a tutte.
L’individualismo “mi faccio i cazzi miei stop” è l’individualismo di cui parla (male) Ratzinger. Se vi riconoscete in questo modello auguri…
Per la cronaca, libertarismo e liberalismo sono 2 cose molto diverse. Intanto il libertario rifiuta l’idea di una società gerarchizzata, seppur fondata su un governo rappresentativo, e capitalista, e pertanto in uno scenario simile non capisco chi dovrebbe vendere cosa e a chi. Un liberale (come me) riconosce invece la necessità di una società gerarchizzata: una società con dei rappresentanti eletti, una società di leggi; chiede però che venga riconosciuta il diritto basilare di esprimere le proprie idee, confrontantole liberamente e correttamente, e proponendo dei cambiamenti. In questo modo le leggi non diventano imperativi monolitici che bloccano lo sviluppo, ma anzi un corpus di regole dinamiche che si adattano alle trasformazioni della società.
Non so voi, ma io non ho una visione antropologica tanto ottimistica da credere che un mondo migliore si ottenga semplicemente lasciando gli uomini a sé stessi. Le regole occorrono, eccome. E per quanto concerne l’esempio del locale gay, premesso che non sono fortunatamente tutti così, trattandosi di una forma di discriminazione verso gli eterosessuali io mi opporrei apertamente a una simile “libertà”.
Non si può ridurre la libertà alla legge del west, con ognuno arroccato in casa, fucile in mano, a farsi le proprie regole.
@ Alessandro Bruzzone
“Ora, nella forma mentis cristiana un posto centrale è occupato dal dualismo, secondo cui anima e corpo sono separabili, e il secondo sarebbe strumento della prima, nostra reale profonda natura.
Se le cose stanno così, io rifiuto l’assioma secondo cui simili proposte di trasmissioni tv, vere o false che siano, siano da ascrivere alla mentalità individualista. Secondo me tali aborti nascono dalle nostre tanto esaltate “radici cristiane”, che portano al punto di mercificare il nostro stesso corpo, inteso non più come nostra forma reale ma come strumento alienabile.”
Sei certo di quello che dici? Sei certo che per il cristianesimo il corpo è “inteso non più come nostra forma reale ma come strumento alienabile”? Ti invito a riflettere, un attimino, su alcuni aspetti della religione cristiana (inumazione e non cremazione dei cadaveri, resurrezione “nella carne”, opposizione ai tatuaggi, etc.)
La tua osservazione è corretta Fedele: il dualismo cristiano trova diversi limiti nella stessa Bibbia. Potrebbero essere influenze di culti più antichi (egizi in primis), ma entriamo in argomenti con cui francamente ho scarsa pratica…
Tuttavia, nei secoli la Chiesa cattolica (e non solo) ha spinto più verso un dualismo marcato, demonizzando il corpo e quanto con esso connesso. Il risultato è uno svilimento della carne a favore della presunta “anima”.
Ed è molto singolare come fatto, se pensi che la stessa ipostatizzazione nel Figlio, e conseguente Passione, possano far pensare che persino Dio (spirito “per eccellenza”) abbia bisogno di farsi uomo per comprenderne la dimensione “materiale”.
@ Alessandro
Anch’ io vorrei un tessuto sociale in cui siano garantite a tutti le necessità di base, e che chi si vende un rene lo fa per necessità, ma come ha detto Liberale, è sempre meglio vendersi un rene che morire di fame
“Per la cronaca, libertarismo e liberalismo sono 2 cose molto diverse. Intanto il libertario rifiuta l’idea di una società gerarchizzata, seppur fondata su un governo rappresentativo, e capitalista, e pertanto in uno scenario simile non capisco chi dovrebbe vendere cosa e a chi.”
Il mio uso del termine “libertario” si riferisce all’accezione anglosassone “libertarian”. Tu invece ti riferisci all’accezione originaria europe “classica”, di anarco-collettivista, alla Bakunin per intenderci. I libertari vanno da quelli che sono semplicemente conservatori in economia e liberli sui diritti civili, a quelli favorevoli allo stato minimo, detti appunto minarchici, agli anarco-capitalisti alla Rothbard.
“L’individualismo “mi faccio i cazzi miei stop” ” non è libertarismo, semmai è libertarismo non impedire all’individuo di farsi solo i cazzi suoi.
Per quanto mi rigurda questo è il mio partito ideale:
http://en.wikipedia.org/wiki/Libertarian_Party_(United_States)
@ Nikky: cioè vorresti un tessuto sociale in cui, pur venendo garantite le necessità di base, ci sia comunque chi si vende un rene per necessità? Rileggi quel che hai scritto… 🙂
@ Liberale Liberista Libertario: grazie per il link, domani leggo con calma. Anche se il mio individualismo continua comunque a non essere libertarista. 😉
@Alessandro Bruzzone
No, infatti il danno poteva essere per lei, nel senso della mancata maternità (se la motivazione economica era l’unica a farle optare per l’aborto, ovviamente). Che c’entra l’embrione? Comunque il mio esempio era un caso limite. Ma anche quello della persona italiana talmente disperata da vendersi un rene perché non ha altra scelta è un caso limite, a mio modo di vedere.
Al massimo, per intenderci, sarei favorevole al passaggio preliminare in una sorta di consultorio, in questi casi. (Purché ovviamente tali consultori non diventassero tane di sanfedisti. Pia illusione, vero?)
Lascerei però la libertà di compiere la scelta finale all’individuo. Dopo averlo adeguatamente informato ed avergli prospettato soluzioni alternative per il suo problema (quali? Boh…).
@Lib-Lib-Lib
Mah, a differenza di reni e feti, i locali pubblici non appartengono al corpo dei loro gestori, e questo mi fa rimettere in discussione la libertà di questi ultimi di farci entrare chi pare a loro. Inoltre non è neppure la loro abitazione privata: lì sì, possono anche mettere alla porta un bel cartello “Vietato l’ingresso agli antinazisti, agli sporchi giudei, agli sporchi negri, alle luride checche, e agli atei depravati”, per quanto mi riguarda. Invece un bar e un ristorante sono luoghi di lavoro, e di vita sociale, e come tali penso debbano sottostare a regole che tengano conto dell’interesse degli altri individui che transitano in quei locali. Che hanno diritto a non vedersi insultati dal razzismo dei gestori. Un esercizio commerciale ha pur sempre un quid di approvazione sociale in più rispetto ad un privato cittadino.
Del resto, la loro libertà è già limitata dal rispetto delle norme igieniche e di sicurezza, no? Se vogliono il bar per soli arianen superioren, che vadano nel deserto del Sahara. Oppure aprano al pubblico la propria casa.
Alessandro
Si effettivamente mi sono proprio espressa male, intendevo dire che in mancanza di questo tessuto sociale, perché ora come ora le necessità di base non vengono garantite, è meglio vendere un rene che morire di fame
La proprietà privata è solo di chi la possiede. E chi la possiede può usarla come gli pare.
“Oppure aprano al pubblico la propria casa.”
Appunto,che differenza c’è con un locale? Sempre proprietà è.
@ Magar: l’idea dei consultori “laici”, se mi passi l’espressione, non è male. Mi sembra che anche tu sei d’accordo sul fatto che serve assistere chi è più debole. A mio modo di vedere, non si ha vera libertà se, almeno, non si hanno di partenza pari opportunità di scelta.
@ Nikky: è indubbiamente vero che tra la morte e la perdita di un pezzo è meglio la seconda opzione, ma siccome non siamo lucertole preferirei mettere le cose in modo che nessuno debba trovarsi davanti a una simile decisione.
@ Lib Lib Lib (col tuo permesso abbrevio anch’io 🙂 ): la proprietà privata è un furto!!! 😀
@LLL
Mettiamola così: un esercizio commerciale in un centro urbano è un “mezzo servizio pubblico”, nel senso che anche dalla qualità delle attività commerciali dipende la qualità della vita sociale, ovvero la qualità della vita degli altri cittadini che vivono nello stesso centro urbano. Dunque non ci trovo nulla di strano ad imporre limiti (non troppo restrittivi) ai gestori di locali, per lo meno limiti volti ad evitare concrete discriminazioni su base etnica, di sesso o religiosa, che la nostra Costituzione non ama.
E comunque in Italia siamo ben lontani dall’avere una deregulation totale delle attività commerciali, che immagino tu auspichi: finché ci sono le licenze comunali voglio che i locali non possano discriminare per motivi razzisti.
Del resto, ripeto, già ora non posso, nella mia proprietà privata costruire una fabbrica che non rispetti le norme di sicurezza.
Non penso che un locale pubblico possa e deva discriminare, altro discorso e’ il circolo privato.
Non me ne intendo, ma credo esistano delle differenze a livello legislativo, o no?
In effetti sì Pessimista. Non me ne intendo particolarmente anch’io, ma esiste la tipologia del circolo privato dove si può accedere solo se tesserati.
@Magar
Io ovviamente sono contro sia al sistema di licenze che agli ordini personali.
Per il resto sono contrario, la proprietà privata appartiene appunto,al privato, e non trovo giusto imporgli limiti su come farne uso. Per quanto riguarda le norme a tutela del lavoratore sono contrario anche a quelle.
La concezione di libertà individuali e diritti civili dei libertari sono comunque parecchio diverse da come le si intenda a sinistra, perchè fondate sull’individualismo e non prevedono imitazioni di carattere sociale (almeno per quanto riguarda gli anarcocapitalisti, io qualche restrizione sono disposto ad accettarla).
Per esempio sono contro la propibizione di tutte le droghe, come dell’obbligo di portare le cinture in macchina, cioè dei cosiddetti reati senza vittime. Le uniche restrizioni che imporrei ,riguardo alle droghe, sono le stesse di cui ha parlato Antonio Martino, cioè vieterei la loro reclamizzazione, ma per il resto le farei vendere in farmacia, prodotte da privati ovviamente.
“Reati senza vittime” significa senza vittime al di fuori della persona senziente.
Quanta retorica ragazzi. I “diritti minimi” non sono MAI stati garantiti, tantomeno le “pari opprtunità” di partenza.
Facile per voi dall’alto di un percorso famiglia bene che mi mantiene–>buoni studi spesati–>buon lavoro, cianciare di alti ideali.
Per chi come me si è trovato a 16 in mezzo ad una strada a doversi arrangiare, con TUTTI (atei, agnostici, cattolici, preti, rabbini, ecc) che facevano finta di non vedere e mi rispondevano “ohh povera gioia come mi dispiace, però per cortesia la rgna vattela a gratta de te e più in la”, il discorso è un po’ diverso.
Vendersi un rene? Se avessipotuto lo avrei fatto. Lo farei anche oggi pur di tirarmi fuori dalla situazione in cui sto… sapete quando si rischia che ti pignorino i mobili ti passano tante delusions su i massimi sistemi e la bontà della gente.
Tanto state li a parlare, ma quando si tratta di dare una mano tutti cechi diventano. La mano al portafogli non la si metto o men che meno si aiuta si aiuta a trovare un lavoro.
Quanta retorica da parte tua Asatan, che cosa ne sai con precisione delle nostre vite?
Io il primo pignoramento l’ho visto a sei anni! E se oggi vivo in una situazione moderatamente agiata e’ grazie a mia madre che si e’ fatta un mazzo che nemmeno t’immagini, ingoiando rospi su rospi e accettando compromessi offensivi! E c’e’ un motivo ben preciso se non credo ne’ alla ragionevolezza, ne’ alla razionalita’ ne’, tanto meno, nella bonta’ del genere umano.
Chissa’, se qualcuno avesse permesso a mia madre di vendersi un rene, forse avremmo risolto tutto piu’ in fretta ma forse oggi lei non sarebbe qui con me, forse sarebbe morta in seguito a complicazioni operatorie, o forse sarebbe malata… non e’ che vivere senza un rene sia una sciocchezzuola da due soldi eh!
@Liberal ecc.
E certo, che vuoi che sia se tuo figlio di 18 anni gira in macchina senza cintura e tu, che non hai neppure l’opportunita’ di venirlo a sapere grazie ad una multa (e conseguentemente togliergli la macchina e prenderlo a calci fino all’eta’ pensionabile), te lo ritrovi sbalzato fuori dalla macchina e triturato da un camion di passaggio.
La realta’, soprattutto quella sociale, e’ un fitto intrecciarsi, vivere facendosi solo gli affari propri piu’ che essere immorale e’ semplicemente impossibile ^^
Asatan scrive: Quanta retorica ragazzi. I “diritti minimi” non sono MAI stati garantiti, tantomeno le “pari opprtunità” di partenza…
Ma va? E io che ho scritto, che viviamo nel paese delle meraviglie forse?