Grandi affari alla Sacra Rota

Oscilla da quindicimila a quarantacinquemila euro con una media ormai attestata intorno ai trentamila euro, sessanta milioni delle vecchie lire. E’ il costo delle circa 8000 nullità di matrimonio richieste ogni anno, con un processo non particolarmente complesso, davanti ad uno dei diciannove Tribunali ecclesiastici, uno per regione della Chiesa italiana, abilitati alla tratta-zione delle cause matrimoniali.Una collaudata macchina mangiasoldi che, grazie al boom di richiesta di nullità che si verifica da anni (le richieste sono raddoppiate nell’ultimo decennio e continuano a crescere, al ritmo del 20% all’anno) sta allarmando le curie di tutta Italia le cui lamentele, e segnalazioni, intasano da anni l’ufficio del decano della Rota Romana, il tribunale che forma ed abilita gli avvocati del foro ecclesiastico, ora retto dall’arcivescovo polacco Antoni Stankiewicz. Retaggio di un passato lontano, quando in Italia le nullità ecclesiastiche erano l’unica possibilità di risolvere un matrimonio finito male, la rete di informazioni e di assistenza alla quale si rivolgono i richiedenti di oggi, continua ad essere molto ingarbugliata.

E chiama in causa un fitto intreccio di complicità tra monsignori più o meno importanti, avvocati civilisti e colleghi rotali dove, ad ogni passaggio, il fedele cattolico perde più di qualche penna. La prima truffata dal non rispetto delle vantaggiose tariffe economiche stabilite dalla Conferenza Episcopale è proprio la Chiesa che, dal 1998, sostiene il funzionamento dei Tribunali ecclesiastici con 8,5 milioni di euro all’anno, proprio per permettere, coprendo le spese del personale e quelle cosiddette «vive», di facilitare l’accesso alle cause di nullità anche ai meno abbienti.

Dallo stesso anno, in ogni Tribunale, la Cei stipendia un numero di «avvocati stabili», così come si vedono nei telefilm americani, i quali assistono i fedeli come patroni di fiducia. In questo caso, le tariffe diventano ancora meno importanti poiché, con la sentenza, l’attore nella causa riceve anche il rendiconto delle spese affrontate dal Tribunale ed un bollettino di conto corrente postale da usare, se vuole, per contribuire solo con quanto ritiene alla portata delle sue tasche. Inoltre, è ancora possibile chiedere il gratuito patrocinio: è sufficiente in questo caso certificare il reddito con una segnalazione da parte del proprio parroco. Al momento di incardinare la causa presso un Tribunale Ecclesiastico, il battezzato cattolico in vena di nullità firma, insieme al «libello» (l’atto di denuncia del sospetto vizio giuridico del proprio vincolo) ed alla procura per il proprio avvocato una «dichiarazione della parte attrice» con la quale si impegna a «saldare il dovuto al Tribunale ed all’Avvocato nella seguente misura».

E cioè: «al tribunale, per spese processuali, stampa degli atti, eventuali perizie, rogatorie, 500 euro». Gli avvocati, invece, si devono contenere entro «un minimo di 1500 euro ed un massimo di 2850». Questo per i due gradi di giudizio necessari, così che con la cosiddetta «doppia conforme», la vertenza ecclesiastica possa ritenersi passata in giudicato. Precisa infatti la «dichiarazione»: «tale onorario copre l’attività di consulenza preliminare, le eventuali perizie, l’assistenza durante l’istruttoria e la redazione della memoria difensiva». Se poi l’avvocato delega questo ruolo ad un suo procuratore, la «dichiarazione» precisa: «300 euro».

Tutto ciò in teoria, quanto alla pratica le statistiche parlano chiaro: l’80% delle cause trattate dai Tribunali Ecclesiastici sono fuori tariffa. Spesso, anche in modo fraudolento. E’ di questi giorni la notizia che un religioso in servizio presso il Tribunale Ecclesiastico Marchigiano, con sede a Fermo, è stato allontanato dal suo incarico perché vendeva le cause. A smascherarlo, dopo innumerevoli ed inutili segnalazioni, un gruppo di fedeli incappati nella rete. Per ottenere giustizia, hanno dovuto fornire anche prove raccolte con l’aiuto di un investigatore privato sostenendo così spese aggiuntive. Ai tanti spennati dunque, per il momento, non resta che la fiduciosa attesa. Oltretutto, come può un poveraccio combattere contro un avvocato, spesso attivo anche nel foro civile, al quale ha avuto il torto di rivolgersi spesso solo per questioni di coscienza?

Articolo di Filippo Di Giacomo pubblicato su La Stampa

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14 commenti

lacrime e sangue

Magari li spennassero ancora di più! Sogno il ripristino della ‘decima’ obbligatoria per i cattolici: sai che conversioni in massa al laicismo! No, mi sbaglio: si convertirebbero ad altre religioni meno esose… Non imparano dai propri errori…

Flavio

Sarei d’accordo con te al 100% se non ricordassi, da un servizio di Report, che questi annullamenti sono automaticamente riconosciuti dallo stato, quindi niente separazione consensuale né alimenti.

lacrime e sangue

Mogli senza aiuto economico, dunque: tipico della chiesa… Il marito l’ha ‘usata’ e ha scopertto che non funzionava bene, perciò la restituisce al negoziante, ops, pardon, al genitore… Ma fa più orrore giuridico lo stato italiano che annulla un atto anche civile per compiacere la chiesa.

steve

Antologia rotale, gli azzeccagarbugli del sacramento – Roma 1972 di Mauro Mellini

http://www.radicali.it/search_view.php?id=45033&lang=IT&cms=

La signora G.D.F. nel 1965, stanca delle avventure extraconiugali del marito, un noto medico romano cui è affidata la salute di molti autorevoli prelati, iniziò una causa di separazione. In difesa del medico mosse un illustre avvocato, noto per i suoi legami con la corte di Pio XII e, in veste di testimoni, molti monsignori e altri personaggi ineccepibili. Per due anni il dott. G. si affannò a dimostrare al Tribunale di essere un marito fedele, affettuoso morigerato, tutto lavoro e famiglia. Poi il primo colpo di scena. La signora G.D.F. ricevette una lettera di convocazione avanti al Tribunale del Vicariato, dove un monsignore molto cerimonioso le spiegò che il marito con supplice libello (ricorso) depositato qualche giorno prima, aveva chiesto la dichiarazione di nullità del matrimonio facendo presente di essere un ateo incallito, refrattario alla dottrina cristiana dell’indissolubilità del matrimonio, portato per sua natura all’incostanza nei rapporti affettivi, libertino etc. etc.

Quindi aveva concepito il matrimonio come una specie di esperimento, che sarebbe durato finché fosse durato l’accordo. Anzi egli non avrebbe neppure pensato a sposarsi, se non vi fosse stato costretto dalla petulanza dei parenti della sposa. Questa cadde dalle nuvole: il dottore era, sì, un marito perfido, ma era stato un fidanzato affettuoso e assiduo, che l’aveva inondata di lettere d’amore, piene di progetti rosei per tutta una vita di reciproca dedizione, con figli, nipoti, etc. Quasi mille lettere d’amore finirono così tra le mani dei reverendi padri. La signora fu assicurata che il sacro vincolo sarebbe stato difeso inflessibilmente: il Tribunale era lì proprio per quello. Tranquillizzata non nominò neppure un avvocato, seguendo il consiglio del cortesissimo e comprensivo monsignore. I giudici del Vicariato presero la faccenda con calma: sentirono le ragioni della signora, ma sentirono anche magistrati, frati, monsignori, etc., portati come testimoni dal dott. G., che intanto, avanti al Tribunale civile continuava a difendere accanitamente la propria integrità di marito.

Dopo due anni il responso: debitamente illuminati dallo Spirito Santo, i reverendi Padri avevano accertato che effettivamente il dott. G. era quel poco di buono che aveva sostenuto di essere: ateo, simulatore, libertino, etc.; e pertanto gli avevano dato ragione, dichiarando nullo il matrimonio e, conseguentemente tutti gli obblighi del dottore verso la moglie, a cominciare da quello di corrisponderle un assegno di mantenimento. Disperata, la signora si rivolse questa volta a un avvocato rotale, decisa a dar battaglia in grado di appello. Il giovane canonista da lei scelto si diede molto da fare: chiese nuove testimonianze, esibì altri documenti, fece risaltare contradizioni e assurdità dei testi portati dal G. e ritenne di poter ben sperare nell’esito della causa. Ma la signora G.D.F. oramai resa scettica della giustizia dei preti, pensò bene di chiedere il divorzio, dato che nel frattempo era stata introdotta la legge Fortuna, che le garantiva, almeno, di non essere stata solo la concubina di un marito ritenuto erroneamente tale e le assicurava il godimento di un assegno di mantenimento.

Chiamato avanti al Presidente del Tribunale di Roma, il dott. G. si mostrò sdegnato della richiesta della moglie di attentare col divorzio all’unità familiare, dichiarandosi cattolico e favorevole all’indissolubilità del sacro vincolo e opponendosi accanitamente al divorzio »per insufficienza della legge I-XII-1970 n. 898 . L’esimio medico mostrava così di pensare come la senatrice Carrettoni ritiene la pensino tutti i buoni cattolici »avanzati , che secondo lei, resterebbero ostili al divorzio solo per le insufficienze della legge Fortuna. Il tempo perso con queste e altre eccezioni è stato comunque sufficiente al dott. G. per ottenere la sentenza di annullamento di secondo grado e l’ordinanza della Corte d’Appello che la rende esecutiva in Italia prima della sentenza di divorzio. I monsignori del Tribunale di seconda istanza si sono profusi in elogi per la solerzia e l’abilità del volenteroso avvocato della signora, ma hanno mostrato di apprezzare meno le ragioni e i propositi di questa, che poi, tutto sommato aveva tentato di simulare un matrimonio che era invece inesistente perché il dott. G. aveva simulato la volontà di contrarlo.

Ora la signora G.D.F. ha ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di esecutività in Italia della sentenza ecclesiastica, chiedendo che la questione sia rimessa alla Corte Costituzionale, sostenendo che è violato l’art. 29 della Costituzione, quello che assicura il riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, dato che il riconoscimento della nullità del vincolo determinata dai pensieri nascosti di uno degli sposi, che pur sposandosi intenda rimanere libero (e libertino), distrugge ogni certezza del diritto.

Silesio

E’ però chiaro che le dichiarazioni rese dal noto medico romano avrebero rilevanza penale (se la giustizia italiana funzionasse). La “simulazione di matrimonio” configura al suo interno una quantità di reati che il povero medico, assolto dai preti, ne potrebbe uscire spennato dalla giustizia civile (se vi fosse).

ALESSIO DI MICHELE

Ma vi viene mai in mente che la cosa veramente grottesca è dare un valore ai sentimenti ? Se io non amo piu’ mia moglie e/o lei non ama piu’ me, ma che c’ entrano i soldi, le tutele, le cavolate similari ? Non ci amiamo, non è che siamo inadempienti in un contratto, nessuno ha rotto lo specchietto all’ altro: ciascuno per la sua strada, magari uno dei coniugi torna ad andare per cartoni, l’ altro a godersi i miliardi. Ahh!, che bella la libertà, magari senza stare a sentire sedicenti laici che invocano le protezioni statali per forza, quelle stesse che criticano magari al cattolicesimo e che sono una delle principali basi del poptere del papato !

Alba

@ AlessioDiMichele:
come già spiegato da Lacrime e Sangue, il papato ha sempre gestito esattamente al contrario il potere, ovvero ha sempre considerato le donne come involucri senza cervello, attraverso la Sacra Rota si libera di quelle che non sono nelle condizioni di garantire ubbidienza, modestia, fertilità ecc. ripudiandole con l’annullamento… uno stato moderno è tale in quanto tutela e garantisce i diritti dei più deboli, come donne (diceva un detto che anche l’ultimo dei servi ha qualcun altro da vessare più reietto di lui: sua moglie) e bambini… magari hai fatto un pò di confusione…

rasputin51

LE RELIGIONI SI BASANO SU CASTELLI DI SABBIA IDEOLOGICI E VIVONO DI UNA QUOTIDIANA FALSITA’ ED IPOCRISIA IDEOLOGICA

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