Dura lex, sed sex. Il desiderio è dispari

Ci sono troppe cose di cui la politica istituzionale colpevolmente non si occupa, e ce n’è una, la sessualità, di cui colpevolmente si occupa troppo, assistita da una scena mediatica non si sa se più prude o più voyeur, permissiva e compiacente con qualsiasi velina di turno, proibizionista e bigotta con qualsiasi «anormale» di passaggio. Quando di sessualità il potere parla troppo e male, lo sappiamo da un amato filosofo del Novecento, di desiderio ne circola poco e malconcio. Ne circolerà di più al gay pride di oggi, che non è un carnevale di categoria ma un appuntamento fra chi nelle categorie non ci vuole stare, e speriamo che da lì contagi anche la politica.
Ci sono leggi fatte per aiutare le persone a vivere meglio e leggi fatte per proibire alle persone di vivere come vogliono. Quando la sessualità diventa argomento di legge, lo sappiamo da una serie di precedenti incontrovertibili, occorre diffidare anche delle migliori intenzioni: dietro ogni diritto c’è sempre una proibizione, e dietro ogni inclusione un’esclusione. Nel caso italiano non occorre neanche andare tanto per il sottile, perché in fatto di sessualità e dintorni ogni volta che si apre la possibilità di un tiepido diritto si erge la barriera di un rovente divieto. Più che rincorrere la legge, in questi casi, conviene prenderne le distanze, e più che affidare alle norme la garanzia di essere normali conviene scompigliare la normalità. Il Gay Pride di oggi rivendica diritti e parità contro le discriminazioni sessuali, ma parificarsi a un’idea di sessualità normale come quella che sta nella testa di Paola Binetti non è una buona idea per nessuno, gay lesbica trans o etero. Il desiderio del resto è sempre dispari, come sanno etero trans lesbiche e gay, e qualcosa questo vorrà dire anche per la legge.
Ci sono famiglie che amano e famiglie che uccidono, com’è chiaro ogni giorno dalla cronaca, e la cronaca dovrebbe bastare a interdire per sempre la religione della famiglia nel paese più familista del mondo. Invece non basta, perché la difesa dell’ordine familiare serve sempre a presidiare l’ordine sociale, e pazienza se ci scappano violenze, nevrosi e omicidi quotidiani. Un Dico non si negherebbe a nessuno, se dietro la minaccia delle convivenze omosessuali non avanzasse quella ben più allarmante della genitorialità omosessuale, e di una riproduzione che sempre più sfugge alle regole della natura, alle maglie dei certificati e al controllo degli stati. Sono paure comprensibili, ma quando pretendono di trasformarsi in tassonomie di valore e etichette di legittimità diventano paure intollerabili. Più che dire di no, in questi casi conviene mostrare dei sì. C’è famiglia dove ci sono affinità elettive, scommesse d’amore, impegni di solidarietà. A forza di metterlo in piazza, prima o poi se ne farà una ragione perfino il paese di Cogne e di Novi Ligure.

L’articolo di Ida Dominijanni è raggiungibile sul sito del Manifesto

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3 commenti

Lady Godiva

La Sig.ra Ida si rende conto che buona parte di responsabilità per questa situazione la porta una sinistra reazionaria, succube del Vaticano?

O si sta svegliando solo ora, dopo il successo del gay pride??

😉

Lady Godiva

Sarebbe altrettanto carino da parte della Sig.ra Ida denunciare la situazione nell’ ex-URSS.
Insomma, il solito articolo di parte,
purtroppo senza arte.

Ren

scusate, prova dei tag

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Fra questi due tag ci metto il testo della pagina

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