Si era presentata avvolta dal burqa in un’aula del tribunale di Cremona per assistere al processo in cui era imputato il marito, l’imam Mourad Trabelsi, condannato per terrorismo internazionale. Ora, per quella “parata”, la procura ha deciso di rinviarla a giudizio. Per essere entrata in tribunale coperta dalla testa ai piedi, la donna rischia una pena fino a due anni di reclusione.
Il caso, riportato dal Corriere della sera, rischia di trasformarsi in un fatto di valenza nazionale con le immancabili polemiche. La donna, una 37enne, pare non si sia persa un’udienza del processo al consorte, condannato in appello a 7 anni. E tutte le volte che appariva in aula lo faceva coperta in ogni spazio del suo corpo, indossando il burqa. e soprattutto coprendo ogni volta il viso.
La donna ora rischia una pena di due anni di reclusione. La prima udienza è fissata al 30 gennaio 2008: quel giorno – ha garantito al Corriere il suo legale – la donna entrerà in tribunale a volto scoperto.
Mi pare giusto. Se in certi è obbligatorio essere identificabili, tale legge deve prevalere contro tutti i precetti religiosi.
Mah, di fronte a notizie come questa mi prende lo sconforto. Vorrei poter sostenere che appoggio e difendo, per principio, la libertà altrui, anche quando, nel reciproco rispetto, si manifesta in forme e maniere che appaiono bizzarre al mio modo di vedere. E tuttavia… è del mio rispetto che una col burqa ha bisogno?
No Arcturus. Se una donna va in Iran, deve coprirsi il capo anche se non segue la versione musulmana della Menzogna Globale: e’ la legge, se vuole stare a capo scoperto se ne sta in casa o rimane al suo paese.
Lo stesso deve avvenire qui da noi. Se vuole indossare il burqua, se ne stia a casa ua, o rimanga al suo paese.
Dura Lex….sed lex!!!
Quoto Franco Siccardi,
Giusto!
E anche i preti e le suore! Che vadono in giro come tutti!
Altrimenti se ne stiano a casa o che ritornino al loro paese…
Uh, cazzarola! ma.. ma loro sono italiani…
D’accordo con Max: dura lex, sed lex
1) Chi non ha nulla da nascondere, si mostra col viso scoperto.
2) Come facciamo ad essere sicuri che sotto il burqa ci sia sempre una donna,
e non un uomo, magari con una bella bomba in tasca?
Decisione sacrosanta, quella della Procura.
Secondo me, ancor prima di rispetto della legge, si tratta di un banale rispetto della cultura del Paese che ti ospita: se dovessi farmi un viaggetto in Iran o in Arabia Saudita, ben mi guarderei dal girare per Teheran o per la Mecca in calzoncini corti. Lo stesso rispetto ritengo sia giusto pretenderlo anche qui da noi. Il burqa, del resto, costituisce un’offesa alla libertà della donna, concetto che posso anche capire non sia particolarmente apprezzato in certi Paesi, ma qui è un dato assodato – pur con notevole ritardo – da alcuni decenni.
Mah… sono sempre più perplesso, non riesco a non notare similitudini con alminejad (o come cacchio si scrive) che vuole incriminare chi veste troppo all’occidentale.
Paese che vai, cultura che trovi. Ribadisco che in Iran ben mi guarderei dal vestire in modo da insultare le loro convinzioni, consapevole del fastidio/offesa/insulto (a seconda delle diverse sensibilità di ognuno) che il burqa provoca in occidente. E’ questione di reciprocità.
E’ semplicemente folle pensare che il modo di vestire di uno rappresenti un insulto per un’altro, guarda caso sotto sotto c’è sempre la follia religiosa…
No, è questione di libertà, lo stato non ha diritto di accusare condannare i cittadini per come si vestono, questa regola vale per l’iran quanto per l’italia.
Non vorrei dire una cosa sbagliata ma se mi ricordo bene, questa moglie dell’Imam di Cremona è una signora di origine milanese….
Quoto Damiano e Gérard (anzi chiedo indicazioni sul modo corretto di quotare…):
nel caso dell’Iran si tratta sicuramente di follia religiosa (e comunque ritengo che – per quanto folle possa essere una norma – uno straniero debba rispettarla), nel caso italiano si tratta, invece, di norma dettata a tutela dell’ordine pubblico, non certo nell’interesse di qualche confessione o in odio ad altre fedi.
Non si tratta di vietare di andare in giro con i jeans sdruciti o con i capelli viola, ma di verificare sempre l’identità personale, soprattutto in un Paese dove le libertà fondamentali (pensiero, riunione e associazione) sono tutelate.
Quanto al fatto che questa signora sia di origine milanese: beh, a maggior ragione dovrebbe conoscere e rispettare le leggi che – se mi ricordo bene – valgono per tutti a prescindere dalla confessione religiosa di appartenenza.
…che ultimamente si usa solo quando fa comodo. A parte il fatto che probabilmente si tratta di un retaggio legislativo, se venisse applicata sistematicamente come tutte le leggi dovremmo mettere fuori legge il carnevale e i balli in maschera e i lifting. Non mi risulta che occorra un permesso speciale della questura per organizzare un ballo in maschera (ma potrei anche sbagliare).
L’argomento del “costume culturale” potrebbe essere usato anche per giustificare il finanzaimento pubblico per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.
molto interessante il paragone dei balli in maschera e del carnevale.
penso che però calzi solo parzialmente. il carnevale è un fatto episodico e a richiesta di un gendarme chiunque non avrebbe problemi a rivelare il proprio volto. tra l’altro le feste in maschera mi sembra che siano al limite della buona regola di ordine pubblico.
se uno invece si maschera quotidianamente per motivi culturali o religiosi costituisce un problema e la legge fa bene ad occuparsene.
Mi pare molto presa per i capelli … se era un problema di identificazione nell’aula di tribunale, avrebbero potuto chiederle i documenti. E evidentemente una di quelle leggi (ma qual’è poi sta legge?) che si usa “alla bisogna”…
@ Damiano
In Bosnia recentemente il burqa è stato usato da banditi per commettere una rapina, ma perché non fondi direttamente un’associazione in difesa della donna velata? Dopotutto ormai sembra l’unica battaglia alla moda.
@ Damiano
la legge sul volto scoperto l’ho sempre sentita nominare, da una breve ricerca su internet mi è risultato l’articolo 5 della legge n. 152 del 1975
probabilmente le feste in maschera sono esentate in quanto sono manifestazioni private. certo la festa in piazza no, quindi si configura la cosiddetta chiusura di un occhio.
vado a senso, poichè non sono un esperto giurista (nemmeno un giurista).
tutto sommato sono d’accordo. il carnevale è il momento della follia, dell’eccezione, è qualcosa di sostanzialmente ai limiti della legge. poi puoi criticarlo finchè vuoi come momento di consumismo del cazzo oppure come momento pericoloso e quindi da perseguire; tanto adesso vengono ghettizzati i fumatori, arrestati i bevitori (anche quelli che in macchina vanno piano) e privati del cibo i ciccioni, quindi non mi stupirei se sarà smascherato l’uomo ragno (nel fumetto l’han già fatto) oppure zorro.
il burka invece non è un’eccezione, ma una norma. la norma che collide con un’altra norma è ingovernabile.
ecco, posso sentire qualche brivido dal fatto che questo comportamento sia a rischio di galera, anche se la galera è uno strumento probabilmente messo lì e previsto più per quelli che fanno i tafferugli (mi resta qualche brivido).