Nuovo libro di Corinne Maier: “No Kid. Quaranta ragioni per non avere figli”

Consiglio per le giovani generazioni: crescete, ma per favore non moltiplicatevi. Ecco l’ultima provocazione di Corinne Maier, scrittrice e psicanalista francese, famosa per aver scritto Buongiorno lettino, Come sopravvivere alla psicanalisi ridendo e soprattutto Buongiorno pigrizia (Bompiani), un breve libro nel quale proponeva una teoria della resistenza passiva in ufficio, cioè come portare a casa lo stipendio lavorando il meno possibile. Il manuale fu un caso editoriale e valse a Maier l’ammirazione incondizionata dei dipendenti dell’intero mondo industrializzato. Oggi si è spinta oltre.
Il suo nuovo pamphlet – No Kid. Quarante raisons de ne pas avoir d’enfant (No Kid. Quaranta ragioni per non avere figli, ed. Michalon, uscirà per Bompiani l’anno prossimo, e di cui anticipiamo alcuni stralci) – forse non raccoglierà lo stesso incondizionato favore dei lettori. Perché, come lei sottolinea: “Sono pochissimi i genitori, e in particolare le madri, che hanno il coraggio di fare un vero coming out”. Ecco: Corinne Maier ha fatto un coming out: confessa che le è capitato di rimpiangere di aver voluto dei figli. E aggiunge che, quando discute con le amiche, si rende conto che altre donne condividono questo inconfessabile sentimento. Ma lei ha avuto il coraggio di sancirlo con un libro. Provocazione? In parte. Attaccando il mito dei figli quale “bene più prezioso e gioia ineguagliata”, Corinne Maier solleva alcune questioni scomode sul ruolo ricoperto dai figli nella società. Senza essere necessariamente d’accordo con lei, dopo averla ascoltata è impossibile non guardare con occhio diverso le famiglie che la domenica spingono passeggini e raccolgono giocattoli nei parchi o sulle spiagge: se potessero tornare indietro lo rifarebbero?

Signora Maier rimpiange davvero di avere due figli?

“Ci sono dei momenti in cui mi chiedo se ho fatto la scelta giusta e comincio a pensare a cosa avrebbe potuto essere la mia vita senza figli. Mi rendo conto insomma che certe scelte implicano certi sacrifici… Quindi sì a volte mi pento”.
E lo sanno i suoi figli? Ha detto loro, citando il suo libro, che sono dei “parassiti”?
“Certo che lo sanno e non credo che sia così drammatico, sono abbastanza grandi per capire che magari uno non ha voglia di essere sempre lì sull’attenti quando si svegliano al mattino, di pianificare tutta una vita in funzione dei loro bisogni… di fare da domestica…”.
Ma non è distruttivo far capire a un figlio che è di troppo?
“Se ne dicono tante di cose… Le faccio una domanda: crede che sia sano proiettare sui figli tutti i nostri desideri e le nostre aspirazioni?”.
Si spieghi.
“Oggi gli adulti proiettano un’infanzia ideale sui figli, viziandoli senza responsabilizzarli. Nel contempo, ci si aspetta così tanto da loro in termini di socievolezza, di risultati scolastici, di eccellenza, di successo che i genitori saranno per forza delusi e i figli schiacciati dal peso della pressione”.
È per questo che lei dice che le persone felici sono quelle alle quali non è stato chiesto nulla?
“Ripeto: non credo che esista una ricetta miracolosa per far crescere degli individui felici e realizzati ma sono convinta che meno ci si aspetta dai figli e maggiori saranno le sorprese positive. Perché non ci sarà la pressione del risultato. Dai miei non aspetto nulla”. […]]
Infatti nel libro lei dice che spesso usiamo il pretesto dei figli per non fare certe cose.
“Sì, si guardi intorno: la coppia che non divorzia “per il bene dei figli” e vive una relazione miserabile, o le persone che si privano di un certo tipo di vita, di carriera, di avventura con la scusa dei figli, ma in fondo perché non hanno il coraggio di affrontare e realizzare i propri desideri”
Secondo lei carriera e figli sono aspirazioni inconciliabili.
“È una questione complessa ma osserviamo ad esempio la situazione francese: lo Stato promuove una forte politica natalista con un sistema abbastanza efficiente di sussidi, asili nido e doposcuola. Eppure anche se le donne vengono spinte a lavorare rimangono in posti subalterni”.
Perché?
“Perché è troppo faticoso! Stando alle statistiche in Francia le donne hanno il primo figlio a 30 anni. Non sono ancora all’apice della carriera e quindi non guadagnano ancora a sufficienza per pagare una tata a tempo pieno. Devono lavorare il doppio di un collega maschio e la carriera ne risente”
Nel suo caso lavorava 70 ore alla settimana: 40 in ufficio e 30 con i figli…
“È sfiancante. Con ritmi così non si ha più energia. Altro che far carriera! Credo davvero che l’unico modo per essere felici con dei figli è di essere ricchi”. […]
Le donne sono coscienti degli ostacoli che incontreranno, eppure continuano a coltivare il desiderio di maternità.
“Mi sta dicendo che tutte le donne desiderano avere un figlio? Non credo proprio”.
Diciamo che ci sono poche donne che e-sprimono un chiaro desiderio di non procreare. Come lo spiega?
“Penso che sia una costruzione sociale, una pressione fatta sulle donne”.
Nei Paesi dove è stato imposto il controllo delle nascite non è stato sradicato il desiderio di procreare.
“Continuo a pensare che oggi un figlio sia un puro oggetto capitalistico. Ma è chiaro che ci sono anche fattori più profondi quali un certo modo di ripagare un debito verso i propri genitori procreando e una certa idea d’immortalità espressa attraverso la prole. Aggiungo che i figli sono un importante elemento di integrazione sociale e, per dirlo con termini freudiani, sono un fallo ambulante, un oggetto magnifico che ci riempie”.
Un oggetto che faciliterebbe la carriera politica. Perché?
“Perché un capo di Stato senza figli è sospetto. A livello inconscio la nostra società giudica in modo negativo una persona senza figli. Come se la persona in questione fosse incompleta e – caricaturando – immatura. In particolare per chi vuole condurre una carriera politica, la mancanza di figli può essere un handycap: come se mancasse l’esperienza di gestire una famiglia, direi quasi l’esperienza della vera vita”.
Insomma un genitore è più rassicurante di una persona senza figli.
“Sì, l’individuo senza figli è spiazzante, è un elettrone libero che dipende meno dalla struttura sociale”.
Infatti lei parla del ruolo normativo dei figli nella nostra società.

“Dico che una coppia con figli è più facilmente “controllabile”.
Che significa?
“Una coppia con figli non cambierà mai attività, città, amicizie sulla base di un colpo di testa. Non potrà permettersi un comportamento asociale, non si ribellerà facilmente proprio perché deve pensare al benessere dei figli. Un individuo o una coppia senza figli sono molto più liberi e imprevedibili. In un certo senso il nucleo familiare è un elemento stabilizzante della società, è il collante di un certo ordine e conformismo. Provi a immaginare un gruppo importante di persone che decide di non procreare e di realizzare invece i propri desideri: non c’è nulla di più sovversivo!”. […]
Aggiunge che la società ama i neonati e i bambini piccoli. Ma quando arrivano a 18 anni li abbandona.
“Perché li amiamo in quanto oggetto. Ma quando diventano soggetto è tutto molto più problematico e nessuno si preoccupa del loro avvenire. È drammatico vedere tutti questi giovani vittime della precarietà e senza sbocchi. È un paradosso interessante: abbiamo dedicato uno spazio enorme ai piccoli ma una volta cresciuti né lo Stato né la società attribuiscono loro un posto”.
Ci dia il motivo principale per non avere figli.

“Se vogliamo davvero realizzare i nostri sogni e i nostri desideri, dobbiamo sapere che i figli sono un ostacolo a questa realizzazione”.
E se una donna le rispondesse che la sua più bella realizzazione sono, appunto, i figli?

“Avrei dei dubbi sulla sua sincerità: mi interesserebbe andare oltre le apparenze e scavare nel vissuto di questa persona”.

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