Diritto Comunitario

Si può imporre?
In margine al dibattito su matrimonio e “unioni”Nel dibattito che si registra a livello comunitario in tema di diritti individuali e diritto di famiglia, si è imposto negli ultimi tempi il tema delle unioni tra persone anche dello stesso sesso. Mentre alcuni Stati hanno già deliberato in materia e in altri si sta discutendo se e come approvare nuove forme di “unioni” o “matrimoni”, tra cui quello omosessuale, la questione che si pone sul piano giuridico è se uno Stato possa disciplinare secondo le propri esigenze e le convinzioni prevalenti al proprio interno circa l’adozione o meno di forme di “matrimoni” diversi da quello tra un uomo e una donna. Secondo talune interpretazioni, questa libertà non dovrebbe poter sussistere in quanto escludere matrimoni quali quelli tra omosessuali da parte di uno o più Stati andrebbe contro il principio della libera circolazione delle persone previsto dall’Unione europea. Altri sostengono che la stessa Ue non può insistere su questo aspetto in quanto l’edificio europeo si regge anche su altri principi, che hanno rilevanza persino maggiore di quello della “libera circolazione”. Sul tema il Sir ha intervistato Franco Mosconi, docente di diritto internazionale privato e processuale all’Università di Pavia (Italia).

Come si configura, per sommi capi, il diritto di famiglia a livello dei Paesi europei?

“In tre Stati (Belgio, Olanda e Spagna) oggi il matrimonio prescinde dal sesso dei coniugi. Le unioni non matrimoniali sono regolate in modo molto diverso da Stato a Stato. Anche tra quelli che ne prevedono la registrazione vi sono diversità sia per il sesso, sia per le modalità di scioglimento”.

Nei Paesi dove è riconosciuto sul piano del diritto civile il “matrimonio omosessuale” (o qualche forma di “unione omosessuale”) si concepisce che tale “diritto” debba automaticamente essere riconosciuto da altri Paesi che non lo hanno ancora statuito? Oppure è l’Unione europea che esige tale riconoscimento?

“Ancora una volta non c’è omogeneità, anche se può dirsi che in un modo o nell’altro ogni Stato ‘pensa a se stesso’. Quando parliamo di Europa non parliamo solo di Comunità/Unione europea ma anche di Consiglio d’Europa (Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, 1950) e Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Strasburgo) e di Commissione internazionale per lo stato civile, di cui vari Stati sono parte contraente”.

Può da solo il “diritto alla libera circolazione delle persone” essere motivo per cui uno Stato che – ad esempio – non voglia riconoscere sul piano civile le “unioni omosessuali”, sia tuttavia costretto a farlo, andando così contro al volere del proprio Parlamento e in ultima analisi del proprio popolo?

“L’Unione europea tende attualmente a considerare che la impossibilità di mantenere negli altri Stati membri la condizione legale (lo status di coniuge e/o di partner registrato) acquisita in uno di essi possa ostacolare la libertà di circolazione delle persone. Non lascia che siano i singoli Stati a decidere se riconoscere le unioni-convivenze, anche perché l’ingresso di partner di unioni registrate all’estero ha costi economico-sociali importanti”.

Stante l’attuale legislazione e i Trattati europei, l’Unione europea può rivendicare un particolare tipo di “imperio” nell’imporre ai singoli Stati aderenti di adottare misure controverse, tipo quella dei “matrimoni omosessuali”, oppure si tratta a suo avviso, di un abuso e di una ingerenza sproporzionata?

“Il Parlamento europeo insiste sia sul riconoscimento di ogni forma di unione che dei matrimoni omosessuali. Personalmente non credo che con le attuali ‘competenze’ la Comunità possa arrivare a questo. E’ vero però che la partecipazione alla Comunità implica la ‘fiducia reciproca’ tra gli ordinamenti degli Stati membri”.

Che ruolo può svolgere la Commissione internazionale per lo Stato civile circa l’evoluzione di questa problematica?

“Il 5 settembre 2007 è stata aperta alla firma una convenzione elaborata in seno alla Commissione internazionale per lo stato civile. Si tratta di una convenzione volta ad imporre agli Stati che la ratificheranno l’obbligo di ‘riconoscere la conclusione, lo scioglimento e l’annullamento dei partenariati registrati in altri Stati. Per partenariato la Convenzione intende un impegno di vita comune, diverso dal matrimonio, tra due persone del medesimo sesso o di diverso sesso, che dà luogo all’iscrizione in un pubblico registro. Indipendentemente dalla ratifica di questa convenzione, nel medio-lungo periodo è prevedibile l’estensione della propensione a mettere l’accento sull’ottica dei diritti individuali anche nelle relazioni familiari e le logiche proprie del diritto internazionale privato. Il complesso delle regole per mezzo delle quali ciascun ordinamento giuridico si coordina con gli altri, renderanno assai difficile che alcuni Paesi riescano a mantenersi in una posizione di ‘splendido isolamento’, anche se uno specifico legislatore nazionale optasse per una soluzione ‘leggera’, di tipo contrattuale”.

Fonte: Sir

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5 commenti

Mangiapreti

Ma questo vale per qualunque condizione posta per far parte dell’unione europea dai paesi che la compongono.
Ad esempio un paese è liberissimo di rifiutare la politica agricola comune … però sia chiaro che non farà più parte dell’unione europea.
Come organizzazione sovranazionale l’UE richiede delle condizioni ai paesi membri altrimenti non avrebbe senso!
Far parte dell’unione comporta dei vantaggi ma per ottenerli ogni paese deve prendere degli impegni. Se li consideriamo “di un abuso e di una ingerenza sproporzionata”, quando non è così per gli altri paesi, possiamo solo tirarcene fuori.
Se si ritiene che tali obiezioni valgono anche per altri si può tentare di farle prevalere mediante il processo democratico.
Il fatto è che in tal caso l’Italia sa già di perdere.
Inoltre non mi sembra che su questioni di diritto l’UE imponga i dettagli delle leggi, dirà solo che, poiché tali diritti sono garantiti in molti paesi membri non è possibile che non ne godano tutti i cittadini europei. Il come è una questione che riguarda le politiche nazionali però è necessario garantire quel minimo di diritti universalmente riconosciuti alle coppie anche fuori dal matrimonio, anche dello stesso sesso. Che si tratti di equiparazione del matrimonio o di molto meno sarà deciso stato per stato.
E’ chiaro che col tempo si vedrà quale scelta è stata premiata e quale no e si decideranno di fare ulteriori passi in quella direzione.
Anche questo è un problema per l’Italia perché è molto probabile che questo percorso porti alla temuta Spagna di Zapatero quindi si tenta di ostacolare qualunque piccolo passo poiché potrebbe essere seguito da altri.

Vash

Nel caso dell’Italia qualunque legge approvata all’esterno e poi resa obbligatoria da noi, ha un’altissima percentuale di probabilità (99,9999999…%) di essere estremamente migliore di una legge che regoli la stessa materia ma sia prodotta dal parlamento italiano!

Daniela

secondo me queste domande dovevano esser poste tanto tempo fa, infatti era ovvio che l’unione europea non significasse solo soldi ed accordi econimici, ma voleva essere qualcosa di più, un organo politico e giuridico sempre più omogeneo ed unico.

Daniela

d’altronde non è fattibile che in certi paesi le persone hanno dei diritti e in altri no

Toptone

La Storia dell’UE insegna che molte leggi liberali e/o di miglioramento dei diritti civili sono state imposte all’Italia dalla Comunità Europea tramite direttive (molte volte recepite con enorme e colpevole ritardo).

Dalla garanzia sulle merci vedute, estesa a due anni (col vecchio ordinamento era solo un anno e pure facilmente aggirabile), alle norme sull’inquinamento e il riciclaggio dei rifiuti (sempre prorogate e mai attuate seriamente), passando dalla giustizia (risarcimenti per cause interminabili) e finendo al diritto di famiglia.

Se qualcosa si è mosso nella palude stagnante lo dobbiamo all’Europa. Purtroppo.

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