Per il sorriso di Jean rinato dall’aids

E’ successo durante la visita a una clinica in Africa: a mia moglie Melinda e a me è stata mostrata la foto sconvolgente d’un ammalato, Jean, magrissimo e fragile, colpito dall’Aids. Mentre osservavamo l’immagine, un uomo sorridente ci ha salutati. Ci è bastato un minuto per capire che era proprio Jean, in buona salute, rinato grazie ai nuovi farmaci contro il virus. Jean non è solo. Secondo una recente ricerca, il numero dei trattamenti anti-Aids nei Paesi in via di sviluppo è raddoppiato in un anno. Il cambiamento è dovuto in buona parte alla generosità dei Paesi del G8, compresa l’Italia, che hanno destinato 600 milioni di euro al «Global Fund to Fight Aids, Tb and malaria». Se ciascuno potesse incontrare un africano la cui vita è stata salvata dai trattamenti anti-Aids, spingeremmo i governi a investire ancora su questi successi. Ma le terapie sono solo una parte dell’equazione. Se si vuole garantire un futuro all’Africa, dobbiamo anche impegnarci di più sulla strada della prevenzione contro la diffusione del contagio, soprattutto tra le donne.

La brutale contabilità dell’Aids dimostra l’importanza della prevenzione. Per ogni individuo che ha avuto accesso alle cure l’anno scorso, altre sei persone sono state contagiate. Se non si riducono le infezioni, non ci sarà mai modo di soddisfare la richiesta crescente di terapie. Gli scettici sostengono che non sia possibile cambiare i comportamenti a rischio Hiv. Io li sfido a parlare con quelle prostitute da noi incontrate in Africa, che insistono con i clienti perché utilizzino il preservativo. Anni di ricerche hanno dimostrato che l’educazione anti-Aids, condom, aghi sterilizzati, test Hiv, sono fondamentali contro l’HIV. Una ricerca che sarà diffusa il mese prossimo dal «Global Hiv Prevention Working Group» stima che, se la prevenzione s’allargherà, ridurremo il numero delle infezioni di due terzi già entro un decennio. Tuttavia è scioccante come ancora così poche persone – anche in condizioni di altissimo rischio – abbiano un accesso tanto ridotto a questi strumenti di prevenzione. In tutto il mondo la maggior parte degli studenti non riceve alcuna forma di educazione anti-Aids. In Africa appena un adulto ogni 10 è stato testato contro il virus. E solo a una donna incinta ogni 10 sono garantiti farmaci a basso prezzo che proteggono i neonati dall’infezione.

Una priorità assoluta dev’essere soddisfare le esigenze di prevenzione di donne e ragazze, soprattutto in Africa. Le donne contraggono l’Hiv due volte più degli uomini. E molte – comprese le sposate – hanno possibilità minime di assicurarsi che i partner siano fedeli o usino i condom. Una donna non dovrebbe avere bisogno del permesso del marito per salvarsi la vita. Spero che scienza e tecnologia mettano il potere di difendersi dall’Hiv proprio nelle mani femminili. Ci sono ricerche promettenti sui «microbicidi», i gel a cui le donne possono ricorrere per scongiurare la trasmissione del virus. È anche possibile che i farmaci per trattare l’Hiv possano essere usati per prevenire l’infezione.Lo sviluppo di un vaccino sarà la soluzione definitiva. Oltre a nuove forme di prevenzione, dobbiamo però anche affrontare altre questioni fondamentali, che mettono donne e ragazze a rischio, come le violenze sessuali e le ineguaglianze sociali ed economiche. Le ragazze con un migliore accesso alla scuola hanno anche una minore possibilità d’infettarsi. Non dobbiamo dimenticare l’importanza dei test per il successo delle terapie e della prevenzione. L’Oms dovrebbe essere lodata per aver appena stabilito le nuove linee guida che garantiscono un accesso più ampio ai test. Per fortuna – grazie agli sforzi dell’Italia e di altre nazioni – la lotta all’Aids in Africa è una priorità al G8. I Paesi ricchi dovrebbero sfruttare questa opportunità e raccogliere ulteriori risorse per programmi efficaci di prevenzione e cura, sostenendo la ricerca. Controllare – e, un giorno, eliminare – l’Aids è la priorità numero uno per la «Gates Foundation». Non ci fermeremo, fino a quando la malattia non sarà sradicata, e speriamo che le nazioni più potenti del mondo faranno lo stesso.

E’ successo durante la visita a una clinica in Africa: a mia moglie Melinda e a me è stata mostrata la foto sconvolgente d’un ammalato, Jean, magrissimo e fragile, colpito dall’Aids. Mentre osservavamo l’immagine, un uomo sorridente ci ha salutati. Ci è bastato un minuto per capire che era proprio Jean, in buona salute, rinato grazie ai nuovi farmaci contro il virus. Jean non è solo. Secondo una recente ricerca, il numero dei trattamenti anti-Aids nei Paesi in via di sviluppo è raddoppiato in un anno. Il cambiamento è dovuto in buona parte alla generosità dei Paesi del G8, compresa l’Italia, che hanno destinato 600 milioni di euro al «Global Fund to Fight Aids, Tb and malaria». Se ciascuno potesse incontrare un africano la cui vita è stata salvata dai trattamenti anti-Aids, spingeremmo i governi a investire ancora su questi successi. Ma le terapie sono solo una parte dell’equazione. Se si vuole garantire un futuro all’Africa, dobbiamo anche impegnarci di più sulla strada della prevenzione contro la diffusione del contagio, soprattutto tra le donne.

La brutale contabilità dell’Aids dimostra l’importanza della prevenzione. Per ogni individuo che ha avuto accesso alle cure l’anno scorso, altre sei persone sono state contagiate. Se non si riducono le infezioni, non ci sarà mai modo di soddisfare la richiesta crescente di terapie. Gli scettici sostengono che non sia possibile cambiare i comportamenti a rischio Hiv. Io li sfido a parlare con quelle prostitute da noi incontrate in Africa, che insistono con i clienti perché utilizzino il preservativo. Anni di ricerche hanno dimostrato che l’educazione anti-Aids, condom, aghi sterilizzati, test Hiv, sono fondamentali contro l’HIV. Una ricerca che sarà diffusa il mese prossimo dal «Global Hiv Prevention Working Group» stima che, se la prevenzione s’allargherà, ridurremo il numero delle infezioni di due terzi già entro un decennio. Tuttavia è scioccante come ancora così poche persone – anche in condizioni di altissimo rischio – abbiano un accesso tanto ridotto a questi strumenti di prevenzione. In tutto il mondo la maggior parte degli studenti non riceve alcuna forma di educazione anti-Aids. In Africa appena un adulto ogni 10 è stato testato contro il virus. E solo a una donna incinta ogni 10 sono garantiti farmaci a basso prezzo che proteggono i neonati dall’infezione.

Una priorità assoluta dev’essere soddisfare le esigenze di prevenzione di donne e ragazze, soprattutto in Africa. Le donne contraggono l’Hiv due volte più degli uomini. E molte – comprese le sposate – hanno possibilità minime di assicurarsi che i partner siano fedeli o usino i condom. Una donna non dovrebbe avere bisogno del permesso del marito per salvarsi la vita. Spero che scienza e tecnologia mettano il potere di difendersi dall’Hiv proprio nelle mani femminili. Ci sono ricerche promettenti sui «microbicidi», i gel a cui le donne possono ricorrere per scongiurare la trasmissione del virus. È anche possibile che i farmaci per trattare l’Hiv possano essere usati per prevenire l’infezione.Lo sviluppo di un vaccino sarà la soluzione definitiva. Oltre a nuove forme di prevenzione, dobbiamo però anche affrontare altre questioni fondamentali, che mettono donne e ragazze a rischio, come le violenze sessuali e le ineguaglianze sociali ed economiche. Le ragazze con un migliore accesso alla scuola hanno anche una minore possibilità d’infettarsi. Non dobbiamo dimenticare l’importanza dei test per il successo delle terapie e della prevenzione. L’Oms dovrebbe essere lodata per aver appena stabilito le nuove linee guida che garantiscono un accesso più ampio ai test. Per fortuna – grazie agli sforzi dell’Italia e di altre nazioni – la lotta all’Aids in Africa è una priorità al G8. I Paesi ricchi dovrebbero sfruttare questa opportunità e raccogliere ulteriori risorse per programmi efficaci di prevenzione e cura, sostenendo la ricerca. Controllare – e, un giorno, eliminare – l’Aids è la priorità numero uno per la «Gates Foundation». Non ci fermeremo, fino a quando la malattia non sarà sradicata, e speriamo che le nazioni più potenti del mondo faranno lo stesso.

Articolo di Bill Gates pubblicato su LaStampa

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10 commenti

jsm

eh, no!
proibire tutta la prevenzione perchè permette all’uomo una vita dissoluta….

Flavio

Non per fare apologia di Bill Gates, ma è ateo, come Warren Buffet, e sono i due americani che hanno dato le più grandi somme in beneficenza. Senza evangelizzare chicchessia: se Gates dà milioni per la lotta all’Aids, si aspetta di vedere gente che sta meglio, non gente che sta meglio e prega.

Franco Siccardi

Nooo!!! Non sono stati i farmaci!! Quelli sono, come tutta la scienza, opera del demonio!!!

Quel poveraccio non ha mai preso una medicina, ma ha avuto la santa idea di rivolgersi a San Gasparre delle Bufale (o era la teresina di Lecalc…utta?? Bisognera’ documentarsi meglio!!!) nelle sue preghiere, facendo il santo voto di non usare mai piu’ il preservativo!!!

Oops… Mi sono sbagliato…. Quello che ha fatto quel voto era suo fratello, ed e’ stato linciato da una quarantina di donne che aveva contagiato….

Johnny Golgotha

Grazie Bill, adesso però patcha il Vista, che s’impalla a tutti

Hanmar

Cazzarola…
Io odio Guglielmo Cancelli e i suoi prodotti, ma devo dargli tutta la mia ammirazione per cio’ che fa nel campo della beneficenza.
Va detto che negli USA quello che viene destinato a tali scopi e’ defiscalizzato, ma lui sicuramente va oltre tale limite.

Grazie Bill (ggggggrrrrrrr)

Saluti
Hanmar

Barbara

Ecco queste sono le notizie che ti aprono il cuore!
8 x mille alla Ricerca!!!!!!!!

darkzero

Ma potrebbe essere peggio! Pensate se facesse beneficienza come fa software! 😯

tadeo

Flavio:NO: Bill Gates aspetta di vedere gente che sta meglio, non gente che STA PEGGIO E PREGA DIO”, Berlusca cristiano e manager fa’ beneficienza???, Dio:un miracolo ancora…..

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