L’elegante sedile di pietra è composto di braccioli e fianchi di marmo bianco, l’unica parte decorata è il dossale, fittamente scolpito di figure geometriche e vegetali. Lungo l’orlo sinuoso del dossale corre una fascia in cui è scolpito un passo coranico, solo che questo è il «seggio di San Pietro». Secondo la tradizione veneziana più antica, e non senza appigli nell’agiografia del santo, tale cattedra o trono, di cui venne a far parte integrante il dossale ricavato dalla stele selgiuchide dell’XI secolo, era stato il seggio dell’apostolo Pietro primo patriarca d’Antiochia (Siria). Arrivato a Bisanzio, il seggio fu donato ai veneziani, che lo collocarono nella cattedrale di San Pietro a Castello, e ora è esposto, insieme a ceramiche, tessuti, vetri, suppellettili, scudi e armi, piviali, tappeti, lacche, mappe, incunaboli e dipinti, nella mostra Venezia e Islam. 828-1797 (Palazzo Ducale, fino al 25 novembre, catalogo Marsilio) a testimonianza delle relazioni, degli intrecci e influssi tra Occidente e Oriente che ebbero come protagonista la città lagunare.
Venezia era come un girasole, con le radici piantate saldamente nell’Occidente latino, e lo sguardo sempre proteso a cogliere i raggi provenienti da Levante. A monte di quella che sarebbe diventata una vocazione, c’era stata la necessità. Le genti che, da Padova, Altino, Oderzo, per sfuggire agli Ostrogoti, ai Franchi, ai Longobardi, erano riparate sugli isolotti melmosi e sulle barene della laguna, avevano perduto tutto, non erano più né signori né contadini. La fondazione della città, la sua invenzione dal nulla, la necessità di farla sorgere dall’elemento marino sentito ormai come destino, e poi di difenderla e renderla sempre più prospera in un grande progetto comune, dovettero creare nella sua popolazione un tessuto connettivo senza uguali. […]
Il pragmatismo, anche cinico e camaleontico, proprio della «nazione» veneziana e nato dalle congiunture del suo sviluppo, è il concetto più adatto per definire i rapporti tra Venezia e Bisanzio, e tra Venezia e un Islam che andava da Baghdad ad Algeri, cioè quel mondo musulmano che, nelle sue sfaccettature, cominciò ad affidare, a partire dal XIV secolo, la sua direzione politica e il suo futuro militare ai nuovi arrivati, i turchi, già difensori, con i mamelucchi, della minaccia mongola. Sul piano del costume, del gusto, della storia materiale, della produzione delle arti, le contaminazioni e gli apporti reciproci tra i due mondi sono ben esemplificati negli oggetti e nelle opere della mostra, benché, comprensibilmente, la prepotenza della storia, soprattutto in un arco di tempo tanto ampio (i mille anni dello stato veneziano) pesi a scapito dei pur splendidi pezzi esposti. […]
Il testo integrale dell’articolo di Giuseppe Bernardi è stato pubblicato sul sito de Il Giornale
Già, all’epoca si dialogava con l’islam e il papa, tanto per cambiare, scassava la minchia:
Sebbene la popolazione della città fosse a maggioranza cattolica, lo stato rimase laico e caratterizzato da un’estrema tolleranza nei confronti di altri credi religiosi
Questo atteggiamento indipendente e laico pose la città spesso in contrasto con lo Stato della Chiesa, figura emblematica fu Paolo Sarpi che difese la laicità dello stato veneto dalle pretese egemoniche del papato
e la storia si ripete….