Salviamo Pegah dalla lapidazione

LAPIDARE un uomo o una donna fino a farli morire può richiedere molto tempo, specialmente se coloro che scagliano le pietre desiderano di proposito prolungarne l’agonia. Il colpo di grazia alla testa, in grado di portare a uno stato di incoscienza o alla morte, può farsi attendere anche un’ora, mentre le pietre di piccole dimensioni che provocano contusioni sono rimpiazzate poco alla volta da pietre di dimensioni maggiori in grado di frantumare gli arti. Soltanto quando il corpo è in agonia in ogni sua parte può sopraggiungere la morte.
Questa è la sorte che potrebbe attendere Pegah Emambakhsh, una donna iraniana di quaranta anni, il cui crimine è quello di essere lesbica. Pegah Emambakhsh ha trovato rifugio nel Regno Unito nel 2005, in seguito all’arresto, alla tortura e alla condanna a morte per lapidazione della sua partner sessuale (non è chiaro, ad ogni buon conto, se la sentenza è stata eseguita o lo sarà in futuro). La sua domanda di asilo però è stata respinta: secondo l’Asylum Seeker Support Initiative di Sheffield, dove Pegah si trova rinchiusa in un centro di detenzione, quando le è stato chiesto di fornire le prove della sua omosessualità e lei non ha potuto farlo, le è stato riferito che doveva essere deportata. L’estradizione, che doveva avvenire oggi, all’ultimo momento è stata rinviata al 28 agosto: alla fine del mese potrebbe essere già morta.
La Repubblica Islamica Iraniana, si legge in un recente rapporto, è “più omofobica di qualsiasi altro paese al mondo o quasi. La tortura e la condanna a morte di lesbiche, gay e bisessuali, caldeggiate dal governo e contemplate dalla religione, fanno sì che l’Iran sembri agire in barba a tutte le convenzioni sottoscritte a livello internazionale in tema di diritti umani”.
Il brutale giro di vite nei confronti dei gay iraniani – gruppo che non ha mai goduto di grande supporto nel suo stesso paese – è iniziato dopo il 1979 e l’arrivo al potere del regime religioso ispirato dall’Ayatollah Khomeini. All’epoca gli omosessuali colti in flagranza o sospettati di essere gay erano impiccati agli alberi sulla pubblica piazza. In linea di massima si trattava di uomini, ma non mancavano le donne. A quei tempi i diritti degli omosessuali non erano una causa granché popolare da nessuna parte e il nuovo regime, ispirato da un genere di fondamentalismo islamico che non poneva limiti al proprio radicalismo e che addossava a Stati Uniti e Occidente la responsabilità di tutti i suoi mali, non vedeva necessità alcuna di dissimulare le proprie azioni. Tutto ciò è andato avanti fino alla fine degli anni Ottanta, quando i diritti dei gay hanno riscosso ovunque maggiore comprensione: le proteste internazionali hanno iniziato a moltiplicarsi e il regime, preoccupato in maggior misura per la propria immagine a livello internazionale, è diventato meno radicale e ha posto fine a queste dimostrazioni.
Ciò non significa che le esecuzioni fossero cessate. […]
Deportare una donna sulla quale incombe una morte tramite lenta agonia per il fatto di esercitare le proprie preferenze sessuali non è azione degna di uno Stato civile: non possiamo che augurarci che le autorità britanniche facciano dietrofront. Una speranza ancora c’è: uno dei membri del Parlamento dell’area di Sheffield dove vive oggi Pegah, Richard Carbon, Ministro dello Sport, alcuni giorni fa ne aveva bloccato la deportazione e le autorità l’hanno rinviata a domani sera. Le associazioni gay hanno diffuso la notizia in tutto il mondo e i media di molti paesi, Italia inclusa, hanno sollevato il caso.
Per la Gran Bretagna in tutto ciò vi è un triste paradosso: essa è stata e rimane il rifugio di molti musulmani che professano apertamente di odiarla, in parte proprio per le sue opinioni relativamente liberali in fatto di omosessualità, e per le sue leggi sui diritti umani. Alcuni musulmani, accusati di istigare al terrorismo, sono stati deportati, la stragrande maggioranza no. Eppure, adesso una donna che in Gran Bretagna ha trovato salvezza da una pena efferata e che ha fatto appello alle autorità perché le considerava tolleranti, potrebbe essere rispedita indietro e, di fatto, mandata a morire. Deportare Pegah Emambakhsh non sarebbe semplicemente un’ingiustizia: sarebbe indegno di uno Stato civile.

Fonte: Repubblica 

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16 commenti

Giuseppe

Se non è una bufala, cosa aspettiamo a organizzare una raccolta di firme per far pressione sulla Gran Bretagna? Siamo riusciti ad ottenere risultati anche con governi molto meno attenti ai diritti umani, forse riusciremo ad ottenere qualche risultato anche col governo di sua maestà…
Facendo un discorso più generale, è una vergogna che l’Europa, costruita almeno a parole sulla pace, sulla democrazia, sulla tolleranza, rispedisca al mittente le persone che fuggono dalla guerra, dall’oppressione, dall’intolleranza, dall’omofobia, dalla tortura, dalla negazione dei diritti umani. Vuoi vedere che a parole siamo tutti bravi, nei fatti non siamo tanto migliori degli altri?

dinuzzo 56

perche il vaticano ,stato sovrano, non le concede rifugio politico come invece ha saputo fare per molti pedofili scappati da ben più miti punizioni? Basterebbe che la prendessero in una chiesa fino a sollevare il caso a livello interenazionale .

lik

@ Giuseppe

La Gran Bretagna non è tra i paesi fondatori dell’Unione Europea. Mi sembra utilizzi l’Europa per i suoi interessi, anche perché è praticamente fuori da tutto (euro, schenghen). Magari si potrebbe trovare un altro stato pronto ad accoglierla se non si riesce a far pressione sulla GB. Comunque alla base la colpa è del regime iraniano, non dimentichiamolo, che ha già giustiziato 4000 gay e lesbiche dall’avento della teocrazia islamica.

Flavio

Da http://www.ukgaynews.org.uk/Archive/07/Aug/2301.htm

Letters of support of for Pegah Emambakhsh should be sent to: Rt. Hon. Jacqui Smith MP, Home Secretary, 2, Marsham St, London, SW1P 4DF. Because of the urgency and the holiday weekend, faxing the letter is suggested. The fax numbers are: + 44 (0) 207 035 3262 or +44 (0) 207 035 2362.
In either case the letter (envelope or fax) should be clearly marked for ‘The personal attention of The Home Secretary’. The Home Secretary’s email address is homesecretary.submissions(at)homeoffice.gsi.gov.uk – replace “(at)” with “@”.
“So we can keep a record of what has been written please send a brief email to: pegahletters(at)mac.com to let the campaign group know who you have written to and by what form (letters, fax, email),” the Assist spokesperson requested.

Aldo

Noto che l’Iran da qualche tempo è entrato nell’occhio del mirino dei media. Sospetto che ciò non sia la conseguenza di cambiamenti di quel (pur losco) Paese, quanto piuttosto la conseguenza di un cambiamento degli equilibri politici e commerciali internazionali. In altre parole, si sta probabilmente preparando il background d’opinione necessario per avere il sostegno ad azioni “energiche” a venire.

Mi pare di ricordare che la stessa tecnica sia già stata impiegata in altri casi. Non abbocco.

P.S. Si noti come, a puro titolo d’esempio, da quando la Cina ha rafforzato il suo ruolo di partner commerciale nei nostri confronti, sono scomparse dalla scena le questioni inerenti le violazioni dei diritti civili in quel Paese. Che è, hanno improvvisamente e miracolosamente risolto tutto? Dubito… Temo che tutto sia come prima, ma che (per ora) non si reputi conveniente premere più di tanto quel tasto.

Flavio

Sta di fatto che là come altrove gay e lesbiche rischiano la vita per la colpa di essere.

Davide

basterebbe farla venire in Italia, da qui non sarebbe assolutamente estradabile.

Daniela

non posso credere che la rimanderanno in iran, sarebbe una cosa troppo atroce, l’unione europea si dovrebbe mobilitare.

Aldo

Davide: “Basterebbe farla venire in Italia, da qui non sarebbe assolutamente estradabile.”

Ma sì, dài! Tutti a bordo! Avanti c’è posto!
(scusa il tono sarcastico, ma è un modo per rendere evidente il forte disaccordo)

Ricordo che già ora ogni anno “accogliamo” alcune centinaia di migliaia di persone che si aggiungono ai ben troppi milioni che siamo in Italia. Se dovessimo “far venire” qui anche ogni perseguitato, sarebbe una tragedia ancor più grande. E questo caso, pur nella sua tragicità, potrebbe costituire un precedente.

Forse cinico, ma tristemente realista.

Aldo

@Flavio

Ricordo quel caso.
Per uno che è stato accolto, quanti sono stati lasciati dove sono? Che facciamo, li accogliamo tutti? Hai idea di quanti siano gli omosessuali che vivono in Paesi di quel genere? Cifre impressionanti e improponibili.

Flavio

@ Aldo

Suppongo siano il 5-10% della popolazione come in generale. Cosa c’entra? Ci sono un sacco di regimi totalitari e noi offriamo rifugio agli esuli, ma resta una parte infinitesima dell’immigrazione. Se l’Europa, come spero, ha un atteggiamento unitario per accogliere i perseguitati, ci sono tutti i mezzi possibili per gestire questo fenomeno.
Per seguire la tua logica che non condivido, meglio accogliere gay e lesbiche visto che in gran parte non avranno figli e peseranno meno di altri sull’economia!

Francesca

Comunque, non dovrebbe esserci una norma di diritto internazionale che vieta di espellere una persona in casi come questi?

@lik

Comunque alla base la colpa è del regime iraniano, non dimentichiamolo, che ha già giustiziato 4000 gay e lesbiche dall’avento della teocrazia islamica.

Concordo, se in Iran, come nelle altre teocrazie islamiche, i diritti umani non fossero così allegramente calpestati, (spesso con ridicoli distinguo da parte degli occidentali) il problema non si porrebbe proprio!

Aldo

@ Flavio

Sarà. Io rimango convinto che bisognerebbe operarsi per favorire il traffico in uscita, non quello in entrata. Meno siamo, meglio stiamo (dal che deriva che più siamo, peggio stiamo).

Francesca

@Aldo

Io credo che il problema non vada mischiato con quello che giustamente hai fatto notare tu.

Il problema di cui si tratta a mio parere può essere posto (per chi non volesse farne solo un caso umanitario) anche in termini di opportunità politica:
se questa donna dovesse essere riconsegnata:

– i paesi islamici percepirebbero la posizione debole delle democrazie occidentali quando si tratta di confrontarsi con il fondamentalismo, ovvero, come liberali che credono fino ad un certo punto in quello che professano, e che comunque sono subito pronti a calare le braghe quando un esagitato gli fa bù.

– I dissidenti di quei paesi avrebbero la sensazione che la democrazia, che loro cercano di ottenere e dall’interno, e come rifugiati per e nei LORO paesi, in realtà preferisca chiudere un occhio sui diritti umani per paura di ritorsioni, e la loro posizione risulterebbe indebolita.

Io spero che non faremo all’Iran quest’altro regalo.

Aldo

All’Iran facciamo già un sacco di “regali” tramite le fitte relazioni commerciali che intratteniamo con quel Paese senza far troppa pubblicità. Per essere incisivi dovremmo far leva su quelle relazioni, non accettare rifugiati, ma sappiamo bene che di fronte ai soldoni della grande impresa privata ogni aspetto umanitario fa “flop”. Invece coi soldoni di tasca pubblica (quelli dei piccolini che non possono eludere il drenaggio fiscale, per intendersi e che pagano le spese per le operazioni “umanitarie”) dobbiamo applicare princìpi diversi. RIpeto: attenzione alle manovre mediatiche.

E ora alcune frasi d’oro, spigolate qua e là per l’occasione in una manciata di minuti senza fare troppa attenzione all’attendibilità delle fonti (verificatela voi, se ci tenete):

“[…] ieri [24/08/2007] l’Unione europea ha cominciato a ripristinare i negoziati sulle relazioni commerciali con l’Iran […]. L’UE […] non considera l’Iran come “paese dell’asse del male” […] ha quindi cominciato a tenere negoziati con l’Iran sul miglioramento delle relazioni politiche ed economiche e i negoziati sull’interscambio commerciale bilaterale ripristinati ieri ne costituiscono proprio un passo.”
http://italian.cri.cn/1/2005/01/13/63@26166.htm

“‘Anche in caso di sanzioni – spiega Manouchir Takin, analista del Centre for Global Energy Studies specializzato in Iran – è improbabile che l’Onu vieti di acquistare petrolio iraniano […] Per Teheran il petrolio è tutto. […] In termini di importazioni l’Iran è il nostro quarto fornitore con una quota del 12%. Sul fronte delle compagnie, l’Eni è presente in Iran sin dagli anni 50. In quattro grandi giacimenti, ha investito 2,46 miliardi di dollari. […] Rispetto alla produzione Eni del 2005, 1,7mbg, l’apporto del greggio iraniano appare modesto. Ma è una quota destinata a salire, una volta che i giacimenti entreranno a pieno regime. Senza contare la grande scommessa sul gas, dove l’Eni ha buone chance. […] Per non parlare del gas. Un bussines enorme, ancora da sviluppare. Occorre accelerare i progetti. Costruire gasdotti. Realizzare i costosi impianti di liquefazione per trasportarlo via mare. Attività in cui primeggiano le compagnie energetiche e di servizio degli Stati uniti, le britanniche – anch’esse fuori dall’Iran – e poche altre, tra cui l’italiana Saipem.” E così via…
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=14535

“Il mondo continua imperterrito le sue buone relazioni commerciali con l’Iran. Nei giorni di silenzio si rassicura. In quelli in cui il presidente iraniano torna a inviare il suo messaggio di distruzione totale (a volte anche carico di disprezzo e sarcasmo) mostra una preoccupazione formale, molto contenuta nelle buone maniere.”
http://www.senato.it/dsulivo/interviste/int060709.htm

“[…] l’apertura al dialogo verso Teheran poggia anche su comprensibili esigenze diplomatiche dettate dal primato italiano – tra gli altri paesi europei – nelle relazioni commerciali con l’Iran.” (segue il solito bla bla)
http://www.pasqualinanapoletano.it/dati/Stampa/multilateralismo.htm

Inutile continuare.

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