“Gli ebrei non ci sono? E noi ce l’inventiamo”

Nella Polonia dei pogrom, dei campi di sterminio e dell’attuale antisemitismo senza ebrei sta succedendo un fatto nuovo e del tutto inaspettato: il risveglio della cultura ebraica. Tornano i piatti tradizionali nei ristoranti e la musica yiddish nei caffè, si restaurano le sinagoghe distrutte e le abitazioni ritornate negli ultimi anni nelle mani degli eredi degli antichi abitanti, si affollano i corsi di arte e di lingua. A Cracovia – epicentro del risveglio, con il vecchio ghetto di Kamizierz tornato a nuova vita – c’è addirittura un Festival della cultura ebraica, che si tiene a giugno, dura appena un giorno ma attira migliaia di visitatori: quest’anno, diecimila. Pochissimi erano ebrei, molti erano turisti, soprattutto americani. Ma la maggior parte erano cattolicissimi polacchi, nostalgici di quella grande cultura che per secoli è stato il marchio inconfondibile del Paese. Il menu era assai vario: mostre d’arte, concerti, danze, letture pubbliche, lezioni di calligrafia e di cucina, «paper cutting». Ovunque tutto esaurito.
L’uomo che nel 1988 ha inventato il Festival e da allora lo dirige, il cattolico Janusz Makuch, spiega il successo così: «È un modo di rendere omaggio alle persone che hanno vissuto qui e che tanto hanno contribuito alla cultura polacca. Certo, c’è un aspetto turistico e commerciale, ma è questo è solo la schiuma di superficie. In realtà, è in atto una profonda trasformazione etica. Ci stiamo rafforzando i muscoli per difendere il nostro diritto morale a giudicare la storia contro lo strisciante nazionalismo antisemita». Il Paese cura la doppia ferita provocata dal nazismo e dal regime comunista riscoprendo la sua anima ebraica, sapiente e appassionata. E in questo processo scorrono molti denari: il Festival – che costa 800 mila euro – è finanziato per una metà dal governo nazionale e da quello locale, per l’altra da donazioni, soprattutto dagli Stati Uniti. La Polonia oggi conta 15 mila ebrei, ma secondo alcuni non sarebbero più di duemila. Prima del 1939 erano tre milioni e mezzo, un polacco su dieci. Più di tre milioni morirono nei campi di sterminio, alcune decine di migliaia riuscirono a fuggire. Nel 1945 i sopravvissuti erano 250 mila, i pogrom postbellici del 1946 e le purghe antisemite del governo comunista nel 1968 hanno annientato anche le ultime comunità. […]

Fonte: laStampa.it

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4 commenti

nando

Bene l’idea di rispolverare la cultura ebraica, una delle tante che caratterizzano l’Europa e specialmente la Polonia. Meno bene il fiorente giro di quattrini dei soliti affaristi.
Basta che lo scopo non sia il solito, noiosissimo intercalare che l’Europa avrebbe radici giudaico-cristiane e bla bla bla…

tadeus

Nella Polonia dei pogrom il paese piu cattolico d’Europa…l’orrore antisemita oggi si spalanca l’inferno,……..

marco melli

sempre retaggio di questa cultura semitica omofoba,misogena e maschilista,ebraismo,cristianesimo ed islamismo si possono dare la mano

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