Se Bush finanzia il fronte anti-gay

Let us live in peace! Lasciateci vivere in pace! Chiedevano solo questo gli attivisti omosessuali ugandesi che alcuni mesi fa hanno lanciato a Kampala la prima campagna in difesa dei diritti di gay e lesbiche. Non è andata come speravano, perché in Uganda essere omosessuali è un reato punito con l’ergastolo. In molti, dal presidente Yoweri Museveni ai principali leader religiosi, sono convinti che essere gay è un comportamento non-africano. E per propagandare le loro idee omofobe non si fanno scrupoli a usare i soldi del Fondo Globale per la lotta all’Aids.
A scoprirlo è stata Iglhrc, un’associazione gay americana, che è andata a verificare dove finiscono i soldi del governo Usa destinati al Fondo Globale. Cercando nei rapporti dell’amministrazione ha trovato tra i beneficiari del Fondo i principali esponenti anti-gay ugandesi, come il pastore Martin Ssempa, capo della Chiesa dell’università di Makerere e della Coalizione interreligiosa per la Famiglia. La sua chiesa ha ricevuto da Usaid (Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale) un sussidio per la prevenzione, il trattamento e l’assistenza ai malati di Aids. Pochi giorni dopo la manifestazione degli attivisti gay Ssempa ha organizzato una marcia per chiedere il loro arresto. Insieme a lui hanno sfilato anche alcuni esponenti del governo.
Ma non è finita. Il 28 agosto, lo sceicco Mutah Bukeyna aveva rivelato che erano pronte «squadre anti-gay per ripulire rapidamente la società dall’omosessualità». Recentemente l’organizzazione di cui farebbe parte, Tabliqh Organization, ha ricevuto finanziamenti da Prefar, un fondo di emergenza voluto da Bush per combattere l’Aids in Africa.
Padre Ssampa è anche il responsabile di un sito web dove sono comparsi nomi e foto degli attivisti gay, e l’autore di una petizione in cui chiede al governo di mettere fine «all’umiliazione degli ugandesi» portata avanti dagli omosessuali.
Tutti gli interessati hanno smentito di aver ricevuto soldi dal fondo di prevenzione contro l’Aids. Solo l’ambasciata Usa di Kampala ha detto una mezza verità: ha ammesso di aver finanziato Tabliqh, ma senza essere a conoscenza del legame tra lo sceicco omofobo e l’organizzazione.
Samuel Ganafa è uno degli coordinatori della campagna «Let us live in peace». «Andremo avanti», dice. «La situazione è troppo grave. Se qualcuno scopre che sei omosessuale perdi tutto: famiglia, lavoro, dignità». E poi c’è il problema dell’Aids. «Nonostante i miliardi spesi dal Fondo, per noi non c’è nessuna prevenzione specifica perché essere gay è illegale». Secondo Iglhrc su 15 milioni di dollari stanziati da Prefar per l’Africa, meno di un milione è utilizzato nella prevenzione del virus tra gli omosessuali. E se il ministro dell’etica ha già risposto che «non ci sarà mai spazio per i loro diritti in Uganda», un risultato è stato raggiunto: la pagina con le foto degli attivisti gay è sparita.

L’articolo di Giulio M. Piantadosi è raggiungibile sul Manifesto 

Archiviato in: Generale

5 commenti

BX

Al di là degli aspetti politici impliciti nella notizia, è veramente formidabile l’espressione “essere gey non è un comportamento africano”! Guarda un po’ dove va a finire lo stupido orgoglio dell’appartenenza etnica!. In cosa dovrebbe consistere invece un ‘comportamento africano’ secondo questi signori?
Non rispondo perché non voglio scoprirmi razzista… e i poveri africani di pregiudizi ne hanno già da sopportare abbastanza.

Daniela

questo è un problema di come gestire i fondi, si devono dare direttamente alle organizazzioni che si occupano della lotta all’aids, altrimenti questi sono i risultati

Stefano Grassino

Si Paolo ma come? Il problema è che davanti a tale demenza, occorrerebbe l’esercito più potente del mondo agli ordini di una grande mente come Bertrand Russel; dopodichè…..giu botte da orbi. Come diceva Voltaire, la madre degli imbecilli è sempre incinta ( purtroppo anche quella dei religiosi ) e tutte e due vanno sempre a braccetto passo passo.

g.b.

La cosa che più mi ha sconcertato è il fatto che esista un ministro dell’etica!!!

Commenti chiusi.