Ancora sull’ICI della Chiesa: la lettera UE e il patrimonio immobiliare

Il quotidiano torinese “La Stampa” ha pubblicato oggi alcuni stralci della lettera che l’Unione Europea ha inviato al governo italiano. Alcune richieste non troveranno mai risposta: «La lista degli immobili della Santa Sede, l’indicazione del loro valore catastale, nonché dell’Ici che sarebbe annualmente dovuto per l’utilizzo di tali beni in assenza dell’esenzione. Le informazioni disponibili presso le banche dati dell’anagrafe tributaria con riferimento alle attività esercitate, al giro di affari conseguito ed alle persone impiegate dagli enti che utilizzano tali beni immobili». La risposta è in realtà semplice: il governo non lo sa. Nessuno lo sa.

Lo stesso quotidiano ha pubblicato, tra l’altro, un interessante reportage di Maria Corbi su una suite dalle suore e un piccolo box che riepiloga le stime del patrimonio immobiliare della Chiesa.

Chiesa e mattone
22%
Oltre un quinto del patrimonio immobiliare italiano fa capo alla Chiesa:
200 mila posti letto: sono gestiti da religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel, centri di accoglienza per pellegrini. Il giro d’affari è stimato in 4,5 miliardi.
2 mila monasteri e abbazie: Sono quelli esistenti in tutta la Penisola. A Roma sono 5.000 i posti letto ufficialmente disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Il giro d’affari del turismo religioso nella Capitale è stimato intorno ai 150 milioni di euro.

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4 commenti

Flavio

Povera UE, ha in mente l’equità delle leggi e la trasparenza dei bilanci, e viene a chiedere il censimento dei beni della chiesa! Illusi! 🙁

Giuliano l'Apostata

Più l’UE diventerà una cosa seria più si pretenderanno risposte dall’Italia sui favori alla Chiesa, quindi avanti per gli Stati Uniti d’Europa! non per l’Europa delle Patrie ma per la Patria Europea!!

IlFustigatoreDiGalliate

ma che vuoi che succeda? appiopperanno una maxi multa di un toto al giorno.. e ci faran pagare anche quella

cullasakka

Visto che gli italiani solo le mazzate capiscono, mazzate siano. Forse basterà solo la minaccia di sanzioni per far cambiare idea ai nostri parlamentari.

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