La fallace teologia filosofica di Vito Mancuso

Recensione a cura di Marco Trainito

Ed eccola la tanto attesa risposta teologico-filosofica italiana all’ondata di libri contro la credenza religiosa scritti negli ultimi tempi da certi cattivoni atei e materialisti, da Dennett e Dawkins a Odifreddi e Ferraris. Il libro è uscito da poche settimane nella prestigiosa collana “Scienza e idee” della Raffaello Cortina diretta dal noto filosofo della scienza Giulio Giorello (un altro cattivone laico che si è proclamato miltonianamente “di nessuna chiesa”), reca in copertina una fascetta rossa che lo proclama pomposamente, con le parole non a caso di Panorama, “Un autentico caso editoriale e culturale”, ed è preceduto da una lettera paternamente affettuosa di Carlo Maria Martini, maestro spirituale dell’autore. Stiamo parlando di L’anima e il suo destino di Vito Mancuso, genitori siciliani, classe 1962 e professore di Teologia moderna e contemporanea all’Università San Raffaele di Milano.
Arrivando alla prima delle 317 pagine del volume, scandito in dieci capitoli e una Conclusione che comprendono in tutto 129 brevi paragrafi, ci si imbatte in un incipit che fa tremare le vene e i polsi per l’ambizione del progetto: «Il principale obiettivo di questo libro consiste nell’argomentare a favore della bellezza, della giustizia e della sensatezza della vita, fino a ipotizzare che da essa stessa, senza bisogno di interventi dall’alto, sorga un futuro di vita personale oltre la morte. L’argomentazione verrà condotta di fronte alla coscienza contemporanea, in particolare a quella sua parte scettica, se non addirittura atea, la quale ritiene che non vi sia nulla di superiore all’immane potere della morte». Argomentazione? Coscienza scettica se non addirittura atea, cioè laica (come si legge subito dopo)? Una teologia che, come si legge alla fine del primo paragrafo, vuole dialogare con la filosofia e la scienza per costruire un discorso rigoroso e non confessionale su Dio? Uhm, la mia coscienza atea che nuota tra filosofia e scienza non resiste al richiamo e si dispone all’ascolto.
Intanto, vado all’indice dei nomi e scorgo alcune assenze che mi insospettiscono: Hume, Russell, Popper, Dennett, Dawkins, Odifreddi, Flores D’Arcais e Giorello. Come? Filosofi, logici, epistemologi e scienziati laici particolarmente sensibili ai problemi filosofici e metafisici sollevati dalla cosmologia e della biologia, alcuni dei quali (Hume, Russell, Dennett e Dawkins) hanno avanzato argomenti irresistibili contro l’idea stessa di un principio divino – una Mente, il Logos – alla base della “natura-physis” o “essere-energia” (per riprendere le espressioni care a Mancuso), sono totalmente ignorati in un libro teologico che si propone di dialogare con la scienza e la filosofia? E chi saranno mai, a parte filosofi ad hoc come Teilhard de Chardin (di cui considera “santo” anche il nome: cfr. p. XV), gli scienziati contemporanei con cui “dialoga” Mancuso? Ecco quelli chiave: Fritjof Capra (l’autore del celebre Il Tao della fisica), Paul Davies, Ilya Prigogine, Christian de Duve e persino Einstein, dei quali, con notevole furbizia e non poca faccia tosta, Mancuso cita alcune affermazioni metafisiche che non escludono la possibilità che nelle leggi della fisica sia inscritta una tensione essenziale verso la nascita e lo sviluppo della vita. Da queste affermazioni, prese per asserzioni scientifiche solo perché pronunciate da scienziati, il nostro teologo “deduce” il necessario finalismo di stampo aristotelico che fa del cosmo un luogo orientato amorevolmente alla comparsa dell’uomo, della sua anima e quindi della sua stessa immortalità personale, che sarebbe la “quinta discontinuità” cosmica (§ 45), dopo le prime quattro rappresentate dall’origine della materia dal Big Bang, dalla nascita della materia organica, dalla comparsa dell’intelligenza e dall’emergenza da quest’ultima della moralità e della spiritualità (cfr. § 43).
Quando poi Mancuso dedica un paragrafo (il decimo) al “primato del Logos”, basandosi sul discorso di Ratzinger a Ratisbona, e cita con grande approvazione e senza ulteriore commento il celebre argomento del Boeing 747 di Fred Hoyle (la nascita casuale della vita è paragonabile per improbabilità a una tromba d’aria che, spazzando un ammasso di rottami, assembli accidentalmente un Boeing 747), per concludere che la teoria casualista dell’origine della vita è ‘scientifica’ quanto l’affermazione che la casa di Maria è stata trasportata dagli angeli da Nazaret a Loreto (cfr. § 44), si capisce immediatamente che egli non ha mai letto o compreso una parola di Dennett e Dawkins. Il primo, infatti, contro la versione lockiana della tesi del “primato della Mente” (Saggio sull’intelletto umano, IV, X, 10), filosoficamente molto più rigorosa di quella di Ratzinger, ha avanzato un’argomentazione gigantesca e devastante che costituisce tutto il monumentale volume del 1995 intitolato La pericolosa idea di Darwin e che sviluppa, alla luce della potenza esplicativa dell’algoritmo della selezione naturale, alcune mirabili e occasionali intuizioni cosmogoniche messe da Hume in bocca a Filone nei Dialoghi sulla religione naturale. Mentre il secondo, ne L’orologiaio cieco (1986) e ancor più dettagliatamente nel recente L’illusione di Dio (2006), ha dimostrato con una forza argomentativa implacabile che l’argomento del Boeing 747 di Hoyle, lungi dall’intaccare il lavoro lento di “ricerca e sviluppo” compiuto dalla selezione naturale darwiniana (che non è affatto dominata dal caso, contrariamente a quanto sostengono i nemici del darwinismo come Mancuso), si applica più adeguatamente all’ipotesi del Dio Progettista originario, il quale, incorporando una complessità logica ben maggiore della complessità biologica che è chiamato a spiegare, si deve necessariamente veder assegnata una probabilità così bassa da risultare indistinguibile dallo zero.
Va dato atto a Mancuso che in più punti egli si discosta coraggiosamente dalla dottrina ufficiale della Chiesa, non mancando di criticare alcuni dei pilastri del cristianesimo tradizionale (come ad esempio la nozione di peccato, a proposito del quale sostiene che ce n’è propriamente solo uno che meriti l’Inferno: «la bestemmia contro lo Spirito», p. 232), e non si può non ammirarlo quando, a proposito di Giordano Bruno, scrive: «Bruciandolo sul rogo, la mia Chiesa ha tolto all’Occidente la possibilità di fondare il senso della giustizia e del bene sull’ordine naturale. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti» (p. 20). In tutto ciò egli è guidato però dall’idea un po’ esaltata che, laddove le sue opinioni sembrassero eterodosse, esse sono a suo parere «pienamente ortodosse rispetto alla verità immutabile di Dio quale bene, sorgente e meta della vita del mondo» (p. XV).
Ma non è di Principio Ordinatore immanente, Principio personale trascendente, anima, immortalità, peccato, paradiso, purgatorio, inferno e limbo, temi ampiamente trattati da Mancuso, che qui voglio parlare. La mia coscienza atea mi impedisce di prenderli sul serio per più di cinque minuti anche con tutta la buona volontà di questo mondo. A me interessa il nocciolo della sua argomentazione filosofica, esibito chiaramente e, ahimè, disastrosamente, nel § 44, intitolato “L’origine della vita”. La domanda delle cento pistole è: Perché mai a un certo punto della storia dell’universo è uscita la pallina rossa della vita? Dovendo scegliere fra tre spiegazioni possibili (le uniche che egli riesca a vedere, e già qui si colgono dei limiti enormi nella sua millantata conoscenza delle teorie scientifico-filosofiche in campo), cioè fra il “caso”, il “miracolo” e la “necessità intrinseca”, egli dichiara di abbracciare la terza: «se è uscita l’unica pallina rossa della vita, è perché doveva uscire proprio lei. Dagli informi gas primordiali doveva scaturire la vita. Io sostengo che vi è una finalità intrinseca nella natura, esattamente quella medesima teleologia di cui parlava Aristotele, che so bene essere un supremo tabù per molti biologi contemporanei» (pp. 116-117). Questo passo così candidamente pretenzioso mi ha fatto venire subito in mente un paio di pagine de L’idea pericolosa di Darwin (§ 7.3, tr. it. Bollati Boringhieri 2002, pp. 208-209) in cui Dennett smaschera implacabilmente l’imbarazzante errore puramente logico contenuto in questo tipo di inferenza, classicamente adottata dai sostenitori della versione “forte” del cosiddetto “principio antropico”. L’argomento del tipo di quello adottato da Mancuso non è un tabù, come egli sostiene allegramente, ma una banale fallacia logica che può essere illustrata in maniera semplicissima. Come nota Dennett, nella sua forma “debole” e innocua il principio antropico si basa su una normale applicazione della regola del modus ponens: «se x è una condizione necessaria per l’esistenza di y e y esiste, allora x esiste». In simboli, si tratta del teorema: (((y → x) & y) → x), in cui il “Dev’essere vero che” sta rigorosamente all’inizio della formula. Essa, infatti, non dice che x o y o entrambi sono necessari, ma che è necessario che se y → x e si dà anche y, allora si “deve” dare anche x, dove x e y, nel caso delle scienze empiriche, sono eventi (o descrizioni di eventi) contingenti. La necessità, qui, consiste solo nel fatto che x deve darsi affinché si dia y; il che non significa affatto, come invece pensano erroneamente quelli che argomentano alla maniera di Mancuso, che x e y siano necessari in assoluto. Scrive Dennett: «Riconosco che mi è difficile credere che un tale equivoco e una tale controversia siano stati generati in realtà da un banale errore logico, ma si hanno prove concrete che spesso questo corrisponde al vero, e non soltanto nell’ambito delle discussioni sul principio antropico. Si considerino gli analoghi equivoci che circondano la deduzione darwiniana in generale. Darwin deduce che gli esseri umani devono essersi evoluti da un antenato comune agli scimpanzé e che tutta la vita deve essere emersa da un unico principio, e alcuni, in modo inspiegabile, interpretano queste deduzioni come la tesi che gli esseri umani siano in qualche modo un prodotto necessario dell’evoluzione, o che la vita sia una caratteristica necessaria del nostro pianeta. (…) Quanti credono nel principio antropico (…) pensano di poter dedurre qualche cosa di meraviglioso e stupefacente dal fatto che noi osservatori coscienti siamo qui – per esempio, che in qualche senso l’universo esiste per noi, o forse che noi esistiamo affinché possa esistere l’universo nella sua totalità, o addirittura che Dio ha creato l’universo come l’ha creato affinché noi fossimo possibili».
L’argomento di Dennett, in sostanza, è questo. Che cosa significa, ad esempio, dire che il DNA è una condizione necessaria per l’esistenza degli organismi multicellulari come noi? Significa semplicemente che il DNA deve esserci affinché tali organismi siano possibili, i quali costituiscono così una condizione sufficiente per l’esistenza del DNA. In termini logici questo si traduce così: l’esistenza degli organismi multicellulari come noi implica l’esistenza del DNA (e non viceversa!), e siccome noi esistiamo, allora anche il DNA deve esistere. Ma questo non equivale a dire (come sostengono i finalisti alla Mancuso) né che l’esistenza del DNA sia necessaria in sé, cioè da sempre prevista dalla Natura, né che gli organismi multicellulari come noi siano un prodotto necessario, e addirittura da sempre ‘voluto’ dal Progettista divino, del DNA. Infatti, la molecola del DNA poteva tranquillamente non formarsi e inoltre non c’è contraddizione nel pensare a un mondo dove ci sia il DNA e non ci siamo noi (del resto è stato così per alcuni miliardi di anni). Viceversa, non abbiamo alcuna possibilità di concepire un mondo in cui ci siamo noi ma non c’è il DNA. L’inferenza alla Mancuso, quindi, è un puro e semplice errore logico che nasce da un fraintendimento del condizionale e del modus ponens.
È vero, aggiungo, che il teorema precedente implica la versione modale della regola del modus ponens: ((y → x) & y) → x, che apparentemente sostiene un’inferenza come quella di Mancuso. Ma qui x e y diventano enunciati dimostrabili, ovvero descrizioni di ‘fatti’ logico-matematici necessari che nulla hanno a che vedere con i fatti tutti contingenti del mondo in cui viviamo, come la combinazione antropica delle costanti fisiche fondamentali, la formazione degli elementi chimici pesanti e delle molecole inorganiche, la sintesi delle proteine, la comparsa degli organismi multicellulari e la nascita dell’Homo sapiens. Chi ha voglia di sostenere il contrario, cioè che nel mondo possono darsi fatti logicamente e ontologicamente necessari, si autoinfligge un onere della prova filosoficamente insostenibile e scientificamente disperato. Questa cosa ovvia Mancuso avrebbe potuto acquisirla adeguatamente se solo avesse meditato almeno sulla proposizione 5.634 del Tractatus di Wittgenstein, anziché fermarsi a un innocuo aforisma sulla morte di sapore epicureo – «Il timore della morte è il miglior segno di una vita falsa, cioè cattiva» – contenuto nei Quaderni 1914-1916 (cfr. p. 196).
Di fronte a un libro come quello di Mancuso, allora, è difficile non ripensare alla celebre conclusione della Ricerca sull’intelletto umano di Hume: «Se ci viene alle mani qualche volume, per esempio di teologia o di metafisica scolastica, domandiamoci: Contiene qualche ragionamento astratto sulla quantità e sui numeri? No. Contiene qualche ragionamento sperimentale su questioni di fatto e di esistenza? No. E allora, gettiamolo nel fuoco, perché non contiene che sofisticherie e inganni» (ed. Laterza 1996, p. 261).

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51 commenti

Giol

Insomma, i teologi stanno ancora cercando di vendere fumo.. come è nella loro tradizione.
I furbetti del quartierino hanno pensato bene di by-passare gli scienziati e i filosofi “che contano” per dialogare solo con pseudo-scienziati già inclini più al misticismo che alla scienza, e per di più strumentalizzando la spiritualità atea di Einstein!
Che pover uomini…

Jean Meslier

Leggermente OT, vorrei esprimere in modo indiretto i miei complimenti per questa recensione…
non ho letto il libro di Mancuso (né mi interessa, a dir la verità) per cui non posso confermare che le critiche mosse da Marco Trainito vadano a segno, ma avrei voluto poter leggere demolizioni altrettanto ben argomentate e circostanziate del libro di Odifreddi, anziché le stroncature biliose provenienti dall’area cattolica, molte delle quali facevano pensare che il recensore non si fosse sforzato di andare oltre pagina 1 (la famigerata provocazione “cristiani-cretini”).

Marco T.

Caro Meslier, ti ringrazio per i complimenti.
In effetti mi sono concentrato su un aspetto cruciale e sofisticato solo perché mi sembra che, facendo saltare quello, tutto l’edificio metafisico del libro crolli miseramente. Ma qua e là si incontrano delle perle di dettaglio davvero esilaranti. Nel § 7, ad esempio, intitolato “Evoluzione ed evoluzionismo”, in cui Mancuso pretende di separare il “fatto” dell’evoluzione dalla sua “interpretazione” evoluzionista-darwiniana, sulla scorta di uno spericolato riferimento alla nozione di “slancio vitale” di Bergson (un altro fossile pseudofilosofico riesumato da Mancuso, insieme a quello di Teilhard de Chardin), si sostiene niente meno non solo che l’espansione dell’universo è “probabilmente la legge fondamentale della natura” (sic!), ma anche che la “generazione ininterrotta della natura, il motore dell’evoluzione” ne è la RIPRODUZIONE in piccolo sul nostro pianeta, dato che, se l’espansione è una legge universale, deve valere anche localmente sulla terra! (cfr. p. 15). Per Mancuso, quindi, espansione dell’universo ed evoluzione e differenziazione biologica sono praticamente la stessa cosa! Gli scienziati, invece, quando paragonano la vita alle vere leggi fondamentali, come il secondo principio della termodinamica, ricordano che una struttura vivente costituisce un’ECCEZIONE locale e transitoria all’aumento inesorabile dell’entropia nel cosmo.

Stefano199

Ma come si fa sa diventare professori di Teologia moderna e contemporanea? Cioè cosa si studia? Come si viene valutati? Ha sbocchi occupazionali? Qual è il ruolo del teologo nella società? Chi lo paga, lo Stato o il Vaticano? Alle volte mi viene da pensare che ho buttato 5 anni e passa, a studiare biologia…

Massimo

“La natura presta ma non regala”
Gli esseri viventi prendono volentieri ma restituiscono malvolentieri.
Così chiunque prometta di non dover restituire (non importa a quale livello culturale compia questa promessa: perché ogni livello culturale ha i suoi corrispettivi) a facile fortuna.
Perché si appella ai desideri di bello, di bene, di utile e quant’altro.
Ma questo comportamento scorretto non si sconfigge con le scienze fisiche, bensì con la dimostrazione che per ogni formazione psichica “non esiste nessun bene senza il suo male contrario”. Talché la morte non è altro che la ricongiunzione degli opposti: con “buona pace” di tutti i desideri.

cartman666

Bella recensione, mi complimento con l’autore per essere riuscito a leggere quel mattone teologico di 317 pagine, che resistenza!
Presumo che mi sarebbero bastate due pagine per farmi da sonnifero.

Ivo Silvestro

Il libro mi è stato regalato tempo fa, per il mio compleanno (insieme a Perché non possiamo essere cristiani di Odifreddi), e non l’ho ancora letto. La recensione mi sembra comunque ben fatta: complimenti all’autore.

Silesio

Purtroppo (lo dico sinceramente) ha alle spalle un battage pubblicitario impressionante. Fin quando il nostro sistema ideologico investe su Mancuso, non mi stupisco della fuga dei cervelli all’estero. Noi generiamo i mancusi….

Daniela

la teologia è aria fritta , ne più ne meno, i teologi disquisiscono sul nulla e su favole non so com’è che credono alle cose che dicono.

tadeuz

Ritengo che Mancuso e Dawinks, Dennett, Wilson, Diamond, Mayr, si trovino esattamente agli antipodi, che si devono fare nel confrontare persone e pensieri teologici medievali collocati in contesti storici tanto diversi, a questo punto si fa serio; quello il dramma della Italia attuale.

franz

Vorrei augurare un felice e sereno 2008 a tutti i soci dell UAAR, dei soci dell associazione Bertrand Russell, dei soci di Italia Laica, dei soci dell associazione Libero pensiero Giordano Bruno,ai soci dell associazione Giuditta Tavani Arquati e a tutte le altra associazioni che si battono per il libero pensiero contro l OSCURANTISMO della Chiesa cattolica. Vorrei che quest anno fosse l anno in cui vengano approvate leggi serie sill eutanasia, sul testamento biologico, sui funerali laici, sulla dispersione delle ceneri in natura, che venga completamente modificata la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, che vengano aboliti i crocifissi negli edifici pubblici, che venga abolita l ora di religione, che vengano completamente aboliti tutti i privilegi concessi alla Chiesa cattolica, che venga abolito il Concordato, che venga approvata la legge per l uso della pillola ru486 abortiva. Ma soprattutto il mio augurio va a due categorie di persone: le donne e gli omosessuali cosi maltrattate e oltraggiate dalla Chiesa cattolica. Buon 2008 alle donne e agli omosessuali. Buon 2008 a tutte le associazioni che si battono per la laicita dello Stato Italiano.Speriamo che questo nuovo anno che sta per arrivare ci porti ciò di cui sopra. Buon 2008 a tutti i laici.

Silesio

Consiglio anche la lettura di “Il dolore innocente. L’handicap, la natura e Dio” ove si sottolinea il ruolo occupato dalle persone gravemente handicappate nei disegni di dio. Esse infatti portano in sé la passione di Cristo. Siccome la croce non è un episodio contingente, ma appartiene ad uno stadio importante dell’attività creatrice di Dio, ecco che l’handicap e il dolore innocente (senza una ragione) sono una specie di benedizione. Personalmente da un paio d’anni mi occupo di neurofilosofia e di neuroteologia (Persinger ecc.) e credo che scriverò a Mancuso per chiedergli se è disposto a sottoporsi a qualche test

franz

Auguro un Felice e Sereno 2008 alle donne e agli omosessuali le due categorie di persone piu assurdamente oltraggiate dalla chiesa cattolica,sperando che questo sia l anno in cui vengano pienamente riconosciuti i loro diritti. Naturalmente buon 2008 a tutte le associazioni laiche.

Daniela

felice anno nuovo a tutti voi, e speriamo che il 2008 sia diverso dal precedente, speriamo di avere delle belle sorprese

Tommy David

Grande Marco, non sapevo scrivessi anche qui!
Fai bene a citare Dennett (1995), che ci mette in guardia contro quello che è «forse il più comune dei travisamenti del darwinismo: l’idea che Darwin abbia mostrato che l’evoluzione per la selezione naturale è una procedura per generare Noi» (p. 68). Questo argomento è spesso usato da sedicenti scienziati “illuminati” ma è un fraintendimento che caccia Dio dalla porta e lo fa rientrare dalla finestra. Quel che deve essere chiaro infatti è che «l’esistenza di un universo che obbedisce a un insieme di leggi […] dal punto di vista logico non necessita di un Legislatore intelligente» (p. 222).

P.S.: piccola svista nella tua recensione: a un certo punto – la prima volta – citi erroneamente il libro di Dennett come “La pericolosa idea di Darwin”. Poco sotto lo citi correttamente come “L’idea pericolosa di Darwin”. Correggi!

P.P.S.: qualche giorno dovremo parlare della concezione algoritmica dell’evoluzione per Dennett…

carla.d

ogni forma di vita è in fieri: questo è un dato di fatto.Mancuso sostiene:” L’universo è in estensione e rispecchia l’evoluzione umana e viceversa” (ho capito bene?); mi chiedo: ma quale sarà il prodotto finale di queste infinite evoluzioni e combinazioni? Per forza l’uomo?
Per i credenti, con un cervello raziocinante, penso che nessuno riuscirà a capire mai le vere intenzioni di Dio, verrebbe a cadere lo stesso concetto di Dio.
Scusate la riflessione terra terra.
Marco bravo! sempre un’analisi lucida e ricca di pathos.

Gino Pieri

E Zichicchi non sta tra gli scenziati citati dal Mancuso?
Saluti
Gino Pieri

Marco T.

@ Silesio

Anche in questo libro Mancuso torna sul problema del “dolore innocente”, non risparmiandoci le sue demenziali speculazioni soteriologiche sugli handicappati e i feti abortiti (§§ 48-49).

@ Tommy David

Carissimo Tommy! Com’è piccolo il www, eh? 😉
Ti ringrazio moltissimo per la segnalazione della svista.
Sì, mi sa che di là qualche volta si dovrà parlare come si deve di Dennett.

@ carla.d

Ciao Carla. Ma sei la Carla D. che conosco io?
Hai capito bene: Mancuso considera la stessa cosa, o aspetti della stessa cosa (un ordine cosmico razionale, l’Ordine), l’espansione dell’universo e l’evoluzione biologica.

@ Gino Pieri

No, non ci sta. Per fortuna, almeno le Zichicche ce le ha risparmiate.

Buon anno a tutti!

marco sanna

inanzitutto ringrazio Marco T. per la recensione.

Per chi volesse approfondire il “messaggio” del teologo e le sue idee di “progetto dal basso” o di “vita che procede per interconnessioni armoniose” con le solite citazioni di Fritjof Capra e Paul Davies, invito ad ascoltare l’interessantissima conferenza dal titolo:
L’evoluzione, Darwin e l’anima
qui:
http://www.radioradicale.it/scheda/226949/levoluzione-darwin-e-lanima

Per sua “sfortuna” al confronto erano presenti anche Edoardo Boncinelli e Telmo Pievani…
buon ascolto 🙂

Andrea Valente

Grazie per il link. Boncinelli. Questa incognita. Ho letto e apprezzato alcuni dei suoi libri; se lo seguo nella sua opposizione a certo relativismo filosofico postmoderno, a certa ideologia acriticamente anti-scientifica, mi fermo invece su altre sue posizioni; quella gouldiana sui magisteri non sovrapposti (scienza e fede) e sulla Chiesa come unica istituzione moderna che si curi ancora di difendere la Ragione (?).
Altra uscita a mio parere infelice è quella in cui il nostro assegna alla scienza il merito di farci progredire “sul piano materiale”; posizione ambigua che temo rischi di alimentare il mito per cui la scienza è progresso tecnologico fine a se stesso cui la religione deve porre rimedio coi valori spirituali.
So che lavora al San Raffaele e presumo che alcune sue ricerche potrebbero essere state finanziate da ambienti ecclesiastici. Basterebbe questo a spiegare certe sue uscite?
Seguirò la conferenza.

Valentino Salvatore

Compimenti a Marco Trainito! Che sarebbe Marco T., mi pare.

Marco T.

@ Valentino Salvatore

Sì, Valentino, è come “pare”. 😉

Ringrazio Marco Sanna per l’interessantissimo link! Sentire Mancuso, Pievani e Boncinelli tutti in una volta è davvero spassoso. Del resto, nel suo libro Mancuso cita in un’occasione (p. 18) un breve passo di “Creazione senza Dio” di Pievani per mostrare il grave errore di Darwin e dei darwinisti, secondo i quali l’evoluzione non mostra una “direzionalità o un qualsiasi piano di sviluppo”. Secondo lui, “il piano di sviluppo nella natura invece esiste e si chiama relazione, web, come dice Capra”, oppure “Logos”, come dicevano i Greci, ovvero “Entelechia”, come diceva Aristotele, o ancora “Hokmà”, come dicevano gli Ebrei, o “Maat”, come dicevano gli Egizi, o “Dhamma”, come dicono gli Indù, o “Tao”, come dicono i Cinesi, o “Shinto”, come dicono i Giapponesi. E se lo dicono queste riconosciutissime autorità scientifico-filosofiche, Darwin, Pievani e quelli che la pensano come loro dovrebbero andare a nascondersi… 😀

Andrea Valente

L’intervento di Mancuso è piuttosto divertente. Salivazione azzerata, panico completo, mancava solo lo stridore dei polpastrelli che cercano di arrampicarsi su una lastra di vetro.
Boncinelli termina il suo discorso esponendo la teoria della consustanzialità tra materia cerebrale e mente, e Mancuso esordisce citando Marc’Aurelio. Quadretto idialliaco dell’eterna guerra tra le parole e i fatti.

Alessandro

Salve a tutti.
Paragonare l’evoluzione ad un vortice che ammassa oggetti in modo totalmente casuale (la metafora del boeing) è la cosa che più dimostra la totale ignoranza di quello che significa selezione naturale e del suo ruolo nell’evoluzione. Questo credo sia una delle più grandi obiezioni per demolire l’impianto teorico (e retorico!) di Mancuso e dei tanti che l’hanno preceduto. L’evoluzione è “casuale”, ma non del tipo estrazione di palline da un cesto dove tutto è possibile. L’insorgenza di mutazioni nella popolazione, i fenomeni climatici e geografici, questi sono fattori casuali che intervengono nel processo evolutivo ( accidenti storici come le catastrofi naturali che infatti hanno causato l’estinzione di “incolpevoli” interi gruppi tassonomici). La selezione naturale agisce sulla variazione all’interno delle popolazioni ed è forza “creatrice”; in che senso lo si capisce leggendosi i vari testi al riguardo (consiglio anche Staphen Jay Gould, fra le letture che fanno capire che vuol dire evoluzione per selezione naturale). Se non esiste la pressione selettiva su determinati caratteri, questi tendono a sparire (gli occhi negli animali che vivono al buio, ad es.), perché al rimescolamento all’interno della popolazione non c’è più nessuna forza selettiva che si oppone. Grazie alla selezione, l’evoluzione subisce dunque un “indirizzamento” (ma non nel senso di un fine, ovviamente!). Inoltre la selezione agisce all’interno di tante costrizioni biologiche contro le quali è impossibile procedere, tanto è vero che non tutto è possibile: da un arto tetrapode non si è riformata una vera pinna nelle balene, così come non si sono riformate le branchie!
L’incapacità di comprendere il vero e potente significato della selezione naturale nel processo evolutivo è purtroppo molto diffusa, ed evidentemente 150 anni di spiegazioni (iniziate dallo stesso Darwin) non sono stati sufficienti.

Un buon anno a tutti

Alessandro

Massimo

A proposito di “etica” e di scienza.
Partendomi dalla conferenza indicata da Marco Sanna, colgo i “limiti” della scienza rispertto alla teologia anche nella condizione per la quale Freud dice essere la “mortificazione dell’uomo” la chiave di volta della rivoluzione darviniana.
Dunque, l’esatto contrario di ogni gratuita supposizione umana.
Però, proprio per avvantaggiarsi di questa supponenza chi sostiene l’etica come “superiorità dell’uomo” (pur senza alcun’altra dimostrazione, ma ben sostenuto da quant’altri vi si avvantaggiano) non ci sta.
Ma la supponenza è virtù o è ciò che fa difetto all’etica, non prima che alla ricerca della verità e, dunque, ciò che produce gli autoinganni (quand’anche non ancora la disonestà intellettuale)?

Bruna Tadolini

Correggetemi se sbaglio, ma lettendo l’interessante recensione in cui si riporta il pensiero di Mancuso che sostiene la “necessità intrinseca” e dichiara di abbracciarla: «se è uscita l’unica pallina rossa della vita, è perché doveva uscire proprio lei. Dagli informi gas primordiali doveva scaturire la vita. Io sostengo che vi è una finalità intrinseca nella natura, esattamente quella medesima teleologia di cui parlava Aristotele, che so bene essere un supremo tabù per molti biologi contemporanei» (pp. 116-117) …….. che idea nuova c’è rispetto al vecchio “Non si muove foglia che dio non voglia!”?

Collana Scienza ed Idee??!!???

Rudy

Vidi diverse settimane fa il libro in bella mostra in libreria e fui incuriosito anche perchè l’editore Cortina pubblica testi molto interessanti, poi scorrendo sommariamente risvolti di copertina ed inizio ho inteso immediatamente il tenore dello scritto e ho capito che doveva stare nello scaffale “Religioni e spiritualità”.
L’ho rimesso al suo posto.
Non c’è tempo per ciò che non costruisce l’intelletto.

ALESSIO DI MICHELE

Ho capito bene: collana diretta da Giulio Giorello ???

Marco T.

@ Bruna Tadolini

Cara Bruna, non c’è molto di nuovo, se non la pretesa un po’ patetica di arrivare alla medesima conclusione citazzando affermazioni speculative di biologi e scienziati che, come direbbe Dennett, hanno paura dell’ “idea pericolosa” di Darwin (cioè dell’acido universale rappresentato da una selezione naturale cieca che opera senza l’aiuto di ganci appesi al cielo). In tal modo Mancuso crede di poter fare passare il suo metafisicume per speculazione filosofico-teologica agganciata al sapere scientifico.

@ Alessio

Il fatto che Giorello abbia ospitato nella collana da lui diretta un libro come quello di Mancuso è in accordo con la sua idea di “tolleranza” (difesa ad esempio in “Di nessuna chiesa”), agganciata a una linea genealogica che ha come snodi cruciali Milton, Stuart Mill, Popper e Feyerabend. Certo, se uno pensa che nella collana “Scienza e idee” il libro di Mancuso è il n. 162 e che il n. 159 è il meraviglioso “Rompere l’incantesimo” di Dennett, gli viene da ridere.

Bruna Tadolini

Grande sostenitrice della tolleranza ma cosa ha questo a chè fare con un tentativo di truffa …… un simile libro in una collana “Scienza e idee” (non Scienza o idee!)

Marco T.

@ Bruna

Vuoi che ti dica come la penso nei momenti di cattivo umore? E’ una pura questione economica. La fascetta sulla copertina strombazza 50.000 copie vendute in un mese, che è una cifra assolutamente insolita per i libri di questa collana. A un Editore fa comodo ospitare ogni tanto libri che faranno inevitabilmente cassa, oltre che grancassa. Non a caso nei “Ringraziamenti” Mancuso rivolge un insolito pensiero all’Editore e al direttore della collana per aver ospitato il suo libro. Insomma, per certi versi, e su scala opportuna, il libro di Mancuso può diventare “Il codice da Vinci” della filosofia neoguelfa italiota (che peraltro è popolarissima, ahimè). E a queste cose la logica di mercato non ci sputa di certo.

Bruna Tadolini

…. in realtà la mia è tutta invidia: infatti qualche anno fa l’editore gentilmente rifiutò il mio libro “Dal big bang a dio. Il lungo viaggio della vita” perchè sommerso dai libri mediocri americani che doveva pubblicare per avere quelli da cassetta!

Ma non mi lamento: la divulgazione del contenuto (l’unica cosa che mi interessava) l’ho comunque ottenuta, infatti più di 2000 persone lo hanno liberamente scaricato da internet e considero questo un eccezionale risultato!! …. grazie soprattutto a voi/noi

Marco T.

Tra le oltre 2000 persone che lo hanno scaricato mettici pure me. Infatti ce l’ho in saccoccia da diversi mesi (da quando me lo hai segnalato nel corso di un nostro scambio di idee in questa sede) e ogni tanto lo consulto. Ultimamente mi è stato molto utile per “ripassare” un po’ di chimica organica a proposito di nucleotidi, amminoacidi e proteine. Ne approfitto per chiederti una cosa: come mai non ci rimetti mano per eliminare quei disegni a mano libera delle molecole, sostituendoli con realizzazioni grafiche fatte al computer? Non dovrebbe essere una cosa difficile, e ci guadagneresti in eleganza ed efficacia didattica.
Ciao

Bruna Tadolini

Io sono una “vecchia” signora per la quale è proibitivo ciò che è semplice per un ventenne!
Un disegno a mano libera, una scannerizzata ed un inserisci li so fare ….. il resto no!
Vorrei anche migliorare il sito per inserire approfondimenti su certi argomenti (sempre a livello di chiacchiere da bar) ma il libro su come programmare (HTML 4.01 guida per il programmatore) è sempre lì …… e farne un blog per permettere agli utenti di fare domande (già me le fanno per e-mail) e ricevere risposte a disposizione di tutti

Ma! prima o poi, rompendo le scatole a mio figlio (senza il quale il sito non esisterebbe e che mi ha gentilmente fornito il libro ……. se si vuole intendere!) …

Leonardo

Buon giorno,

io invece trovo molto interessante il libro di Mancuso, e mi complimento con l’autore.
In generale, e lo dico sommessamente e da fisico teorico di professione, trovo che sia pericoloso ridurre il lavoro intellettuale “che conta” alla ricerca scientifica e tecnologica, cosi come ridurre il nostro voler pensare alle sole cose misurabili e quantificabili. D’accordo, poesia, letteratura, filosofia, arte saranno forse balbettii non computabili, ma sono pur sempre tentativi di comprendere il mondo, di chiedersi, oltre al “come funziona” anche il “perché ci sia”, e anche in questi campi si possono trovare gradi molto diversi di qualità. Credo non si possa confondere un Mancuso, un Martini, un Ratzinger, un Cacciari con i compilatori di oroscopi o i lettori di mani.
La freddezza e il cinismo che qualcuno degli interventi qui pubblicati esprime mi fa sperare che ci sia sempre qualcuno (cristiano, islamico, buddhista, testimone di geova,ecc.) , anche nelle posizioni di potere, che vuole vedere nell’uomo qualcosa di più che un complesso aggregato di atomi. [tra l’altro, vorrei sapere in base a quala LOGICA infatti l’ateo pensa – credo lo pensi -che uccidere un uomo sia cosa diversa dall’uccidere un moscerino. Convenienza egoistica?]

Andrea Valente

Sarebbe ora di comprendere che la “spiritualità” non è monopolio delle religioni organizzate o delle credenze metafisiche. Trovo, e sento trovare, molta spiritualità e molta etica nella scienza.
E anche l’argomento dei diversi modi di leggere il mondo è un po’ trito, voglia scusare. Può essere affascinante sapere che alcune tribù dell’Africa curano le malattie psichiche sgozzando zebre e danzando in cerchio, ma da qui a crederci o a fare lo stesso se la suocera si ammala di depressione ne passa.
Mi fa piacere se Milan Kundera irride al tentativo scientifico di trovare una base materiale per la psiche, ma stiamo certi che se emergessero dati scientifici univoci in merito non avrei problemi a stabilire cosa sia “vero” e cosa sia “poetico”.

Marco T.

@ Leonardo.

Caro Leonardo,
le riporto un passo tratto da un mio precedente intervento:

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Siccome lei è un fisico teorico di professione (io sono solo un docente di filosofia), mi piacerebbe un suo parere su questo.
Qui nessuno stava dicendo che l’uomo è solo un ammasso di atomi, né che ciò che non è scienza dura è solo balbettio non computabile: qui si stava valutando l’effettivo rigore di un teologo che si presenta esplicitamente come rigorosissimo dal punto di vista scientifico e filosofico.

Marco T.

@ Leonardo.

Caro Leonardo,
le riporto un passo tratto da un mio precedente intervento:

“[Mancuso] sostiene niente meno non solo che l’espansione dell’universo è “probabilmente la legge fondamentale della natura” (sic!), ma anche che la “generazione ininterrotta della natura, il motore dell’evoluzione” ne è la RIPRODUZIONE in piccolo sul nostro pianeta, dato che, se l’espansione è una legge universale, deve valere anche localmente sulla terra! (cfr. p. 15). Per Mancuso, quindi, espansione dell’universo ed evoluzione e differenziazione biologica sono praticamente la stessa cosa! Gli scienziati, invece, quando paragonano la vita alle vere leggi fondamentali, come il secondo principio della termodinamica, ricordano che una struttura vivente costituisce un’ECCEZIONE locale e transitoria all’aumento inesorabile dell’entropia nel cosmo”.

Siccome lei è un fisico teorico di professione (io sono solo un docente di filosofia), mi piacerebbe un suo parere su questo.
Qui nessuno stava dicendo che l’uomo è solo un ammasso di atomi, né che ciò che non è scienza dura è solo balbettio non computabile: qui si stava valutando l’effettivo rigore di un teologo che si presenta esplicitamente come rigorosissimo dal punto di vista scientifico e filosofico.

Leonardo

Per Andrea:

la sua risposta e’ molto interessante e sarebbe interessante anche trovare un esempio di etica che fuoriesca da un discorso (strettamente) scientifico: non credo sia possibile, a rigore, ma ci pensero’ e la prego di suggerirmi qualche esempio se lei ne avesse trovati. Non credo infatti possa funzionare qualcosa del tipo: “la chimica mi dimostra come noi uomini inquiniamo, e da qui otteniamo un suggerimento – scientificamente fondato – su come comportarci per non inquinare. La scienza quindi ci suggerisce un’etica.”, o del tipo: “la scienza mi dice che i batteri sono responsabili di una certa malattia, e mi spiega come l’antibiotico contrasti lo sviluppo di tali batteri; allo stesso tempo la scienza, sempre con una serie di controlli sperimentali, dimostra che i metodi stregoneschi non hanno alcuna incidenza. Quindi la scienza ci dice che se voglio guarire un malato, la cosa giusta da fare e’ usare l’antibiotico, non lo stregone.” D’accordo, ma la vera domanda etica e’: “perche’ dovrei ridurre l’inquinamento?” “perche’ dovrei guarire l’uomo malato?”. Non il “come”, ma il “perche'”, e la scienza e’ indifferente ed estranea a tale contesto.
Se voglio guarire l’ammalato, la scienza e’ eccezionale: mi mette a disposizione il metodo migliore per raggiungere l’obiettivo. Ma perche’ dovrei volerlo guarire? Per la scienza l’uomo malato e’ solo un insieme di atomi, esattamente come i milioni di batteri che lo abitano.
Se decido che voglio salvare l’uomo e uccidere i batteri, lo faccio sulla base di un valore (religioso, non religioso, di abitudine, di superstizione, sentimentale, ecc. ) che, io ritengo, non sia logicamente fondato, e quindi sia, sostanzialmente, irrazionale.

Per Marco T.:

Ha ragione da vendere: Mancuso non e’ rigoroso scientificamente. La valutazione che egli fa
dell’espansione non e’ assolutamente scientificamente fondata, ma credo che egli ne sia ben consapevole. Mi sembra che in generale tutti i filosofi (da Aristotele a Kant, Hegel ecc.) prendano
le conoscenze scientifiche e le investano di un significato. Anzi, direi che questo e’ proprio il mestiere del filosofo, quello di spiccare dei salti verso possibili orizzonti lontani, scenari che la conoscenza vera e propria si limita ad accennare. Fare un discorso filosofico che sia rigoroso
dal punto di vista scientifico mi pare una contraddizione: un discorso rigoroso dal punto
di vista scientifico e’ scientifico tout court.

Andrea Valente

Caro Leonardo,

sinceramente non me la sentirei di far mio il dualismo che lei mostra di sostenere. La prima obiezione che mi viene in mente è che – se pur fosse vero, ragionando per assurdo – che la scienza ragionasse ciecamente e meccanicisticamente al di fuori di ogni logica umana, questo non sarebbe sufficiente per cogliere un mandato divino nella mia etica o per adottare un sistema di valori assolutista con cui porre rimedio alla cecità selvaggia del sapere scientifico.
Tuttavia, non sono d’accordo con questo assunto. La mia posizione è che ogni forma di concetto complesso emerga dall’interazione di aggregrati materiali sufficientemente complessi (i neuroni). Ogni forma di pensiero complesso significa l’altruismo, le tensioni etiche, le metodologie. Lei sembra dissociare il mondo materiale da quello spirituale, io li considero monisticamente consustanziali.
Gli atteggiamenti solidali all’interno della comunità (“è giusto curare un depresso perchè soffre”. “è giusto ridurre l’inquinamento”) possono essere spiegati senza alcun problema tramite moduli comportamentali evoluti su basi darwiniste, non abbisognano che io trovi l’imposizione di Dio nel mio volere il bene del prossimo.
Spero di aver risposto alla sua domanda.

Mi piacerebbe tuttavia esprimere la mia opinione anche in merito all’affermazione che lei riserva a Marco Trainito, nonostante egli sia sicuramente più titolato di me sulla questione (io sono un neuropsicologo, non un filosofo.)

“Mi sembra che in generale tutti i filosofi (da Aristotele a Kant, Hegel ecc.) prendano
le conoscenze scientifiche e le investano di un significato. Anzi, direi che questo e’ proprio il mestiere del filosofo, quello di spiccare dei salti verso possibili orizzonti lontani, scenari che la conoscenza vera e propria si limita ad accennare.”

Non potrei essere più in disaccordo. Pievani in “Creazione senza Dio” cita proprio questo atteggiamento molto diffuso in Italia indicandolo come “il vezzo di far filosofia come se la scienza non esistesse.”
I grandi edifici metafisici sono caduti io credo (è mia opinione) definitivamente dopo l’avvento del neopositivismo – pur con i suoi limiti – e alla rivoluzione scientifica novecentesca. Oggi il ruolo della filosofia speculativa è messo in seria discussione dall’esistenza di fatti scientifici che non è agevolissimo manipolare per chi non abbia una formazione scientifica approfondita. Tuttavia per rendere conto dei fatti bisogna anche conoscerli nella loro esattezza. Mancuso credo – e gli viene rinfacciato dallo stesso Boncinelli e Pievani durante la conferenza sopra linkata – travisi fatti scientifici plasmandoli sotto sue personali convinzioni. Il che è semplicemente indice di malafede o incompetenza, non ha nulla a che fare con l’infusione di un senso ultimo nei dati.

Roberto59

Carissimi,

ho letto con interesse tutti i commenti, avendo letto il libro di Mancuso, di cui sono (e lo dico subito onde evitare malintesi) un convinto estimatore.

Ho alcune piccole obiezioni da fare a Marco Trainito ed a Andrea Valente.

Per Marco Trainito:

se dovessimo usare il criterio di Hume per definire cosa leggere e cosa distruggere temo che anche tutto questo blog (inclusa la sua recensione) andrebbe a finire al rogo, ma non è questo il punto. Credo invece che sia emblematicamente fallace il ragionamento anti-Hoyle di Dawkins: infatti non vedo come sia possibile comparare “scientificamente” una complessità logica con una complessità bio-logica (e fra l’altro anche il farlo mi sembra in sostanziale contraddizione con la tesi che la mente (scilicet: la logica) “emerga” dal cervello (entità bio-logica). Tuttavia non conosco il testo di Dawkins, quindi può darsi che quello che ne ricavo dal suo testo non sia corretto: in questo caso la pregherei di dare qualche delucidazione sul tema.

Per Andrea Valente:

cosa intende quando dice che “ogni forma di pensiero complesso significa l’altruismo, le tensioni etiche, le metodologie”? A che livello di complessità si manifestano queste cose? Esiste una soglia? E poi in chi non si manifesta l’altruismo o la tensione etica (tralasciamo la metodologia) esiste dunque un deficit di complessità mentale/logica? O esiste forse qualche cosa di non unicamente materiale che influisce su tali cose? Se partiamo dall’assunto che il mondo materiale e quello spirituale siano monisticamente consustanziali, allora parrebbe sensato inferire che tutti gli uomini debbano avere uguale (o molto simile) sentire rispetto ad altruismo, metodologia, tensione etica: ma ogni giorno la vita ci dimostra il contrario. Come si spiega questo, “more geometrico”? Last but not least: trovo molto ingiusto accusare Mancuso di incompetenza/malafede per il fatto di integrare teorie (e non fatti) scientifiche in una sua visione del mondo. Non è forse quello che ogni uomo pensante fa, selezionando e armonizzando in una sintesi personale (forse incompleta o imperfetta, ma non per questo da rigettare a priori) le proprie conoscenze? Non è quello che facciamo anche io, lei e tutti gli scriventi in questo blog?

Grazie a tutti per le eventuali risposte e buon 2008!

Andrea Valente

L’assunto che la mente sia determinata materialmente non implica affatto che ciascuno pensi nello stesso modo. Ad esempio come il fatto che la genetica determini la statura non implica affatto che tutti gli esseri umani siano alti uguali. Esistono le esperienze e l’ambiente a compendiare il patrimonio genetico, esiste la variabilità individuale.
Possiamo ipotizzare, e cercare conferme sperimentali sul fatto che il pensiero sia una proprietà della materia, come ho detto, sufficientemente complessa come le reti neurali. I meccanismi che permettono questo salto sono tutt’altro che chiari, ma si sono avanzate ipotesi in merito, e la strada sembra più praticabile rispetto all’assunto dualista che sostiene come la mente capiti per caso come un surplus rispetto alla materia cerebrale. Questa è quantomeno un’ipotesi scientificamente soggetta al vaglio delle prove empiriche; mi chiedo quale sia l’alternativa. Che il soprannaturale addomestichi la mente dall’oltrevita? Intendo, che la mente sia il frutto dell’alito divino?

Detto questo, credo che il requisito per una discussione quantomeno minimamente seria, sia il non ricadere nella fallacia che la “teoria” scientifica si chiami così perché non suffragata da dati sperimentali. Il termine “teoria” viene utilizzato convenzionalmente e non implica affatto che si stia parlando di qualcosa di incerto o solo lontanamente probabile (questo, di certo, non è il caso del darwinismo).
I dati scientifici tali sono, se uno ne vuol rendere conto a livello filosofico – si chiami esso Mancuso o Hegel – abbia l’accortezza di apprenderli nella loro esattezza.
Come accennato prima da Marco Trainito, e come le ribadisco viene sostenuto anche nella conferenza sopra linkata (potrebbe essere un ascolto interessante), si può rendere conto dei fatti scientifici senza travisarli. Se si sostiene che l’evoluzione naturale abbia una finalità computabile dal basso o sia “un progetto” non stiamo più facendo scienza, ma ideologia.

leopoldo

Ho ascoltato “l’incontro” tra Mancuso ed Odifreddi alla trasmissione “sumo”, di radio2 alcuni giorni fa. Mancuso sembra una brava persona, intelligente, di buone intenzioni, ma sofferente. Si ha l’impressione di uno che lotta con se stesso per continuare a credere e cerca disperatamente un modo per giustificare razionalmente la sua fede, motivare l’esistenza della chiesa cattolica e la propria sottomissione ad essa. Odifreddi se n’è accorto, ed è stato (a suo modo) perfino delicato.

La recensione di Trainito è impeccabile nei contenuti (anche se è un esercizio un po’ troppo facile demolire un libro di teologia). Inoltre, povero Mancuso: non biasimiamolo troppo per non aver capito Darwin o la moderna epistemologia; dopotutto il suo è un tentativo un po’ goffo, ma di buona volontà, volto ad aprire la teologia alla scienza. Per un teologo un gran brutto affare esistenziale: c’è il rischio di dover ammettere che la teologia e tutte le idee su cui si è fondata la propria vita è un insieme di favole.

Marco T.

Roberto59 scrive:

“se dovessimo usare il criterio di Hume per definire cosa leggere e cosa distruggere temo che anche tutto questo blog (inclusa la sua recensione) andrebbe a finire al rogo, ma non è questo il punto. Credo invece che sia emblematicamente fallace il ragionamento anti-Hoyle di Dawkins: infatti non vedo come sia possibile comparare “scientificamente” una complessità logica con una complessità bio-logica (e fra l’altro anche il farlo mi sembra in sostanziale contraddizione con la tesi che la mente (scilicet: la logica) “emerga” dal cervello (entità bio-logica). Tuttavia non conosco il testo di Dawkins, quindi può darsi che quello che ne ricavo dal suo testo non sia corretto: in questo caso la pregherei di dare qualche delucidazione sul tema.”

Caro Roberto,
la pregherei di non accontentarsi delle mie delucidazioni e di prendere in mano “L’illusione di Dio”. Se sta dalla parte di uno come Mancuso, quasi certamente non sarà persuaso da Dawkins, ma non potrà non notare la differenza abissale tra una mente scientifica e rigorosa in azione e un apologeta confuso e confusionario.
Venendo alla sua obiezione, non vedo nulla di incommensurabile tra l’eventuale complessità della mente del Progettista-Artefice e la complessità del Progetto-Artefatto. Nel suo argomento, bisogna ricordare, Dawkins assume momentaneamente i pezzi in gioco nel discorso dei sostenitori del Progetto divino e porta alle conseguenze estreme il loro discorso. Per concepire il lavoro di ricerca e sviluppo di un prodotto (mettiamo l’occhio umano) ci vuole una Mente ingegneristica di complessità logica strettamente superiore alla logica ingegneristica incorporata nel prodotto. Giusto? Ma questo, come aveva già intuito Hume, non fa che spostare il problema, perché, per spiegare la grande improbabilità logica del prodotto (dal punto di vista di una comparsa casuale) si fa ricorso a un produttore la cui improbabilità è sicuramente maggiore e tendente inesorabilmente a zero. Tutto qui.
Tra l’altro, Dawkins pensa (giustamente) che l’errore sia già nella posizione del problema, dal momento che l’alternativa non è tra caso e progetto (come vorrebbero far credere gli apologeti che hanno in mente il famoso verso di Dante su Democrito), ma tra progetto e selezione naturale. E la selezione naturale si rivela un algoritmo (nel senso di Dennett) in grado di produrre dal basso, e quindi di spiegare, tutto il lavoro di ricerca e sviluppo incorporato da qualsiasi complessità biologica (quello che Dawkins chiama “monte improbabile”).

Roberto59

Innanzitutto ringrazio chi ha perso un pò di tempo a leggere ed a rispondere al mio commento.

Desidero chiedere a chi di dovere se è possibile non chiudere fra sole 24 ore la discussione in corso.

Detto questo, passo ai miei ulteriori commenti:

per Andrea Valente
nonostante tutto resta ancora non chiaro cosa significhi che “ogni forma di pensiero complesso significa l’altruismo, le tensioni etiche, le metodologie” e come questo “ogni” si concili con l’affermazione seguente: “Che la mente sia determinata materialmente non implica affatto che ciascuno pensi nello stesso modo”.
Concorderà inoltre con me che finchè si resta nel campo delle ipotesi (scientifiche) non verificate, siamo liberi di (anzi obbligati a) non considerarle argomento fondante di una dimostrazione.
Sul tema “teoria” scientifica: la teoria scientifica è una descrizione (o una cornice descrittiva)razionale di fenomeni osservabili e misurabili. Per la sua stessa natura (metodologica) implica l’incertezza, non potendo una teoria essere verificata ad esaurimento in tutti i suoi possibili casi di applicazione, ed infatti può essere accettata fino a prova contraria. Sul tema tutti i migliori filosofi della scienza hanno già detto tutto e molto meglio di quanto io possa fare qui (cfr. Popper, Feyerabend, Kuhn). Sembra quindi ragionevole ed accettabile che si incorporino in toto o in parte una o più teorie scientifiche nella propria visione del mondo, senza per questo essere obbligati ad essere esperti in ogni minimo dettaglio di biologia, astronomia, fisica, ecc. (cosa peraltro impossibile, al livello odierno di specializzazione, ad esseri umani di normale intelligenza e cultura).
Sono infine d’accordo al 100% sull’ultima sua frase (“Se si sostiene che l’evoluzione naturale abbia una finalità computabile dal basso o sia “un progetto” non stiamo più facendo scienza, ma ideologia”), su cui tornerò più avanti.

per Leopoldo:
la “lotta” (che io chiamo ricerca) continua per utilizzare la ragione a fianco ed all’interno della fede cristiana (e cattolica in particolare) è proprio ciò che viene richiesto ad un credente odierno: si veda in proposito il magistero papale degli ultimi due pontefici, spesso travisato per motivi ideologici e non indagato a fondo nelle sue importantissime implicazioni per chiunque non sia semplicemente bigotto.
Sulla facilità di demolizione di un libro, ritengo che sia molto facile farlo ponendosi in un’ottica estranea a quella in cui nasce il testo: è facilissimo ad esempio demolire un qualsiasi testo scientifico sostenendo che letterariamente non vale nulla. Ma questo genere di critica non entra nel merito e permette ogni genere di travisamento dei contenuti.
Infine, il “brutto affare esistenziale” è semplicemente lo scopo fondamentale della vita di chi riflette seriamente e onestamente, credente o non credente che sia: beato chi ha già in mano tutte le risposte!

per Marco T.:
evidentemente leggerò il testo di Dawkins per approfondire la sua controargomentazione ed eventuali altre tesi in esso contenute.
Mi preme solo evidenziare qui il suo ultimo periodo: “…la selezione naturale si rivela un algoritmo (nel senso di Dennett) in grado di produrre dal basso, e quindi di spiegare, tutto il lavoro di ricerca e sviluppo incorporato da qualsiasi complessità biologica…”
Ora mi pare che questa frase ricada perfettamente nella tipologia stigmatizzata da Andrea Valente (“Se si sostiene che l’evoluzione naturale abbia una finalità computabile dal basso o sia “un progetto” non stiamo più facendo scienza, ma ideologia”), non crede?

Saluti a tutti e spero di poter continuare a leggere le vs risposte in questo thread.

Marco T.

@Roberto59

“per Marco T.:
evidentemente leggerò il testo di Dawkins per approfondire la sua controargomentazione ed eventuali altre tesi in esso contenute.
Mi preme solo evidenziare qui il suo ultimo periodo: “…la selezione naturale si rivela un algoritmo (nel senso di Dennett) in grado di produrre dal basso, e quindi di spiegare, tutto il lavoro di ricerca e sviluppo incorporato da qualsiasi complessità biologica…”
Ora mi pare che questa frase ricada perfettamente nella tipologia stigmatizzata da Andrea Valente (”Se si sostiene che l’evoluzione naturale abbia una finalità computabile dal basso o sia “un progetto” non stiamo più facendo scienza, ma ideologia”), non crede?”

Non è così. Andrea Valente allude al tentativo di Mancuso di introdurre una nozione misteriosissima di finalità immanente (“Principio Ordinatore”), che a sua volta “rimanda” a un “Principio personale” trascendente (cfr. § 46, p. 133). Viceversa, alludendo a Dennett, e in particolare a “L’idea pericolosa di Darwin” (la cui complessa architettura non è possibile qui riassumere decentemente), io parlavo di una produzione dell’evoluzione dal basso che rimane irrimediabilmente cieca (nel senso in cui lo è l’orologiaio di Dawkins) e che trova una spiegazione in qualche modo ‘logica’ solo a posteriori, attraverso il racconto adattazionista della mente umana che si serve della tecnica esplicativa della cosiddetta “ingegneria inversa” (partire dal prodotto e ricostruirne razionalmente la genesi, per quanto è possibile) per rappresentarsi e comprendere l’albero della vita. La differenza fondamentale tra un fine intrinseco e un algoritmo è che, mentre il primo è intelligente “ab ovo”, ma irrimediabilmente mistico, il secondo è stupido, ma perfettamente intelligibile.

Roberto59

Caro Marco,

inizio a replicare dal fondo.

L’algoritmo che spiegherebbe (=permetterebbe di calcolare) l’evoluzione degli esseri viventi in modo perfettamente intellegibile purtroppo non ci può dir nulla su due fatti molto importanti per il genere umano e la cui spiegazione invece andrebbe integrata in quella “teoria”:

1 – perchè in tutti gli infiniti sistemi di galassie esistenti avrebbero dovuto manifestarsi proprio qui ed ora (un’ora evidentemente cosmica) le condizioni (i dati ed i parametri) che permettono all’algoritmo di funzionare “producendo” l’uomo? (se vuole questa è un’altra forma di principio antropico)

2 – perchè se questo fosse avvenuto su una base puramente probabilistica non abbiamo alcuna evidenza che lo stesso avvenga o sia avvenuto altrove nel cosmo (con un simile ragionamento probabilistico si può facilmente dimostrare che nell’universo devono esistere numerosissimi altri “luoghi” dove forme di vita intelligente si siano potute sviluppare ed anzi che è assai probabile che molte fra queste siano più “evolute” di quelle terrestri e dunque in grado di comunicare o manifestarsi)? Questo ragionamento sembra ispirarsi alla fantascienza, ma è da un punto di vista puramente logico valido quanto quello che sostiene la generazione delle condizioni opportune allo sviluppo della vita umana come puro frutto del caso cieco.

Non porsi i due problemi sopra citati (e tutti quelli che ne conseguono) mi sembra un ricadere in quella ideologia che non dovrebbe far parte dell’habitus di chi ricerca la verità.

Per quanto concerne poi la prima parte del suo commento, la prospettiva in cui Mancuso si pone è per forza di cose al confine fra scienza e fede, fra fisica e metafisica. E’ del tutto evidente che l’ambito metafisico della sua speculazione non è passibile di misura od osservazione diretta, ma questo non toglie che possa avere (e secondo me abbia) un contenuto di verità, sia pure non verificabile sperimentalmente. D’altra parte quando lei prende una decisione, non dubita certamente di avere una volontà, anche se questa non è visibile nè misurabile in modo diretto: dunque come la materialità non è criterio unico di realtà, così l’immaterialità non è criterio unico (= condizione sufficiente) di irrealtà. Quanto detto vale in modo ancor più evidente se passiamo alla matematica (disciplina metafisica per eccellenza), ma non credo ci sia bisogno di ulteriori esempi. Concludo quindi ribadendo che non possiamo chiedere ad un testo filosofico di portarci evidenze materiali e misurabili di concetti che sono per loro natura, ma possiamo pretendere che le sue argomentazioni siano svolte in modo logicamente corretto e partano da presupposti o ipotesi assolutamente razionali: in questo mi sembra che Mancuso abbia fatto un lavoro buono ed onesto.

Buona serata

Marco T.

Caro Roberto, partendo pure io dalla fine, posso solo ricordare che, come ho cercato di mostrare nella mia recensione, la correttezza logica su un punto cruciale è proprio quello che manca all’argomentazione di Mancuso.

Al punto 1 mi verrebbe voglia di rispondere citando o la risposta di Umberto Eco alla suprema domanda metafisica tradizionale (“Perché esiste l’essere e non il nulla?”) : “Perché sì” (“Kant e l’ornitorinco”, inizio di 1.3), o la risposta di Dennett alla stessa domanda: “Perché no?” (“L’idea pericolosa di Darwin”, fine di 7.3). E – attenzione – non si tratta di battute superficiali, perché dietro c’è proprio la consapevolezza che è importante non cadere in versioni finalistiche e provvidenzialistiche del principio antropico, davvero difficilmente sostenibili sul piano razionale.

Per quanto riguarda il punto 2, si potrebbe dire: beh, niente esclude che qualcosa di analogo sia avvenuto altrove. E allora? Dove ci porta questo discorso? Da nessuna parte. Con stime probabilistiche prossime a 1, infatti, si possono costruire tutti i sistemi di metafisica speculativa che si vogliono (quello nietzscheano dell’eterno ritorno è uno di questi). Ma non bisogna farsi troppo ammaliare dalla loro inesorabile forza puramente logica, perché questa è ottenuta a un prezzo troppo alto: la perdita direttamente proporzionale di contenuto empirico. Come ha insegnato Karl Popper, infatti, e come dimostra la teoria matematica dell’informazione, più alta è la probabilità logica di un asserto e più basso è il suo bit di informazione, e un sistema basato su stime probabilistiche tendenti a 1 ha un contenuto informativo tendente a zero. Ecco perché la scienza non sa cosa fare con argomenti probabilistici di questo tipo. Semplicemente, sono troppo ‘logicamente’ veri per essere anche interessanti.

Cordiali saluti

Roberto59

Caro Marco,

vedo che in un certo senso concordiamo (e non potrebbe essere diversamente, se parliamo di logica): alla fine sui punti 1 e 2 non è possibile dimostrare “scientificamente” nulla (nel caso specifico l’esistenza o inesistenza di un principio ordinatore) e dunque per un osservatore esterno che sia dotato unicamente di logica siamo entrambi fedeli di una “divinità” (provvidenziale in un caso, cieca nell’altro).

Il discorso sul contenuto di informazione è corretto, ma si presta ad un equivoco poichè manca la considerazione base e cioè che se la probabilità logica di un asserto è 1 ciò significa che siamo in presenza di informazione perfetta (non certo di contenuto di informazione tendente a zero: quello che tende a zero è semmai il contenuto della trasmissione dell’informazione, che è nullo se il ricevente è già in possesso dell’intera informazione, come avviene se la probabilità è pari a 1).

Cordiali saluti

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