Kenya: “Cessi la violenza”, Kibaki pronto al dialogo

NAIROBI – Il presidente keniano Mwai Kibaki ha chiesto oggi la fine delle violenze e si è detto pronto al dialogo politico quando nel Paese sarà tornata la calma.

L’opposizione keniana ha deciso di annullare, rinviandola eventualmente all’otto gennaio, la manifestazione di protesta indetta per oggi a Nairobi, e che già aveva scatenato duri incidenti, ma non le violenze mortali temute alla vigilia. La decisione è arrivata proprio nel momento in cui si temeva un precipitare della situazione, poiché il leader dell’opposizione, Raila Odinga, e molti dei suoi principali collaboratori, si stavano avviando a piedi verso il grande parco (‘Uhurù, vuol dire libertà in swahili, lingua corrente in Kenya), il che faceva temere un precipitare della situazione; se qualche poliziotto avesse solo sfiorato Odinga una mortale sparatoria sarebbe certamente subito esplosa. Nuovi margini, dunque. Non solo grazie alla grande offensiva diplomatica internazionale, me perché – come i più attenti osservatori notano- potrebbe riaprirsi un dialogo diretto tra i contendenti (Odinga e il presidente confermato, tra dubbi internazionali sulla correttezza dello scrutinio) Mwai Kibaki. Solo se faranno un posso indietro, e per converso un passo avanti verso l’avversario, cedendo su alcuni punti, una riconciliazione potrà tentare di decollare. Ma la situazione resta tesissima, e finora si contano almeno 350 morti, migliaia di feriti e 100.000 sfollati

Per far fronte alle prime necessità di queste 100.000 persone occorre mezzo miliardo di scellini kenianii, vale a dire circa 5,5 milioni di euro. La maggioranza degli sfollati, quasi il 70 per cento, si trova nell’Ovest del Paese, quasi tutti gli altri a Nairobi e dintorni. Si tratta, infatti, delle due zone più colpite dalle violenze, che secondo gli ultimi dati hanno fatto circa 350 morti, e migliaia di feriti. Intanto a Nairobi la tensione resta fortissima. Continui scontri tra i manifestanti che cercano di recarsi alla manifestazione indetta dall’opposizione in un parco del centro cittadino, proibita dalle autorità. Per disperderli, la polizia sta facendo continuo ricorso a gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

MIGLIAIA BARRICATI NELLE CHIESE, SOS DEI VESCOVI – Decine di migliaia di persone asserragliate da giorni nelle chiese, senza cibo, senza medicine, per sfuggire alle violenze nate dal contestato risultato elettorale: col passare delle ore cresce in Kenya il timore della Chiesa cattolica che gli scontri prendano pesantemente di mira i cristiani – dopo il caso della chiesa protestante di Eldoret dove sono morte bruciate cinquanta persone, soprattutto donne e bambini – e che la situazione sfoci in una “catastrofe umanitaria”. E sullo sfondo rimane uno spettro: che in Kenya si ripeta quanto accaduto in Ruanda, teatro negli anni ’90 di spaventosi massacri su base etnica.

Sopraffatti dalla paura, isolati dal resto del paese, nella cattedrale di Eldoret, si trovano barricati da piu’ di 48 ore da settemila a diecimila rifugiati. Lo racconta all’agenzia Misna padre Nixon Oira, della diocesi di Eldoret. Il sacerdote parla di “calma tesa”: “stamani in città c’é un po’ di calma ma moltissima tensione. C’é molta paura. Siamo isolati. Le principali strade che portano fuori città sono bloccate da gruppi di giovani armati che chiedono l’identità, il ponte che collega con Nakura è stato distrutto. I pochi che sono riusciti a lasciare Eldoret lo hanno fatto scortati dalla polizia”. “Profughi sono assiepati nelle parrocchie, nelle scuole, nei commissariati di polizia”, racconta ancora il missionario.
FARNESINA, ITALIANI RIMANDATE I VIAGGI  – Il Ministero degli Affari Esteri continua a seguire con attenzione la situazione in Kenya, in stretto contatto con i partner europei.Alla Farnesina è stato oggi fatto il punto sulla situazione di sicurezza nel Paese, anche alla luce dell’evolversi degli eventi. A fronte dell’instabilità della situazione politica e dei violenti scontri verificatisi negli ultimi giorni, permane la necessità di consigliare il rinvio di viaggi in Kenya fino al ristabilimento di condizioni di normalità. Per quanto riguarda i connazionali già presenti nel Paese (6.000 persone, di cui 4.500 circa turisti), essi sono invitati ad esercitare la massima cautela secondo le indicazioni costantemente fornite dall’Unità di Crisi e dagli stessi Tour Operator con i quali l’Unità di Crisi stessa è in continuo contatto. Allo stato attuale, comunque, gli aeroporti in Kenya rimangono tutti aperti e funzionanti (sebbene possano registrarsi alcuni ritardi) e le zone turistiche non hanno fatto registrare atti di violenza. L’Unità di Crisi, in via precauzionale, ha invitato le compagnie turistiche a prevedere ulteriori voli per il rientro dei connazionali, ove necessario.

ANCHE LONDRA INVITA AD ANNULLARE  PARTENZE  – Il governo di Londra ha chiesto ai propri cittadini di evitare di recarsi in Kenya, se non in caso di necessita’, dopo le violenze etniche dei giorni scorsi che hanno fatto circa 340 vittime in una settimana. ”Sconsigliamo qualunque viaggio non essenziale in Kenya”, ha indicato il Foreign Office sul suo sito internet. Londra aveva finora raccomandato agli inglesi di evitare le regioni di Mombasa, la seconda citta’ del Paese, e di Nairobi, la capitale. ”C’e una grande incertezza circa la sicurezza e la situazione politica del Paese – ha aggiunto il ministero degli Esteri britannico – in vista delle manifestazioni previste per oggi e per il proseguire delle violenze”. Sono circa 290.000 i cittadini britannici che si recano ogni anno in Kenya, secondo l’Ufficio del turismo kenyano, e circa 7.000 vi risiedono in pianta stabile.

Fonte: Ansa

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