Quale morte è “buona” e quale “cattiva”?

Gentile direttore, il teologo Luigi Lorenzetti, su Famiglia Cristiana n. 31 del 5 agosto, scrive: “E’ assurdo cercare la soluzione ai problemi della vita con il dare e procurare la morte”. L’affermazione così formulata sembra giusta e sensata. Se però, riferendoci a particolari gravi casi, che dovrebbero essere contemplati da una seria legge sull’eutanasia, la modifichiamo così: “E’ assurdo cercare la soluzione ai problemi dei malati terminali in preda a dolori insopportabili, ai quali la vita già è stata negata, aiutandoli a morire in tempi più brevi”, vediamo che l’affermazione non è più tanto giusta e sensata come sembrava. Secondo il teologo poi bisogna sia “vincente la persuasione che la morte buona è solo quella che arriva quando è venuta la sua ora, senza arbitrariamente anticiparla e nemmeno ostinatamente posteciparla”. L’aggettivo possessivo è riferito a morte; la morte ha una sua ora; se la spostiamo (l’ora), la morte da buona, diventa cattiva. Nasce un bambino prematuro con gravi malformazioni. Sofisticate tecniche mediche riusciranno a farlo sopravvivere (soffrendo) tre settimane. Senza cure particolari, sopravviverà (soffrendo) qualche giorno. Con una dose letale di antidorifico, morirà subito senza soffrire. Quale morte è “buona”, e quale cattiva? E poiché fino a non molto tempo fa la maggior parte dei neonati prematuri, anche senza malattie, moriva, la morte regola il suo orologio secondo i tempi e i luoghi?

Lettera di Attilio Doni pubblicata ieri su L’Unità

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5 commenti

laura

La questione non verte su morte buona o morte cattiva. Come bisogna spiegarlo che la chiesa vuole il dominio su tutto: la nostra nascita, la nostra vita, la nostra sessualità, ogni “nostra scelta”, la nostra educazione, i nostri soldi, ecc, ecc, fino alla nostra morte.

rossotoscano

se si parte dal presupposto che non si muove foglia che dio non voglia allora è inutile fare leggi e giocare sulle parole, ma se si vuole essere laici allora si mandi questo dio e tutti gli altri a farsi benedire e liberamente si legiferi senza tante seghe mentali e filosofiche… l’accanimento terapeutico in moltissimi casi è solo un ritardare la morte tra atroci sofferenze ( ricordiamoci del povero nuvoli che ha continuato a respirare per 3 ore dopo il decesso) il diritto a dire no all’intubamentoe alla volontà di esserne staccati deve essere sancito da una legge, se poi dio non vuole allora saranno affari suoi e intervenga con le sue schiere per non farlo morire…se morrà allora anche dio lo avrà voluto…

tadeus

Pregiudizi atavici tramandate finisce ineluttabilmente nell’ossessione, la morte regola il orologio secondo i tempi e i luoghi, anche demografica, la teologia trama nell’ombra si presta ai piu diabolici disegni sulla base di quella supertizione, la morte e’ morte..

Bruna Tadolini

Il rapporto dell’uomo con gli spiriti/dei mediato da sacerdoti ha messo nelle loro mani il controllo della morale umana ed in generale del comportamento umano!

Da “Dal big bang a dio. Il lungo viaggio della vita”

…. E’ anche evidente che il trucco che aveva permesso di contrabbandare “il comportarsi bene” come un sacrificio per ingraziarsi gli spiriti, favorì la coesione e quindi la sopravvivenza del gruppo in cui questa idea era nata. Ma se si accetta l’idea che uno spirito ti premi se ti comporti bene, si deve necessariamente accettare anche l’idea che egli ti punisca se ti comporti male. Purtroppo questo attribuisce allo spirito un potere di controllo permanente che si esercita anche in tutti quei momenti nei quali non si ha bisogno di aiuto. Da entità alla quale rivolgersi (con vantaggio) nel momento del bisogno, lo spirito diventa così un “Dio” che controlla in permanenza il comportamento morale. Da prodigo elargitore di favori, lo spirito si trasforma in padrone della esistenza: come l’usuraio a cui ci si è rivolti nel momento del bisogno che diventa in breve proprietario di tutto ciò che si possiede. E’ evidente che i rapporti con un simile “Dio” sono assai diversi da quelli che si intrattengono con uno spirito al quale ci si rivolge occasionalmente. Se egli ti controlla sempre, sempre si dovrà restare nella sua “grazia”. Occorre, perciò, dar luogo ad un cerimoniale nuovo, complesso, soprattutto ricorrente, che deve essere eseguito da uno “specialista”: il sacerdote. La funzione sacerdotale di intermediario fra gli uomini e lo spirito era sicuramente comparsa sin dai primordi dello spiritualismo ma la nuova funzione dette un enorme potere a questo interlocutore privilegiato di Dio. Infatti mentre in precedenza, le regole e l’osservanza della morale erano imposte dal capo gruppo, ora esse erano prescritte e fatte rispettare da Dio, cioè dai sacerdoti. In molte società ciò elevò il sacerdote a capo supremo; nelle società in cui sopravvisse un potere laico, al sommo sacerdote vennero comunque attribuiti poteri enormi, non escluso quello di nominare lo stesso capo “secolare” ….

non possunus

non possiamo accettare che altri da noi ci dicano come e quanto soffrire, come e quando morire, almeno la morte sia nostra, i credenti si regolino come meglio credono ma hanno il dovere di lasciare gli altri liberi di agire e morire come credono meglio per loro se ciò non arreca danno ad altri.

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