Argentina, processo contro Von Wernich, prete e repressore

È il primo prete in Argentina chiamato a rispondere in tribunale per crimini di lesa umanità, ma Christian Von Wernich, cappellano della polizia della provincia di Buenos Aires durante la dittatura militare del 1976-1979, non sembra aver nessuna voglia di parlare. Presentatosi alla prima udienza del processo aperto contro di lui dal Tribunale federale di La Plata, il prete ha ascoltato la lunga lista di accuse, relative a 7 casi di omicidio, 31 di tortura e 42 di privazione illegale della libertà registrati nel cosiddetto Circuito Camps di centri di detenzione clandestini […]. Quando poi il giudice Carlos Rosansky gli ha concesso la possibilità di rilasciare una dichiarazione, il sacerdote ha detto soltanto: “Seguendo le indicazioni del dottor Martín Cerolini, il mio avvocato, non parlerò e non accetterò domande”. E, dopo la prima udienza, non si è fatto più vedere al processo.[…]. A nove mesi dalla scomparsa di Julio López, e di fronte a minacce e pressioni già denunciate riguardo al nuovo processo, la questione della sicurezza dei testimoni chiamati a deporre contro Von Wernich – ne sfileranno circa 120 fino al prossimo settembre – è non a caso al centro delle preoccupazioni dei militanti per i diritti umani.

Nessun pentimentoVon Wernich aveva lasciato il Paese nel ’96. Quando è stato arrestato, nel settembre del 2003, celebrava messa nella piccola città cilena di Quisco. Trasferito lo scorso maggio in un carcere comune, Von Wernich compirà 70 anni nel 2008 e potrà allora ottenere gli arresti domiciliari. […]
Il disonore della gerarchia. Il processo a Von Wernich, il quale ha sempre potuto contare sul sostegno della gerarchia ecclesiastica, riaccende, inevitabilmente, anche le polemiche sui silenzi e le complicità della Chiesa durante la dittatura. […]. In realtà, […], se “alcuni ministri della Chiesa cattolica hanno potuto operare come autori, complici, mentori o occultatori del piano di sterminio eseguito in Argentina a partire dal 24 marzo del 1976”, altri ve ne sono stati, tra vescovi, sacerdoti, religiose e laici, che hanno operato in difesa dei diritti umani “e hanno salvato vite o cercato di farlo, e per questo sono stati perseguitati, incarcerati, fatti scomparire, torturati o assassinati dalla dittatura militare”. […].

Un rimedio all’impunità. Quello a Von Wernich è il terzo processo realizzato dopo l’annullamento, nel 2003, delle leggi del Punto Finale e dell’Obbedienza Dovuta, dopo quello contro Julio Simón, condannato a 25 anni di prigione nell’agosto del 2006, e contro Miguel Etchecolatz il mese successivo. Quanto ai massimi responsabili della dittatura, a cominciare da Jorge Rafael Videla ed Emilio Eduardo Massera, si avvicina anche per loro il momento del processo: la sentenza con cui la Corte Suprema di Giustizia, il 13 luglio scorso, ha dichiarato nullo l’indulto di cui beneficiava il generale Santiago Omar Riveros, ex comandante degli Istituti Militari di Campo de Mayo (già condannato all’ergastolo in contumacia nel processo svoltosi a Roma, nel 2000, contro i militari argentini responsabili del sequestro e dell’omicidio di cittadini italiani in Argentina durante la dittatura; v. Adista nn. 83 e 89/00), spiana la strada all’annullamento degli indulti concessi nel 1989 dall’ex presidente Carlos Menem con il pretesto di riconciliare e pacificare il Paese.

Testo integrale dell’articolo di Claudia Fanti pubblicato su Il Dialogo

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