Il lavoro in rosa continua ad arrancare. In Europa ma soprattutto in Italia. E non va meglio con la rappresentanza politica, che nel nostro Paese è tra le più basse d’Europa. I dati di un’indagine di Legambiente sulla condizione femminile (all’interno del rapporto 2007 di «Ecosistema urbano Europa») offrono un quadro che per l’Italia non è certo confortante.
Le tre città italiane con il più alto tasso di attività femminile (la percentuale di quante lavorano o si dichiarano disposte a lavorare) vale a dire Milano e Firenze (69%) e Bologna (63%), sono comunque al di sotto della media degli altri centri europei. Le cifre più alte riguardano città come Helsinki (in testa) e Copenhagen (seconda) che per la realtà italiana sono irraggiungibili, almeno ora. Però le città italiane con più opportunità di lavoro per le donne sono comunque alle spalle di Barcellona, Berlino, Londra . E come si può immaginare la situazione peggiora per le città del Centro Sud, che sono al 50% rispetto al dato di Helsinki. La bassa partecipazione da parte delle donne al mondo del lavoro fa sì che almeno il tasso di disoccupazione femminile «ufficiale» (ovvero quelle donne in cerca di occupazione) sia più in linea con la media europea, ma soltanto al Centro-Nord. Il tasso di disoccupazione, pur mantenendosi mediamente più alto di circa due punti percentuali rispetto a quello maschile (al 7,9% e quella femminile al 9,9%.), in diversi Paesi europei è in linea con quello maschile o addirittura più basso. Male invece nelle città del sud: a Catania, Palermo e Napoli più di una donna su tre risulta disoccupata. Insomma, l’Italia concentra molte delle contraddizioni che comunque, con proporzioni diverse, sono comuni ad altre realtà. Le cifre dell’indagine mostrano infatti che all’interno della Ue soltanto in alcuni Paesi scandinavi la forbice tra tasso di attività femminile e maschile si è chiusa: in tutti gli altri il primo è sempre inferiore al secondo.
La partecipazione e la rappresentanza politica delle donne in Europa riflette in modo quasi perfetto la loro integrazione nel mondo del lavoro. Ovvero: se c’è una presenza ridotta delle donne nel mondo del lavoro, anche nella politica si ha una scarsa rappresentanza. […] Qui la parità di genere infatti è ancora un traguardo lontano in diverse situazioni e non soltanto in Italia. Il numero delle donne elette supera quello degli uomini soltanto a Stoccolma e va oltre il 40% in altre 5 città, tutte al nord ad eccezione di Monaco.
Nelle città dell’Europa continentale le donne elette sono tra il 30% ed il 40%, mentre gli ultimi posti in classifica sono tutti occupati da città del Sud e dell’Est europeo dove la rappresentanza femminile si ferma a poco più del 10-15%. In italia il fenomeno recente di figure femminili alla guida di importanti realtà locali come governi regionali (Mercedes Bresso in Piemonte) e cittadini (Rosa Russo Iervolino a Napoli, Letizia Moratti a Milano e Marta Vincenzi a Torino) rappresentano una svolta ma in parte, fin qui, soltanto simbolica. In Italia infatti, per quanto riguarda i consigli comunali, soltanto Torino supera il 20%. Per il resto anche nelle città più importanti, la situazione è scoraggiante: a Roma e Milano ci sono soltanto 7 donne su 60 consiglieri, mentre a Napoli, addirittura, non c’è nemmeno una donna, sindaco a parte.
Occupazione femminile: Italia in coda nell’UE
5 commenti
Commenti chiusi.
In Italia, l’analisi del numero delle donne che lavorano e proporzionale al pregiudizio
Come ci dimostra la Binetti, in Italia c’è una situazione omofoba, in primo luogo sostenuta da chi aderisce alla religione cattolica: in proposito è persino superfluo ricordare il modello di potere esclusivamente maschile della Chiesa cattolica.
Ma non è superfluo invece ricordare la condizione apparentemente contraddittoria per la quale il maggior numero di coloro che vanno ad inginocchiarsi di fronte alle divinità maschili inventate dagli uomini sono, appunto, donne e in maggioranza donne erano coloro che quando la DC era ancora in vita, la votavano.
Mentre attualmente, nell’era dei sondaggi, fra le omissioni sistematiche delle fonti d’informazione c’è propio l’orientamento elettorale delle donne.
Io credo che per chiarirsi la dimensione dei proglemi occorre farsi le domande giuste e non solo girarci in torno, con i pregiudizi omofobi e raziali alimentati dai luoghi comuni, sempre funzionali a qualcosa di losco.
Per inciso, io credo che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini, non perché migliori degli uomini, ma perché a tutti gli esseri umani deve essere riconosciuta pari dignità e pari diritti (anche quando questi non vanno nella direzione da me o da altri sperata).
Ma per piacere, non si pretenda anche di darmela a bere.
Cordiali saluti a tutt* Massimo.
@Massimo
Non riesco a capire dove vuoi arrivare. Se è per questo anche la maggioranza dei gay che conosco sono cattolici, magari vanno solo a messa a natale, per la maggior parte della gente che non si interessa alla vita politica, la chiesa non viene vista come minaccia imminente, anche per me nella vita quotidiana, la chiesa (fortunatamente) è come se non esistesse. Certo dal momento che ti interessi ai diritti delle donne e dei gay la chiesa diventa un problema. Non so perché le donne stiano in maggioranza dalla parte della conservazione (forse per educazione?) ma è innegabile che i movimenti femministi hanno avuto un ruolo fondamentale per la modernizzazione della società, compresi i diritti dei gay. E per questo le ringrazio.
@lik
Mi chiedi: “non riesco a capire dove vuoi arrivare”.
Ti rispondo: voglio arrivare a dire ingenuamente e semplicemente ciò che appartiene alle mie esperienze e quel che in proposito penso, costi quel che costi, senza conformarlo a “motivi di opportunità politica” (men che meno culturale).
Credo grandemente all’intelligenza femminile (non meno che a quella maschile): perciò ritenerle solo vittime di una cultura maschile e maschilista non penso gli faccia onore, ne che corrisponda al vero.
Dunque, la risposta va cercata anche sul piano delle “convenienze” che questa cultura può o non può comportare per chi (e non solo di donne si tratta) “sceglie di avere un padrone”.
Posto che i “buoni hanno un difetto: sono falsi” (si come i forti sono violenti), io credo che la cultura cattolica sia l’incontro (nel sommerso) di queste due condizioni.
Posso sbagliarmi, ma se così è, si può credere davvero che far emergere questa alleanza perversa non sia di nessun conto?
Il mio apprezzamento e la mia partecipazione alle rivendicazioni dei movimenti femminili, come la tua, c’è tutta.
Ma appunto per questo (gramscianamente) ritengo che la verità sia necessaria e le rimprovero di prendere male la mira quando scaricano tutto e solo su una lotta fra oppressi ed oppressori, dove gli schieramenti siano subito chiari e già dati, attraverso la più semplice divisione di genere.
Perché non è così!
In proposito lungi da me il credere di possedere verità e soluzioni, ma altro non posso che esprimere senza reticenze le osservazioni di incongruenza che mi è dato osservare e i dubbi che da esse mi derivano.
Grazie lik per la sincerità della tua domanda, alla quale non poteva essere meno sincera la mia risposta.
Massimo quando vivi in un contesto dove certi lavori non te li danno perchè sei donna, dove oltre un certo livello non ti fanno fare carriera perchè sei donna, di chi è la colpa?
Io avevo fatto richiesto come apprendista meccanico (adoro le moto), la risposta? “No, no, non è un lavoro per donne!”