Poche lingue, troppi abbandoni: la scuola italiana resta lontana dalla Ue

Scuola italiana ancora lontana dagli obiettivi Ue. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto sullo stato d’avanzamento della cosiddetta strategia di Lisbona, appena pubblicato. Pur segnando alcuni passi avanti rispetto al 2000, nei 5 benchmark (livelli di riferimento) l’Italia continua ad essere lontanissima dagli standard fissati dal Consiglio Europeo nella capitale portoghese per il 2010.
Troppi ancora i giovani che lasciano gli studi a metà senza un diploma e i quindicenni che mostrano scarse competenze linguistiche. Pochissimi gli adulti che curano la loro preparazione anche dopo avere completato gli studi e ancora troppo pochi coloro che sono in possesso di un diploma di scuola superiore. L’unica nota positiva arriva dai laureati nei settori scientifici e tecnologici. E il 2010 è ormai alle porte.
Per contrastare lo strapotere economico dei paesi asiatici e americani nel marzo del 2000 il Consiglio Europeo stabilì che “entro il 2010 l’Europa deve diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”. Per centrare l’obiettivo tutti i paesi europei avrebbero dovuto mettere in campo strategie e riforme dei sistemi di istruzione e formazione che contribuissero ad elevare il livello di competenze dei cittadini europei.
A fronte di un tetto del 10 per cento (l’obiettivo per il 2010), in Italia i giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato gli studi precocemente sfiorano il 21 per cento, contro una media Ue del 15 per cento e Germania e Francia attorno al 13 per cento.
E ancora. Per raggiungere l’85 per cento di ragazzi di età compresa fra i 20 e i 24 anni in possesso di un titolo di scuola secondaria superiore il Bel Paese deve colmare quasi dieci lunghezze (75,5 per cento). La Francia è prossima all’obiettivo (82 per cento) e l’Irlanda lo ha già raggiunto e superato.
Uno degli indicatori più preoccupanti è quello sulle competenze linguistiche. Quasi un quindicenne italiano su quattro (il 23,9 per cento) nei test Ocse-Pisa ha mostrato bassi livelli di comprensione nella semplice Lettura. […] In Finlandia giovanissimi che stentano a comprendere quello che leggono se ne contano meno di 6 su 100.
[…] In Italia gli adulti (25/64 anni) che continuano a studiare e ad imparare sono pochissimi: 6 su 100. L’Europa ritiene che per sostenere la concorrenza in campo economico e nel settore lavorativo ne servono almeno il doppio: il 12,5 per cento. Alcuni paesi, come Inghilterra e Svezia sono abbondantemente al di sopra del limite europeo, 27 e 32 per cento rispettivamente. Ma anche la Spagna si sta avvicinando all’obiettivo: 10,4 per cento.
Solo per numero di laureati in Matematica, Scienze e facoltà tecnologiche il nostro paese ha già centrato i livelli Ue. L’incremento auspicato del 15 per cento, in Italia, è stato abbondantemente superato.

Fonte: Repubblica 

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7 commenti

Prosatiro

Ma non si era detto fino ad ieri che in Italia scarseggiavano i laureati nelle materie scientifiche e matematiche? Chi avrà ragione?

Kaworu

se con “scarse conoscenze linguistiche” intendono “i ragazzini non san parlare e scrivere in italiano” hanno perfettamente ragione…

poi va beh da noi che studi a fare? vai al grande fratello, da maria o dall’alda e ti fai quattro soldi per la porsche e la casetta al mare -_-

J.C. Denton

A mio modesto parere la situazione è molto più disastrosa di quanto emerge dalle percentuali.
Innanzitutto parlare, leggere e scrivere correttamente in Italiano è privilegio non di pochi, ma di pochissimi; l’abbassamento del reddito e/o del potere d’acquisto ha determinato un disincentivo per i ceti bassi a mandare i propri figli a scuola, favorendo l’abbandono senza l’aver conseguito la licenza media, e questo avrà effetti a lungo termine sui futuri ragazzini che ora sono alle elementari per esempio; la moltiplicazione delle lauree è bilanciata da un drastico crollo nella qualità delle stesse: io sono studente di Informatica a Cagliari, posso dire che l’intero comparto ingegneristico e matematico-informatico è un laureificio (ciò nonostante i laureati e i laureandi NON parlano Italiano correttamente, e molti abbandonano comunque). Senza contare che solo poche scuole diplomano persone all’altezza; se si dovessero bocciare tutte le persone che non sono preparate non verrebbe promosso nessuno (a causa del pessimo livello di efficienza degli istituti tecnici, che diventano così istruzione di serie B), buttando nel mondo universitario persone che non sono in grado di fronteggiarlo.

paolo di palma

Penso che oltre alle cause elencate nell’articolo e da chi mi ha preceduto nei commenti, non sia da trascure il fatto che ogni volta che al dicastero dell’istruzione cambia il personaggio che lo regge, vengono cambiate regole ed obiettivi.
Un numero spropositato di laureati di questi ultimi anni sono laureati in scienze della comunicazione, o simili corsi di studio, cioè solo un vero e propio foglio di carta.
Non ultima causa, il “68” che tanto ha dato per l’evoluzione delle libertà personali dell’individuo demolendo quegli schemi che imprigionavano nel finto perbenismo i ragazzi del primo dopo guerra, ha anche creato una generazione di pseudo laureati abbastanza ignoranti. Purtroppo, in questo momento, molti di questi sono ancora ai vertici degli istituti e delle cliniche universitarie, degli organi d’informazione e del centro di potere politico. Sia ben chiaro non è mia intenzine dire che tutto il potere in Italia sia in mani di persone inadeguate al ruolo, dico che c’è un pesante inquinamento di individui di questo tipo.

Kaworu

quoto J.C…

giuro, io non riesco a leggere quel che scrivono sui forum gli under 20.

non sanno usare la punteggiatura, non sanno mettere le H al posto giusto (e questo è veramente triste… te lo insegnano dalle elementari, cribbio!!!), la sintassi questa sconosciuta…

una cosa della scuola italiana è secondo me veramente assurda: imporre ogni anno il cambio dei libri. per una famiglia come la mia, con 3 figli, diventa una spesa veramente consistente, per fortuna abbiamo sempre potuto permettercelo…

e a volte i libri neanche cambiano! ma cambia la versione, vengono “aggiornati” (che ci sarà mai da aggiornare in un libro di esercizi di matematica o un libro di filosofia io non lo so, sinceramente). il contenuto è sempre lo stesso, ma ovviamente il professore pretende la versione nuova, così i libri usati finiscono al macero perchè non servono a nessuno e tutti son costretti a comprarli nuovi.

questo è veramente vergognoso a parer mio.

Aldo

Per migliorare la situazione, il governo di turno (mimando le analoghe gesta dei governi precedenti) ha pensato bene di aumentare il rapporto alunni/insegnanti: più alunni per ogni insegnante. Sicuramente si tratta di un provvedimento mirato a incrementare la qualità del servizio reso dagli insegnanti e non (come potete essere tanto torbidi da pensare una cosa simile!) a tagliare le spese per il personale. Eh, sì: c’è una vera preoccupazione per la qualità dell’istruzione.

Aldo

In riferimento al commento precedente, faccio presente che più alunni per ogni insegnante significa anche più alunni in ogni classe. Dubito che la didattica possa farsi più efficace stipando un maggior numero di alunni in un numero minore di aule…

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