Riceviamo da un lettore:
Come è possibile spendere la propria vita esclusivamente per aiutare gli altri, condividere con loro e vivere insieme a loro tutte le miserie che travagliano il mondo e, cio’ nonostante, credere che questo mondo, con tutta la sua sofferenza, sia l’opera di un Dio buono, onnipotente ed onnisciente, il quale, se esistesse veramente spazzerebbe via in un solo attimo tutto quel male.
NON E’ POSSIBILE, e lo testimonia anche Madre Teresa di Calcutta (Cfr. Corriere)
«Certo: anche nelle più diverse chiese ci sono numerose attività caritatevoli, ma quei fedeli, che vi collaborano, si sentono motivati verso quelle attività sociali proprio perché sono teisti, oppure nonostante siano teisti?» domanda Streminger (La bontà di Dio e il male del mondo).
E Schopenhauer (I due problemi fondamentali dell’etica) aggiunge: «Riguardo ai veri motivi del nostro comportamento, talvolta ci sbagliamo tanto, quanto riguardo ai motivi del comportamento degli altri. Senza dubbio parecchie persone, mentre credono che le proprie azioni più nobili siano dettate da motivi religiosi di quel tipo, in realtà stanno agendo sulla spinta di impulsi molto più nobili e puri, anche se più difficili da chiarire. Mentre credono di spiegare il proprio nobile comportamento semplicemente tramite il comandamento del loro Dio, in realtà stanno agendo sotto la spinta di un genuino amore verso il prossimo».
P. M.
in effetti l’essere umano e’un animale gregario
Così tanto per ripetermi suggerisco la lettura, a chi non l’avesse ancora fatto, del mio libro “Dal big bang a dio. Il lungo viaggiodella vita” liberamente e gratuitamente scaricabile da http://www.geocities.com/biochimicaditutti
In un capitolo intitolato “L’evoluzione metafisica della vita” di una 50ina di pagine si parla anche dell’evoluzione della socialità e della morale.
x bruna tadolini
il tuo libro è edito in edizione cartacea?
che io sappia, c’e’ stato un unico tentativo di stampare il libro di Bruna: di un nostro socio, su A4 (successive fotocopie) rilegate alla buona, e messo a disposizione a prezzo di costo dal circolo UAAR di Bologna… chiunque puo’ tentare strade migliori: la licenza sul lavoro di Bruna non pone limiti…
Roberto Grendene
X Claudio
se vai con la pennina in una copisteria te lo stampano tranquillamente. Cerca la meno costosa (sindrome della mamma!)
x claudio: e se poi lo porti martedi’ prossimo allo spazio uaar presso la Festa de l’Unita’ di Bologna probabilmente puoi ottenere una dedica da Bruna in persona 🙂
Roberto Grendene
Cara Bruna Tadolini
finchè scrivi (p. 162) che: «La morale è l’insieme dei principi e delle regole che guidano i comportamenti classificandoli in buoni e cattivi in base al loro essere in accordo o in disaccordo con un fine che per definizione è buono», mi spiace, ma non ci siamo. Questa è la morale «lento o rock» di Celentano. Tutto infatti diverrebbe morale: basterebbe definire adeguatamente il fine.
Le cose, nel tuo libro, vanno ancora peggio quando insisti nel dire: «Ciò vale anche per la vita che, fin dal momento in cui è comparsa, si è prefissa uno scopo: vivere. La morale che ha utilizzata è ben chiara: è buono tutto ciò che favorisce il perpetrarsi della vita ed è cattivo tutto ciò che lo impedisce».
Schopenhauer ti risponderebbe cosi’: «La vita viene spacciata per un dono, mentre è palese che chiunque avesse potuto vedere ed esaminare in anticipo un simile dono, l’avrebbe rifiutato con tanti ringraziamenti. A questa affermazione si suole replicare che la vita dovrebbe essere, dall’inizio alla fine, una lezione. Ma ognuno potrebbe allora rispondere : “Proprio per questo vorrei che mi avessero lasciato nella pace nel mio modesto nulla, dove non avrei avuto bisogno né di lezioni né di qualsiasi altra cosa”. Se poi si arrivasse addirittura a sostenere che un giorno l’uomo dovrà rendere conto di ogni ora della propria vita, serebbe piuttosto lui, per primo, ad avere il diritto di chiedere perché mai lo hanno strappato da quella pace e cacciato in una situazione cosi’ difficile, oscura, angosciosa e penosa».
E comunque, tornando all’argomento, Shopenhauer dicendo la frase riporatat aveva capito molto ma non tutto.
“Riguardo ai veri motivi del nostro comportamento, talvolta ci sbagliamo tanto, quanto riguardo ai motivi del comportamento degli altri. Senza dubbio parecchie persone, mentre credono che le proprie azioni più nobili siano dettate da motivi religiosi di quel tipo, in realtà stanno agendo sulla spinta di impulsi molto più nobili e puri, anche se più difficili da chiarire. Mentre credono di spiegare il proprio nobile comportamento semplicemente tramite il comandamento del loro Dio, in realtà stanno agendo sotto la spinta di un genuino amore verso il prossimo”
infatti i veri motivi che ci fanno amare ed aiutare il prossimo non sono per nulla puri e nobili. Infatti quei sentimenti e quelle azioni si sono selezionati perchè permettono a noi, alla nostra famiglia, al nostro gruppo di vivere meglio rispetto a quelli che non li hanno. Gratta gratta sotto c’è un egoistico vantaggio! Ma alla fine l’egoistico vantaggio di molti è meglio dell’egoistico vantaggio di uno! o almeno così la “pensa” l’evoluzione delle specie sociali!
Guardando i vari Bush, Bin Laden, pentecotali scozzati, ecc…. mi sorge il sospetto che questo meccanismo si sia seriamente inceppato.
Cmq non metterei Madre Teresa nella categoria “aiuto altruistico” visto che il motto era “convertili, convertili, convertili, poi dopo magari aiutali”.
Preferisco gente come Suor Nancy pereira che prima aiutano e poi eventualmente parlano di religione. Non per niente è sata cazziata di brutto dal vaticano…
Se parto da quel paio di frasi che ho letto, questa donna, aveva capito, non so se in tutto od in parte, l’ateismo ed aveva capito la differenza tra spiritualità e religione. Come molti di noi, l’avevano battezzata ed inserita nella struttura cattolica, ma poi, la sua razionalità e l’esperienza concreta, le permettevano, nel bene e nel male, di credere nell’Uomo, nella sua capacità di fare, socorrere, lenire il dolore, essere solidale, ma non in Dio, nè nella sua teoria che fa acqua da ogni parte, nè nella sua manifestazione concreta che dovrebbe essere la sua presenza in un pane. La Chiesa si affretta a definire crisi spirituale, quei 50 anni di dolorosa ma lucida presa di coscienza: Dio non c’è, ed infatti, da essere razionale quale si è dimostrata, non ne sentiva la voce. Però è evidente che lei credeva molto in ciò che faceva, ed è stata sicuramente una mossa intelligente restare nell’ambito che più di altri le offriva mezzi e strutture per continuare a fare. L’abito non fa il monaco, lo si dice da sempre ed è vero. Erano sacerdoti quelli che benedicevano i carnefici di Videla, Pinochet & C., ed erano sacerdoti quelli che venivano torturati ed uccisi dagli stessi regimi, non era l’abito a renderli differenti, era la loro indole, il loro pensiero, il loro coraggio o la sua assenza. Sarebbero stati persone splendide o ributtanti, con o senza abito talare o monacale. Questa donna ha fatto molte cose buone e sicuramente molti errori, perchè il suo abito non era che un segno esteriore, non poteva mutare la sua natura umana. Vada come vada, questa mossa pubblicitaria con la quale la Chiesa, in violazione della volontà della donna, intende forse mandare un messaggio a milioni di persone che sono giunte alla stessa conclusione della suora albanese, un messaggio del tipo “si può stare in crisi 50 anni, poi con la morte arriva il paradiso”, ma se è vero che molte le terrà legate a sé con questo tipo di messaggio, a molte avrà dato una ragione finale per prendere finalmente una decisione e dare una svolta alla propria esistenza; è proprio vero che nulla può esssere buono o cattivo in senso assoluto. Acc…. ho peccato di relativismo?
Mah… in India i cristiani hanno il tasso di natalità più basso, questo per assurdo grazie all’opera dei missionari che hanno comunque fornito una buona istruzione.
X Asatan
direi proprio di no!
Bush sta operando per assicurare al suo gruppo (USA) il petrolio a scapito di altri, Bin Laden sta cercando …. sa lui cosa per il suo gruppo (sa lui quale) a scapito degli altri. A loro modo quindi sono molto altruisti cercando di rendere il loro gruppo più forte nella lotta con gli altri gruppi o con la natura!.
Il missionario in generale cerca di allargare la base del suo gruppo per renderlo più forte nella lotta contro gli altri (cattolici contro musulmani, cattolici contro proptestanti…) e lo fa ripagando l’adesione al suo gruppo dei nuovi adepti con delle prestazioni (sanità, istruzione, cibo, aiuti…..)
Mi sembra che torni tutto!
Bruna… a lungo termine questo però può andare a compromettere la sopravvivenza dell’umanità come specie nel suo complesso.
Bah! Forse uno degli effetti positivi della globalizzazione potrebbe essere un evoluzione dalla percezione di “noi” come gruppo etnico\religioso a “noi” come umanità nel complesso.
Ovvio che questo non risolverebbe tutte le possibili situazioni di conflitto, ma sicuramente darebbe una bella mano ad evitare l’estinzione.
Lo spero perchè, visto il continuo evolversi in forme sempre più distruttive del potenziale bellico, o ci evolviamo socialmente o ci autodistruggiamo.
Tutto sommato siamo già passati dalla percezione “clan\famiglia” a quella degli “stati etnici” , agli “stati nazionali”. Un evoluzione del comportamento sociale non indifferente.
A occhio direi che potrebbero inizialmente formarsi dei gruppi sociali percepiti di tipo sovranazionale (“Sono europeo”, “Sono americano”, “Sono asiatico”, ec…) e poi, con un po’ di fattore C, di tipo globale. Sempre che no ci scannimo tutti prima, causa tragia incapacità d ragionare sul lungo termine.
Sono un’inguaribile ottimista, eh?
x Bruna e Asatan.
Eì il problema di sempre: “Il mio gruppo e il dio che abbiamo scelto è più fico e più forte degli altri”. Io, come Asatan, sono ottimista (sempre che non ci scanniamo prima!) e parafrasando John Lennon “Imagine one world living life in peace”, senza religione alcuna!
Anch’io sono ottimista e il meccanismo culturale/evolutivo che man mano ci fa assicare in gruppi sempre di dimensioni maggiori da qualche speranza!
Purtroppo la socialità è un meccanismo biologico grazie al quale ci si unisce per superare dei problemi che da soli non era in frado di affrontare! Ha funzionato benissimo in un mondo in cui l’uomo sentiva di non farcela da solo (in senso lato), ma ora che grazie alla nostra intelligenza abbiamo messo sotto il mondo …….. la socialità non sembra più servire e ricompaiono fortisssimi gli atavici istinti (mai sopiti) dell’individualismo, della lotta per la vittoria del più forte nell’ambito del gruppo. Il gruppo sociale si sta disgregando e solo le chiamate a raccolta contro i nemici (Bush e l’USA docet) sembrano agire da collante!
Scusate, correggo i molti errori di ortografia che rendono illeggibile ciò che ho scritto!
Anch’io sono ottimista e il meccanismo culturale/evolutivo che man mano ci fa associare in gruppi sempre di dimensioni maggiori dà qualche speranza!
Purtroppo la socialità è un meccanismo biologico grazie al quale ci si unisce per superare dei problemi che da soli non era in grado di affrontare!
Le differenze sono fonte di discordia solo se si è convinti di essere in qualche modo superiori. Se ci si considera semplici esseri umani, gli altri non saranno eretici o abomini, ma esseri umani anch’essi.
Scusate,ma di che cosa state discettando?
X Paolo Malberti
“Schopenhauer ti risponderebbe cosi’: «La vita viene spacciata per un dono, ..” presumo da quelli che credono nel disegno intelligente! io penso di essere il frutto di una casualità ma dato che sono qui cerco di vendere cara la pelle e di trarre il massimo da questa “eventualità” nel tempo che mi è casualmente concesso|
X Elettra
io di quello che c’è scrittio nella notizia riportata e poi dialogando con gli altri! Chiedere è cortese ma leggere ….. aiuta!
X Paolo Malberti
Schopenhauer ha avuto la sfortuna di nascere nel secolo sbagliato! Se ci fosse stato coevo ed avesse avuta la possibilità di avere le risposte alle sue domande (risposte che oggi la scienza incomincia a dare) avrebbe vissuta una vita meno angosciata ed angosciante …. per tutti noi!
Ma già da solo aveva fatto della gran strada, peccato per la sua unica ed irripetibile vita così sofferta!
Scrive la Sig.ra Bruna:
«La morale è l’insieme dei principi e delle regole che guidano i comportamenti classificandoli in buoni e cattivi in base al loro essere in accordo o in disaccordo con un fine che per definizione è buono»
Questa, si tratta più che altro dell’etica, che si formula tra la sintesi delle mozioni ontologiche e i principi e le regole, che sono, invece, di ordine culturale. Giustamente, come scrive il sig. Malberti, vi è rischio di relativizzazione nella definizione della “bontà (“il” bene)” di un fatto e di far confusione, tout court, tra bontà è convenienza. Ad es. – e semplificando le dinamiche – nonostante la mentalità occidentale tenda a liberalizzazioni di vario genere giustificate da aperture di carattere culturale e contemporaneamente auspichi una globalizzazione secondo una nuova etica comune, è proprio la relatività di queste aperture che ingenera nel disaccordo delle singole unità sociali impedendone l’attuazione. Difatti è più naturale che l’uomo viva la dimensione più ristretta del proprio ambito vitale, che invece spazii concettualmente seppur agevolato da un aumentato potenziale comunicativo.
Quando ciò sembra avvenire, accade, in realtà, in una concretizzazione parzialmente virtuale, per quello che concerne fatti ed eventi a sé stesso più distanti, con la naturale tendenza a quello che semplicemente chiamiamo “atteggiamento campanilista”.
Chiaramente, in un ambito così configurato è difficile attuare una combinazione di “convenienze” che siano “bene” per tutti; e quando scrivo “bene” intendo solo la positività di una istanza, in quanto non ha senso definire “il” bene antropologico secondo le argomentazioni di questa discussione.
Riguardo un’altra affermazione della Sig.ra Bruna, sembra esser vera l’innata tendenza al “vivere” di ogni essere umano, ma così detto menzioniamo la semplice funzione della dinamica vitale e rischiamo di paragonarci agli animali. Infatti, quello in cui differiamo fondamentalmente da essi è l’aspetto della coscienza di noi, al punto in cui, il semplice “vivere per vivere”, ci motiverebbe quanto il dover alzarsi dal letto la mattina per andare a lavorare dove non ci piace.
Come uomini “coscienti” della propria essenza, abbiamo bisogno di motivazioni per vivere, quindi io direi: lo scopo che la vita (umana!) si prefigge è vivere sì, ma per qualcosa.
Siccome se si vive nella vita si fà qualcosa, di conseguenza, quel che si fà lo si fà per qualcosa. Rientrando nel discorso su Madre Teresa di Calcutta, ricordo sempre la sua affermazione frequente secondo la quale ella faceva quello che faceva proprio per Cristo.
Più che comprensibile, quindi, il suo faticosissimo impegno per i poveri affatto giustificato da un’asserzione come quella di Schopenhauer sull’amore genuino (da cosa ha origine il senso dell’amore e cosa significa che sia genuino?), che può tuttavia risultare valida per qualche caso minore (anche se non si esplica la natura di questo amore genuino). La sofferenza della suora albanese dimostra quale conflitto abbia vissuto e come, diversamente da quanto afferma la sig.ra Sandra ella non desse per scontato l’inesistenza di Dio, soffrendone tuttavia il silenzio (tutto ciò che non rientra nei nostri canoni percettivi causa disagio ed insicurezza; quanto non rientra nei nostri canoni concettuali – come un Dio che permette il male – ancor di più). L’aver fede, infatti, non significa “certezza”; se così fosse avrebbe senso parlar di fede tanto quanto né abbia parlare della “fede” del Cristo in Dio suo Padre (Cristo aveva “consapevolezza”e non fede).
E’ con questo spirito che Madre Teresa ha continuato la sua missione e in questa chiave va letta la vicenda ultimamente resa pubblica.
Diversamente da quanto afferma Schopenhauer, Maria Teresa non provava gratificazione dell’io accentratore nelle proprie azioni, fino al punto d’ammettere il suo dubbio di poter aver sbagliato impostazione di vita!
Ella ha proseguito mortificando il personale istinto accentratore in favore di una gratificazione nella trascendenza ch’ella non ha mai avuto modo, ragionevolmente quindi, di escludere (perché la “fede” è umanamente un atto razionale).
Il “genuino amore per il prossimo” di Schopenhauer resta un passo oltre quel che lo precede: cos’é che giustifica la genuinità di quell’amore? Dove è il vantaggio personale nell’amore incondizionato? ecc. ecc.
Sembra, in realtà e coerentemente a quanto affermato prima, che anche “amare” sia una di quelle cose che si fà e che si fà per un qualcosa. Quindi esso è il prodotto di una dinamica più profonda e sembra non poter essere inscritto tra gli agenti motore dell’etica, in quanto il senso di amore è di per sé già una conseguenza di altro, ma ciò, in questo contesto è un altro argomento.
Saluti cordiali.