Libertà religiosa, no dei vescovi alla legge

I vescovi italiani sono favorevoli ad una legge che tuteli la libertà religiosa, ma tale legge non può mettere sullo stesso piano della Chiesa cattolica sette o movimenti religiosi che «suscitano allarme sociale»; né il matrimonio cattolico può essere equiparato a quello di altre religioni, come l’islam, che prevedono anche la poligamia. Per tali motivi ieri il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), mons. Giuseppe Betori ha espresso «preoccupazione, perplessità e riserve» sul nuovo testo unificato redatto da Roberto Zaccaria (Ulivo), in sede di Commissione Affari Costituzionali della Camera. Il parere del numero due della Cei è stato sentito dai deputati della Commissione a Montecitorio. L’audizione di mons. Betori è stata la prima di una serie di interventi di rappresentanti religiosi italiani (ma hanno parlato anche gli atei) che sono andati avanti per tutto il pomeriggio. A differenza della Chiesa cattolica, ebrei e protestanti hanno manifestato la loro soddisfazione per il nuovo testo che difende la laicità dello Stato ed equipara sostanzialmente le diverse religioni tra di loro. Anche le organizzazioni musulmane che fanno parte della Consulta per l’Islam si sono mostrate piuttosto favorevoli, pur esprimendo qualche riserva sulla creazione di un albo dei ministri del culto. Mons. Betori ha invece criticato apertamente molti punti della proposta di legge a partire dai paragrafi sul matrimonio. […] Non piace, infine, ai vescovi nemmeno il preambolo del testo di proposta di legge dove si introduce il principio della laicità «addirittura quale fondamento della legge sulla libertà religiosa». Si tratta di un’affermazione – ad avviso di mons. Betori – «singolare e forzata», in quanto, secondo pronunciamenti della Corte Costituzionale, è la libertà religiosa a concorrere a «strutturare il principio di laicità». D’accordo con i rilievi mossi dal segretario della Cei si sono dichiarati Riccardo Pedrizzi, parlamentare di An («le perplessità della Chiesa sono anche le nostre») e Giampiero D’Alia, capogruppo Udc alla Commissione affari costituzionali.

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