…e c’è chi nasce con la camicia, e chi con la tonaca…
C´è chi in Italia è abituato a ottenere privilegi da qualsiasi governo e autorizzato a non pagare il fisco, ma sul quale nessuno osa moraleggiare. Pena l´accusa di anticlericalismo. L´anomalo rapporto fra Stato italiano e clero è invece finito da tempo sul tavolo dell´Unione europea, che si prepara a mettere sotto processo il nostro Paese per i vantaggi fiscali concessi alla Chiesa cattolica, contrari alle norme comunitarie sulla concorrenza. Oltre che alla Costituzione, meno di moda. Al centro del caso è l´esenzione del pagamento dell´Ici per le attività commerciali della Chiesa. La storia è vecchia ed è tipicamente italiana.
Varato nel ´92, bocciato da una sentenza della Consulta nel 2004, resuscitato da un miracolo di Berlusconi con decreto del 2005, quindi decaduto e ancora recuperato dalla Finanziaria 2006 come omaggio elettorale, il regalo dell´Ici alla Chiesa è stato in teoria abolito dai decreti Bersani dell´anno scorso.
Molto in teoria, però. Di fatto gli enti ecclesiastici (e le onlus) continuano a non pagare l´Ici sugli immobili commerciali, grazie a un gesuitico cavillo introdotto nel decreto governativo e votato da una larghissima maggioranza, contro la resistenza laica di un drappello di mazziniani radicali guidati dall´onorevole Maurizio Turco.
I resistenti laici avevano proposto di limitare l´esenzione dell´Ici ai soli luoghi senza fini commerciali come chiese, santuari, sedi di diocesi e parrocchie, biblioteche e centri di accoglienza. Il cavillo bipartisan ha invece esteso il privilegio a tutte le attività “non esclusivamente commerciali”.
Basta insomma trovare una cappella votiva nei paraggi di un cinema, un centro vacanze, un negozio, un ristorante, un albergo, e l´Ici non si paga più. In questo modo la Chiesa cattolica versa soltanto il 5 o 10 per cento del dovuto allo Stato italiano con una perdita per l´erario di almeno 400 milioni di euro ogni anno, senza contare gli arretrati.
Il trucco o se vogliamo la furbata degli italiani non è piaciuta a Bruxelles, da dove è partita una nuova richiesta di spiegazioni al governo. Il ministero dell´Economia ha rassicurato l´Ue circa l´inequivocabilità delle norme approvate, ma subito dopo ha varato una commissione interna di studio per chiarirsi le idee…
E´ triste constatare però che senza le pressioni di Bruxelles e la lotta di una minoranza laicista indigena, l´opinione pubblica non avrebbe neppure saputo che gli enti religiosi continuano a non pagare l´Ici almeno al 90 per cento. Nonostante l´Europa, la Costituzione, le mille promesse di un ceto politico senza neppure il coraggio di difendere le proprie scelte.
Nonostante le solenni dichiarazioni di Benedetto XVI e dei vescovi all´epoca dei decreti Bersani: «Non ci interessano i privilegi fiscali».
Nonostante infine siano passati duecento anni da Thomas Jefferson («nessuno può essere costretto a partecipare o a contribuire pecuniariamente a qualsivoglia culto, edificio o ministero religioso») e duemila dalla definitiva sentenza del Vangelo: «Date a Cesare quel che è di Cesare».
(tratto da un articolo di Curzio Maltese pubblicato su Repubblica di lunedì 25 giugno 2007, a pagina 13)
Aggiungiamo:
Se Thomas Jefferson invece di nascere ad Albemarle fosse nato a Torino o in qualunque altro posto del Regno di Sardegna, sempre nel 1743, invece di scrivere la Dichiarazione di Indipendenza forse avrebbe scritto Le mie prigioni insieme a Silvio Pellico (sono stati più o meno contemporanei).
Ora non sarebbe certo ritratto sul Monte Rushmore mentre probabilmente avrebbe dovuto impegnare sua madre al monte di pietà, e invece di suonare il violino qualche anima pia avrebbe invece suonato lui per estorcergli una confessione di eresia o di agnosticismo, e infine con gli stessi soldi con cui è riuscito a comprare a peso d’oro lo Stato della Louisiana forse non sarebbe riuscito a comprarsi nemmeno un monolocale nello Stato Pontificio.
Insomma, se Thomas Jefferson fosse nato italiano avremmo sicuramente perso il terzo Presidente degli Stati Uniti, uno dei massimi intellettuali del diciottesimo secolo, pacifista, anti-militarista e antischiavista, per avere uno dei tanti spostati che ancora oggi, qui in Italia, rischiano il collo per dire che la laicità si fonda innanzitutto sull’assenza di privilegi ad uno o a più gruppi religiosi nei confronti degli altri…
Ordunque, caro buon vecchio Renato Carosone, sei proprio sicuro che non avresti voluto fa’ l’americano?
Ed io ancora mi chiedo perché, quando hanno stabilito di dare a Cesare quel che è di Cesare, al Cesare americano hanno dato cervelli come quello di Thomas Jefferson e al nostro come quello di Carlo Giovanardi…
Deve essere proprio vero che gli americani sono nati con la camicia. Ma ciò non giustifica il fatto che noialtri si debba essere condannati a nascere con la tonaca…
Beh non è che negli USA tra creeazionisti, presidenti evangelisti e teocon neocon vari se la passino bene.
è una società molto contraddittorra..
@Nero
Una parola sola definisce quello che succede in Italia per un americano (diciamo almeno l’80% vero dei cittadini USA, tra cui anche molti cons) :
INCONCEPIBILE
Fidati 😉 La parola freedom e’ molto piu’ pesante della parola god.
Giovanardi ha un cervello? 😯
Beh, sì, dal punto di vista biologico forse sì… 🙄
e all’epoca dei decreti Bersani il bedenetto+ qualcosa disse che non gli interessavano i privilegi fiscali… lasciando stare le contraddizioni proprie di qualunque nazione, in america quasi 300 anni fà nella loro dichiarazione d’indipendenza hanno scritto parole impronunciabili oggi in italia e tanto beno scrivibili… attuabili? non ne parliamo…
Come argomento secondo me definitivo, direi che l’ esenzione fiscale al culto, piu’ che giusta o ingiusta, e’ inapplicabile: non esistono leggi che definiscano cosa e’ un culto. Una legge fiscale puo’ applicarsi solo ai fatti, non alle intenzioni: i cattolici sono coloro che si riuniscono per mangiare un impasto di acqua e farina comunemente usato per rivestire i torroni. E basta: le loro intenzioni non sono ne’ conoscibili ne’ fiscalmente rilevanti. E pensiamo a chi adori la cioccolata e le dia un particolare valore salvifico (perche’, l’ ostia sì e la Lindt no ?): lo esentiamo ? Se sì, allora non c’ è piu’ fine alle esenzioni; se no c’ e’ un’ evidente ed incostituzionale disparita’ (art. 3). Il vero cancro primitivo di questo paese e’ l’ idealismo: non contano i fatti, ma solo le intenzioni. Così tu mi accusi perche’ c’ è un nastro magnetico in cui dico “la BNL e’ roba nostra ?”, eh eh, c’ è un disegno dietro. Tu dici che il vaticano…..? Eh eh, sei un laicista. Torniamo tutti (e sinistra per prima) a dare attenzione ai fatti, e forse qualcuno comincerà a farsi qualche domanda in piu’.
La chiesa guadagna terreno sull esenzione fiscale, e’ una vera provocazione cambiare il modo di pensare laico, in linea di principio guadagnano loro sempre in Italia.