L’inganno multiculturale

Tutto comincia il 2 novembre 2004 quando viene ucciso, nel centro di Amsterdam, il regista impegnato Theo Van Gogh, autore del film Submission che descrive con vivida fedeltà la condizione della donna nel mondo islamico più integralista. Barbaro il modo dell’esecuzione: un coltello conficcato nel cuore con un messaggio e con il nome della prossima vittima, la sceneggiatrice del film Ayaan Hirsi Ali, una scrittrice di origine nigeriana cha da tempo vive nei multietnici Paesi Bassi. Ancora più stupefacente scoprire che l’autore dell’assassinio è un olandese di origine marocchina, Mohammed Bouyeri: si, è proprio uno di quei cittadini, olandesi a tutti gli effetti, naturalizzati che erano secondo la retorica multiculturalista l’esempio concreto della capacità aggregante, ma non assimilante di una società democraticamente avanzata quale quella olandese. Dico erano, perché da allora molte cose sono cambiate e, come se avesse ricevuto colpo allo stomaco, la coscienza, se non proprio le leggi olandesi hanno cominciato a non dare più nulla per scontato. […] È in questo contesto che si inserisce ora un affermato studioso olandese che da tempo vive e insegna in America, Ian Buruma, in un reportage serrato che si legge tutto di un fiato, a metà fra il racconto e la riflessione: Assassinio a Amsterdam, Einaudi (pp. 233, euro 14,50). L’autore offre anche tante testimonianze dirette e interviste sul campo e si fa un’idea composita del mondo dei musulmani europei, distinguendo nettamente l’Islam dall’integralismo (che d’altronde, è proprio non solo delle frange islamiche ma anche di altre religioni, comprese quelle laiche e politiche che hanno dominato il Novecento). L’avversario, nemmeno troppo celato, della polemica di Buruma, è chiaramente quella Ayaan Hirsi Ali che nel frattempo con il suo romanzo autobiografico, best seller mondiale, Infedele, pubblicato in Italia da Rizzoli (pp. 394, euro 18,50), è stata costretta a rifugiarsi in America per le minacce sempre più pressanti dei terroristi. Per Hirsi Ali l’Islam è in toto bigottismo ed intolleranza e potrà salvarsi solo modernizzandosi e laicizzandosi integralmente. Gli occidentali hanno paura di essere accusati di razzismo ed affermano «che i valori dell’Islam sono la compassione, la tolleranza e la libertà». Ma le cose non stanno così e questa paura deve essere superata. Buruma o Hirsi Ali? Il mondo intellettuale internazionale, quella società civile globale che va gradualmente formandosi, si è subito diviso. A dar man forte alle tesi di Buruma è subito intervenuto l’influentissimo intellettuale oxoniense, Timoty Garton Ash, che dalle pagine della The New York Review of Books ha accusato Hirsi Ali di essersi posizionata sullo stesso terreno, quello dell’integralismo, dei suoi avversari. Il suo «fondamentalismo illuministico» sarebbe una sorta di sindrome del neofita, che nell’abbracciare una nuova visione del mondo diventa più realista del re. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Shirin Ebadi, l’avvocato iraniano difensore dei diritti umani, premio Nobel per la pace nel 2003. Osservando che l’Islam, come ogni altra religione, si presta, come la storia sta a dimostrare, ad interpretazione diverse, Ebadi critica Ali di aver fatto di tutta l’erba un fascio e, appiattendo l’Islam, rischia di favorire l’odio ed il risentimento dell’una e dell’altra parte. Al fronte anti-Hirsi Ali può poi essere associato, pur con qualche distinguo, lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa. Passando invece ai difensori della scrittrice di origine somala, spicca il nome del filosofo francese Pascal Bruckner, che si è scagliato in violento attacco contro le posizioni di Garton Ash accusandolo di essere un «intellettuale in pantofole»: chiuso nel salotto di casa, nel proprio rassicurante e ovattato mondo borghese, tratterebbe i problemi del mondo senza sporcarsi le mani, senza la tempra morale necessari per difendere praticamente i nostri valori di libertà e democrazia. A favore dell’autrice di Infedele sono poi intervenuti anche due campioni del laicismo (e dell’ateismo) del momento: Richard Dawkins, il cui The Godelusion è attualmente il libro più venduto nel regno Unito (uscirà in italiano a settembre da Mondatori), e Christopher Hitchens, di cui Einaudi ha appena pubblicato Dio non è grande (pp. 276, euro 14.50). Chiediamoci infine: multiculturalismo o assimilazionismo per le nostre società, soprattutto dopo l’11 settembre? La giusta scelta è forse una terza via, l’integrazionismo: accettare di confrontarsi con l’altro senza preconcetti, magari facendo proprie le sue specificità, ma stando sempre attenti a non abbandonare il terreno del civile confronto e dei diritti umani (che, come ci ha insegnato tra l’altro Amartya Sen, non può essere una prerogativa solo mentale).

Il testo integrale dell’articolo di Corrado Ocone è stato pubblicato sul sito del Mattino

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10 commenti

Lamb of God

La sceneggiatrice Ayaan Hirsi Ali si è avvalsa della propria libertà d’espressione sia nel comporre il film che nell’estendere il libro, mentre chi la perseguita in nome di un fantomatico Allah vuole reprimere con minacce e malcelata violenza la sua ( e nostra) indipendenza culturale; bene han fatto Dawkins e Hitchens a schierarsi contro questi folli patentati, un paese realmente democratico dovrebbe _reprimere_ moti rabbiosi e cancerogeni come l’integralismo islamico.

Tale Buruma dovrebbe vergognarsi e passare un po’ di tempo in Yemen vestito da donna, son sicuro che cambierebbe idea in 5 minuti.

Fondamentalismo illuministico? Magari! Propongo anche una bella ditattura del relativismo.

Alessio Di Michele

C’ è un’ altra possibilità: eliminare qualunque rilevanza oggi data all’ indimostrabile fede religiosa (sì, non fossilizziamoci sulla religione: cominciamo ca dire he è indimostrabile anche il fatto che uno creda o no); hai ucciso ? Ergastolo. Hai ucciso ed eri buddista/cristiano/ebreo/mussulmano/vattelapeschiano: ergastolo. Immobile ? ICI. Immobile con riti anabattisti/avventisti/dei santi degli ultimi giorni ? ICI, magari pagata con le monete di piccolo taglio.

GMF

Chiediamoci infine: multiculturalismo o assimilazionismo per le nostre società, soprattutto dopo l’11 settembre? La giusta scelta è forse una terza via, l’integrazionismo: accettare di confrontarsi con l’altro senza preconcetti, magari facendo proprie le sue specificità, ma stando sempre attenti a non abbandonare il terreno del civile confronto e dei diritti umani (che, come ci ha insegnato tra l’altro Amartya Sen, non può essere una prerogativa solo mentale).

Ma che c***o vuol dire? Quale specificità dovrei fare mie? Il Bourka, l’infibulazione? Se gli integralisti di ogni risma rispettassero i tanto decantati diritti umani sarebbe finita ogni questione.Insomma anche questa è un’acrobazia verbale per evitare di dire che un buon numero di islamici, non tutti ma tanto meno una infima minoranza, ha in materia di libertà di pensiero le stesse opinioni dei cari cristiani dell’epoca più dura dell’inquisizione.Relativismo culturale non significa necessariamente che tutte le culture sono equivalenti e intercambiabili.I valori dell’illuminismo sono un progresso dell’umanità quelli delle religioni,nel migliore dei casi, sono oscurantismo culturale.Nel peggiore violenza criminale.Su che cosa dovremmo aprire un civile confronto con gente che sostiene che la lapidazione delle adultere è cosa buona e giusta?Anche fra gli islamici che non sono considerati integralisti siete mai riusciti a sentirne uno che sostenesse che l’uguaglianza fra uomo e donna è un pricipio irrinunciabile di civiltà? Persino il vaticano che non è esattamente un faro apertura mentale ci fa una bella figura in confronto a questi figuri, e mi riferisco ai cosidetti islamici moderati.

Lady Godiva

Anche fra gli islamici che non sono considerati integralisti siete mai riusciti a sentirne uno che sostenesse che l’uguaglianza fra uomo e donna è un pricipio irrinunciabile di civiltà?

Solo Salman Rushdie e Magdi Allam.

Lamb of God

Salman Rushdie è ateo.

Magdi Allam è islamico quanto lo sono io.

Gérard

Personalmente sono per l’assimilazione e non per l’integrazione . I miei antenati eranno tedeschi però di questo ho soltanto in eredita la conoscenza della lingua .
Nel 1940 il mio padre era soldato nelle truppe francese benchè madre era tedesca e padre del confine tedesco . Si considerava francese a 100% . Sono cresciuto nel rispetto delle regole del nostro paese perchè non eravamo integrati ma assimilati .
Cosa ne sarebbe degli immigrati di oggi se un giorno si dovesse fare guerra all’ Arabia Saudita e invadere Mecca ??

Michele Bakunin

Succederebbe lo stesso che aver fatto la guerra all’Iraq

Franco Siccardi

Cosa ne sarebbe degli immigrati di oggi se un giorno si dovesse fare guerra all’ Arabia Saudita e invadere Mecca ??

Un po’ di lavoro per le corti marziali, qualche migliaio di pallottole utilizzate, qualche migliaio di iddioti in meno.

La logica militare e’ quella… E poi, dio e’ sempre dalla parte di chi tiene il fucile per il calcio, mai dalla parte di quelli che sono davanti al fucile!!!

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