Vedere le perle afghane non è facile. Bisogna prendere un appuntamento. […] ono arrivate alla Del Monte e Cialdini di Pesaro con un volo militare ma ora sembra che nessuno sappia dove si trovino di preciso. Dietro di sé però hanno lasciato una traccia. Si tratta di “3.2.1?.” video-documentario di cui sono autrici. Le due – ormai è chiaro- non sono perle di fiume ma due delle donne che partecipano al Festival Perle.
Dal 13 al 16 settembre un esercito di donne “occupa” la caserma di Pesaro, 28° Reggimento Comunicazioni Operative Pavia per una festa tutta al femminile. Diecimila mq di superficie militare ospite della caserma Del Monte e Cialdini, 400 tra ospiti e organizzatori, 23 spazi tra aule, salotti e teatri, 12 tavole rotonde, 80 dibattiti, interviste e spettacoli, 11 mostre per 31 associazioni partecipanti.
Le sorelle Sadat, Alka e Raya, afghane di Herat, 21 e 25 anni sono due registe e il loro contributo al «laboratorio» di Perle – come lo definisce Lucia Ferrati, direttrice artistica – è un video-documentario. Una narrazione in dhary, cruda e strozzata in presa diretta dal letto delle donne che si sono arse vive. Otto mesi di riprese negli ospedali afgani, trenta minuti di racconto. Sottotitoli in inglese non sempre corretto. Voce narrante non sempre traducibile. Il significato però è sempre chiaro. Decine di perle, piccole e grandi dal loro letto sudicio urlano o sussurrano la speranza di risorgere dalle loro stesse ceneri. Diciassette anni costretta a sposarsi con un settantenne e picchiata solo perché non faceva le pulizie accusa il marito di averla cosparsa di benzina e di averle dato fuoco con un fiammifero. Sottile vendetta. Urlo disperato. Se nessuno la difende dalle percosse qualcuno dovrà pur credere alle ustioni che ha sul settanta per cento del corpo. Quindici anni.
«Perché mi sono data fuoco?» sussurra alla telecamera. «Cos’altro potevo fare?». […] «La gente ci critica» racconta un’altra donna. «Ma io preferisco essere uccisa che tornare a casa». Il documentario sulle donne dal burka azzurro cenere dell’Afghanistan si chiude con un punto interrogativo, le risposte arriveranno se prima non arriva la morte. «Mi hanno raccontato di aver tagliato le parti più crude dal video, racconta il tenente Elena Mazzucco- che ha seguito le sorelle Sadat dall’afgnaistan a Pesaro. «Una delle ragazze che avevano incontrato è morta poco dopo, la sua intervista si chiudeva con una preghiera ad Allah. Dire speriamo che Allah ci aiuti è ammettere di sapere di essere impotenti davanti alla propria condizione» spiega il tenente.
Ma qui a Pesaro è un’intera cittadella a chiedersi come fare. Un esercito di donne al lavoro in un laboratorio intensivo tra storia delle donne, ricerca delle tracce silenziose che ogni grande e piccola donna ha lasciato e domande aperte sul presente e sul futuro. Nella sala Simone de Beauvoir le donne chiedono la parola. […] Alle spalle degli ascoltatori, la mostra dell’Udi (Unione delle donne in Italia) con i suoi manifesti storici racconta la storia delle donne che hanno parlato per prime, ché in quanto a pensare le filosofe intervenute hanno spiegato che le donne l’hanno sempre fatto seppur non legittimate. Forze armate al femminile. Sottufficiali donne dell’esercito e della marina raccontano come è cambiato l’esercito da quando ci sono le donne, come sono cambiate le donne per entrare nell’esercito. […]
L’articolo di Alessia Grossi è stato pubblicato sull’Unità.it