India, la rivolta del puntino sacro

In principio adornò Usha signora di luce, l’Alba cantata nel Rig Veda, uno dei quattro testi cardine dell’induismo. Il terzo occhio spalancato sull’anima, la lacrima di fuoco che solca la fronte degli indù da millenni, è diventato il simbolo della resistenza degli impiegati del Dipartimento Agricoltura dello stato indiano del Bihar.
A guidare la sommossa, il pacifico vice-direttore del Dipartimento Lakshman Mishra, accusato di aver violato la nuova direttiva sull’abbigliamento negli uffici pubblici emessa dal governo lo scorso agosto, un giro di vite in linea «con la decenza e sobrietà» previste dal Codice degli anni Cinquanta: niente jeans, t-shirt o colori accesi, raccomandato il khadi, il tipico abito reso dal Mahatma Gandhi icona dell’autosufficienza indiana. Il torto di Mishra? Portare il «tilak », il disco rosso sulla fronte simbolo della religione induista. In realtà la direttiva del governo non fa riferimento ad alcuna delle numerose varianti del tilak, diventato però bersaglio dello zelo rigorista del capo-Dipartimento, Ck Anil, giovane funzionario in carriera guadagnatosi la stima dei superiori grazie a una recente crociata anti-paan, il digestivo rinfrescante a base di foglie di betel che gli indiani hanno l’abitudine di masticare e sputare. Dal paan al tilak, il passo è stato breve.
Esasperato dai reiterati inviti a rivedere il proprio look rivolti a Mishra, Anil ha rotto gli indugi e mercoledì ha presentato formale richiesta di sospensione per violazione del codice. «In trent’anni di carriera non ho mai smesso di portare il segno della mia religione — rivendica Mishra —. È legato ai miei sentimenti più profondi, se qualcuno dovesse servirsene per farmi del male, non mi resterebbe che il suicidio ». Immediata la reazione dei colleghi, che venerdì si sono presentati al lavoro con vistosi tilak sulla fronte, hanno cinto d’assedio l’ufficio di Anil e preteso il ritiro immediato della richiesta di sospensione. La situazione è in stallo, gli schieramenti si studiano, Anil medita le prossime mosse […]

Fonte: Corriere 

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10 commenti

Simone

coraggioso il vice-direttore.. in Italia nessun cattolico hai mai paventato di farla finita se gli togliessero il crocifisso dall’ufficio.

Michele Bakunin

” È legato ai miei sentimenti più profondi, se qualcuno dovesse servirsene per farmi del male, non mi resterebbe che il suicidio ”

non sarebbe una cattiva idea!

dinuzzo 56

In italia lo stato ha risolto da tempo il probema della sua pretesa laicità: impone direttamente i simboli cattolici nei luoghi pubblici, ma vieta severamente quelli degli altri!
Del resto il tipo di democrazia gli italioti l’hanno scelta da soli: si chiamava (e si richiamerà fra non molto) DEMOCRAZIA CRISTIANA.

Jeeezuz

io invece non capisco che fastidio possa dare il puntino rosso sulla fronte. e poi che è sta storia? non ho capito bene dall’articolo: in quel distretto indiano non puoi indossare jeans e magliette in un ufficio pubblico?

Sailor-Sun

Sono le leggi proibitive, religiose o antireligiose, da evitare. Il tipo è esagerato a parlare di suicidio, ma sto dalla sua parte.

jacopo

Non conosco i dettagli, ma ritengo che i simboli religosi siano propaganda.
Consentire ad un dipendente pubblico di farne in orario d’ufficio non mi sembra corretto.

Riguardo l’Italia meglio non dire nulla: abituati a vedere l’ombra delle cose saremmo storditi da uno sguardo dall’esterno della nostra condizione.

Benigni immaginava Berlinguer alla televisione che dava il Via alla rivoluzione, a Grillo concedono al massimo le piazze..

ecce homo

Ma non bevevano il piscio di vacca per purificarsi? via un tilak e giù un bicchiere, e gli dei sono contenti lo stesso, anzi di più.
Che forse non ci sono più vacche sacre?
Allora anche in India non c’è più religione: presto! mandiamoci i missionari, che sono ancora meglio delle vacche.

Laura

Un conto sono i simboli esposti in un pubblico ufficio; un altro lo sono i simboli indossati dai suoi impiegati.
Impedire a chiunque di esporre un crocefisso o qualsiasi altro simbolo religioso o politico sulle pareti di un luogo pubblico dovrebbe avvenire per legge (almeno in un Paese laico quale il Nostro è sulla carta); ma già il rimuovere lo stesso simbolo dalla scrivania di un impiegato, o fargli divieto di indossarlo, significherebbe intaccare la sua libertà individuale.

riccardo

anche se credo che sia giusto che nel privato ognuno decida se e come portare i segni della sua fede, sono d’accordo sul fatto che si debbano limitare con delle leggi le forme di ostentazione religiosa. tutte, compreso il crocifisso, e non solo i “pallini”…

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