L’editoriale di Giuseppe Dalla Torre sugli Statuti personali, che riprendeva il mio del 5 agosto, è particolarmente utile per approfondire un problema che è tornato di attualità n questa fase storica. L’accordo tra noi è talmente sostanziale – i diritti umani non possono patire eccezione a motivo di religione o di etnia – che si può affrontare il residuo margine di discussione: la valutazione storica del sistema degli Statuti personali. Io per la verità non mi sono soffermato sull’argomento, anche perché le valutazioni storiche devono tenere presenti tanti fattori, e non si prestano ad esemplificazioni. È vero, infatti, che riconoscere diverse leggi per diversi popoli ha consentito in alcuni casi di evitare conflitti, anche se ogni popolo sottomesso all’impero ottomano ha lottato a lungo per ottenere la propria libertà. Così come alcune comunità cristiane ed ebraiche sono sopravvissute nell’arcipelago musulmano per molto tempo, ma pur sempre come minoranze. Ed è vero ancora che in Turchia la presenza cristiana è del tutto marginale, mentre nei primi decenni del Novecento era consistente, ma l’Europa oggi non chiede alla Turchia di tornare indietro bensì di rispettare veramente la libertà religiosa per tutti. In ogni caso occorre tener distinti i due aspetti del problema. Sul piano storico, il sistema degli Statuti viene dal passato, e dal medioevo lambisce oggi alcuni Paesi. Ma il sistema poggiava, tra l’altro, su due elementi: il diritto di libertà religiosa è garantito nell’ambito della comunità di appartenenza, mentre è proibito ogni proselitismo; alla popolazione musulmana si applica la legge islamica che riguarda anche l’ambito familiare e penale, agli altri una legislazione diversa. Lo stesso sistema è stato utilizzato, nella fase espansiva dell’islam, insieme alla concezione della dhimmitudine. Ai dhimmi (cristiani ed ebrei) si riconosceva la libertà religiosa, ma si imponeva il cosiddetto “testatico”, una tassa personale, per sfuggire alla quale moltissimi si convertivano e diventavano musulmani. Per queste ragioni, lo studioso della multiculturalità W. Kymlicka definisce il sistema degli statuti personali «a tutti gli effetti, una federazione di teocrazie», nella quale una religione domina sulle altre. Certamente, se confrontato con ordinamenti puramente repressivi o totalitari questo sistema presenta dei vantaggi. […]
Il testo integrale dell’articolo di Carlo Cardia è stato pubblicato sul sito di Avvenire
Cose condivisibili, ma parlando di discriminazioni su base religiosa non si puo’ non parlare di discriminazione verso i cittadini atei e agnostici, che sono gli ultimi ad essere considerati.
Suona stonato lamentarsi che a cristiani ed ebrei sia garantita la liberta’ religiosa ma imposta una tassa, e non parlare del fatto che non sia garantita nemmeno questa liberta’ “parziale” a chi ha altre fedi, ed in particolare che non sia affatto garantita la liberta’ di avere concezioni del mondo naturalistiche, prive di divinita’ e sovrannaturale in genere.
E’ una discriminazione che vige anche nel nostro paese, con un Concordato, leggi nazionali, e regionali, delibere comunali e chi piu’ ne ha piu’ ne metta, che riconoscono privilegi e immunita’ (chiamati ipocritamente diritti) in primis alla religione Cristiana Cattolica Romana, quindi alle religioni che hanno stipulato una Intesa con lo Stato, quindi alle altre religioni.
Roberto Grendene
yes….Robert