[…] Il velo islamico non è un semplice velo che una bimba di otto anni decide liberamente di mettersi sul capo perché le piace o pesche giudica più comodo tenere i capelli nascosti piuttosto di metterli in mostra. E’ il simbolo d’una religione nella quale la discriminazione della donna è ancora, disgraziatamente, più forte che in nessun’altra: una tradizionale tara dell’umanità dalla quale la cultura della libertà è stata capace di liberarci in grande misura, seppure non totalmente, grazie a un lungo processo di lotte politiche, ideologiche e istituzionali che sono riuscite a cambiare mentalità e comportamenti e a fissare leggi destinate a porle un freno. Tra queste importanti conquiste c’è il laicismo, uno dei pilastri su quali poggia la democrazia. Lo Stato laico non è ostile alla religione. Al contrario garantisce a tutti i cittadini il diritto di credere e praticare la propria religione senza subire interferenze, sempre che queste pratiche non infrangano le leggi poste a garanzia della libertà, dell’uguaglianza e degli altri diritti umani che sono la ragione dell’esistenza dello stato di diritto. Il velo islamico nelle scuole pubbliche è una testa di ponte grazie alla quale i nemici del laicismo, dell’uguaglianza fra uomo e donna, della libertà religiosa e dei diritti umani pretendono di ritagliarsi spazi d’autentica extraterritorialità legale e morale all’interno delle democrazie: qualcosa che, se queste l’accettassero, potrebbe condurle al suicidio. Il multiculturalismo parte da un presupposto falso che bisogna respingere, senza prestarsi a equivoci: che, cioè, tutte le culture, per il fatto stesso di esistere, siano equivalenti e degne di rispetto. Non è vero. Ci sono alcune culture più evolute e moderne di altre. La Francia, paese in cui il tema del velo islamico è al centro di vecchi e intensi dibattiti, ha dato un buon esempio agli altri stati democratici proibendo per legge, sin dal 2004, «l’esibizione di oggetti di carattere religioso all’interno di scuole e istituti pubblici». All’inizio questa decisione è stata considerata, da qualche presunto «progressista», come reazionaria e basata su un pregiudizio verso gli immigrati d’origine musulmana. Non lo era. Al contrario, il suo significato profondo consiste nel dare a tutti – stranieri e autoctoni, di qualsiasi razza, cultura o religione – l’opportunità di lavorare e di vivere in Francia, in un contesto di legalità e di libertà che consenta loro di continuare a praticare tutte le proprie credenze e le proprie usanze purché non in contrasto con le leggi vigenti. Chi si fa paladino del multiculturalismo e del comunitarismo ha un’idea statica delle culture, smentita dalla storia. Anch’esse si evolvono, in concomitanza con i progressi della scienza e gli interscambi, sempre più frequenti nel mondo moderno, di idee e di conoscenze che, a poco a poco, trasformano convinzioni, pratiche, credenze, superstizioni, valori e pregiudizi. Un musulmano moderno, diciamo del Libano o del Cairo, ha ben poco a che spartire con i musulmani integralisti del Darfur che radono al suolo villaggi e bruciano intere famiglie perché le giudicano pagane: applicare loro la stessa etichetta culturale è assurdo, proprio come considerare identici, per il solo fatto che sono cristiani, i cattolici generalmente tolleranti e democratici delle società aperte dei nostri giorni e gli inquisitori e i crociati medievali che torturavano e assassinavano in nome della croce. Se i paesi democratici vogliono, in qualche modo, offrire il proprio aiuto affinché la religione musulmana sperimenti lo stesso processo di secolarizzazione che ha permesso alla Chiesa cattolica di adeguarsi alla cultura democratica, il comportamento peggiore che potrebbero tenere sarebbe rinunciare a conquiste così importanti come il laicismo e l’uguaglianza, per non apparire etnocentrici e portatori di pregiudizi. […]
Il testo integrale dell’articolo di Mario Vargas Llosa è stato pubblicato sul sito de La Stampa
sono d’accordo su tutto tranne la parte in cui dice che la chiesa cattolica si adeguata alla vita democratica, non si è adeguata e non è cambiata, e ce ne rendiamo ben conto noi qui in italia. Solo una forte società laica può tenere a freno le spinte reazionarie e consevatrici delle religioni. Non la religione mussulmuna ma i mussulmani, e soprattutto le mussulmane, devono poter sperimentare la secolarizzazione, così da poter creare un rapporto meno totalizzante con la loro religione, o perchè no, abbandonarla definitivamente.
concordo daniela
Ma nello statuto dell’UAAR l’antifascismo non è espressamente menzionato?!?Và bene tutto ,ma non accetto che Vargas Llosa,amico personale di dittatori sudamericani nonchè apertamente destrorso e filofascista mi venga a far discorsi sulla laicità e sulla democrazia!!!
un ragionamento giusto rimane tale indipendentemente da ki lo esprime; e non è detto ke un fascista non sia in grado di farlo…
darik
vargas llosa non solo è fascista e amico di dittatori ma ha perso una ottima occasione per stare zitto,
solo i musulmani possono riformare la loro religione,
i governi devono solamente garantire la libertà individuale e la tolleranza,
Kull.
@ Kull
a me non sembra che Vargas sia un fascista e amico dei dittatori anzi tutto il contrario, nel suo paese (perù) è stato l’antagonista del presidente Alberto Fujimori, questo si un fascista e dittatore spietato.
ma se gli dessimo una mano anche noi per accelerare i tempi non è che sia una cosa tanto brutta, non credi?
Per quanto riguarda le bambine di otto anni (o dieci, o dodici) sono d’accordo, a quell’età è troppo presto per marchiarle con pesantissimi simboli religiosi o ideologici. Ci si ammantino gli adulti di quei simboli, se vogliono, ma lascino stare l’infanzia. Io sarei addirittura per sottrarre i bambini al lavaggio del cervello del catechismo una volta alla settimana, figuriamoci mettergli il costume da islamici tutti i giorni.
Kull, la religione dei musulmani è un affare degli adulti, non vedo perché imporla anche ai bambini. Lo stato fa bene a garantire la libertà individuale dei bambini contro le inopportune ideologizzazioni imposte dai genitori.
@enzo e Kull
Ma che state a di’? Di quali dittatori sarebbe amico Vargas Llosa? Da quando in qua è filofascista? Risulta che abbia appoggiato Pinochet o Fujimori? A me non pare proprio.
Kull scrive:
18 Ottobre 2007 alle 22:20
solo i musulmani possono riformare la loro religione,
i governi devono solamente garantire la libertà individuale e la tolleranza,
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Ma una religione che è violenza e prevaricazione, che compatibiltà ha con uno stato civile? Dobbiamo lasciarle libertà sempre e comunque? Se i governi devono garantire la libertà individuale e la tolleranza (ma certamente non solo quelle! Alla sicurezza per esempio non pensiamo? E alla parità di trattamento delle persone?) allora è la religione che deve adeguarsi ed adattarsi alle leggi dello stato, come avviene in Francia e non viceversa, come avviene invece nelle teocrazie islamiche.
Fanno bene in Francia a proibire l’ostentazione di simboli religiosi nelle pubbliche istituzioni (dicitura corretta, diversa da proibizione del velo).
CI ZONO FALORI LAICI NON NEKOZIABILI!
Io non voglio fare dello Stato una religione, però ne faccio un alto riferimento di strutturazione della società: e per me questo riferimento non è nè l’Iran nè l’Arabia Saudita.
Lo so, sull’Italia c’è molto..ma molto da dire, eppure io non accetterei con tanta leggerezza l’introduzione di veli, burqa o sgozzamenti rituali solo perchè li osteggia un difensore oltranzista del monopolio cattolico-cristiano.
Il progresso mentale non ha niente a che fare con “il nemico del mio nemico è mio amico”.