Lettera di Claudio Bianzino al presidente della Repubblica

Al Presidente della Repubblica Giorgio NapolitanoSignor presidente,

nonostante la grande stima che ho nei suoi confronti, mi perdonerà se, seguendo l’esempio dei miei genitori, volutamente non uso le lettere maiuscole nel rivolgermi a lei ed alle istituzioni in genere, nel tentativo di riavvicinarvi un po’, almeno simbolicamente, alla popolazione italiana.
Leggo sui giornali, con immensa gioia, che è stata finalmente presentata all’ONU la moratoria internazionale sulla pena di morte. Credo che sia una grande battaglia di civiltà portata avanti dal nostro Paese.
La vicenda di cui vorrei informarla, però, è un’altra.
Non so se ha sentito parlare di quell’uomo di 44 anni, trovato morto nel carcere di Capanne, nei pressi di Perugia, la mattina del 14 ottobre scorso.
Quell’uomo era un falegname che viveva nelle campagne dell’Umbria, nel cuore del nostro Paese, e conduceva una vita fatta di duro lavoro, amore per la propria famiglia ed i suoi tre figli, di preghiera ed amore per la natura. Quell’uomo costruiva mobili, mensole, porte, finestre, soppalchi. Era una delle persone più tranquille del mondo, quell’uomo, ed era circondato da centinaia di persone che gli volevano bene. Era un nonviolento, un “gandhiano”, e, come me, avrebbe apprezzato moltissimo l’iniziativa per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. Quell’uomo la sera del 12 ottobre è stato arrestato perché nel suo orto è stata trovata qualche piantina di canapa indiana per uso personale.
La canapa, come è noto, è quella pianta che i nonni dei nostri nonni hanno coltivato e utilizzato per centinaia di anni, fino all’introduzione in Europa del tabacco, pianta che, a differenza della canapa, provoca dipendenza e causa milioni di morti in tutto il mondo.
Va da sé che se in un Paese aumentano le cose considerate illegali, il mondo dell’illegalità trova nuova linfa per alimentarsi e diventare sempre più forte. Ecco probabilmente perché, venendo incontro alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, alle multinazionali del tabacco, nonché alla malavita in genere, la canapa è stata equiparata alle droghe ed inserita tra le sostanze illegali.
Fermo restando, comunque, che il problema della droga, quella vera, quella che si trova con gran facilità in tutte le discoteche, o quella di cui fanno uso molti uomini d’onore che siedono sui banchi di Montecitorio e Palazzo Madama, sia un problema molto serio. Ma torniamo al nostro uomo, un problema ancor più serio.
L’arresto è avvenuto al termine di una giornata di perquisizioni, a seguito delle quali, oltre alle piantine, si è scoperto che il falegname aveva soldi in casa per un valore di 30 (trenta) euro, e nessun conto in banca o in posta. È stato quindi deciso di mettere l’uomo, totalmente incensurato, in una cella di isolamento, e lasciare a casa, per un tempo indeterminato, un ragazzino di 14 anni in compagnia della nonna ultranovantenne in precarie condizioni di salute.
C’è chi dice che l’uomo sia stato scambiato per qualcun altro, forse per uno spacciatore, forse per un anarchico o chissà chi.

I fatti ci raccontano che dopo l’arresto, sono state effettuate le consuete ed accurate visite mediche e psichiatriche, attestanti che l’uomo era in perfette condizioni psico-fisiche, con pressione arteriosa e battito cardiaco ottimali. La mattina del 14 l’uomo è stato trovato morto.
I medici legali, la voce della scienza, ci dicono che dopo la prima autopsia sul corpo dell’uomo sono state riscontrate delle lesioni. Lesioni compatibili con l’omicidio. Compatibili con la tortura. Tortura che, se confermata, è stata certamente compiuta da professionisti, gente addestrata ad uccidere con metodi che non lasciano segni esteriori, ma svariate lesioni interne, riscontrabili solo tramite esami
autoptici.
Ovviamente c’è un’indagine in corso, che potrà confermare o meno queste ipotesi. Ed a proposito dell’indagine, essendo lei anche il presidente del Csm, vorrei informarla di alcuni particolari. Si sa che un carcere di “sicurezza” è tenuto ad essere videosorvegliato ed a fornire le immagini di tutto ciò che succede al suo interno, 24 ore su 24. Ma le attese immagini chiarificatrici non hanno ancora chiarito nulla. Si sa anche che quando un magistrato fissa l’incidente probatorio è obbligato a convocare tutte le parti in causa. Ma anche questo non è successo. Ultima precisazione, poi, che potrebbe apparire alquanto bizzarra: il magistrato che sta conducendo le indagini è la stessa persona che ha ordinato
l’arresto dell’uomo.
È ovvio, comunque, che in un Paese civile come il nostro, un Paese che diffonde democrazia, pace e giustizia in tutto il mondo, ci si aspetterebbe che, se ci fosse qualcuno sospettato per aver commesso un simile assassinio, costui fosse quanto meno sospeso dal proprio incarico. Beh, non ci crederà, signor presidente, ma questo non è successo.
Un Paese come il nostro, che porta alta la fiaccola dei diritti umani ed urla al resto del mondo di abrogare la pena di morte, consente a propri dipendenti, sospettati di simili atrocità, di continuare ad esercitare la loro “professione” indisturbati, magari nei confronti di altri uomini o donne. Magari proprio in questo momento, mentre le sto scrivendo.
Sabato 10 novembre a Perugia c’è stata una grande manifestazione, piena di giovani e con oltre duemila persone, che chiedevano verità e giustizia per quell’uomo. Chiedevano di poter vivere in un Paese migliore, signor presidente.
Ho la speranza, signor presidente, che un giorno qualche nazione, ancora più civile della nostra, vada all’ONU a chiedere che venga fatta piena luce sulle centinaia di morti che avvengono all’interno delle carceri italiane.
Questo per sperare di poter vivere in un mondo un po’ più giusto, un po’ più libero, un po’ più vivibile.
Così come avrebbe voluto anche quell’uomo. Quell’uomo che si chiamava Aldo. E che era mio fratello.

Distinti saluti.

Fonte: articolo di Chiara Lalli pubblicato sul blog Bioetica

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9 commenti

anteo

qualche nome tra i tanti ,in epoche diverse ma con un filo comune

Gaetano Bresci morto “suicida” in carcere : secondo le fonti ingoiando un tovagliolo

Pino Pinelli di lui si sa che entrò vivo in questura dalla porta ed uscì morto dalla finestra il 12.12.1969

Federico Aldovrandi ammazzato durante un “controllo di polizia” nel settembre 2005

tre nomi estratti dalle migliaia di vittime di una “informale condanna a morte”

anteo

errata corrige

Pinelli ebbe “un malore attivo” il 15.12.1969

ma rientra a pieno titolo tra le vittime della strage di pzza Fontana del 12.12.1969

cartman666

Viva l’italia. Non riesco a capire come un 44 enne incensurato venga messo in carcere, e per giunta in isolamento, solo per delle piantine di cannabis. Non so quali vaccate abbia fatto il magistrato competente, ma questa e’ una vergogna indegna di un paese “democratico” quale dovrebbe essere l’italia.

Marco.g

L’unica cosa sicura è che se in banca avesse avuto almeno 30.000 euro sarebbe ancora vivo

Sunrise

… ALTRA COSA SICURA E’ CHE NESSUNO NE PARLA, I GIORNALI E I NOTIZIARI HANNO PASSATO COMPLETAMENTE O QUASI SOTTO SILENZIO LA NOTIZIA… MA NOI ABBIAMO DA FARE CON IL DELITTO DI GARLASCO, E DI PERUGIA SE NE PARLA SOLTANTO PER L’OMICIDIO DELLA STUDENTESSA… PER QUELLO, PER COGNE E SIMILI ABBIAMO ORE E ORE DI TRASMISSIONI, ESPERTI, PLASTICI E DIBATTITI… AVESSE – IN QUESTO CASO – RAGIONE GRILLO A INDIRE PER IL 25 APRILE IL V… DAY RIVOLTO AI GIORNALISTI?

claudio

qui a Perugia ne parlano poco anche i quotidiani locali, anzi ormai dopo il delitto della Gallenga non fanno più nemmeno un trafiletto in diciottesima pagina.

Elettra

Quell’ uomo ,un lavoratore onesto sino a prova contraria, è morto in un carcere e non se ne conosce ancora il motivo.Anche la sua compagna, intervistata in TV dalla Bignardi, ha affermato di non aver avuto risposte dalle autorità competenti.

E’ assurdo.

Ci sentiremo tutti meno angosciati se anche dal Quirinale partirà una richiesta di chiarezza sulla vicenda e che si perseguano penalmente gli eventuali responsabili.

Non vogliamo come cittadini chiederci se , per la fattispecie, l’Italia si debba assimilare al Cile di Pinochet o all’Argentina degli anni terribili della dittatura.

chiericoperduto

Se se un finanziere d’assalto, in bancarotta, come coppola , puoi sperare nei domiciliari, se invece sei un poveraccio…dentro!

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