Il film «I vicerè» è «una radiografia di un corpo malato». Con questa immagine forte il regista Roberto Faenza ha sintetizzato il senso più profondo del suo ultimo lavoro, tratto dal romanzo dimenticato di Federico De Roberto, in uscita il 9 novembre in 120 copie.È la storia della Sicilia nel periodo che va dalla dominazione borbonica al Regno d’Italia, attraverso la storia della famiglia nobile degli Uzeda, del capofamiglia, il principe Giacomo al figlio erede Consalvo, passando attraverso figure emblematiche del secolo: il figlio cadetto Giovannino (Guido Caprino), lo zio dongiovanni e l’altro zio monaco libertino, la figlia ribelle e la moglie sottomessa e rassegnata. Una storia di grande attualità, come hanno sottolineato il regista e gli interpreti in conferenza stampa, una realtà dove i politici sono identici ai nostri. La battuta chiave è: «Fatta l’Italia, ora bisogna farsi i fatti nostri».
Interpretato da un Lando Buzzanca in stato di grazia, da Alessandro Preziosi, Cristiana Capotondi e Guido Caprino, «I vicerè», la cui versione per la televisione arriverà su Raiuno la stagione prossima, secondo il regista «è una storia positiva: io considero un bene la radiografia che evidenzia il male in modo che possa essere combattuto, mentre il male è il dottore che ti tranquillizza e poi muori per la malattia». Il cuore de «I vicerè», ha detto ancora Faenza, «è la famiglia e l’istituto della sopraffazione. Sopraffazione che poi si allarga e porta al desiderio di possedere tutto». Il tema trattato e l’ambientazione riportano immediatamente al «Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Un paragone inevitabile che trova la replica immediata di regista e attori.
«Tomasi di Lampedusa ha saccheggiato De Roberto pur disprezzandolo pubblicamente – ha detto Faenza -. “Il Gattopardo” ha un debito enorme con “I vicerè”», la cui sfortuna è legata alle critiche del mondo cattolico e alla stroncatura da parte di Benedetto Croce che lo definì come “un’opera pesante che non illumina l’intelletto e non fa mai battere il cuore”. «È la prova – ha aggiunto – che la cultura cattolica sa difendere i propri valori, mentre la cultura laica non riesce a fare altrettanto».
«Il libro di De Roberto è uno sguardo gettato al mondo siciliano dall’interno, come se avesse osservato dal buco della serratura – ha aggiunto Lando Buzzanca – mentre quello di Lampedusa era visto dall’esterno». Secondo Alessandro Preziosi, infine, «se De Roberto fosse stato letto e valutato alla giusta maniera, forse avremmo capito di più sul mondo della politica evitando tanti errori». Se appare inevitabile il confronto tra i due libri, è altrettanto inevitabile accostare i due film: il memorabile “Il Gattopardo” di Luchino Visconti del 1963 e “I viceré” di Roberto Faenza.
«L’accostamento è improponibile – è la secca replica del regista -. Qualcuno ha detto che in questo film avrei osato mettere in scena un ballo nella sala del principe, cosa evidentemente eretica visto che l’aveva già fatta Visconti. Mi chiedo: nessuno può più girare una scena di ballo solo perchè l’ha girata Visconti? Inoltre – ha aggiunto con una punta di orgoglio – io ci ho impiegato un giorno, Luchino 32».
Il cinema di Faenza è spesso mirato a raccontare la storia ed è indirizzata ai giovani. È accaduto con “Jona che visse nella balena”, con “Prendimi l’anima” e con “Alla luce del sole”, film su Don Puglisi visto da 450mila studenti. «Anche questa volta – ha spiegato il regista – il film arriverà nelle scuole. Ci saranno accordi con i vari istituti per portare i ragazzi al cinema. Io credo – ha aggiunto polemico – che sia importante fare operazioni culturali e trovo assurdo che lo Stato italiano spenda miliardi per educare i giovani la mattina e ne spende anche di più per diseducarli la sera con una certa tv».
voglio sia vedere il film che leggere il libro, devo confessare che il libro non l’ho mai letto
Ciao a tutti(prima e-mail nel sito),vi consiglio di leggere anche il Gattopardo:le critiche verso il tessuto sociale sono altrettanto forti e profonde senza dimenticare lo stile poetico di Tommasi di Lampedusa. I due testi per me non sono così in contrapposizione e meritano una attenta lettura perchè entrambi due opere eccezionali.
I Vicerè è un grandissimo romanzo che non ha nulla da invidiare ai Promessi Sposi o ai Malavoglia. In realtà è stato proprio censurato nelle scuole a motivo della sua radicale analisi della società siculo-italiota. Non ha nulla di consolatorio. Il Gattopardo, per quanto interessante e diverso nel punto di vista, ne è un non indegno epigono.
@ Daniela: Devo confessare che il libro non l’ho mai letto.
E’ semplicemente incredibile. Tra i Promessi Sposi e I Viceré l’Itala ha scelto il primo. E si può anche capire: è un libro di un pessimismo assoluto, poco educativo perciò (soprattutto per l’Italia cattolica). Quel che sorprende è che il libro di De Roberto non abbia la diffusione che merita ancora oggi. Ed è un libro straordinario, avvincente, terribile. De Roberto perse la salute su questo libro, ne fu distrutto. Gran libro per Bassani, per Sciascia pure che considerava questo libro un capolavoro.
Della trilogia siciliana – Gattopardo, I vecchi e i giovani, I Viceré le mie preferenze vanno senza alcuna esitazione ai Viceré (ma anche I vecchi e i giovani di Pirandello è straordinario, Sciascia lo rileggeva regolarmente: anche questa un’opera trascurata).
Buona lettura. Consiglio: farsi uno specchietto dei personaggi, sono tanti che ci si perde.
Concordo: I Viceré è un’opera di grande potenza, un romanzo memorabile che oltretutto si legge tutto d’un fiato.
E’ incredibile che sia stato così poco valorizzato.
Buona lettura a tutti!