Dalai Lama: Mi manca Wojtyla

Peccato per il mancato incontro con papa Ratzinger, “avrei desiderato vederlo, per un saluto, per rispetto, per un impegno morale”. Ma allo stesso tempo, “mi mancano Giovanni Paolo II e la sua determinazione nel promuovere i valori umani e il discorso interreligioso, come nel meeting di Assisi. Oh, Giovanni…”. Il suo cuore batte ancora per Wojtyla e il Dalai Lama non ha alcuna difficoltà ad ammetterlo con i giornalisti che ha incontrato questa mattina a Milano nel corso della sua visita in Italia. Wojtyla “un grande, non solo ufficialmente, ma personalmente, un uomo davvero meraviglioso – così lo ricorda – per cui ho sentito una sensazione piacevole sin dal primo incontro”. Di Ratzinger apprezza che sia “un grande esperto”, “mi ha detto che fede e ragione devono camminare insieme”. […]
Cerca di stemperare le polemiche dopo l’imbarazzo col quale alcune istituzioni italiane hanno accolto il suo arrivo. “La natura della mia visita non è politica, non voglio creare problemi allo Stato e alle autorità dei Paesi che visito. Per me – dice – non c’è problema, sono solo un visitatore straniero”. Accompagnato dai suoi monaci, lascia intendere di conoscere i motivi che inducono i politici alla cautela: “Vorrei andare in Tibet e anche in Cina per una visita breve, ma la propaganda cinese mi demonizza, per loro sono un nemico del popolo e così quelli che mi incontrano, da Bush alla Merkel, diventano anche loro mezzi demoni”.
Gli dispiace, si diceva, di non poter avere un colloquio con Ratzinger, “in passato ho avuto l’opportunità di incontrarlo, questa volta invece no, evidentemente avrà le sue difficoltà, avrà poco tempo o altri impegni”. E se ne rammarica, convinto dell’importanza della conoscenza reciproca, perché “nonostante le differenze filosofiche, tutte le religioni danno lo stesso messaggio di amore, compassione, tolleranza, perdono e disciplina morale”. Per la stessa ragione non vede di buon occhio le conversioni: “E’ più salutare rimanere con la propria fede di cuore, quella di nascita, altrimenti si rischia di far confusione”. […]

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58 commenti

Vico

A ME NON MANCA X NIENTE. ANCHE SE E’ VERO CHE BENEDETTO MI SEMPRA PEGGIO.

Markus

Da quello che so io il Dalai Lama abita a Zurigo.

Magari con Ratzi a parlare di impegno morale ci si vede la settimana prossima.

ciceracchio 2la vendetta

LAMA a te si ;A ME MI MANCA TANTO MOANA POZZI …………

Ivo Mezzena

bene bene, il Ratzi continua a farla fuori dalla tazza, come si dice dalle mie parti…

Massimo

I “papi” di ogni religione sono pensieri totalitari, perché “assoluti”: nell’essere rivendicati come “non mediabili” (da soli, in se medesimi).
Dunque, è la loro collocazione plurale, fra chi non è come loro, e non la loro volontà, a condizionarli in modo oggettivamente democratico: fin quando c’è qualcuno che li contrasta.
Financo “meritoriamente” antagonisti: se costretti in minoranza.
Perciò, anche se danno a credere di essere “al di sopra delle parti” ai loro creduloni, seguono le vicissitudini della storia, ponendosi al servizio di quei poteri più vicini alla loro rappresentazione simbolica del “potere”, come posto “dall’alto” (in senso relativo) o “in assoluto” (in senso “assoluto”).
Ma in verità sono “solo” potere “dal basso”, perché pongono a prezzo i creduloni che ad essi si affidano a “chi si stabilisce al potere” (altro potere non esiste), e ne ricavano molto.
Per questo fare patti con il clero è più facile, più sbrigativo, più profittevole che praticare una democrazia reale, dove il popolo sia davvero sovrano (rivolta a ciascuno ed a tutti).

Caramella

I principi religiosi sono ‘geneticamente’ fallaci: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200604articoli/3820girata.asp
“Pur essendo noto per i suoi punti di vista umani e tolleranti, il Dalai Lama è sorprendentemente critico nei confronti dell’omosessualità. È male, dice, per un buddhista. «No assoluto. Senza sfumature. Una coppia gay mi è venuta a trovare, cercando il mio appoggio e la mia benedizione. Ho dovuto spiegar loro i nostri insegnamenti. Una donna mi ha presentato un’altra donna come sua moglie: sconcertante. Al pari dell’uso di certe pratiche sessuali fra marito e moglie. Usare gli altri due buchi è sbagliato».”

E anche http://www.michaelparenti.org/Tibet.html

shock

secondo me il buddha si starà rivoltando nella tomba. Ma non dicono che il buddismo non è una religione? e quindi che c’azzecca quando dice:

“nonostante le differenze filosofiche, tutte le religioni danno lo stesso messaggio di amore, compassione, tolleranza, perdono e disciplina morale”

e poi, se fosse vero che le religioni diano tutte questi messaggi positivi perchè la storia umana è da sempre piena di guerre, roghi e persecuzioni? perchè queste parole non le va a dire alla famiglia di Makwan impiccato giusto ieri in Iran? Se la religione, come è l’islam, fosse portatrice di amore, compassione, tolleranza, perdono e disciplina morale per quale motivo Makwan pende da una corda? Lo stesso vale per la CCAR che ogni giorno lancia nuovi anatemi contro gay, atei, liberi pensatori, scienza & C..

P.s.: @ dai lama & C., un sereno e sincero…. (a voi l’ardua sentenza)

Caramella

@ shock

In Tibet il buddismo non aveva certo portato felicità e benessere: era una teocrazia feudale in cui il popolo era tenuto in stato di povertà e ignoranza. Vedi un po’. Non che ciò giustifichi qualsiasi altro regime autoritario ovviamente, ma usiamo un minimo di spirito critico.

Il buddismo è una religione: ha il suo cosmo di credenze, il suo clero, riti, testi sacri, templi, miracoli, reliquie…

Giona

Dalai Lama: Mi manca Wojtyla
A me invece no.
Tutte le religioni danno lo stesso messaggio di amore, compassione, tolleranza, perdono e disciplina morale
Impiccando o emarginando i gay?

Giona

shock scrive:Ma non dicono che il buddismo non è una religione?
Lo dicono i cattolici, per poter tenere il piede in due fedi e per non dover riconoscere che c’e’ un concorrente, piu’ degno per altro.
Atei amici, non siate ingannati dalla faccenda della filosofia orientale, una volta per tutte teniamolo presente, simpatico o meno, IL BUDDISMO E’ UNA RELIGIONE.

chiericoperduto

Vorrei smorzare un pò i toni dibattito, innanzitutto facendo presente che il buddismo è una delle religioni più miti e pacifiche al mondo.
Poi il Dalai Lama è venuto come un semplice straniero in visita (sue parole) e tanta umiltà è lontana anni luce dal ratzi che non solo quando viaggia sembra il dio in terra, ma non si è degnato di riceverlo.
Woityla gli manca perchè senz’altro uomo più aperto al dialogo interreligioso, che lo avrebbe ricevuto.

Vash

Anche se wojtyla non era uno stinco di santo ed ha fatto pesanti errori, in confronto a Ratzinger era davvero angelico! Il Dalai Lama alla fine ha detto quello che anche molti cattolici pensano, ovvero che l’attuale Papa rappresenta esclusivamente se stesso mentre invece Wojtyla rappresentava i cattolici pur con i loro pesanti difetti!

Aldo Grano

Anche a me è dispiaciuto tanto che il Dalai Lama non sia stato ricevuto ufficialmente dal Papa. Siccome in altre occasioni si sono parlati, spero che l’ unico motivo sia il timore di ritorsioni contro i cattolici cinesi che, per quanto pochissimi rispetto alla popolazione, sono sempre alcune centinaia di migliaia. Ovviamente non condivido le altre vostre critiche a Benedetto XVI. A proposito, qualcuno si ricorda che non ha ricevuto nemmeno la Condor Liza Rice nei Bush?

Alessandro S.

Markus scrive:
7 Dicembre 2007 alle 09:12

«Da quello che so io il Dalai Lama abita a Zurigo.»

No, ma a Dharamsala, in India:

http://www.tibet.it/ETM/03-Dalai.htm

«Dal 1960 il Dalai Lama vive a Dharamsala, in India, la “piccola Lhasa”, sede del governo tibetano in esilio, che ha assunto il compito di salvare gli esuli tibetani e la loro cultura, attivando iniziative di lavoro e creando un sistema educativo a loro diretto.

«Nel 1963 Sua Santità promulgò una costituzione democratica basata sui principi buddhisti e sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come modello per un futuro Tibet libero.

Certamente il buddhismo è una religione, per quanto di un genere diverso da quelle teiste (un po’ come pure lo sono il confucianesimo e il taoismo). La cultura tradizionale tibetana è certamente intrisa di superstizione, il che basta a non farmi venire nessuna voglia di farmi buddhista tibetano. La storia tibetana è ricca di episodi di sistematico sfruttamento del popolo da parte dell’aristocrazia e del clero. Ma una guida religiosa che afferma che, decidesse il governo tibetano in esilio di eleggere in futuro il proprio capo elettoralmente che così si faccia, che decidesse lo stesso organo di mettere fine all’istituzione del Dalai Lama come guida politica ben sia, che si dice disposto a reincarnarsi in una donna fosse questo proficuo ai fini della ricerca del benessere e della libertà del popolo tibetano sotto quale bandiera ciò accada, riscuote il mio apprezzamento e ha il mio rispetto. Il Dalai Lama ha dimostrato un grande coraggio e la disponibilità di sacrificare se stesso e la figura che rappresenta per un bene più grande, quello del suo popolo e la sua cultura. Quanti secoli si dovrà attendere perché un papa esprima idee analoghe?

Alessandro S.

Ah, dimenticavo: qualcuno ha notizie di qualche paese buddhista dove corti religiose o anche laiche abbiano messo a morte qualcuno perché omosessuale, o perché beone, o perché s’è convertito, o per quale altro reato contro la morale e i dettami religiosi? O di qualcuno che per le stesse ragioni sia stato condannato ad altra pena più mite?

Genea

“nonostante le differenze filosofiche, tutte le religioni danno lo stesso messaggio di amore, compassione, tolleranza, perdono e disciplina morale”
Sì…e vissero tutti felici e contenti.

apoftegmatico

Perchè nessuno dice che nel Tibet governato dai buddisti, la schiavitù era lecita e incoraggiata?
Perchè il Dalai Lama, a tale proposito, evita accuratamente l’argomento?
Perchè nessuno dice che tutti i “colonnelli” del Dalai Lama l’argomento non lo evitano affatto, anzi nella loro visione di un Tibet indipendente la reintroduzione della schiavitù sarebbe uno dei cardini di una società costituita secondo i pricipi della loro religione?
Se poi volete chiamarla “filosofia orientale” anzichè “religione” la sostanza non cambia.

Rflessione P.S.
Perchè da parte cattolica si evidenziano regolarmente tutti i difetti dell’Islam nascondendone gli elementi comuni al Cristianesimo, e nei confronti del Buddismo avviene il processo inverso?

bardhi

X apoftegmatico

mi interessa a sapere dove posso trovare delle informazione sull fatto che a schiavitù era lecita e incoraggiata dai buddisti e che fa parte degli pricipi della loro religione?

Magar

Apoftegmatico, chi sarebbero questi “colonnelli” filoschiavisti del Dalai Lama, dove e quando avrebbero fatto dichiarazioni in tal senso? Le uniche tracce che Google trova sono su siti con il dominio .cn, dunque non affidabili.

Magar

Errata corrige, che la schiavitù, anzi il “servaggio” (serfdom in inglese), fosse praticato in Tibet prima del 1959 è vero, quello che non vedo è la volontà dell’attuale Dalai Lama (che, ricordiamolo, ha vissuto con i monaci fin dai 6 anni, ed era solo un ragazzo di 24 anni quando è stato detronizzato!) di reintrodurla in futuro. Le sue parole farebbero pensare ad una visione del mondo e dei rapporti sociali radicalmente opposta, anzi.

Alessandro S.

apoftegmatico scrive:
7 Dicembre 2007 alle 12:57

«Perchè nessuno dice che nel Tibet governato dai buddisti, la schiavitù era lecita e incoraggiata?»

Hai fonti?

«Perchè il Dalai Lama, a tale proposito, evita accuratamente l’argomento?
«Perchè nessuno dice che tutti i “colonnelli” del Dalai Lama l’argomento non lo evitano affatto, anzi nella loro visione di un Tibet indipendente la reintroduzione della schiavitù sarebbe uno dei cardini di una società costituita secondo i pricipi della loro religione?»

Riguardo lo schiavismo come compatibila con la dottrina buddhista mi risulta il contrario (traduco degli stralci):

http://www.bbc.co.uk/religion/religions/buddhism/history/slavery.shtml

«Gl’insegnamenti buddhisti non proibiscono esplicitamente la schivitù, ma il nobile ottuplice sentiero dice che occuparsi di commercio di esseri viventi non è una retta fonte di sostentamento. Questo dovrebbe proibire ai buddhisti dall’occuparsi nel commercio degli schiavi.

… un seguace laico non deve occuparsi di cinque generi di commercio. Quali cinque?
Commercio di armi, commercio di esseri viventi, commercio di carne, commercio
di sostanze inebrianti e commercio di veleni.

«Altri testi sembrano incompatibili con molti aspetti dello stesso schiavismo. Ad esempio, questa citazione richiede che i buddhisti assicurino ai loro lavoratori e servi un giusto trattamento:

In cinque modi deve un padrone amministrare i suoi servi e lavoratori:

assegnando a ciascuno un lavoro che rientri nelle sue capacità;
fornendo a ciascuno cibo e salario;
curandoli quando sono malati;
condividendo con loro i cibi gustosi;
permettendo loro dei periodi di assenza.
(Sigalovada Sutta)»

Certamente nei paesi di maggioranza buddhista è lo stesso storicamente esistito lo schiavismo, ma non certo per colpa delle dottrine buddhiste. Di nuovo t’invito a produrre le fonti delle tue asserzioni.

Chris

L’odio e la rabbia spingono a fare molti errori e in questi commenti ne ho letti molti.
Il Dalai Lama non è mai stato il Governo Tibetano, anzi durante i secoli è sempre stato più un simbolo che un vero capo di stato. Il governo era in mano ai ministri che usavano la religiosità del popolo per sfruttarlo in modo barbaro. Ovviamente i Dalai Lama di ogni tempo avrebbero potuto, volendo, fare qualcosa, ma hanno scelto di non fare nulla, di mandare avanti la baracca e alla fine hanno pagato tutti con l’invasione cinese.
Il Dalai Lama attuale non è un pericoloso despota, non sapeva neppure delle terribili condizioni del suo popolo, perché all’epoca era solo un ragazzo che mai governò essendo rinchiuso ( non a caso ) in monasteri a studiare gli antichi testi sacri.

MA SOPRATTUTTO:
Il Buddhismo è una religione antichissima, che si è sviluppata come filosofia buddhista (per opera del primo Buddha Gautama) su di una preesistente religione, in cui c’erano divinità di ogni tipo, riti, superstizioni ecc…
Così come il cristianesimo si sviluppò dall’ebraismo, di cui porta ancora molti segni, così il buddhismo si sviluppò da questa religione. Ma allo stesso modo, quando si studia il cristianesimo si valorizzano di più gli elementi nuovi apportati da Gesù, così quando si studia il buddhismo vanno valorizzati di più gli elementi apportati dal Buddha Gautama (da noi conosciuto come Siddharta).
Diversamente dal cristianesimo però, il buddhismo ha continuato ad evolvere nel tempo, per opera di grandi pensatori o di altri Buddha. Questa evoluzione, unita alle posizioni di Gautama, unite alle idee della religione precedente fanno del Buddhismo una religione estremamente complicata, perché si è sempre cercato di salvare tutto, anche cose inconciliabili.

Su questo sfondo si trova ad operare l’attuale Dalai Lama, che da una parte rappresenta una casta (religiosi) che aveva valorizzato gli elementi più conservatori del buddhismo, quelli più materiali e meno spirituali (si pensi all’uso distorto del karma quale strumento di manipolazione delle masse, ossia quale colpa da dover scontare in questa vita che giustificava ogni abuso subito rendendolo giusto). Dall’altra quest’uomo grandissimo ha capito che doveva mettere ordine in questo caos e doveva scegliere cosa valorizzare di più, però senza offendere i tibetani che credono nelle altre cose. Un gioco da giocoliere che è difficile fare.
Infatti è verissimo che il buddhismo può anche essere una religione violenta e vendicativa, ma è anche vero che questo è un retaggio dell’antichissimo passato e non rappresenta l’insegnamento del Buddha. Il Dalai Lama si è reso conto di questo contrasto e cerca di orientare la religione verso gli insegnamenti più aderenti al messaggio del Buddha.
Paradossalmente il buddhismo tibetano di oggi è ciò che il Dalai Lama lo sta facendo diventare selezionando il meglio della loro antichissima tradizione.

ciceracchio 2la vendetta

maledette religini maledetti sacerdoti di ogni tipo e razza ,
malefici troll bacia pile credenhti di ogni sorta divulgatori di balle
fanatici di tutti i tipi e risme,,,, sono solo boni a vivere alle spalle dei popoli,
mai uno che lavori mai uno che non si impicci dei fatti altrui.
ma gli venisse a mancare il fiato latro che storie ,se ce’ una guerra ci loro ci mettono sempre le mani se ce’ la fame ci sono loro se ce’ la distruzine delle culture sono stati loro
maledetti.

Apoftegmatico

@ Alessandro S.
Certo che ho fonti, te le fornisco volentieri:

Se te la cavi discretamente con l’inglese ci sono:

– 1. Melvyn C. Goldstein, The Snow Lion and the Dragon: China, Tibet, and the Dalai Lama (Berkeley: University of
California Press, 1995), 6-16.

2. Mark Juergensmeyer, Terror in the Mind of God, (Berkeley: University of California Press, 2000), 113.

3. Kyong-Hwa Seok, “Korean monk gangs battle for temple turf,” San Francisco Examiner, December 3, 1998.

4. Gere quoted in “Our Little Secret,” CounterPunch, 1-15 November 1997.

5. Dalai Lama quoted in Donald Lopez Jr., Prisoners of Shangri-La: Tibetan Buddhism and the West (Chicago and
London: Chicago University Press, 1998), 205.

6. Stuart Gelder and Roma Gelder, The Timely Rain: Travels in New Tibet (New York: Monthly Review Press, 1964), 119.

7. Gelder and Gelder, The Timely Rain, 123.

8. Pradyumna P. Karan, The Changing Face of Tibet: The Impact of Chinese Communist Ideology on the Landscape
(Lexington, Kentucky: University Press of Kentucky, 1976), 64.

9. Gelder and Gelder, The Timely Rain, 62 and 174.

10. As skeptically noted by Lopez, Prisoners of Shangri-La, 9.

11. See the testimony of one serf who himself had been hunted down by Tibetan soldiers and returned to his master: Anna
Louise Strong, Tibetan Interviews (Peking: New World Press, 1929), 29-30 90.

12. Melvyn Goldstein, William Siebenschuh, and Tashì-Tsering, The Struggle for Modern Tibet: The Autobiography of
Tashì-Tsering (Armonk, N.Y.: M.E. Sharpe, 1997).

13. Gelder and Gelder, The Timely Rain, 110.

14. Strong, Tibetan Interviews, 15, 19-21, 24.

15. Quoted in Strong, Tibetan Interviews, 25.

16. Strong, Tibetan Interviews, 31.

17. Melvyn C. Goldstein, A History of Modern Tibet 1913-1951 (Berkeley: University of California Press, 1989), 5.

18. Gelder and Gelder, The Timely Rain, 175-176; and Strong, Tibetan Interviews, 25-26.

19. Gelder and Gelder, The Timely Rain, 113.

20. A. Tom Grunfeld, The Making of Modern Tibet rev. ed. (Armonk, N.Y. and London: 1996), 9 and 7-33 for a general
discussion of feudal Tibet; see also Felix Greene, A Curtain of Ignorance (Garden City, N.Y.: Doubleday, 1961), 241-249;
Goldstein, A History of Modern Tibet 1913-1951, 3-5; and Lopez, Prisoners of Shangri-La, passim.

21. Strong, Tibetan Interviews, 91-92.

22. Strong, Tibetan Interviews, 92-96.

23. Waddell, Landon, and O’Connor are quoted in Gelder and Gelder, The Timely Rain, 123-125.

24. Quoted in Gelder and Gelder, The Timely Rain, 125.

25. Goldstein, The Snow Lion and the Dragon, 52.

26. Goldstein, The Snow Lion and the Dragon, 54.

27. Heinrich Harrer, Return to Tibet (New York: Schocken, 1985), 29.

28. Strong, Tibetan Interview, 73.

29. See Kenneth Conboy and James Morrison, The CIA’s Secret War in Tibet (Lawrence, Kansas: University of Kansas
Press, 2002); and William Leary, “Secret Mission to Tibet,” Air & Space, December 1997/January 1998.

30. Leary, “Secret Mission to Tibet.”

31. Hugh Deane, “The Cold War in Tibet,” CovertAction Quarterly (Winter 1987).

32. George Ginsburg and Michael Mathos Communist China and Tibet (1964), quoted in Deane, “The Cold War in Tibet.”
Deane notes that author Bina Roy reached a similar conclusion.

33. See Greene, A Curtain of Ignorance, 248 and passim; and Grunfeld, The Making of Modern Tibet, passim.

34. Los Angeles Times, 18 August 1997.

35. Harrer, Return to Tibet, 54.

36. Karan, The Changing Face of Tibet, 36-38, 41, 57-58; London Times, 4 July 1966.

37. Gelder and Gelder, The Timely Rain, 29 and 47-48.

38. Tendzin Choegyal, “The Truth about Tibet,” Imprimis (publication of Hillsdale College, Michigan), April 1999.

39. Karan, The Changing Face of Tibet, 52-53.

40. Elaine Kurtenbach, Associate Press report, San Francisco Chronicle, 12 February 1998.

41. Goldstein, The Snow Lion and the Dragon, 47-48.

42. Strong, Tibetan Interviews, 15-16.

43. Jim Mann, “CIA Gave Aid to Tibetan Exiles in ’60s, Files Show,” Los Angeles Times, 15 September 1998; and New
York Times, 1 October, 1998.

44. Reuters report, San Francisco Chronicle, 27 January 1997.

45. News & Observer, 6 September 1995, cited in Lopez, Prisoners of Shangri-La, 3.

46. Heather Cottin, “George Soros, Imperial Wizard,” CovertAction Quarterly no. 74 (Fall 2002).

47. The Gelders draw this comparison, The Timely Rain, 64.

48. The Han have also moved into Xinjiang, a large northwest province about the size of Tibet, populated by Uighurs; see Peter
Hessler, “The Middleman,” New Yorker, 14 & 21 October 2002.

49. Report by the International Committee of Lawyers for Tibet, A Generation in Peril (Berkeley Calif.: 2001), passim.

50. International Committee of Lawyers for Tibet, A Generation in Peril, 66-68, 98.

51. John Pomfret, “Tibet Caught in China’s Web,” Washington Post, 23 July 1999.

52. Goldstein, The Snow Lion and the Dragon, 51.

53. Tendzin Choegyal, “The Truth about Tibet.”

54. The Dalai Lama in Marianne Dresser (ed.), Beyond Dogma: Dialogues and Discourses (Berkeley, Calif.: North Atlantic
Books, 1996).

In Italia purtroppo certi argomenti si affrontano poco comunque puoi documentarti su:

– Enciclopedia delle religioni, Milano, Garzanti 1989

– Wilson B.R. , La Religione nel mondo contemporaneo, Bologna, Il Mulino 1985

Perdonami ma i link ai siti web (wikipedia sopratutto) non riesco a considerarli fonti attendibili, sarà un mio limite, ma sono fatto così.

Spero di esserti stato utile.

Flavio

@ Alessandro S.

Non è che uno abbia tutto il mio appoggio perché non mette a morte i gay; non fa nemmeno il cattolicesimo, e non per questo lo rivaluto!
Per es. 25 anni di guerra civile in Sri Lanka tra buddisti e indù mi fa pensare che le due religioni non garantiscano poi tutta questa mitezza.

Alessandro S.

Flavio scrive:
7 Dicembre 2007 alle 16:34

Il buddhismo non solo non mette a morte gli omosessuali: non mette a morte nessuno. Nel canone di qualsiasi tradizione non solo la morte, ma il provocare coscientemente sofferenza a qualsiasi essere senziente, non solo agli uomini, è sempre e puntualmente condannato. Le vicende nello Sri Lanka non sono in alcun modo avvallate da qualsiasi passo canonico, sono vicende che hanno a che fare con il nazionalismo e con le discriminazioni etniche.

marco

Il Dalai Lama condanna le discriminiazioni antigay
Lettera al congresso dell’Ilga

GINEVRA – In occasione della XXIII Conferenza Mondiale dell’Associazione ILGA (International Lesbian and Gay Association) tenutasi recentemente a Ginevra il Dalai Lama ha inviato un messaggio di supporto, contro le discriminazioni rivolte alla comunità LGBT di tutto il mondo. Il messaggio, inoltrato tramite l’ufficio di rappresentanza del leader spirituale dei buddhisti tibetani, offre i saluti del Dalai Lama stesso alla conferenza ed esprime apprezzamento per “per la speciale attenzione data in questa conferenza ai temi della tolleranza religiosa e del rispetto della diversità.” Il Dalai si dice “fortemente preoccupato per le notizie riguardanti violenze e discriminazioni contro persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender” e ribadisce la necessità di rispetto, tolleranza e riconoscimento dei pieni diritti umani per tutti.

marco

vi prego di documentarvi, prima di lanciare accuse rabbiose contro un uomo di pace, le critiche sono sempre utili, quando fatte con rispetto e cognizione di causa
grazie marco.
aggiungo una dichiarazione dell’ ubi (unione Buddhista italiana):
Lettera all’UBI
Unione Buddhista d’Italia

In relazione alla pubblicazione sui quotidiani “Daily Telegraph”, “ La Stampa”, “Avvenire”, di articoli concernenti la visione di S.S. il Dalai Lama in merito all’omosessualità, i rappresentanti della Rete Buddhista Lombardia, presenti ai lavori tenutesi il giorno 8 aprile presso il Centro Mandala di Milano ( ospiti il ven. Tae Hye Sunim di Lerici e il ven. Tae Ri di Padova, che hanno partecipato al dibattito ) hanno formulato la seguente considerazione:

“ Il Buddhismo ha nei suoi fondamenti l’osservanza di cinque precetti all’interno dei quali figura anche la regola di non avere una irresponsabile condotta sessuale che possa produrre sofferenza a noi e/o agli altri. Dunque tutto ciò che è basato su amore, rispetto e responsabilità individuale va oltre qualsiasi principio di discriminazione e orientamento.
Per quanto concerne la sessualità, chi non ha preso specifici voti di castità e, nei limiti della legge, sviluppa rapporti intimi basati sul reciproco consenso e senza che ci sia abuso o violenza, è unico responsabile di sé e del proprio karma.
In ogni caso i precetti sono indicazioni etiche per una buona pratica spirituale e la loro infrazione non esclude in nessun modo dall’appartenenza al Buddhismo.”

Qualora lo riteneste opportuno, vi preghiamo di voler urgentemente verificare se tali assunti sono condivisibili da tutti i soci dell’UBI e poi di diffondere un comunicato stampa che chiarisca al grande pubblico la posizione della nostra associazione in merito.
Riteniamo infatti che gli articoli citati possano essere frutto di una manipolazione lesiva dell’immagine di S.S. il Dalai Lama e del Buddhismo in generale, in quanto artatamente estrapolati da un contesto ben più vasto e complesso.

Per la Rete Buddhista Lombardia
Lama Paljin Tulku Rinpoce

Apoftegmatico

@ Alessandro S.
Fuor da ogni spirito polemico, ma se nel tuo ultimo intervento sostituisco la parola “buddismo” con “cristianesimo” e “nello Sri Lanka” con “delle persecuzioni agli ebrei” ritrovo una frase che ho sentito fin troppo spesso.
La mia modesta opinione è che le religioni sono sempre strumento utilizzato per i fini personali di chi pro tempore le guida.

Qualsiasi religione nella storia è sempre stato pretesto per efferatezze, e tra gli adepti di qualsiasi religione trovi sempre chi ti dice di documentarti meglio perchè tali efferatezze sono in realtà il tradimento della religione stessa.

nihil

per quello che ne ho letto io, e ne ho sentito io, libri-intervista, o interviste vere e proprie, il dalai lama mi sembra una persona ragionevole, aperta al nuovo, aperta all’uomo, e una persona che cerca la verità attraverso la conoscenza, e che spinge gli altri ad un medesimo precorso di ‘erudizione’. fatta eccezione per la questione dei gay, che nn è poco, e sono d’accordo. il fatto è che, abituati a sentir parlare ‘i nostri’, e non solo, una persona come il dalai lama suscita simpatia e interesse… a me sta molto simpatico.. ovviamente è sempre una questione di paragoni..
in ogni caso, per esempio, mi pare di ricordare che era favorevole al controllo delle nascite, in maniera molto pragmatica.. il suo buddhismo è molto pragmatico..
e comunque, nn ho mai capito che senso ha convertirsi.. passare da una religione ad un’altra.. è sempre una religione! ma se proprio uno non ne potesse fare a meno, sarebbe meglio sceglere quella buddhista che tutte le altre. come lisa simpson!!! geniale groening!!!

Gianni B.

Il buddismo non mi è simpatico perchè comunque si tratta sempre di un culto di qualcosa, davanti al quale inchinarsi (vedi gli altarini quali il Gohonzon), e noi atei (mi permetto il plurale majestatis :)) NON CI INCHINIAMO DAVANTI A NULLA; però nella sua essenza è un movimento che almeno predica concetti piuttosto nobili e condivisibili, e non incita allo sgozzamento dell’infedele o alla lapidazione delle adultere!
Per questo motivo il buddismo è una specie di “male minore” in grado di coesistere con uno Stato laico senza interferire con esso, che in fondo è ciò che tutti noi qui dentro chiediamo ad una religione.

Bruno

Caro Gianni B.
Tu dici: “Noi atei NON CI INCHINIAMO DAVANTI A NULLA”…
secondo te questo è segno di grandezza, …secondo me è segno di debolezza.
Questa è la dimostrazione di poca nobiltà d’animo, di poca considerazione delle cose, di mancanza di sensibilità. Inchinarsi è un gesto che denota la purezza di un’intenzione e l’amore in una persona.
Non è importante che tu ti inchini al Papa o al Dalai lama, ma il fatto intrinseco dell’inchinarsi significa amore e rispetto per le cose e per la vita.
Ti puoi inchinare benissimo davanti alla tua amata o a qualcuno che ami, ti puoi inchinare davanti alla bellezza di una rosa, ti puoi inchinare davanti a qualcuno che ti vuole bene….
Inchinarsi è un segno di ringraziamento, di rispetto; è la tua dimostrazione di riconoscenza di fronte alla meraviglia del tuo esistere in vita… è un segno che l’amore ha toccato il tuo cuore….
Con rammarico dico di non poter scorgere tutto questo nei commenti di questo gruppo, e con eguale rammarico constato che anzichè promuovere una visione unitaria, si cerca la divisione e la critica.

Bruno

Massimo

@ Bruno
“Adoro la libertà; detesto allo stesso modo il dominio e la schiavitù” (j.j. Rousseau).
Per questo non mi inchino davanti a nessuno, ne mi è compagno chi lo fa.

Alessandro S.

# Apoftegmatico scrive:
7 Dicembre 2007 alle 17:52

@ Alessandro S.
«Fuor da ogni spirito polemico, ma se nel tuo ultimo intervento sostituisco la parola “buddismo” con “cristianesimo” e “nello Sri Lanka” con “delle persecuzioni agli ebrei” ritrovo una frase che ho sentito fin troppo spesso.»

La differenza è che in tutto il canone buddhista, una roba che nell’edizione reale thailandese sono cento volumi che occupano due metri di libreria, non cè una, dico una riga che suoni come una vaga giustificazione non dico dell’uccisione, ma della procurata sofferenza a non dico un uomo, ma a ad un essere senziente. Tutto il contrario della bibbia che gronda sangue e “giusto” odio e vendetta in migliaia di pagine. http://alessandro.route-add.net/Testi/Dhammico/buddhismo_e_guerra.html
“La Bibbia insegna che cè un tempo per l’odio e un tempo per la guerra, ma per il Buddha quel tempo non c’è mai. […] Secondo l’insegnamento del Buddha, non esiste nessuna giusta ira, figurarsi una giusta guerra.”

«La mia modesta opinione è che le religioni sono sempre strumento utilizzato per i fini personali di chi pro tempore le guida.»

Come per tutto il pensiero umano. Nietzsche era contro i governi forti e l’autoritarismo. Eppure ne hanno fatto un precursore del nazismo. Il Buddha non aveva lasciato, in punto di morte, la guida della comunità monastica a nessuno: la persona che in precedenza aveva indicato come tale, Sariputta, morì prima di lui. Interrogato su chi gli sarebbe succeduto rispose qualcosa come: “Sia il mio insegnamento la vostra guida. Siate come un’isola per voi stessi, ferma e sicura tra i flutti. Procedete nella via senza attaccarvi a nulla di deciduo.” Qua e la certe tradizioni hanno lo stesso voluto il loro lama (in Tibet), o patriarca (in Cina e in Giappone) o altra figura “capo”. Ma non sono in alcun modo il “papa” del buddhismo.

«Qualsiasi religione nella storia è sempre stato pretesto per efferatezze, e tra gli adepti di qualsiasi religione trovi sempre chi ti dice di documentarti meglio perchè tali efferatezze sono in realtà il tradimento della religione stessa.»

Il che è assolutamente vero per il Buddhismo.

Apoftegmatico scrive:
7 Dicembre 2007 alle 14:46

Anch’io so usare un motore di ricerca per trovare un numero di Avogadro di titoli sul buddhismo. E io non mi rifaccio sulla Wikipedia, ma sul canone buddhista della scuola Theravada, ma vedo che nel tuo copincolla di Google non hai inserito nessun testo canonico di nessuna scuola. Ritenta, sarai meno sfigato.

Gianni B. scrive:
7 Dicembre 2007 alle 18:46

«Il buddismo non mi è simpatico perchè comunque si tratta sempre di un culto di qualcosa, davanti al quale inchinarsi (vedi gli altarini quali il Gohonzon)»

Il Buddha, in riferimento alla pratica della preghiera (ossia la recitazione dei mantra del cerimoniale brahmanico) è riferito disse quelli che la praticavano dei “mormoratori di mum mum”, dei vani ripetitori di giagulatorie, delle pentole di fagioli. Un epiteto tutt’altro che lusinghiero. Interessante anche il Kalama sutta, dove esortò il popolo dei Kalama, incerto sul chi dare retta di fronte a tanti asceti e maestri che ciascuno esponeva una dottrina dicendo solo quella vera e tutte le altre false, a non seguire una dottrina solo perché era stata impartita da un maestro anziano e venerato, o perché era creduta vera da molti, o perché faceva parte dell’antica tradizione del popolo. Piuttosto devevano seguire una dottrina che avevano sperimentato da se stessi buona e positiva, apportatrice di benessere e felicità.
Per quanto riguarda il Gohonzon, è una pratica della Soka Gakkai, una setta nata neanche trent’anni fa che ha stravolto le più basilari dottrine su cui concordano tutte le altre tradizioni di buddhismo, gente che si dice buddista (senza l’acca) ma è buddhista quanto io sono cinese. In proposito puoi leggere un breve articolo introduttivo scritto sul newsgroup it.cultura.religioni.buddhismo: http://groups.google.com/group/it.cultura.religioni.buddhismo/msg/c982ef32a6d1537b
Non è un caso, per me, che la forma di “buddismo” più religiosa e fanatica sia quella più diffusa e praticata in occidente.

charlymingus

tornando al discorso di prima, Buddha misericordioso la prossima volta ti potresti sceglire un incarnazzione meno imbecille

charlymingus

Comunque nella Soka Gakkai, non ci sono proibizioni di sorta anche per la differenza con h o non h non è significativa.i nomi del Budda-Buddha sono tanti
La meditazione è un fatto personale se uno vuole la fa.
L’ideologia del sacrificio e le sue pratiche masochiste non appartiene alla Soka Gakkai ( salvo i gusti sessuali e personali di chi li piace).
E il fatto di perseguire la felicità di questi tempi è un pregio.

charlymingus

Nella Soka Gakkai, non ci sono proibizioni di sorta anche per la differenza con h o non h non è significativa.i nomi del Budda-Buddha sono tanti
La meditazione è un fatto personale se uno vuole la fa.
L’ideologia del sacrificio e le sue pratiche masochiste non appartiene alla Soka Gakkai ( salvo i gusti sessuali e personali di chi li piace).
E il fatto di perseguire la felicità di questi tempi è un pregio.

Giona

Bruno continua i giochini dialettici assimilando cose opposte per dare contro a chi non e’ servo del suo papa:

Non è importante che tu ti inchini al Papa o al Dalai lama, ma il fatto intrinseco dell’inchinarsi significa amore e rispetto per le cose e per la vita.
Ti puoi inchinare benissimo davanti alla tua amata o a qualcuno che ami.

Se e’ ben logico portare rispetto per la persona amata, e’ ben diverso inchinarsi nel senso di essere sottomessi ad essa.

Bruno parla dell’inchino come rispetto mentre Gianni B. parla di inchino come sottomissione. Su questo trucchetto linguistico, estrapolando la parola dal contesto della frase (“il fatto intrinseco dell’inchinarsi”) Bruno fonda il suo messaggio di critica, confondendo ad arte le due cose.
Indubbiamente un atteggiamento cosi’ viscido verbalmente, che impugna come arma il rispetto per le persone amate per intende la necessita’ di rispetto per le gerarchie ecclesiastiche o in generale per portare una critica (“(non inchinarsi) secondo me è segno di debolezza”), non invoglia a confrontarsi sulle posizoni dei cattolici o di chi in generale si sottomette ad un gerarca assolutista.
Aspiri a promuovere una visione unitaria? Comincia a usare le parole nel contesto senza sguisciare come un pesce su significati che non sono stati dati per criticarli e porti sui gradini piu’ alti.

apoftegmatico

@ magar e @ Alessandro S.

Il gioco era ovviamente ironico, nel momento in cui mi si chiedono le fonti delle mie affermazioni davo per scontato che sarebbero state sminuite o considerate poco attendibili da Alessandro S. cosa che puntualmente è avvenuta, il quale non è riuscito a trattenersi dal darmi dello “sfigato”.

Caro Alessandro S.
Prima citi la wikipedia e poi scrivi “io non mi rifaccio alla wikipedia, ma ai testi canonici del buddismo” (evidentemente il sito della BBC rietra tra questi).

Tutte le religioni sono state complici di enormi efferatezze e tra tutti gli adepti, o simpatizzanti, di una religione trovi sempre chi tali efferatezze le nega o sostiene che sono la negazione dell’essenza della religione stessa, scadendo spesso nell’insulto (“sfigato” lo reputo tale).

Il Buddismo in questo senso non fa eccezione (e neanche tu) .

AlessandroS.

apoftegmatico scrive:
8 Dicembre 2007 alle 12:16

«Il gioco era ovviamente ironico»
Si, certo: la solito ironia postuma.

«chiedono le fonti delle mie affermazioni davo per scontato che sarebbero state sminuite o considerate poco attendibili da Alessandro S. cosa che puntualmente è avvenuta, il quale non è riuscito a trattenersi dal darmi dello “sfigato”.»
Penoso tentativo di rivoltare la frittata. Prima m’accusi di usare fonti inattendibili (Internet e la Wikipedia), poi tutto che sai fare per dimostrarmi in errore è il citare biografie di testi presi si Internet dei quali non hai saputo dimostrare d’aver letto una riga.

«Prima citi la wikipedia e poi scrivi “io non mi rifaccio alla wikipedia, ma ai testi canonici del buddismo” (evidentemente il sito della BBC rietra tra questi)»
Il canone Pali del buddhismo Theravada ce l’ho in stampa, non su supporto elettronico. Citarlo da quella fonte mi prenderebbe troppo tempo. Ma certamente, quando leggo su Internet fonti che concordano con quelle che ho letto e lo stesso a volte citato (almeno a memoria), le ritengo affidabili e le propongo. Tu ancora non hai saputo dimostrare d’aver letto niente, non hai altre informazioni oltre a quello che ti spara fuori Google.

«Tutte le religioni sono state complici di enormi efferatezze e tra tutti gli adepti, o simpatizzanti, di una religione trovi sempre chi tali efferatezze le nega o sostiene che sono la negazione dell’essenza della religione stessa»

Che gli episodi di violenza siano completamente, esplicitamente e *sempre*, senza eccezione alcuna, condannati nei canoni buddhisti è un fatto. Un fatto facilmente verificabile. Ti sfido a riportare una citazione del contrario da qualsiasi documento canonico buddhista.

Apoftegmatico

OK giusto per smorzare un attimino i toni.

Tra le fonti da me indicate ci sono anche un paio di testi italiani di studio delle religioni facilmente acquistabili, in qualsiasi libreria.

Forse non ti sei reso conto che nel mio primo intervento non ho fatto alcun riferimento al Buddhismo, o buddismo, nè come religione, nè come “fiosofia orientale”, ma il mio intervento era solo ed esclusivamente riferito al regime tibetano per com’era e per come potrebbe essere, prescindendo da quanto ciò fosse o meno coerente con le “scritture”.

Il Buddhismo, o buddismo è, senza offesa per nessuno e come tutto ciò che fa riferimento a qualcosa di trascendente, privo di fondamento.
Non riesco a provare simpatia per una religione (filosofia orientale? corrente di pensiero?) che tra i suoi cardini prevede la REINCARNAZIONE, negazione stessa della logica, della scienza e dell’esperienza sensibile.
Non riesco a provare simpatia per qualcuno che si trova in una posizione di potere solo perchè qualcun’altro si è convinto che lui da bambino era la REINCARNAZIONE di qualcun’altro.

Le fonti da te citate (i canoni del buddhismo) come attendibili per me sono carta straccia in quanto “testi religiosi”.

Quando chiedi ad un ateo di esprimere un opinione in merito a qualcosa costruita sul principio che ci si possa REINCARNARE, cosa credi che ti possa rispondere?

Che il Buddhismo, il buddismo, l’islam, il cristianesimo e tutte le altre religioni sono falsità, e questo a prescindere da fatto che predichino pace, guerra, amore, amicizia, castità o promiscuità.

strangerinworld

per un po’ ho pensato ‘bene’ del buddismo

poi ho letto Ikeda

po il Dalai Lama al quale manca tanto il santo subito

anche quella è una religione, purtroppo

m’ero illuso che volesse il bene dell’essere umano su questa terra

e invece anche loro mi vogliono far pagare i peccati originali commessi da altri che non ho mai conosciuto

è il kharma

il kharma un par di balle

MEGLIO IL NULLA E SUBITO

strangerinworld

la soga gakkai è solo una setta

la conosco bene perché mia sorella ne fa parte

Ikeda è uno degli uomini più potenti d’asia e sostiene i fascisti giapponesi

ha ricevuto molti riconoscimenti ufficiali

è ricco

tanto basta

tutto ciò sfruttando chi crede alla felicità trascendentale su questa terra

darik

Dalai Lama: Mi manca Wojtyla………
……..spero tanto ke presto mi manki pure questo!

dalaik lamaik

Alessandro S.

Apoftegmatico scrive:
8 Dicembre 2007 alle 15:29

«Non riesco a provare simpatia per una religione (filosofia orientale? corrente di pensiero?) che tra i suoi cardini prevede la REINCARNAZIONE, negazione stessa della logica, della scienza e dell’esperienza sensibile.»

Il Buddha negò a chiare lettere l’esistenza dell’anima. Ciò è descritto nella dottrina dell’anātta, termine nella lingua pāli, o anatman in sanscrito. Se ne tratta in numerosi insegnamenti nel Samuytta Nikāya, che non posso però trascrivere per questioni di tempo. Spero che la Wikipedia non ti deluda: http://it.wikipedia.org/wiki/Anatman

«La dottrina dell’anātman è propria del Buddhismo, e afferma l’inesistenza dell’Ātman, cioè di un io individuale permanente.
[…]
«Con la dottrina dell’anātman il Buddhismo si contrappone nettamente all’induismo.
«Anatta (in pāli) è una parola composta dal prefisso negativo an, che significa “non”, e il termine atta, “anima”, dunque non ci rimane difficile a riferirci ad anattā con “non-anima” o “senza anima”. »

Non essendoci anima, non ci può essere reincarnazione. Il Buddha infatti non parlava di reincarnazione, ma di rinascita. La rinascita è sia un fenomeno in azione nel corso della vita dell’individuo (come spiegato su http://alessandro.route-add.net/Testi/Dhammico/un_diverso_genere_di_nascita.html) che il fenomeno dell'”eredità”, dell’influenza delle proprie decisioni, parole e azioni presenti nelle vire degli esseri futuri. La reincarnazione è un concetto induista e delle religioni sciamaniche tibetane (la Bön soprattutto) che sono confluite nella versione tibetana del buddhismo, il Mahāyana Vajrayāna.

«Le fonti da te citate (i canoni del buddhismo) come attendibili per me sono carta straccia in quanto “testi religiosi”.»

Quando parli di buddhismo, come di qualsiasi altro fenomeno umano storico, non puoi pretendere di prescindere dal canone e dai suoi documenti. Sei certamente libero di ignorarli, ma qui non lo stai facendo. Li stai condannando senza conoscerne nulla. Questo atteggiamento non è scientifico e non è giustificabile dicendosi ateo.

Alessandro S.

strangerinworld scrive:
8 Dicembre 2007 alle 16:19
«e invece anche loro mi vogliono far pagare i peccati originali commessi da altri che non ho mai conosciuto

«è il kharma»

Traduco il venerabile Nyanatiloka dal suo dizionario inglese-pâli:

karma (sanscrito), pāli: kamma: ‘azione’,
correttamente inteso denota le volizioni
profittevoli o dannose (kusala- e akusala-cetanā)
e i loro fattori mentali concomitanti, che causano
la rinascita e modellano il destino degli esseri.
Queste volizioni karmiche (kamma cetanā) si
manifestano come azioni profittevoli o dannose
tramite il corpo (kāya-kamma), la parola
(vacī-kamma) e la mente (mano-kamma).
E così il termine buddhista ‘karma’ in nessun
senso significa il risultato delle azioni e
certamente non indica il destino di un uomo, o
magari persino quello di intere nazioni (il
cosiddetto karma all’ingrosso o di massa),
fraintendimenti che, per via di influenze
teosofiche, si sono diffusi ampiamente in
occidente.

E quindi, il karma non è né il fato, il destino, né una punizione divina né ha a che fare con qualsivoglia “peccato originale”. È la pura e semplice conseguenza delle proprie azioni, della propria volizione. È la legge della causa e delle conseguenze.

Flavio

@ Alessandro S

Facile dire che i buddisti che fanno la guerra non sono veri buddisti, lo si può dire di tutte le religioni! Allora i musulmani fondamentalisti non sono bravi musulmani ecc.
Il mio esempio dimostra almeno che gli insegnamenti del buddismo, come di qualsiasi religione, non bastano per rendere pacifiche la persone.

Apoftegmatico

@ Alessandro S.

Ho sempre pensato ce il Dalai Lama fosse considerato la REINCARNAZIONE del buddha, e il fatto che lui stesso, in questi giorni ha detto che “potrebbe reincarnarsi in una donna” aveva rafforzato questa mia opinione.
Purtuttavia, quanto mi hai scritto, mi ha fato nascere il dubbio che tale idea nascesse da una visione superficiale del buddhismo.

Ho ascoltato il tuo consiglio ed ho provato a leggere i documenti da te indicati.
Poi sono arrivato alla frase:

“Perciò l’uomo moderno va più soggetto alle infermità nervose e
psicologiche; è una condizione disgraziata. Quanta più conoscenza scientifica
ha, tanto maggiore è la sua vulnerabilità alla malattia mentale!”

Dopo aver letto una frase come questa che potrebbe benissimo stare nell’ultima enciclica di Ratzinger non sono riuscito ad andare oltre.

Se vuoi la mia modesta opinione, così come accade per i cristiani, ognuno vede nel buddhismo ciò che vuole, per cui il TUO buddhismo è diverso da quello degli altri, nè più nè meno di come accade per i cristiani. Oggi trovi un cristiano che ti dice che Dio è pace e amore e quando nella bibbia si parla di guerra è solo in senso metaforico, domani ne trovi un altro che ti giustifica la guerra santa. Lo stesso accade con l’islam e con tutte le altre religioni.
E tutti i tuoi distinguo, le tue precisazioni, il tuo rifarti alle “scritture”, il tuo voler spiegare il “vero senso” del buddhismo, bollando altre interpretazioni quasi come “eretiche” mi ricordano troppo certi cattolici. Senza rancore…

Ti lascio l’onore dell’ultima replica, hai mostrato passione ed erudizione, e probabilmente sono stato un po’ superficiale in alcuni passaggi, quindi è giusto che spetti a te.

Alessandro S.

Flavio scrive:
8 Dicembre 2007 alle 23:04

«Facile dire che i buddisti che fanno la guerra non sono veri buddisti, lo si può dire di tutte le religioni!»

La differenza con tutte le altre religioni è che nel canone buddhista, di mole immensa, non c’è una virgola che suoni non dico ad incoraggiamento, ma neanche a giustificazione della violenza. E nemmeno solo contro gli uomini: la violenza cosciente è sempre e completamente condannata contro tutti gli esseri senzienti. Le masse, si sa, fanno sempre quello che gli pare. Ma la dottrina, se ve n’è una al mondo totalmente e integralmente priva di violenza alcuna, questa è quella buddhista. Tanto per fare un esempio, uno dei due discepoli del Buddha, Mahā Moggallāna, morì ottantaquattrenne assassinato da dei sicari. Al sesto tentativo, dopo una settimana di tentate aggressioni. Né Mahā Moggallāna, né il Buddha né altri monaci fecero alcunché per fermare gli assalitori (speravano desistessero da una tale azione infame) né per farli arrestare e condannare dopo l’assasinio. Una delle massime del Buddha è che il mondo va accettato per quello che è, che non si deve tentare di cambiarlo. Si cambi se stessi, piuttosto.
Nessuna dottrina cambia le persone: le persone cambiano se loro stesse sono più che decise a cambiare. Si tramanda che infatti il Buddha, appena conseguita la massima saggezza, il risveglio alla reale natura del mondo, il nibbāna, non riteneva possibile insegnare tale cosa a chicchessia. Secondo la tradizione ci volle la supplica di una divinitā, Brahma Sahampati, a convincerlo che almeno qualcuno al mondo, tra le sterminate folle, avrebbe giovato del suo insegnamento.

Aggiungo in ultimo: a me tanto affascina molto della dottrina del buddhismo theravāda quanto mi lasciano deluso e di stucco per l’incongruitā i laici e persino la stragrande maggioranza dei monaci buddhisti. Ignorano bellamente molte delle istruzioni per una vita corretta, come l’astenersi dal commerciare carne e veleni, dalla magia e la divinazione, e fanno i salti mortali per giustificarli e continuare a dedicarcisi. È colpa del Buddha questo? Non direi, lui sapeva bene sarebbe finita così.

Apoftegmatico scrive:
8 Dicembre 2007 alle 23:22

«Ho sempre pensato ce il Dalai Lama fosse considerato la REINCARNAZIONE del buddha»

No, questo non è possibile. Persino per la dottrina tibetana il Buddha Sakyamuni, quello storico di due e mezzo millenni fa, è un essere totalmente estinto che ha reciso tutti i legami col mondo, che cioè non può più manifestarsi al mondo in messuna maniera. Secondo gli insegnamenti canonici delle scuole più antiche, delle quali sopravvive oggi solo quella Theravāda (Sri Lanka, Birmania, Thailandia, Laos e Cambogia), questo è il destino di tutti gli illuminati (la traduzione letterale del termine originale sarebbe “svegliati”, ma ormai illuminati è di uso universale). Certe scuole posteriori, accettando influssi di altre correnti speculative o di altre religioni (soprattutto l’induismo shaivita), oppure di credenze animiste, com’è stato il caso dei tibetani, hanno in un certo senso recuperato la reincarnazione. Non c’è anima, bene. Ma quelle cose che costituiscono l’autocoscienza, che si dissolvono dopo la morte, secondo loro sono riaggregabili da un preciso sforzo della volontà (accompagante dall’esecuzione dei relativi rituali) da parte di certi esseri talmente sviluppati e “santi” dal costituire delle vere e proprie eccezioni a questa regola, che anche nel campo dell’autocoscienza nulla esiste per sempre, che tutto si trasforma incessantemente. Io per primo metto le mani avanti: non ci credo. Neanche dico sia falso, ma non vedo quale vantaggio venga dal crederci. Il Buddha più volte disse esplicitamente che la sua dottrina non andava accettata per fede, ma solo perché aveva superato indenne la prova della propria esperienza. Però so che tale credenza è stata storicamente selvaggemente sfruttata contro il popolino credulone, quindi solo per questo ne faccio volentieri a meno.

«Ho ascoltato il tuo consiglio ed ho provato a leggere i documenti da te indicati.»
Piuttosto logorroici, lo so. Ma è tutto quello che ho prontamente postabile.

“Perciò l’uomo moderno va più soggetto alle infermità nervose e
psicologiche; è una condizione disgraziata. Quanta più conoscenza scientifica
ha, tanto maggiore è la sua vulnerabilità alla malattia mentale!”

Dopo aver letto una frase come questa che potrebbe benissimo stare nell’ultima enciclica di Ratzinger non sono riuscito ad andare oltre.

Non ti biasimo. Però pare statisticamente accertato che nelle nazioni più tecnologicamente avanzate sia massimo il consumo di farmaci psicotropi e di sessioni di psicoterapia. Perché in quelle nazioni è massima l’incidenza della depressione e della schizofrenia, e il tasso di suicidi è ben maggiore delle società rurali meno complesse e strutturate. Avevo letto in un articolo di Massimo Fini l’accenno al fatto che negli Stati Uniti il 55% della popolazione fa o ha fatto uso per un tempo prolungato di antidepressivi o altri farmaci per i disturbi mentali.

«il TUO buddhismo è diverso da quello degli altri»
Si, ho notato come sia molto diverso da quello di tutti gli orientali che ho consciuto. Infatti non sono solito dirmi buddhista, sia perché mantengo un sano scetticismo per le etichette sociali, sia perché mi accorgo spesso come il mio buddhismo sia una cosa veramente personale e unica. Ma questo è perfettamente in linea con gl’insegnamenti canonici: il Buddha non vlle mai imporre uno stile di vita ai laici presso i quali viveva. Non voleva essere un legislatore delle genti, un riformatore sociale. Insomma, non fu un profeta. Lui viveva da asceta mendicante tra la gente, ma quella gente lasciava vivere secondo i loro costumi. Era solo con i monci, ovvero con chi aveva voluto diventare un suo discepolo in senso formale, che si dimostrava intransigente in fatto di regola e stile di vita sacrificato. Infatti il buddhismo ha vissuto tranquillamente tra popoli sia monogami che poligami, tanto per dirne una. Nel canone ci sono si indicazioni per una vita “buona” rivolte ai laici, fornite come risposte a precise domande che questi gli avevano poste. Ma nessuna regola né legge da imporre ai laici, anzi: compaiono diverse proibizioni ai monaci di ergersi in una situazione di potere sui laici. Oltre che alla totale proibizione, per questi ultimi, di solo toccare una moneta. Oggi, ovunque vada, la realtà è ben diversa. Di nuovo: è colpa del Buddha?

«Oggi trovi un cristiano che ti dice che Dio è pace e amore e quando nella bibbia si parla di guerra è solo in senso metaforico, domani ne trovi un altro che ti giustifica la guerra santa.»

Certamente re, governi e popoli buddhisti si sono più volte fatti la guerra, ovunque nel mondo e in tutte le epoche. Persino due re contemporanei del Buddha, uno dei quali era un suo fervente discepolo e l’altro no ma che non mancò di fargli visita e di ascoltarne gl’insegnamenti, si fecero più volte la guerra: erano il re Pasenadi del Kosala e Ajatasatthu re del Kosala. Quest’ultimo aveva anzi fatto morire il padre, il re Bimbisara, per occuparne il trono. Il re Bimbisara era il sovrano massimamente devoto e amico del Buddha. Il re Ajatasatthu si tramanda avesse anche aiutato il perfido monaco Devadatta, cugino del Buddha, ad usurparne il posto come guida e capo della comunità monastica, anche tramite tentativi di assassinio. Cosa disse il Buddha contro Ajatasatthu? Che era talmente preda dell’avidità e talmente accecato dall’ambizione dal non aver potuto giovare nemmeno dell’insegnamento che il Buddha stesso gli aveva impartito di persona. Tutto qui. Nessuna maledizione, nessun anatema, nessuno scatto d’ira né imprecazioni. Perché queste cose, secondo il Buddha, sono espressioni del male, e il monaco attento, consapevole e accorto evita sempre il male, a qualunque costo.
Quanti buddhisti ci sono così al mondo? Certamente nessun popolo, certamente nessuna massa. Forse qualche individuo, singolarmente, da solo, riesce a vivere così.
Ciao,

Alessandro S.

erano il re Pasenadi del Kosala e Ajatasatthu re del Kosala.

Pardon: erano il re Pasenadi del Kosala e Ajatasatthu re del Magada.

strangerinworld

caro alessandro s.
già la parola venerabile mi inquieta
tipo loggia massonica
io non venero nessuno

conseguenza delle mie azioni?

sì lo ammetto, sono un agnostico quasi ateo e sono cattivo

è il fatto che mi confondo con tutti questi buddismi e questi venerabili maestri

se vuoi ti metto in contatto coi genitori di un compagno di scuola di mio nipote morto a 9 anni di leucemia e gli spieghi quanto sono stati cattivi e le malvagie azioni del loro figlio

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