Quelle domande previe alla costruzione di moschee

Si moltiplicano le richieste per l’edificazione di moschee in varie città d’Italia, e con esse le inevitabili polemiche e molti malintesi. A Bologna il sindaco Cofferati, inizialmente orientato a dare il suo benestare, ha deciso di prendere tempo e di consultare gli abitanti del quartiere interessato. Il primo cittadino di Genova ha congelato il problema ributtando la palla ad Amato. E anche a Milano la questione torna periodicamente a far discutere e a dividere la politica e l’opinione pubblica. Le amministrazioni locali, non meno del governo centrale, appaiono disorientate e in cerca di criteri-guida.
È necessario anzitutto sgombrare il campo da alcuni equivoci. La moschea non è solo un luogo di culto. Chi conosce la storia dell’islam e la mentalità dei musulmani sa che essa è l’ambito in cui ci si raduna per la preghiera, ma anche per prendere decisioni su aspetti che riguardano la vita sociale e della comunità, fino a scelte di natura politica. Non è un caso se nei Paesi islamici molte moschee sono sorvegliate dalle forze dell’ordine e se alcuni governi vogliono leggere preventivamente il sermone che l’imam pronuncia durante la preghiera del venerdì, per controllare che non siano presenti riferimenti ostili nei confronti delle istituzioni. Come si può facilmente dedurre, non è in gioco anzitutto la libertà di cultoche in Italia non è in discussione essendo una componente essenziale del diritto alla libertà religiosa garantito dalla Costituzione – ma temi ben più ampi.
Proprio a motivo della particolare natura della moschea, per confrontarsi in maniera adeguata e realistica con le richieste che arrivano dalle comunità islamiche è necessario che vengano preventivamente chiariti alcuni aspetti rivelatori degli orientamenti che esse hanno in animo di seguire. Deve essere ben identificabile, ad esempio, l’identità giuridica dell’ente proprietario del terreno e dell’edificio, si deve sapere da dove provengono i finanziamenti necessari, chi garantisce il manteni mento e la gestione del luogo, quali le attività che si intendono svolgere. È fondamentale conoscere inoltre chi sceglie l’imam, in base a quali criteri viene selezionato, quale la sua preparazione teologica, quale il suo grado di conoscenza sia della lingua italiana, sia dei principi che sono a fondamento della convivenza nel nostro Paese. Il tutto all’insegna della massima trasparenza, sia per offrire tutte le rassicurazioni del caso alle autorità locali, sia per garantire i fedeli musulmani che chiedono un luogo in cui pregare e desiderano vivere in pace e non essere oggetto di pregiudizi e sospetti da parte delle popolazioni locali. Le quali, peraltro, sovente hanno più di un motivo per essere preoccupate: le indagini della magistratura che in questi anni hanno coinvolto alcune moschee inducono a non sottovalutare i pericoli di infiltrazione del fondamentalismo di matrice jihadista in quelli che talvolta vengono sbrigativamente catalogati come «luoghi di preghiera».
Anche la scelta del luogo e le dimensioni della moschea sono aspetti da tenere in considerazione ai fini delle decisioni da prendere. Se lo scopo è la convivenza armonica con il territorio e una reale integrazione (piuttosto che l’affermazione autoreferenziale di una presenza) è necessario che l’area non venga snaturata [vedi Ultimissima riguardante Sasso Marconi, N.d.R.] […]

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