Diritti civili nell’era di Veltroni. La sinistra non si arrende

Lo strappo del Campidoglio veltroniano con la “Roma reale”, con la città laica e dei movimenti, è destinato ad avere effetti al di là della battaglia d’Aula che, lunedì, ha bocciato tutto ciò che c’era in discussione: tanto le due delibere per l’istituzione del registro delle unioni civili, quanto gli ordini del giorno del Pd e delle destre. Gli uni scaraventavano la palla in tribuna chiedendo a questo Parlamento di trovare la quadra di una legge. Gli altri, dopo aver convinto due possibili dissidenti a starsene a casa, ripetevano la solfa sulla famiglia eterosessuale, sposata, sacra. Il ricatto vaticano era stato stringente. O così o addio appoggio alle imminenti provinciali.
Il giorno successivo socialisti e radicali avevano brandito l’arma referendaria forti della velocità con cui sono state raccolte, sei mesi fa, le firme necessarie alla presentazione della delibera di iniziativa popolare per il registro agognato. Poi è venuto lo strappo del Mario Mieli, il circolo di cultura omosessuale che sta per compiere un quarto di secolo in una città molto diversa da quella che lo vide nascere. Il circolo, promotore del Pride e delle serate di Mucca assassina che non poco hanno contribuito a mutare il senso comune della città reale, s’è sfilato, sbattendo la porta, dalla consulta delle associazioni Glbtq del Campidoglio, uno dei tanti tavoli concessi da Veltroni dove si simula la partecipazione perché non esistono strumenti reali a loro disposizione. E’ un altro addio al modello Roma che era stato sperato come governo di una città plurale e «avvolgente».
Ieri mattina, intanto, si sono rivisti i capigruppo della Sinistra/arcobaleno del Campidoglio per discutere anche della tensione sui diritti civili che sembra materializzarsi all’indomani della bocciatura in Aula. E dell’eventualità di giocare la carta referendaria.
Adriana Spera, capogruppo del Prc, fu tra le centinaia di attivisti che raccolsero le 50mila firme necessarie per i referendum contro le privatizzazioni di Acea e Centrale del latte volute nella seconda metà degli anni Novanta dall’allora sindaco Rutelli. Quell’esperienza insegna che le insidie sono altrove. Non stanno nella raccolta delle prime cento firme per la presentazione del quesito, né, necessariamente, nella raccolta delle 50mila necessarie all’indizione. Però potrebbero sorgere complicazioni quando il quesito dovesse passare al vaglio della commissione composta da tre docenti universitari. Saranno sopra le parti? si domanda la capogruppo di Rifondazione. Ma, soprattutto, ci sarà un problema di comunicazone. Quando si trattò di quei referendum votarono in pochi e fu decisivo lo zoccolo duro della Quercia. E vinsero per mille voti di scarto i Sì. Ma votarono meno dei firmatari del referendum. E non c’era il mago delle comunicazioni, Veltroni, capace di mobilitare i capiredattori. Si dice che sia efficace, questo suo rapporto con la stampa, non solo per parlare lui ma anche per non far parlare chi lo ostacola. Si dice anche che rivendichi questa sua capacità. I maggiori quotidiani capitolini, è innegabile, hanno tutti interessi legati all’urbanistica, sono di proprietà di palazzinari e le redazioni della cronaca sono inzeppate di precari: una miscela velenosa per la possibilità di un’informazione. E chi non ha bisogno di concessioni edilizie, dicono i maligni che potrebbe accontentarsi di notizie in esclusiva. E’ necessario fare nomi? Basta sfogliare i giornali d'”opposizione” per un’indigestione di cronaca mordace ma che si guarda bene dal disturbare il manovratore.
E poi, spiegano a Sinistra, «un referendum sarebbe meglio se lo indicessero i movimenti, la Roma reale, insomma», dice ancora Adriana Spera, con cui i partner della Cosa rossa vogliono arrivare presto a una «consultazione ampia». «Non ci possiamo fermare – conferma il capogruppo di Sd, Roberto Giulioli – non possiamo arrenderci all’idea che quel consigllio comunale, con la sua maggioranza trasversale reazionaria, rappresenti la città. Giusto utilizzare tutti gli strumenti, tra cui il referendum consultivo sulla delibera Garavaglia». Ossia sul testo scritto dalla vice sindaco, condiviso da tutti nell’Unione, fuorché dall’Udeur, finché non è iniziato il pressing vaticano. Anche per Giulioli, i partiti devono «dare una mano ma la spinta dovrà arrivare dalla società civile». Il comitato promotore dovrà essere composto da uomini e donne del «centrosinistra largo», cioè anche da chi, nel Pd, soffre per il deficit di laicità.

Fonte: Liberazione

6 commenti

Daniela

referendum o no bisogna mobilitarsi, agire, ma tutti laici, non deve essere una questione partitica devono essere tutti i cittadini di tutti gli schieramenti anche di chi non li ha uno schieramento, bisogna incominciare a scuotere come società che è diventata sonnolenta e apatica.

franz

LA SINISTRA NON DEVE ASSOLUTAMENTE ARRENDERSI AI CLERICO FASCISTI E AI BERLUSCONIANI FINO ALLA MORTE SE NECESSARIO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Anticlericale

Il partito democratico è un partito di traditori.

NON VOTATELO !!!

Markus

Ciao Walter, grazie ancora di tutto… ma non avevi detto anni fa che smettevi di fare politica ? Eri andato in africa a fare non so cosa, eri cambiato ?

Raffaele Carcano

@ Markus
Veramente disse che avrebbe prestato la sua opera in un paese africano. Non vorrei che fare il premier del nostro paese consista proprio in questo.

zorn

@raffaele carcano

heheheheheheheheheheh buona questa…

purtroppo spalleggiare il cattolicesimo fa prendere voti…

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