Egitto: Human rights watch denuncia discriminazione religiosa

In un rapporto sulla libertà religiosa in Egitto, diffuso oggi al Cairo, Human rights watch (Hrw) e l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr) denunciano le violazioni di cui sono vittime i cittadini che abbandonano la fede islamica oppure non appartengono alle tre religioni monoteistiche – cristianesimo, ebraismo, islam – come i Baha’i. Il punto di discrimine è quindi la carta d’indentità, senza la quale in Egitto non si può accedere al servizio sanitario, al sistema scolastico, al mondo del lavoro, non si può prendere la patente, aprire un conto in banca, riscuotere la pensione del coniuge defunto.

“Tutti i cittadini egiziani di 16 anni o più vecchi – si legge nel rapporto – devono acquisire una carta d’identità nazionale che ne attesti, fra le altre informazioni, la fede religiosa. Human rights watch (Hrw) e l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr) documentano in che modo funzionari del ministero degli Interni impediscono sistematicamente ai Baha’i e ai convertiti dall’Islam di registrare il loro credo effettivo nei documenti di identità. Lo fanno sulla base non di una legge egiziana, ma secondo la loro interpretazione della legge islamica, la Shari’a”.
Nel rapporto vittime, avvocati, autorità religiose e civili raccontano la loro esperienza. Il problema, testimoniano gli intervistati, è sorto quando, quattro anni fa, il ministero degli Interni ha deciso di rinnovare l’anagrafe informatizzandola e centralizzandola presso il Dipartimento dello Stato civile. I nuovi documenti generati dal sistema non prevedono, come invece in passato, le opzioni ‘altro’ oppure uno spazio bianco alla voce religione. Entro il 2008, anche i documenti validi dovranno essere rinnovati secondo le nuove modalità. Coloro che dunque, in precedenza, avevano una carta d’identità, si trovano ora a non poterla più rinnovare, a meno di abiurare la propria fede.
Alcuni cittadini hanno comunque deciso di battersi contro gli abusi degli ufficiali del ministero degli Interni – che spesso impongono alle vittime di dirsi musulmani – impugnando la Costituzione, che vieta discriminazioni di tipo religioso, e facendo ricorso ai tribunali amministrativi. E’ il caso di alcuni egiziani cristiani copti convertiti all’Islam e poi tornati sulla loro decisione: il giudizio della Corte amministrativa suprema è atteso per il 17 novembre. Il problema, comunque, “non è solo il documento stampato – sottolinea Hossam Bahgat, di Hrw – ma l’anagrafe elettronica, che permette di continuare a discriminare i cittadini sulla base di informazioni immagazzinate”.
Fonte: Arabi Democratici Liberali

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11 commenti

kundalini444

Questo è VERAMENTE grave!
Si impedisce “de facto” a chi ha una religione “non prevista” di essere cittadino!

Davide

In realtà è grave anche il solo fatto che per ottenere la carta d’identità si debba dichiarare la propria (non) religione.

Tapioco

Un po’ come quando Teodosio tolse tutti i diritti a chi non si convertiva al cristianesimo…

cartman666

mi ricordo che, tempo fa alcuni ragazzi della borghesia bene egiziana furono condannati per apostasia perche’ colpevoli di ascoltare heavy metal, il che e’ tutto dire del pietoso stato di questo paese che e’ anche uno dei meno integralisti.

Paolo Malberti

come al solito, in queste occasioni
quando si tratta di difendere i piu’ elementari diritti umani
la voce dei musulmani cosiddetti ‘moderati’
brilla per la sua assenza.

Marco G.

In Egitto gli apostati e le minoranze religiose vivono decisamente meglio che negli altri paesi a maggioranza islamica, certo per quanto sia “moderato” rispetto agli altri è però pur sempre un paese islamico… e al di là di tutto, segnalare sulla carta d’identità (e negli archivi statali) la religione di ogni cittadino è veramente penoso.

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