Ricordiamo a tutti la prossima replica del “Dramma intorno ai concubini di Prato”, in programma il prossimo sabato, 22 dicembre 2007, alle ore 21. La vicenda, benché quasi dimenticata, costituisce giuridicamente una delle principali motivazioni per ‘sbattezzarsi’: la corte d’appello di Firenze stabilì infatti che un vescovo può legittimamente denigrare pubblicamente chi risulta ancora una sua pecorella. Il Teatro La Baracca è un piccolo teatro indipendente che, pur tra le solite difficoltà e i vari tentativi di mettergli il bavaglio, cerca di svolgere un ruolo significativo e di vero dibattito. Ci sembra giusto supportare questo sforzo.
Il Teatro La Baracca comunica che il DRAMMA INTORNO AI CONCUBINI DI PRATO (scritto e interpretato da Maila Ermini e con Gianfelice D’Accolti), sarà replicato sabato 22 dicembre 2007 alle ore 21 presso lo spazio teatrale La Baracca di Via Virginia Frosini 8 a Casale di Prato (telefono 0574-812363).
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Recensione su IL TIRRENO, martedì 20 novembre 2007
I “CONCUBINI” FANNO DISCUTERE
Lo scontro fra Chiesa e Pci dietro il dramma della Ermini
Di Miriam Monteleone
Prato. Novanta minuti di puro teatro per raccontare la vicenda de “I Concubini di Prato” attraverso una tragedia, ma senza scadere nel patetico o nel fazioso.
Il Teatro La Baracca ancora una volta tiene testa alla storia e porta sul palcoscenico un frammento scomodo del passato pratese, traducendolo in un dramma profondo, dove trovano largo spazio la psicologia dei personaggi, il credo della fede cristiana e l’ideologia dell’allora partito comunista. La messinscena è affidata interamente all’interpretazione di Maila Ermini, anche autrice del testo, e di Gianfelice D’Accolti. Una grande prova di abilità quella dei due attori, che oltre agli sposi Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, interpretano altri nove personaggi e le voci del coro. A fare da traccia alla lettura-spettacolo – in scena ci sono solo due leggii – sono i fatti storici cronologicamente riportati, attraverso l’intervento di una voce narrante. E’ l’estate del 1956 quando Mauro e Loriana decidono di sposarsi con il solo rito civile (lui milita nel Partito Comunista, lei è cattolica). Il vescovo Pietro Fiordelli li accusa come pubblici concubini, attraverso una lettera ai fedeli durante la messa domenicale, successivamente pubblicata sul bollettino della parrocchia. I coniugi e i familiari denunciano il monsignore per diffamazione. Il vescovo in prima istanza viene condannato, poi assolti in appello. Il tessuto storico si nutre di artifici drammaturgica, di dialoghi immaginari tra i personaggi e di un intenso vis à vis tra Stato e Chiesa che filtra dalle confessioni dei personaggi. La pièce rivela particolari taciuti sulla vicenda a proposito di un presunto dialogo tra il vescovo e la giovane sposa. Il vescovo Fiordelli affermò di averla incontrata e aver cercato di dissuaderla, ma secondo la ricostruzione di Maila Ermini (sulla scena è Loriana a confessarlo al suo avvocato) l’incontro non avvenne. Altri retroscena riguardano la successiva malattia che colpì Mauro e la futura separazione dei coniugi. L’ultima parte del dramma, frutto dell’immaginazione poetica dell’autrice, affida a Mauro Bellandi, ormai vecchio, da anni esule in Slovacchia, l’epilogo della vicenda. Le vecchie ideologie sono tramontate, ma la storia sembra destinata a ripetersi. Al termini delle quattro repliche gli spunti di riflessione sollevati dallo spettacolo hanno dato vita a un dibattito con il pubblico. Dato l’interesse riscosso dalla rappresentazione il “Dramma intorno ai concubini di Prato” eccezionalmente sarà in replica il 22 dicembre alle 21 al teatro la Baracca.
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Recensione di TOSCANA OGGI (settimanale cattolico), 18 novembre 2007
CONCUBINI A TEATRO, UNA VICENDA CHE FA DISCUTERE
di Giacomo Cocchi
“Mi sento solo, ho paura, ma porterò questa croce che tu mi hai affidato Signore”. Come Gesù nell’orto degli ulivi, nel silenzio della sua “cappellina”, mons. Fiordelli, soffre per la condanna per diffamazione inflittagli in primo grado nella causa contro i coniugi Bellandi. La famosa vicenda che scosse l’opinione pubblica italiana negli anni 50 e mise in seria crisi i rapporti tra Stato e Chiesa, è oggi un’opera teatrale, messa in scena alla Baracca di Casale dall’autrice Maila Ermini.
Il caso dei “concubini di Prato” è noto, soprattutto per la sentenza del tribunale di Firenze che ritenne un Vescovo- primo caso nella storia italiana – colpevole e condannato a pagare un’ammenda di 40.000 lire. Sul piccolo palco del teatrino in legno, l’Ermini insieme all’attore Gianfelice D’Accolti ricostruisce la storia attraverso una lettura scenica. Sul palco solo due leggii: è lo scontro tra Stato e Chiesa, tra libertà e tradizione a essere al centro della scena. A turno i due attori interpretano i protagonisti sotto lo sguardo attento di appena venti spettatori accorsi alla prima dello spettacolo. Di mons. Fiordelli esce un ritratto indeciso, in bilico tra il forte e sicuro ordinario diocesano che scaglia il suo anatema nei confronti dei due giovani e il dramma di un uomo lasciato solo da Dio e dagli uomini. Mauro Bellandi invece, interpretato con piglio da D’Accolti, è un giovane comunista indignato e offeso dalle parole del Vescovo che minano la sua libertà di poter contrarre nozze civili. L’Ermini dà voce alla Nunziati, donna innamorata e pronta ad accettare la richiesta del fidanzato (e probabilmente del partito) di sposarsi in comune. I commenti sono lasciati, come nella tragedia antica, alle parole del coro (ancora Ermini e D’Accolti) che cercano di interpretare gli umori della città e dell’Italia tutta, affermando come sia difficile e quanta sofferenza dia la lotta per la propria libertà, e lo fanno gridando al pubblico e anche al muro, come a dire che l’allarme lanciato in quegli anni è rimasto inascoltato; tanto che l’autrice nelle note di presentazione dello spettacolo definisce la vicenda “una storia che crediamo attuale”. Un lungo salto temporale ci porta, nella parte finale della rappresentazione, in Slovacchia nell’anno 2000. Qui troviamo il Bellandi, vecchio e malato che vive come in esilio, ostracizzato da un’Italia che non lo ha voluto capire e curare –si accenna al fatto che fosse andato oltre cortina per avere un’adeguata assistenza – ma la rottura con le scene pratese degli anni 50 è decisamente netta, creando così un attimo di smarrimento nello spettatore. L’uomo, a oltre quarant’anni di distanza, racconta di nuovo la propria storia a una turista italiana incontrata per caso; ci viene presentato un comunista romantico, “uno che ci credeva veramente” afferma di sé il Bellandi, sconfitto dalla storia e da un potere invincibile (quello clericale). Le sue parole di monito fanno calare il sipario.
Ma la storia non è lineare come appare nel racconto teatrale. Le vicende che ruotano intorno al coso dei “concubini” sono intricate e presentano risvolti ancora oscuri. La natura dei guai economici e fisici del Bellandi, rispetto a quanto descritto nelle note di presentazione dello spettacolo è appena accennata; di assoluta marginalità, nella ricostruzione dell’autrice, il ruolo del Partito comunista, che invece enne grande rilievo nella vicenda, tanto da indurre il Bellandi a sporgere querela nei confronti del Vescovo. Il complotto perpetrato ai danni del “concubino”, che secondo la scheda della rappresentazione doveva essere messo in primo piano, svanisce nello svolgimento di uno spettacolo che riporta alla mente una vicenda che a distanza di cinquant’anni fa ancora discutere.
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Risposta di Maila Ermini a Giacomo Cocchi di Toscana Oggi
“Scrivo per ringraziarLa della recensione su Toscana Oggi in merito alla rappresentazione di Dramma intorno ai concubini di Prato …
Relativamente al Suo articolo, mi preme puntualizzare quanto segue:
– la natura dei guai fisici del Bellandi non è ‘accennata’; viene evidenziata anche dalla recitazione del D’Accolti, se Lei ricorda bene;
– il Partito Comunista non è ‘marginale’ nel Dramma: esso è rappresentato dai ‘compagni’ Mario e Giovanni (personaggi d’invenzione) nella scena del dialogo con Mauro dopo la malattia, che si svolge addirittura nella camera da letto del Bellandi, a significarne la familiarità; a dimostrare il ruolo determinante del Partito Comunista nella vicenda c’è poi la scena, fondamentale per la struttura ed il significato del dramma, in cui l’avvocato Bocci, notoriamente ‘di parte’ e che fu effettivamente difensore del Bellandi, dialoga con la Nunziati durante il processo. Nel testo la parola ‘partito’ viene ripetuta 14 volte;
– nessun ‘complotto’ è stato preannunciato ai danni del Bellandi nelle schede di presentazione della recita; ma sì che ebbe difficoltà dopo la denuncia.
Certo è che la vicenda reale non è lineare, come può apparire nel racconto teatrale; tuttavia, a spezzare questa linearità sta infatti la scena finale, con il salto temporale che anche Lei, nel Suo articolo, evidenzia…”.
Proprio cosi’.
Gli effetti civili del battesimo sono la principale causa che mi ha spinto a “sbattezzarmi”.
Assieme alla questione di coerenza, cioe’ dichiarare la non appartenenza ad una agenzia della quale non condivido ormai piu’ nulla e che invece ha registri in cui mi considera ancora dei loro.
Roberto Grendene
Nella chiesa vicino al Teatro la Baracca di Prato, a pochi passi dal teatro, nello stesso giorno e alla stessa ora, ospitano un concerto lirico. Gratuito. Una casualità?
Marco L.
Sì, Marco, effettivamente è come dici tu. Il nostro piccolo teatro non è amato da certi rappresentanti del potere. Capitano, a volte, le ‘strane coincidenze’ anche con il potere ‘laico’ (?) .