W W il Motu Proprio del Papa

Dico due volte VIVA per il Motu Proprio papale circa la messa in latino, sebbene si tratti di un’alba non radiosa, ma velata di smog. C’è da lodare le possibilità che dà un potere monarchico semiassoluto: al di qua del Tevere nessuno può più nulla ed è vano fantasticare di volontà politiche autonome. Dall’altra parte Qualcuno può, ma il motivo principale di questa parziale restaurazione mi è estraneo, perfino impensabile – sarebbe politico, mirerebbe a riattaccare gli scismatici lefevriani alla Chiesa ufficiale, al di là delle mura vaticane la cosa è per tutti insignificante, e in genere gli scismi sono utili e ravvivanti, più da incoraggiare che da cancellare. Ci può essere anche un motivo nascosto e bisogna rallegrarsi pensando ad una ambiguità del Motu Proprio: e se il motivo profondo fosse di tentare di riacchiappare un lembo del dileguante mantello della Trascendenza divina? Questo giustificherebbe ampiamente il mio ripetuto evviva.

Miseria del potere: l’obbligo di tacere qualsiasi verità che non sarebbe compresa, che sarebbe accusata di vaneggiamento!

Si sa anche della repulsione dell’amatore di Mozart per le chitarre, il rock, le canzoni sugli altari: chiaramente la messa preconciliare è più nei gusti ratzingeriani. Ma la misura papale non ha nulla di una cura drastica, mi sembrano insensati i mugugni dei vescovi, eccessiva («La Repubblica», 8 luglio) la reazione ostile del priore di Bose, difensore dell’integrità cristiana tra i più colti e autorevoli. E come non vedere, nella messa in volgare, una degradazione liturgica, un compromesso per nulla convincente con la modernità in astratto? La modernità autentica non accetta il senso della messa in blocco, in quanto liturgia sacrificale e metamorfosi magica di pane e vino in corpo di vittima immolata vivente: volendo restare fedeli a questo (se no è harakiri), è inutile cercare, con escamotage rituale di facciata, il consenso dei razionalisti. Nel profondo, le distanze restano incolmabili.

E tuttavia: posso prevedere che una larga frangia proprio dei cosiddetti laici, di razionalisti tra i più darwiniani, s’iscriverà nella richiesta di messe in latino per motivi esclusivamente culturali, seguitando a ritenere che, sotto le formule incantate, non ci sia che del vacuum privo di sostanza. Per i primi tempi almeno la rinata Tridentina sarà la messa degli intellettuali; quel che resta di popolo cristiano cattolico sarà difficilmente attratto subito, in seguito però, incalzati dall’espansione e dall’aggressività islamica, fradici tutti di tecnologie e supermercati, una conversione alle formule tradizionali come rocca di rifugio si farà sentire. Benedetto XVI può aver fatto dei calcoli, ma quale Colpo di Dadi abolirà mai il Caso? I peggiori razionalisti sono i partigiani del vacuum di messa creatosi con Paolo VI, perché una liturgia che si voglia accessibile ai praticanti, senza veli linguistici e semantici, è una vescica vuota. Figuriamoci se la gente è in grado di comprendere ciò che gli manca: però diserta sempre più un rito religioso che religiosamente l’appaga così poco.

Parlo da una sponda lontana, ma ho memoria dei fiori.

Tra i ritocchi necessari del Missale Romanum, qualora ne sussistessero, ci sono tutti gli accenni di antisemitismo cristiano, felicemente stramorto nelle coscienze.

Non va trascurata la bruttezza, l’imprecisione, l’inadeguatezza delle traduzioni adottate, bibliche e liturgiche, nella messa conciliare. Basterebbe quel e col tuo spirito, così letterale e così patata, di risposta a Dominus vobiscum… Che cosa s’intende per spirito? Che cosa rinvia di più al semplice vobiscum dell’officiante lo spiritus della risposta? Basterebbe quello sviante togli letterale per tollis in Agnus Dei qui tollis peccata mundi, perché il senso è al mille per mille porti, secondo l’imprescindibile origine biblica da Isaia 53,7 dov’è pura metafora e non prefigurazione messianica. L’Agnello divino porta, si carica dei peccati, altro non può fare, non toglie nulla, non cancella nulla, sarebbe una cuccagna! Il senso del verbo latino tollo è pregnante ma anche a portata di dizionario, consiglio di dargli un’occhiata.

Articolo di Guido Ceronetti pubblicato su La Stampa

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Un commento

Mauro Ghislandi

“Parlo da una sponda lontana, ma ho memoria dei fiori.”

Forse l’antinarcotici dovrebbe interessarsi più spesso a quello che usa Ceronetti prima di scrivere i suoi articoli.
Certo che far uso di LSD a (quasi) 80 anni non è male!

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