Etica, Morale, Leggi e Società

Una delle contestazioni più frequenti all’Ateismo è quella che vorrebbe gli Atei incapaci di darsi delle regole di comportamento sociale, cioè un’Etica. Chi sostiene questa folle posizione (degna della peggiore tradizione razzista del ‘900) dimostra di non avere capito nulla dell’Etica. L’Etica, infatti, non è certo un “sottoprodotto” della Fede. Anzi: la Fede è uno dei principali ostacoli alla formazione di un’Etica sana e funzionale.

In questo documento cerco di descrivere l’Etica, la Morale ed i loro meccanismi di formazione. Spero che questo possa servire a chiarire alcuni punti sia agli occhi dei Credenti (di qualunque Fede) che degli Atei.

L’Etica, la Morale e le Leggi

L’Etica è quell’insieme di princìpi fondamentali sul quale vengono costruite le nostre Leggi. Le Leggi, di conseguenza, sono la versione “formalizzata” di alcuni di questi princìpi. La Morale, invece, è l’insieme di norme di comportamento messe a punto da una comunità religiosa che cerca di compiacere il proprio Dio.

L’Etica ed il Potere

Ci sono tre modi di imporre l’Etica ad una Società:

  1. Attraverso il consenso (Democrazia)

  2. Con la forza (Dittatura)

  3. Attraverso la paura di un’Entità superiore (Teocrazia)

In ogni caso, prima di poterla imporre ad altri, un’Etica deve essere condivisa dal gruppo che la sostiene. Persino ai vertici della Chiesa Cattolica (retta in modo autocratico dal Papa) esistono posizioni diverse che devono essere conciliate.

Etica e Società

Ha senso parlare di Etica solo quando sono coinvolte due o più persone o due o più “ruoli” diversi della stessa persona. L’Etica, infatti, svolge un evidente ruolo di “regolatore” sociale: serve a rendere possibile la convivenza di più persone in spazi ristretti, dove l’intensità dei contatti è tale da produrre spesso dei pericolosi contrasti.

Nel momento in cui Alice deve trattare, per un motivo o per l’altro, con Bob, è necessario che Alice tenga presente i diritti di Bob. In questo contesto ha senso parlare di Etica. Quando Alice, nel suo ruolo di “consumatore” decide di tenere dei comportamenti lesivi del suo ruolo di “essere vivente”, di “cittadino” o di “assistito dalla mutua”, deve tenere presenti le possibili conseguenze. Ad esempio, se si lascia prendere dal vizio del fumo, danneggia sé stessa nel ruolo di “essere vivente” e, di conseguenza, danneggia la società che dovrà farsi carico di lei come “assistito dalla mutua”. In questo contesto ha ancora senso parlare di Etica.

Viceversa, quando Alice decide di masturbarsi, non deve rendere conto di questo né ad altre persone, né alla società nel suo complesso, né ad un altro “ruolo” di sé stessa. Nessuno di questi altri “attori” della vita sociale, infatti, può essere in qualche modo danneggiato da questo suo comportamento. In questo contesto, non ha nessun senso parlare di Etica.

La Morale e Dio

La Morale Religiosa funziona in modo diverso. Si ipotizza l’esistenza di un Dio che stabilisce un codice di comportamento in modo del tutto arbitrario. Ogni violazione di quel codice, è considerata uno sfregio a Dio. Non ha quindi nessuna importanza che siano coinvolte più persone o più ruoli della stessa persona.

Più in generale, non viene coinvolto il senso di responsabilità dell’individuo nei confronti del suo prossimo o dell’ambiente in cui vive. Le norme della Morale religiosa, infatti, non sono studiate per salvaguardare gli interessi dell’Uomo, inteso come individuo o come Specie, ma solo per garantire il rispetto della volontà di Dio, qualunque essa sia.

La formazione dell’Etica

Le Comunità umane (ed anche quelle di altri animali sociali, come i lupi) “secernono” l’Etica come le api secernono la cera con cui costruiscono i loro alveari. Qualunque società, infatti, tende naturalmente a darsi delle regole per evitare di spendere tutte le proprie energie in una estenuante e sterile competizione tra individui. Più esattamente, qualunque società che non sia in grado di darsi un equlibrio interno è destinata ad essere spazzata via dalle società che sono in grado di farlo. Basta guardare al triste destino che i Palestinesi e gli Iraqeni stanno vivendo in questi anni per capirlo.

Le società producono l’Etica nello stesso modo in cui producono il linguaggio: per accumulazioni successive di “accordi” tra i membri della società. Di fronte ad ogni nuovo problema, i membri della società discutono, confrontano diversi punti di vista, li analizzano usando degli strumenti razionali, e cercano di stabilire un accordo che sia soddisfacente per tutti. Ogni nuova decisione si appoggia a quelle pre-esistenti e diventa a sua volta un precedente di cui si dovrà tenere conto. La formazione dell’Etica è un “processo sociale” e ricorda molto da vicino la formazione del cono di un vulcano.

Il Linguaggio si sviluppa nello stesso modo: di fronte ad ogni nuovo concetto, si cerca un termine che piaccia a tutti e lo si utilizza per descriverlo (un “neologismo”). Più in generale, di fronte ad ogni nuova necessità espressiva, si cerca un modo comune di soddisfarla. Ad esempio, per soddisfare l’esigenza di rinforzare il peso di un certo elemento della frase si può adottare un certo modo di invertire soggetto e verbo o adottare un marcatore apposito.

Questa analogia tra Linguaggio ed Etica non è accidentale: sia il Linguaggio che l’Etica sono strumenti di gestione dei rapporti sociali. Un animale solitario, come una tigre, non ha bisogno né dell’uno né dell’altra. Gli serve solo un banale equilibrio tra territorialità e desiderio sessuale, in modo che il maschio non sbrani la femmina invece di accoppiarsi con lei. Viceversa, tutti gli animali sociali producono una forma più o meno sviluppata di Linguaggio e di Etica.

Per essere più precisi, tutti gli animali sociali hanno sviluppato alcuni dispositivi “hardware” che, a loro volta, li mettono in grado di sviluppare il Linguaggio e l’Etica. Ne possiamo elencare alcuni qui di seguito.

  1. La capacità di riconoscere uno ad uno gli individui del loro gruppo (necessaria per capire come comportarsi nei confronti di ognuno di loro).

  2. Una memoria di ferro (necessaria per ricordare i torti subiti, i piaceri ricevuti e le parole del linguaggio)

  3. Un’area del cervello specifica per la comprensione del Linguaggio ed una specifica per la sua produzione (nel caso dell’uomo, Area di Broca ed Area di Wernicke).

  4. Qualche sistema per la produzione del Linguaggio e per la sua ricezione (di solito, ma non sempre, voce ed udito. I pipistrelli ed i delfini “parlano” a frequenze diverse dalle nostre ma è fuor di dubbio che si capiscano perfettamente l’un l’altro).

  5. Un sistema di “neuroni specchio” che li mette i grado di capire il senso e le implicazioni di ciò che gli altri fanno.

  6. Un sistema di “emozioni” che li lega gli uni agli altri (“affetto”)

  7. Un sistema “paura/aggressività” che li mette in grado di conquistare una certa posizione nel gruppo e di capire quando devono smettere di “sgomitare” per emergere.

Nel caso aveste qualche dubbio su quanto è stato appena detto, vi invito a passare qualche giorno in una fattoria in cui il proprietario sia un cacciatore e disponga quindi di una muta di cani da caccia. Basta guardare una muta di cani per un paio d’ore per chiarirsi le idee su molti di questi punti.

Da quello che abbiamo appena detto, discendono due importanti considerazioni. La prima è che la “libertà” dell’individuo non significa che l’individuo possa stabilire arbitrariamente le sue personali regole di comportamento nei confronti degli altri. L’Etica è il frutto di un accordo tra le parti, e deve tenere conto degli accordi già presi (della “tradizione”). Di conseguenza, la libertà dell’individuo significa solo che l’individuo è libero di trattare con gli altri individui per raggiungere un accordo su alcuni, nuovi aspetti della vita di società. In questo senso esiste sicuramente una “legge naturale”: è l’Etica già consolidata di una società.

La seconda considerazione è che, trattandosi di una trattativa tra pari, non sono ammesse clausole pregiudiziali ed “autorità superiori”. Ogni individuo deve riuscire a convincere gli altri della validità delle sue posizioni su basi razionali per conquistare il loro appoggio. Diversamente, gli altri si limiteranno a contestarlo. Per questa ragione, chi porta al tavolo della discussione un Dio da cui pretende di far derivare le norme di comportamento sociale viene, giustamente, tacciato di arroganza e di comportamento scorretto.

Molte Etiche, una sola Etica

Da quanto abbiamo appena detto deriva anche una terza conseguenza: ogni società sviluppa una sua, personalissima, Etica. Questo è un fatto che può essere facilmente osservato. Potrebbe quindi sembrare che lo sviluppo dell’Etica sia un processo del tutto arbitrario a livello sociale: ogni società sviluppa arbitrariamente la sua Etica e non ne esiste una più “giusta” di un’altra.

Non è così.

Tutti i processi sociali dipendono, ovviamente, dalla comunicazione. Perchè un insieme di individui possa sviluppare un’Etica comune è necessario che tutti questi individui entrino in contatto con le stesse idee e che abbiano modo di confrontarsi l’un l’altro. Questo livello di comunicazione è possibile, a livello planetario, da meno di 50 anni (da quando Radio e Televisione sono diventate oggetti di uso comune praticamente su tutto il pianeta). Per gran parte della sua storia (circa 100.000 anni), l’uomo “parlante” non ha avuto questa possibilità. Le sue idee potevano arrivare solo dove poteva arrivare un suo rappresentante e, in ogni caso, sedersi intorno ad un tavolo e discuterne non era una delle principali esigenze del momento.

La divisione dell’uomo in piccole comunità indipendenti, nel corso di quasi tutta la sua storia, ha portato allo sviluppo di molte Etiche diverse, spesso incompatibili tra loro. Solo di recente la comunicazione a livello planetario è arrivata ad un livello tale da permettere la sintesi di un’Etica comune. Sfortunatamemte, proprio la presenza di molte Etiche e, soprattutto, di molte Morali religiose incompatibili tra loro sta rendendo questo processo di integrazione lento e doloroso.

L’Uomo è però destinato a sviluppare una singola, gigantesca comunità che popola tutta la Terra ed è quindi destinato a sviluppare una sola Etica. Sul “breve” periodo (secoli) c’è da aspettarsi che sia l’Etica del più forte ad emergere, in buona sostanza quella dell’Occidente industrializzato. Sul lungo “periodo” (millenni), tuttavia, è destinata ad affermarsi l’Etica che è in grado di produrre il minor numero di problemi alle diverse sotto-comunità ed agli individui. Le altre Etiche concorrenti verranno semplicemente spazzate via dalla mancanza di un consenso sufficientemente ampio.

La nascita della Morale religiosa

La Morale Religiosa nasce da due diverse fonti di ispirazione: le Leggi che vengono attribuite al Dio e le norme di comportamento che la comunità dei Fedeli si dà nel tentativo di compiacere il suo Dio. Come potete notare, l’interesse dell’Uomo non appare in questo elenco. L’unico scopo di questa Morale è quello di evitare di “svegliare il Dio che dorme”.

La Morale religiosa vede ogni peccato come un reato di “Lesa Maestà” contro Dio, non come un crimine contro la persona, contro il patrimonio o contro la società. La Morale non svolge quindi un ruolo sociale. Da un punto di vista sociale, serve solo a garantire il rispetto dell’Autorità ed il mantenimento della struttura di Potere esistente.

Questo è lo stesso meccanismo con cui si insegna ai bambini ad obbedire ai genitori: “Lo devi fare perchè lo dicè il papà, punto e basta!” Ovviamente, è anche altrettanto infantile ed altrettanto inadatto ad una società composta da pari e che deve affrontare problemi complessi.

Noi tutti, crescendo, arriviamo a stabilire la inadeguatezza di questo meccanismo non appena si presentano all’orizzonte problemi per cui il papà non è più in grado di essere una fonte autorevole di decisioni. Questo avviene, ad esempio, quando è ora di decidere il piano di studi. Non è affatto detto che nostro padre riesca a vedere con chiarezza quale può o deve essere la nostra strada nella vita. Nello stesso modo, non è affatto detto che una Autorità esterna di qualunque tipo (Dio, i suoi Sacerdoti, etc.) siano in grado di agire efficamente da guida per una società che deve maneggiare una tecnologia potente e pericolosa come la nostra.

Anzi: la presenza di un Dio al tavolo delle trattative, produce un attrito tra i membri che rende quasi impossibile lo sviluppo di un accordo razionale ed equilibrato. L’attuale situazione di stallo della legge italiana sul tema dell’eutanasia ne è un esempio evidente.

L’insufficienza della Morale

Come abbiamo detto, la Morale religiosa non svolge una funzione di regolatore sociale. Serve solo a garantire la sopravvivenza delle struttture di potere esistenti. Di conseguenza, per la soluzione dei problemi pratici, deve comunque fare affidamento all’Etica civile. Lo dimostra il fatto che persino le Religioni, che pretendono di essere “perfette ad origine” e quindi immodificabili, si adattano via via alle esigenze del mondo in cui vivono. La storia della Chiesa Cristiana Cattolica è piena di questi piccoli “adattamenti”, dovuti alla necessità di evitare confilitti stridenti con la comunità dei Fedeli.

Per capire quanto sia stato profondo questo processo di adattamento, basta leggere “Un anno vissuto Biblicamente” di A.J. Jacobs (ancora non tradotto in italiano).

In conclusione, non c’è da chiedersi se gli Atei siano in grado di produrre un’Etica. Piuttosto, c’è da stupirsi che i Credenti non si rendano conto di utilizzare, sotto altro nome, l’Etica prodotta dagli Atei nel corso dei milenni almeno nel 95% dei casi.

Alessandro Bottoni

alessandro.bottoni@infinito.it

alessandrobottoni@interfree.it

 

 

 

38 commenti

emilio

“La Morale Religiosa funziona in modo diverso. Si ipotizza l’esistenza di un Dio che stabilisce un codice di comportamento in modo del tutto arbitrario. Ogni violazione di quel codice, è considerata uno sfregio a Dio. Non ha quindi nessuna importanza che siano coinvolte più persone o più ruoli della stessa persona.”

Ma chi lo dice??? un po’ di storia della filosofia non guasterebbe

Con tutta la buona volontà, ma davvero non credo che gli atei vengano sospettati di non poter avere una morale, tuttavia mi permetto di suggerire il saggio di Lecaldano “Un’etica senza Dio”

charlymingus

Una prova che la chiesa non crede in dio è che la sua etica cambia di continuo il secondo dei processi storici in funzione che possiamo definire determinista . L’attaccamento alle parole “famiglia” “vita” “amore” sono solo il continuo del 900 facendo buon viso a cattivo gioco con la parte pià intellettuale dell’umanità. E continuando a convincere gli sprovveduti che con i loro sensi di colpa si sentono perennemente bambini, un esempio è il rapporto dei fascisti col sesso quando c’erano le case chiuse è sappiamo di quello che sono stati capaci quei pseudo bambini (l’uso del manganello era froidiano e l’olio di ricino la solita giustificazione dei riti dell‘inferno della chiesa).

sexandwine

non ho ancora letto l articolo. cè sempre la considerazione che l etica o la morale è relativa a un valore prestabilito.non devo credere in dio o vivere in una dittatura per capire che il furto è un male sociale. in un dizionario dell epoca fascista che mi è capitato tra le mani alla voce masturbazione cè scritto : “turpe vizio sessuale da solo”. ma chi deve stabilire quello che è turpe e in relazione a che e contro chi ?

shock

Bell’articolo Ale al “retrogusto” di Dawkins, come tutti gli altri pubblicati …

Daniela

ma non ho capito cosa contesta emilio, la morale e l’etica religiosa si basano proprio sul fatto che è stato dio a dar loro le leggi che devono regolare la loro vita, è la violazione di queste leggi è prima di tutto un’offesa a dio.
L’etica dovrebbe essere per l’essere umano-dell’essere umano, non un’etica delle nazioni o delle comunità (religiose, politoche, etc), ma un etica basata sui diritti e i doveri della persona, un’etica che rispetti il diritto della persoa a vivere una vita felice senza costrizioni e senza sopraffazioni.

giuseppe

Non è che a forza di “contrattare”, senza un “bene” riconosciuto si finisca per giocare al ribasso? Il dramma l’abbiamo già vissuto col nazismo che è stato eletto democraticamente dal popolo.
Per quanto riguarda il resto, certo che tutti gli uomini hanno un’etica, basta Aristotele.
Sui fondamenti biologici della morale? E’ un dato di fatto purchè non eliminino quel minimo di libertà e ci facciano cadere nel determinismo: l’essere morali o no alla fine è anche, se si vuole,una scelta, se no che soddisfazione ci sarebbe?

Kull

Vorrei chiedere a bottoni cosa c’entrino gli iracheni e i palestinesi…

…il cui problema non è certo ‘etico’…o meglio, risiede nella mancanza di etica di chi li ha aggrediti e invasi…

Kull.

Chris

Comunque è un atteggiamento razzista, maleducato, prepotente ed irrispettoso dire che una persona “non ha etica” solo perché non crede nell’esistenza di un essere invisibile, onnipotente e buono che non fa niente per farsi notare o per aiutare l’umanità in nessun modo….

sexandwine

x chris concordo. per me anche un libertino sessuale può essere una persona con una sua etica.

stefania

“la Morale religiosa non svolge una funzione di regolatore sociale. Serve solo a garantire la sopravvivenza delle struttture di potere esistenti.”

Bravo. La parola giustizia viene costantemente appropriata e ridefinita in modo da descrivere l’istituzione che si vuole promuovere. La questione dell’aborto è diventata pressante solo di recente. L’omosessualità è ingiusta perchè la Chiesa ne può fare un cavallo di battaglia, l’illuminismo ed il laicismo sono pericolosi perchè mettono in dubbio l’autorità della Chiesa. Piuttosto che adottare principi giusti, si chiamano giusti i principi adottati per l’interesse di alcuni, e poi li si promuovono con l’uso di un’autorità immutabile e (convenientemente!) inconoscibile. Ad atei e laici viene rimproverato di non essere capaci di definire un’etica, mentre la realtà è che non definiscono un’etica secondo il modello della Chiesa — questo è già una preferenza arbitraria.

“Piuttosto, c’è da stupirsi che i Credenti non si rendano conto di utilizzare, sotto altro nome, l’Etica prodotta dagli Atei nel corso dei milenni almeno nel 95% dei casi.”

Perfetto.

Alessandro Bottoni

Kull scrive:
“Vorrei chiedere a bottoni cosa c’entrino gli iracheni e i palestinesi…

…il cui problema non è certo ‘etico’…o meglio, risiede nella mancanza di etica di chi li ha aggrediti e invasi…”

Sono due esempi, loro malgrado, di cosa succede in assenza di quella pace sociale che l’Etica rende possibile. Non è cero colpa loro, ovviamente, ma è quello che succede. Una guerra civile è, tra le altre cose, anche la più evidente e clamorosa sconfitta dell’Etica. Se i “militanti” si atteneressero alle regole di una qualunque etica (non religiosa), non potrebbero mettere le bombe.

Alessandro Bottoni

Emilio scrive:
“Ma chi lo dice??? un po’ di storia della filosofia non guasterebbe”

Lo dico io. E’ una delle tesi dell’articolo. Non mi pagano per insegnare storia della filosofia ma per portare sulla scena opinioni e riflessioni, possibilmente orginali (e possibilmente abbastanza anticonformiste da provocare qualche utile discussione). Ad essere più precisi, non mi pagano proprio…

“Con tutta la buona volontà, ma davvero non credo che gli atei vengano sospettati di non poter avere una morale, tuttavia mi permetto di suggerire il saggio di Lecaldano “Un’etica senza Dio”

L’ho letto, grazie. Lecaldano dice cose molto intelligenti. Non per questo mi sento obbligato a ripeterle senza apportare nessun contributo personale.

faidate

Per Giuseppe:
La storia del nazismo eletto democraticamente viene ripetuta un po’ troppo spesso per non richiedere un commento. Perché una democrazia sia tale, bisogna che il consenso degli elettori sia universale, informato, consapevole e non manipolato. Quanto più ci si avvicina a questi requisiti, tanto più si ha democrazia e viceversa. Che poi le conseguenze della mancata democrazia non siano proporzionali al discostarsi da questi requisiti, è un fatto. Basta guardare il democraticamente (sic!) eletto Bush, che, nonostante il suo massimo informatore, la Cia, gli dica che in Iran non fanno la Bomba, lui vuol fare la guerra lo stesso.

BX

Bottoni scrive:
“In conclusione, non c’è da chiedersi se gli Atei siano in grado di produrre un’etica. piuttosto c’è da stupirsi che i Credenti non si rendano conto di utilizzare, sotto altro nome, l’etica prodotta dagli Atei nel corso dei millenni almeno nel 95% dei casi”.
Non c’è alcun dubbio, anche se si può vedere la questione da un’altra angolazione, secondo me utile al formarsi di una coscienza atea che non può solo basarsi sulla contrapposizione ad ogni forma di teismo, ma con uno sguardo spassionato anche in casa propria.
Il relativismo morale che le dottrine religiose combattono salvo poi dovere adattare i loro principi proprio alle morali ‘relative’, credo lo si debba ad un dato evidente: a ciò sono costrette se vogliono essere, come si dice, ‘al passo coi tempi’, cioè per mantenere una presa sul tessuto sociale che altrimenti perderebbero; e naturalmente tutto avviene con una ‘arrampicata sugli specchi’ che vede impegnati i vari teologi a recuperare disperatamente i dogmi riassestandoli. Riadattandoli. Naturalmente i tempi storici sono diversi, e alcuni religioni – vedi l’islam – puntano ancora fin che possono a ribadire fino all’esasperazione ogni fondamentalismo (per altro riemergente anche in area cristiana)…
Ecco, ma forse hanno buon gioco, nonostante le palesi contraddizioni, perché l’Etica degli Atei, nel corso dei secoli, si è manifestata quasi sempre, sì come rifiuto dell’etica religiosa, ma mantenendone più o meno inconsciamente certi caratteri. In che senso?
Lo accenno soltanto: ha spesso – per usare una frase fatta – ‘gettato l’acqua sporca col babmbino dentro’, cioè non tenendo conto dell’ ESIGENZA etica espressa COMUNQUE dalle religioni. Come? Credendo di essersene liberati, cacciandola dalla porta, ma facendola poi rientrare dalla finestra costituita dalle istituzioni ‘laiche’. Spesso laiche nella forma, ma vissute pur sempre come entità trascendenti dalle grandi masse. Il punto più basso – e certamente caso limite, e fallito come tale, ma indicativo di una deriva pericolosa – l’imposizione di un ateismo, e quindi di un’etica, di stato. Di diritto o di fatto.

charlymingus

complimenti Alessandro
Stefania non c’è da stupirsi che la creazzione di un etica o la sua mutuazzione anche da altre religioni sia secondaria al rito e alla iconografia che ha una funzione di unire e dare un inprinting. Nei cattolici, i porgrom e i vari roghi anno avuto la funzione che ha il sesso nella publicità ed anche la funzione di unire gli adepti un pò come certe bande che ora hanno cambiato metodi.

giuseppe

“la Morale religiosa non svolge una funzione di regolatore sociale. Serve solo a garantire la sopravvivenza delle struttture di potere esistenti.”

Non mi sembra che sia riducibile solo a questo. Mi sembra molto superficiale. Se guardiamo a fondo alla guerra di liberazione hanno partecipato anche molti cattolici. E passando per i paesi dell’est andiamo alla situazione dell’attuale AFRICA e infine in Vezuela.

paolo malberti

Alessandro Bottoni scrive: «L’Etica è quell’insieme di princìpi fondamentali sul quale vengono costruite le nostre Leggi».

No, quell’insieme di principi è la Costituzione.
Già il primo passo è sbagliato. Bisogna quindi precisare che:

l’etica è tutto ciò che riguarda il comportamento umano considerato in rapporto alla concezione (o meglio, alle concezioni) che gli uomini hanno del ‘bene’ e del ‘male’.
Etica è un termine greco; morale è il suo termine equivalente in latino.
Sebbene siano sinonimi, si preferisce l’uso del termine ‘morale’ per indicare l’insieme di valori, norme e costumi di un individuo (o di un determinato gruppo umano), e riservare la parola ‘etica’ all’intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina. Per questo il termine ‘etica’ equivale a ‘morale filosofica’ ed è corretto parlare di ‘morale teologica’ invece di ‘etica teologica’.

E’ vero che esiste una relazione indiretta tra l’etica e la legislazione, o meglio, tra un capitolo dell’etica (detto: ‘pura dottrina del diritto’) e la legge (il ‘diritto positivo’). Ma etica e legge sono due cose differenti.
Non è ovviamente questa la sede per entrare nel merito e tediare i partecipanti di questo blog.

Masque

bellissimo articolo in cui, da sostenitore dei sistemi complessi, mi ci ritrovo in pieno.
riguardo alla morale (ed al libero arbitrio), proprio poco tempo fa avevo trascritto un bel racconto breve di Raymond Smullyan, intitolato “Dio è taoista?”. http://neurone.altervista.org/files/dio_taoista_1.php
sugli stessi temi, ma smontando l’idea stessa che un dio creatore possa pretendere la fede ed il rispetto dei propri “creati”, c’è anche il racconto breve “Non serviam” di Stanislaw Lem.
http://neurone.altervista.org/files/non_serviam_1.php

Markus

@Alessandro Bottoni

Bellissimo articolo complimenti.

E’ raro che mi ritrovi così tanto in quello che scrivi.

Chapeau 🙂

J.C. Denton

Mi trovo d’accordo con Paolo Malberti. In merito alla frase “la Morale religiosa non svolge una funzione di regolatore sociale. Serve solo a garantire la sopravvivenza delle struttture di potere esistenti.” questo non è completamente vero. La morale religiosa SVOLGE eccome una funzione regolatrice, e garantisce in primo luogo la sopravvivenza della struttura sociale. Serve anche a garantire la struttura di potere esistente, ma questo è accidentale (torniamo al concetto di struttura e sovrastruttura marxista). Alcune assurde regole della religione ebraica ai tempi di Mosé in effetti avevano senso. Rimane il fatto che l’autorità della morale religiosa emana dalla volontà di Dio senza possibilità di appello, ma è chiaro che essendo un prodotto umano DEVE rispecchiare bisogni della società, o offrire valvole di sfogo, o fungere da catalizzatore per la coesione sociale.

Daniela

paolo flores d’arcais in etica senza fede è riuscito a descrivere in modo egregio un’etica che sia fatta dagli esseri umani per gli esseri umani, senza basarsi su illusioni che generano etiche aberranti e invece che per l’uomo sono fatte per assoggettarlo al volere di dio (vedi gente che sfrutta quest’illusione).
Comunque la costituzione si basa sull’etica in modo evidente, il rapporto tra questa e le leggi non è indiretto, anzi dalle leggi di uno Stato si può capire bene quale eica si vuole seguire.

paolo malberti

x Daniela

Certo, anche lo regolamento di un circolo sociale si basa ‘in modo evidente’ sull’etica.
Nel 1946 i membri (comunisti, cristiani, socialisti, ecc) della Costituente italiana hanno scritto la Costituzione, non l’Etica. Sulla base di questa sono state fatte le leggi della Repubblica. Ma l’etica è un’altra cosa.

Di fronte al gesto di un uomo che si butta senza esitazione in mare per salvare una persona che sta annegando, senza neppure conoscerla, mettendo a rischio la propria vita e magari perdendola davvero, chiunque, teista o ateo, rimane scosso e attribuisce a quel gesto un grandissimo “valore etico”. Nessuno ha mai compiuto un’azione eccellente dal punto di vista etico perchè la legge dello Stato o i comandamenti della sua religione glielo ha imposto.
Capire il motivo per cui una cosa del genere puo’ succedere significa individuare il vero fondamento dell’etica.

Alessandro Bottoni

J.C. Denton scrive:
“La morale religiosa SVOLGE eccome una funzione regolatrice, e garantisce in primo luogo la sopravvivenza della struttura sociale. Serve anche a garantire la struttura di potere esistente, ma questo è accidentale (torniamo al concetto di struttura e sovrastruttura marxista).”

I princìpi che la Morale Religiosa utilizza per regolare il comportamento dei membri all’interno della Società sono quelli stessi che sono stati faticosamente elaborati dalla società stessa e che appartengono quindi a pieno titolo all’Etica Civile. La Religione si limita ad “incorporarli” nella sua Morale senza altra elaborazione che quella necessaria ad adattarli ai suoi assurdi pregiudizi (“assiomi”). Si tratta di uno scippo evidente, resosi necessario dalla evidente incapacità delle Religioni di elaborare un sistema Etico effettivamente funzionante. Non c’è di che ringraziare la Religione per questo. La struttura sociale può sopravvivere benissimo senza i discutibili contributi di qualunque religione, come fanno da circa due secoli le principali democrazie occidentali (tutte rigorosamente laiche).

Il fatto che la Morale Religiosa sia utile a mantenere ed a proteggere la struttura di potere esistente è tutt’altro che accidentale. L’essenza stessa delle Religioni consiste nella instaurazione (abusiva) di un sistema di potere (quello della casta sacerdotale, legittimata dal rapporto privilegiato con Dio) e nel suo mantenimento. Il resto sono solo conseguenze tecniche.

Alessandro Bottoni

Paolo Malberti scrive:
“No, quell’insieme di principi è la Costituzione.
Già il primo passo è sbagliato. Bisogna quindi precisare che:”

Daniela scrive:
“Comunque la costituzione si basa sull’etica in modo evidente, il rapporto tra questa e le leggi non è indiretto, anzi dalle leggi di uno Stato si può capire bene quale etica si vuole seguire.”

Appunto. La Costituzione, pur fondamentale, non è che uno dei molti insiemi di leggi che si fondano, per forza di cose, su quell’Etica che la società, nel suo complesso, riesce faticosamente ad elaborare nel corso della sua storia.

Gli unici princìpi che non appartengono al dominio dell’Etica Civile sono quelli che tendono a compiacere il Dio, non a servire l’Uomo, cioè quelli che appartengono alla Morale Religiosa. Tutto il resto è, per forza di cose, frutto del lungo e faticoso lavoro di definizione dell’Etica che viene svolto dalla società civile a proprio uso e consumo.

BX

Ho riletto con più attenzione il testo proposto (in un precedente intervento mi ero soffermato soprattutto sulla ‘conclusione’).
Penso si tratti di una buona nalisi del come abbia avuto origine e si sia evoluto il problema morale. Ciò che non mi convince è il modo come viene affrontato il ruolo delle varie religioni in questo contesto. Non perché l’etica religiosa non abbia i caratteri che vengono richiamati, ma perchè non si riesce a capire come mai abbia avuto origine un’etica basata su questo richiamo alla divinità e, soprattutto, come mai abbia avuto tanta fortuna. Solo per la volontà di potenza di una casta sacerdotale che in questo modo ha potuto assoggettare le volontà altrui? Anche se così fosse (e così certamente è stato) perchè intere popolazioni, non solo nei secoli passati, ma tuttora, si riconoscono in tale etica?
Rispondo con una semplice considerazione, che, proposta così, può risultare ovvia, poco più che tautologica, ma che, non tenuta presente, rischia di liquidare con troppa disinvoltura un dato fondamentale del problema: la CONDIZIONE UMANA. La coscienza, formatasi nel tempo, della precarietà della condizione umana (l”assurdità’ del dolore e della morte) ha aoerto la strada alla ricerca di una dimensione esistenziale in grado di ‘superare’ questa precarietà. Da cui le religioni. Da cui la morale religiosa. Se non si tiene conto di questo, o se lo si dà per scontato, si offriranno troppi agganci, troppi pretesti, a chi si straccia le vesti per il prevalere del relativismo morale.

giuseppe

“Gli unici princìpi che non appartengono al dominio dell’Etica Civile sono quelli che tendono a compiacere il Dio, non a servire l’Uomo, cioè quelli che appartengono alla Morale Religiosa. ”
Quali sarebbero?

ciceracchio 2la vendetta

e molto morale quello che stanno facendo ora con quello spot in tv ???dove chiedono soldi tramiote conto corrente postale x aiutare il clero ?????ma non gli bastano mai i soldi
dopo l’otto x 1000 e tutti i mld di euro che gli versa lo stato ???????.
AIUTATE IL CLERO INSOMMA I PRETI ,,MA LAVETE VISTO ???? MAREMMA LADRA::::::::::::

paolo malberti

caro BX

con o senza Dio
il male (ossia la sofferenza ingiustificata, senza senso)
al mondo esiste e con esso dobbiamo convivere.

La religione non aiuta a risolvere questo problema, anzi lo aggrava
tentando addirittura di giustificarlo (le teodicee varie)
ed imponendo un codice di comportamento (decalogo, corano)
che crea ancora piu’sofferenza (il peccato) e paure (l’aldilà).

Senza religione avremmo meno problemi da risolvere e maggiore libertà di azione.
Il grosso problema della condizione umana, comunque, rimane e va affrontato
tramite la solidarietà e la compassione (che sono il vero fondamento dell’etica).

BX

X paolo malberti.
Proprio non riesco a spiegarmi. Credo di aver detto in tutti i modi di cui sono capace come la religione costituisca la più nefasta forma di alienazione per l’uomo. Quello su cui mi preme insistere è la riflessione – che ogni ateo, per fondare il suo ateismo non solo come contrapposizione speculare al teismo, deve fare – sul perché sono sorte le religioni e soprattutto sul perché del loro successo nel tempo storico, da cui non sfugge certo il presente.
Io poi non ho mai parlato di ‘male’, che è un concetto tipico della morale religiosa che chiama in causa in genere il ‘peccato’, ma di dolore e di morte come esperienza ineliminabile dalla condizione umana. Sulla quale specula la religione offrendo una risposta – sbagliata, sbagliatissima, ma ancora fortemente suggestiva – alla domanda esistenziale, sfruttando anche la circostanza che il pensiero ateo spesso la rimuove lasciando che diventi monopolio, esclusiva, del pensiero religioso.

emilio

L’ateismo non si fonda. il pregio dell’ateismo vero, ove si realizzasse e io non lo vedo realizzato nè prospettato, starebbe proprio nell’assenza di fondamento: un pensiero che forse è ancora di là da venire.

paolo malberti

Enrico

quale è il vero fondamento dell’etica lo ha dimostrato quell’ateo di Schopenhauer (e scusa se è poco).
Il fondamento della morale religiosa è invece l’egoismo. Ubbidire ai comandamenti di Dio o di Allah per guadagnare il paradiso, o evitare l’inferno, significa semplicemente pensare alla salvezza della propria anima (fregandosene, anzi spesso andando contro all’interesse degli altri).

per MX

non bisogna essere uno storico delle religioni per scoprire l’acqua calda, ossia che la religione sia sorta dal bisogno metafisico dell’uomo. La forma piu’ rozza ed ingenua di metafisica è la religione, appunto.

La religione ha avuto successo perchè offre al singolo anche dei vantaggi (alcuni considerevoli) nella vita sociale, a cominciare dalla identificazione nel gruppo di appartenenza. Continuano ad essere tramandate grazie allo ‘imprinting’ nel cervello fin da bambini (la propagazione del virus nel PC di bordo, nel linguaggio di Dawkins).

Il male non è affatto un concetto tipico della morale religiosa. Comunemente si intende per male la sofferenza non giustificata. Ad esempio: la scottatura é una sofferenza giustificata (serve a tenerci lontano dal fuoco), la leucemia di un bambino, no.
Non mi risulta che la concezione religiosa della morte sia particolarmente suggestiva: per i teisti probabilmente é anche un incubo e fonte di paura. Per molti piu’ suggestivo e tranquillizzante è il pensiero che un bel giorno questa seriosa pagliacciata sarà definitivamente finita.

BX

X paolo malberti.
Immagino di essere io MX. A volte riscoprire l’acqua calda può essere utile, ma lasciamo perdere…
Certo che il male è il male e basta, ma per un credente il male è soprattutto colpa.
Che poi il successo delle religioni sia solo dovuto a ‘vantaggi sociali’, tipo ‘identificazione nel gruppo di appartenenza’, ti sembra poco? Copre o non copre – anche per me in modo sbagliato, ma quasto è la solita mia scoperta dell’acqua calda – un’esigenza esistenziale?
Infine, a te, ateo, come a me, la concezione religiosa della morte non è certamente suggestiva, anzi, fortemente alienante PROPRIO PER CHI VIVE… ma puoi negare che abbia aiutato molti credenti a morire ‘serenamente’?
Nota conclusiva. Penso, in ogni caso, che tu accetti si possa essere atei in modo diverso.

strangerinworld

ho più etica io che 1.000 preti o 1.000 pecore e buoi in chiesa

quando un religioso o un credente mi parlano della loro etica vincente sulla mia mi sembra di vedere il bue che dice cornuto all’asino

meglio un asino scientifico che un bue chiesaiolo

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