Il numero chiuso parte dalla maturità

Ora pagherà il merito, e non più le furbizie. Chi studia e sgobba non resterà più fuori gioco per l’accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso». Il ministro della pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, ama i modi spicci e, uscendo dal consiglio dei ministri, sintetizza così il senso di un provvedimento che da mesi era nell’aria e solo ieri mattina è stato varato: «La maturità non sarà più solo un pezzo di carta – spiega il ministro – ma una porta d’ingresso al proprio futuro. E finalmente gli studi delle superiori avranno un loro peso specifico: garantiranno fino a 25 punti per l’accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso, e sono proprio i 25 punti che possono fare la differenza tra chi entra e chi resta fuori. E i quiz universitari dovranno tenere conto dei programmi delle superiori». Tecnicamente il provvedimento è un decreto legislativo, che tocca due materie: i crediti scolastici da spendere per l’accesso all’università, e l’orientamento per la scelta della facoltà.
Nel momento in cui uno studente si presenta al concorso per accedere ad una facoltà a numero chiuso, deve sostenere un test articolato in 80 domande, a cui corrispondono altrettanti punti. Questo punteggio ora potrà essere integrato da un ulteriore pacchetto di 25 crediti, eredità degli ultimi tre anni delle superiori e dell’esame di maturità. L’acquisizione di questi venticique punti, però, non è semplicissima, in quanto ad essa concorrono quattro fattori: 1) La media del 7 (come minimo) riportata negli ultimi tre anni di scuola superiore. 2) La media dell’8 negli ultimi tre anni, nelle discipline specifiche del corso di laurea al quale si chiede l’iscrizione (esempio: matematica, fisica e scienze per le facoltà scientifiche, italiano e latino per quelle umanistiche, eccetera). 3) Il fatto di appartenere alla schiera del 20% dei migliori «maturati» della propria commissione d’esame (tradotto: lo studente deve essere tra i primi della classe anche alla maturità), a patto di avere un voto superiore a 80/100. 4) La lode eventualmente ottenuta. Solo in questo modo si otterranno tutti e venticinque punti aggiuntivi. Altrimenti se ne avranno di meno. […]

Fonte: laStampa 

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26 commenti

BX

E così riprende forza il mito meritocratico, l’illusione che si possano stabilire lnorme attendibili in base alla quali decidere chi può accedere agli studi superiori e chi no. “Ora pagherà il merito e non più le furbizie” esclama esultante il ‘ministro devoto’… come se il merito non fosse quasi sempre riconosciuto tale proprio perchè si è stati ‘più furbi’!

Senofane

la scuola deve puntare all’intelligenza. migliorarla significa renderla più intelligente. dov’è questa intelligenza? attualmente all’estero …

Silvia

Condivido ciò che dice BX: alle superiori i voti non sono mai dati oggettivamente. Far riflettere queste discriminazioni addirittura sull’ingresso in università mi sembra eccessivo.

fra Pallino

oltretutto il percorso di un ragazzo anche con doti di intelligenza sopra la media può non essere sempre lineare. Per non parlare dei criteri con cui vengono dati i voti nelle diverse scuole.

Bruna Tadolini

Qualunque criterio è sbagliato, in un qualche aspetto, ma mettendone insieme parecchi si possono correggere le più grossolane ingiustizie.

Di certo sapere che non si può contare troppo sul solito Stellone può indurre a) gli studenti delle superiori ad impegnarsi nello studio (ho visto cose che voi umani non vi sognate …….); b) i docenti delle superiori ad insegnare (la differenza di riuscita fra gli studenti di diverse città che si presentano all’ammissione a Odontoiatria non è certo dovuta a loro carenze genetiche ……..); c) la società civile a fornire supporti e strutture (un po’ di sano campanilismo, una volta tanto!!).

Se poi qualche genio a maturazione lenta verrà perduto …….. meglio un genio in meno in una società che funziona che un genio in più nel degrado generale! Almeno io la penso così …. che di degradi ne ho visti!!!

Rimane un dubbio, come la mettiamo con le scuole parificate e company???

zorn

Purtroppo in molte scuole “superiori” i voti vengono date in base a simpatie, prime impressioni o peggio adulazioni

Kull

Scusate, ma leggete un attimo le notizie prima di commentarle secondo i vostri pregiudizi…

…sugli OTTANTA punti accumulabili col test di ingresso soltanto VENTICINQUE possono essere ‘aggiunti’ da un buon curriculum negli ultimi tre anni di superiori

a me sembra un criterio accettabilissimo, se uno sa di non avere un curriculum eccelso dovrà prepararsi più a fondo per il test,

Kull.

Mangiapreti

Al contrario giudico positivamente l’intento (n.b.) di questa piccola novità.
Certo, è vero anche quello che dite e sicuramente il ministro la sta sopravvalutando parecchio.
Però dovete considerare due cose.
1) La situazione attuale che prevede per l’accesso a queste facoltà a numero chiuso un test “tutto o niente” favorendo i brogli, sia da parte degli studenti che dei professori, ed aumentando il peso delle casualità, sia negative che positive.
2) I contro che evidenziate sull’esame di maturità anzitutto non sono sempre veri, inoltre sono controbilanciati dal peso dato alla votazione: 25 punti su 105. Restano 80 punti con cui uno studente potrà dimostrare di essere stato sottovalutato alle superiori.
L’unica vera critica che mi sento di muovere è sui criteri di assegnazione del punteggio: troppo selettivi.
Sono questi che danno peso ai problemi da voi elencati.
Semplicemente perché ci sono delle barriere.
L’assegnazione dei punti deve essere più lineare e non fare tanta differenza, ad esempio, tra chi ha la media del 7,1 e chi del 6,9; tra chi ha preso 100 e chi 100 e lode.
Infine non mi sembra che l’ultima parte dell’articolo sia vera: il decreto non istituisce alcun reale “percorso formativo” mentre è un punto importante su cui intervenire seriamente, IMHO. Ma questo è un altro discorso …

Gian-Luca Dei Rossi

Io ritengo che si tratti dell’ennesima riaffermazione della cultura cattolica (ma ormai parte integrante della mentalità anche di chi cattolico non è) della sofferenza: merita chi ha sofferto, non chi ottiene il risultato, e penso che questo penalizzi persone molto intelligenti o con interessi diversi o più ampi di quelli previsti dall’istituto che frequenta. Non vedo quale sia il problema se una persona sonnecchia a lezione, ma poi al momento dell’esame (sia di maturità che d’ammissione ad un corso di laurea) sa fare ciò che gli viene richiesto.
Inoltre, anche volendo accettare questo discutibile criterio “educativo”, è facile rendersi conto che non esiste alcuna metrica oggettiva per valutarlo, dato che, come si è già detto, docenti diversi daranno valutazioni diverse per uno stesso elaborato, ma soprattutto perché è assurdo comparare un 6 in matematica ottenuto in un liceo scientifico con uno preso in un istituto professionale, giusto per fare un esempio (sia chiaro che non sto facendo graduatorie sui vari indirizzi scolastici).
Purtroppo temo che la mentalità che premia il bravo bambino al posto di quello intelligente, però, sia dura a morire in un paese che ha fatto di questo l’unico metodo per valutare schiere di persone che ora occupano cariche dirigenziali.

Bruna Tadolini

… Leggendo alcuni commenti mi sembra di risentire la polemica: le femmine sono meno intelligenti ma si applicano di più per cui hanno risultati migliori!

Ben vengano quelli che si applicano di più! Gli intelligenti abbiano l’intelligenza di capire che si devono dare una mossa …. e con l’educazione permissiva odierna ci mettono un po’ troppo a capirlo (o sarebbe meglio dire a rassegnarsi a farlo visto che lo capiscono benissimo)!

Gian-Luca Dei Rossi

Non mi risulta che qualcuno abbia qui tirato in ballo il metodo di studio di femmine e maschi. Tuttavia non vedo perché premiare l’impegno come elemento di merito a sé stante. Quello che conta è il risultato, non con quale metodo vi si arriva. Se poi proprio vogliamo introdurre una valutazione sul processo di apprendimento, l’unico dato misurabile oggettivamente temo sia il tempo. In questo caso chi fa più fatica, a parità di risultato, dovrebbe venir penalizzato, e non favorito. Io sono contrario all’introduzione di vincoli di qualsiasi tipo sul metodo e sul tempo di apprendimento, specialmente quando si ha a che fare con persone adulte o che vorrebbero essere trattate come tali.
Secondo me l’unica polemica che riecheggia in questa discussione è quella tra chi preferisce insegnanti il più possibile oggettivi ed affidabili e coloro che preferiscono gli “educatori” o i “maestri di vita”, compito che, a mio avviso, non spetta affatto ad una persona che dovrebbe solo conoscere la propria materia, saperla insegnare ed essere in grado di valutare la preparazione di uno studente, nulla di più e nulla di meno.
Rispetto la posizione di chi pensa che sia necessaria una figura meno distaccata, ma non la condivido, anche alla luce delle esperienze personali che, come tutti, ho avuto nel mio percorso scolastico.

BX

Per Bruna Tadolini.
Non si combatte l’educazione permissiva (‘buonista’, come si dice oggi) con un generico impegno all’applicazione… Il permissivismo si combatte puntando a chiarire il più possibile ‘per che cosa’ e ‘per chi’ ci si deve applicare. Questo, per le persone veramente intelligenti, non è un alibi… e se lo è vuol dire che non sono intelligenti. Come chi si applica solo per applicarsi.

bianca

Sono una studentessa di medicina e, avendo sperimentato il test d’ammissione sulla mia pelle, vorrei fare alcune considerazioni sul nuovo regolamento dei test di ammissione per i corsi di laurea a numero chiuso:
1) i 25 punti non sono pochi, anzi… Spesso l’ammissione si gioca sul mezzo punto per cui aver conseguito risultati “buoni” alle superiori conta molto;
2) valutare i risultati degli ultimi 3 anni è poco obiettivo poiché ogni scuola è diversa dalle altre. Anche considerando scuole dello stesso tipo si notano differenze abissali: in alcune scuole i professori tendono a dare voti molto alti, in altre invece si tende a fare il contrario. Io stessa ho potuto notare la differenza avendo conosciuto ragazzi della mia età che avevano fatto il mio stesso indirizzo: io ho avuto professori severi e alquanto stretti nei voti per cui anche per prendere un 7 uno doveva lavorare parecchio mentre altri hanno avuto gente che regalava 10 un po’ a tutti e alla fine si son trovati con delle pagelle meravigliose ma all’università hanno avuto molti problemi;
3) al massimo si può considerare solo il voto di maturità poiché, dall’ultimo anno, con l’introduzione della commissione esterna, ha assunto un valore un po’ più oggettivo. Tuttavia anche in questo caso si deve considerare che i professori, pur “esterni”, non saranno mai completamente obiettivi;
4) credo che i test di ammissione vadano modificati perché spesso non garantiscono l’ammissione dei più “bravi”, ma penso che si debba modificare la struttura del test, non introdurre simili regole che non fanno altro che peggiorare la situazione.
Queste sono le mie opinioni.
Bianca

Archeologo

Anche le idea buone, quando vengono applicate “all’italiana” (ossia con il metodo: spaghetti al pomodoro), poi diventano inutili. Alle superiori i voti alti non si danno solo a chi li merita, ma anche per preferenze soggettive dei professori. Così, come chi merita voti alti, ma non piace a un insegnante non prenderà mai quello che merita. Dunque questa mini-novità si tradurrà in un “raccomandati fin dalle medie superiori”… la meritrocazia non ha niente a che vedere con la scuola italiana, né adesso né dopo questa modifica. Nessun complotto né niente di terribile, è così e basta… chi vuole una scuola equa può andare in Svezia o in Norvegia. L’Italia è fuori da questo giro, e inoltre qui conta di più avere un padre sindaco o deputato che una laurea…

Bruna Tadolini

Caro Archeologo,
è verissimo: la scuola è lo specchio della società, ma da una qualche parte bisognerà pur cominciare. O gliela diamo sù?

ernesta

scusate, sarò particolarmente insana di mente, ma a me sembra già una follia aver introdotto facoltà a numero chiuso. Ritengo che chiunque abbia il diritto di cimentarsi con qualsivoglia materia, la selezione avverrà durante il percorso di studi. A quanto mi risulta la percentuale di studenti che abbandonano gli studi universitari è piuttosto alta, quindi una selezione di questo tipo già sussiste, non vedo la necessità di introdurne di ulteriori…

Bruna Tadolini

X Ernesta

Non ti sembra criminale fare perdere anni ed anni a giovani ragazzi facendo loro credere che una volta laureati troveranno un fantastico lavoro? ed in questo processo investire risorse della comunità che andranno perdute?

Perchè questo è ciò che succede! Migliaia di ragazzi si laureano in medicina (malamente poichè le strutture didattiche non sono adeguate per questa massa di clienti) e alla fine non hanno un lavoro!!! Quanti sono i ragazzi che conosco che dopo 6 anni di medicina e 4 di specializzazione (i “fortunati” che sono entrati in una scuola di specializzazione) prendono meno di una colf (ammesso che trovino un lavoro)!!

Meglio pochi, preparati ed occupati, con una spesa ragionevole per la comunità o molti, ignoranti e disoccupati con spese improduttive pagate da tutti noi???? Dov’è la follia??

Eliana Vianello

Quella di dare peso agli ultimi tre anni delle superiori (io farei tutti e cinque!) è, in linea di principio, una buona idea (ogni tanto anche Fioroni ha qualche sprazzo di lucidità). Motivi per prendersela con i test di ingresso (quelli in cui ti chiedono chi ha scritto la tal poesia o dove si trova il tal monumento: conoscenze fondamentali per un medico!) ce ne sono a bizzeffe. Prendersela con gli insegnanti che hanno preferenze mi sembra pateticamente puerile. Per gli Einstein incompresi poco male: per Fisica non c’è il numero chiuso!

Senofane

rimane un nodo, quello dell’intelligenza, e non è da poco.
professori stupidi riconoscono come nemici gli studenti intelligenti.
un laureato stupido lo si riconosce semplicemente parlandoci, ma se chi ci parla è stupido lo riconoscerà con gratitudine come “uno di noi” (film: freaks).
l’intelligenza è di tutti, basta farla sviluppare, alcuni svilupperanno certe facoltà altri sceglieranno un diverso cammino, ma facciamole sviluppare queste facoltà.

il problema è: come formare individui intelligenti e premiare e incoraggiare le eccellenze; come selezionare i professori non solo in base alla loro preparazione a “macchinetta” ma anche perché hanno un cervello da usare in vari modi; trasformare la scuola da riformatorio che prepara ad un posto nella società a scuola di vita, dove s’impara ad usare il cervello in armonia con tutto il corpo al fine di risolvere o accettare le problematiche che si pongono sul nostro cammino di umani; eliminare qualsiasi tipo di potere degli insegnanti sugli alunni, essi devono aiutare ad imparare, non punire né costringere, non superiori aguzzini ma pari a cui chiedere consiglio.

non ci sono vincenti, c’è solo chi trova la propria strada e chi poteva trovarla ma non ce l’ha fatta, con grave danno per tutta la società. gli altri non contano, sono stati lobotomizzati e continuano a vivere incoscientemente anche se sono già morti sperando che i loro figli siano meglio di loro ma punendoli se fanno qualcosa di diverso, come molti che scrivono anche qui.

Bruna Tadolini

X BX

“Il permissivismo si combatte puntando a chiarire il più possibile ‘per che cosa’ e ‘per chi’ ci si deve applicare.” non posso che essere completamente d’accordo!!!

Ma dovrebbero essere i genitori a spiegare ai loro figli “che la vita è incredibilmente lunga, che può essere felice o un inferno, che la discriminante fra le due cose è largamente legata ai comportamenti che Tu figlio avrai nei primi 20 anni della tua vita, anni in cui non capisci un c….” aggiungendo ” che la Tua vita è come un albero che sin da piccolo TU devi liberare dalle male erbe, potare, concimare (tutte operazioni che richiedono fatica ed impegno) ….. non lo si può lasciare nelle erbacce e poi pretendere che diventi una magnificenza quando, bontà tua, deciderai di prendere in mano la sirtuazione: i danni saranno, nella maggior parte dei casi, incorreggibili!” che dicano “la scuola è un investimento che Tu fai per TE: se ci metti soldi-impegno avrai il capitale per ottenere molto dalla tua vita altrimenti ….. devi sperare nel terno al lotto (evento raro!!)”

Ma tornando al problema contingente!
L’utopia è irraggiungibile ma non per questo si deve rinunciare all’avvicinamento. Ricordate perchè si sta facendo questa riforma? perchè non si teneva conto dell’impegno precedente e il test poteva essere un terno al lotto!
Tutto è migliorabile ed almeno questo è un segnale che ci si sta provando!

BX

x Bruna.
Queste questioni sono già state affrontate ogni volta che sul blog è entrato il problema della scuola. E ancora una volta, mi dispiace, ma – per entrare nel merito di questo provvedimento però inserendolo in un discorso più generale – non sono d’accordo con quanto affermi pur apprezzandone l’impegno ‘a fare qualcosa’.
Credo sia indispensabile cogliere di questo provvedimento, prima di ogni altro aspetto, l’aspetto biecamente demagogico: in una cultura che privilegia l’efficentismo senza chiedersi per che cosa e per chi si debba essere efficienti, un appello (per altro sempre lo stesso da chissà quanto tempo) alla meritocrazia senza defiinire in cosa consista il merito, oppure demandando tutto a formule astratte da applicare meccanicamente, troverà subito il più vasto consenso. Scusa Bruna, ma questi non sono passi avanti, segnali di miglioramento, ma una rassegnata regressione al passato, una rinuncia a farsi carico di problemi che nessuna ‘chiusura o apetura di numeri’ potrà mai risolvere.
Tu parli giustamente di utopia, che non si può pretendere di raggiungere ma che è l’orizzonte verso il quale ci si deve muovere: ebbene, o si fa della scuola il luogo dove, PRIMA DI TUTTO, si formano menti il più possibile libere (utopia, certamente, ma questa è quella inerente la scuola) oppure ogni merchingegno ‘docimologico’ sarà sempre – per usare i termini del ministro – posto al servizio dei ‘furbi’ e non dei meritevoli. Col risultato oltre tutto, guarda caso, di far riempire così questo spazio ‘formativo’ dall’insegnante di religione!
Concordo invece molto di più con quanto scrive Senofane.

Nifft

Frequentando l’ambiente universitario (fisica) ho notato negli ultimi tempi un effettivo calo di qualità degli studenti. L’università sembra diventata un “laureificio” dove le lauree vengono sfornate industrialmente, tipo catena di montaggio, ma il valore culturale di queste vale sempre meno (quello burocratico no, visto che fra poco servira una laurea anche per fare il tabaccaio). Di fronte a questo calo di qualità sono tutto sommato favorevole ad introdurre una qualche forma di discriminazione meritocratica, a prescindere addirittura dal problema delle “risorse limitate” e dell’adozione del numero chiuso.

Il prolema rimane però che tipo di valutazione a mio parere non è attendibile. La mia esperienza è simile a quella di Jeeezuz, di cui condivido le conclusioni, mi sono diplomato (liceo scientifico) con voti mediocri, ma è stata nell’università che ho scoperto finalmente la passione dello studio e dell’approfondimento, laureandomi con il massimo dei voti prendendo un dottorato di ricerca. Nella mia vita il liceo è stato un autentico buco nero. Un posto dove sono stato parcheggiato per 5 anni. E questo sinceramente non credo sia stata colpa mia, ma della qualità scadente dell’insegnamento e dei programmi scolastici. Gli unici professori che mi hanno stimolato durante il liceo,guardacaso frequentavano oltre alla mia scuola anche l’università (erano assistenti).

Per quanto riguarda la selezione nelle università scientifiche la situazione è ancora più controversa, essendo la cultura scientifica nelle scuole italiane ridotta ai minimi termini (come statistiche recenti confermano). In questo caso l’università e la scuola sono due universi complemtamente opposti e non comunicanti. Come è possibile giudicare uno studente in un universo secondo i criiteri di un altro universo?

la mia idea è che prima di parlare di vlutazione in sede universitaria di un curriculum scolastico, occorrerebbe urgentemente parlare di un cambiamente significativo delle modalità d’insegnamento nella scuola (ad esempio rinnovando il parco professori…), dei programmi scolastici, in particolare per quanto riguarda il liceo.

Bruna Tadolini

X BX

Ti prego di rileggere quanto ho scritto sopra

“Qualunque criterio è sbagliato, in un qualche aspetto, ma mettendone insieme parecchi si possono correggere le più grossolane ingiustizie.
Di certo sapere che non si può contare troppo sul solito Stellone può indurre a) gli studenti delle superiori ad impegnarsi nello studio (ho visto cose che voi umani non vi sognate …….); b) i docenti delle superiori ad insegnare (la differenza di riuscita fra gli studenti di diverse città che si presentano all’ammissione a Odontoiatria non è certo dovuta a loro carenze genetiche ……..); c) la società civile a fornire supporti e strutture (un po’ di sano campanilismo, una volta tanto!!).”

Quasi quarant’anni di insegnamento e di contatto con ragazzi mi fanno ben conscia di tutti i buchi oscuri e le responsabilità! Ed anche a sottolineare l’importanza del problema (a pg 161 di “Dal big bang a dio. Il lungo viaggio della vita” ci sono brevi considerazioni su “Il vecchio sistema di apprendimento è ancora adeguato?”).
Ribadisco, bisogna cominciare da una qualche parte a correggere, ma quando dico cominciare intendo cominciare ………. e non fermarsi lì!

Aldo

A proposito del valore dei punteggi…

Ricordo quando frequentavo il Conservatorio: moltissimi studenti così-così partivano per sostenere gli esami finali in Puglia, dove un 7 del Nord poteva tranquillamente diventare un 10, senza che la preparazione cambiasse d’una virgola. Tornati a casa, potevano contare su posizioni migliori, ad esempio, nella partecipazione ai concorsi per l’accesso all’insegnamento. Tah-dah! Bingo!

P.S. Si era a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.

Bruna Tadolini

X Aldo

Fino a 3-4 anni fa anche le ammissioni ad Odontoiatria erano su una graduatoria locale e non nazionale. Per questo ragazzi “bravini” del continente o siciliani che, avrebbero avuto come competitori i bravi, andavano a fare l’ammissione in Sardegna dove i bravi erano meno bravi di loro! Era il caso di una “ingiustizia istituzionale” che fregava i bravi del continente ed in cui la “furbata” in un qualche modo faceva una relativa giustizia ……

I furbi e gli errori esistono sempre ma una riforma ha sanato quella anomalia ….. un passo oggi, un passo domani!!

ernesta

x bruna, secondo me non è criminale incoraggiare i ragazzi a studiare, semmai è criminale il contrario; ti garantisco che molti sanno benissimo che dopo la laurea non troveranno un fantastico lavoro, te lo dice una laureanda in filosofia che di mestiere fa la spazzina, in ultimo, un numero maggiore di laureati non implica necessariamente un abbassamento del livello di preparazione

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