Aborto, Casini getta la spugna. Veltroni: la legge va difesa

La moratoria sull’aborto proposta da Giuliano Ferrara raggiunge la Casa Bianca e ottiene la firma del consigliere per gli affari religiosi di George Bush, Richard John Neuhaus. E, tornando in Italia, anche l’adesione del blogger Mario Adinolfi, uno dei candidati alle primarie del Partito Democratico e oggi membro della commissione sullo statuto del Pd. «Perché? Perché trovo splendida la vita di molti disabili, che un osceno ragionamento eugenetico vorrebbe priva di dignità».
L’iniziativa del direttore del Foglio sta avendo successo, il quotidiano pubblica le centinaia di mail e lettere inviate da centinaia di cittadini entusiasti. Ma è un successo quasi esclusivamente mediatico ( un “pour parler”) visto che lo stesso Pier Ferdinando Casini ieri in un’intervista al Corsera dichiarava che la modifica della legge è improponibile, si rischia di sfornare «una legge peggiore della 194». I cattolici in politica, dunque, gettano la spugna.
Dopo un periodo di confuso silenzio sul tema Walter Veltroni prende parola e chiarisce in una intervista a Repubblica che «la 194 è una legge importante che va difesa» in quanto ha permesso il dimezzamento del numero degli aborti. «Un valore imprescindibile, per me, è la laicità dello Stato», spiega poi il sindaco di Roma, «ma non mi spaventa una discussione in merito».
Di certo rimane il fatto che il Partito Democratico non è rimasto sordo all’appello di Ferrara, sostenuto da Ruini e Bagnasco, e si fa strada l’ipotesi concreta di invitare il direttore del Foglio ai comitati del nuovo partito. Rosy Bindi pone un altro freno: la legge sull’aborto è buona ma bisogna applicarla nei punti in cui previene l’interruzione di gravidanza attraverso l’ascolto delle donne nei consultori. Ad ogni modo, sottolinea la ministra della Famiglia, se questi punti sono rimasti in larga parte disattesi è perché «quella legge è stata combattuta e chi lo ha fatto è stato principalmente il mondo cattolico» che dovrebbe fare «un esame di coscienza».
Nella sua mozione, appoggiata da Binetti, Sandro Bondi chiede di stabilire dei limiti temporali armonici in tutti gli ospedali italiani circa l’aborto terapeutico, quello effettuato oltre i 90 giorni, visto che per molti protocolli medici il feto sopravvive al di fuori del corpo materno già alla ventiduesima settimana. Ma Bondi chiede anche molto di più: no alla Ru486, il monitoraggio sui nati vivi e sani dopo un aborto terapeutico, dati pubblici sulle patologie fetali per le quali le donne chiedono una interruzione di gravidanza per evitare che vengano soppressi figli disabili ma che, come i Down, hanno la speranza di una vita vicina alla normalità.
Ferrara va oltre. Rispondendo all’oncologo Umberto Veronesi, che dalle colonne di Repubblica sollecitava maggiore chiarezza sul significato della moratoria, il conduttore di Otto e mezzo propone di aggiungere il diritto di nascere all’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Ferrara si scaglia contro l’aborto di massa che impedisce la nascita di milioni di donne in Asia e dei disabili. «Un miliardo di aborti» in tutto il mondo, è il conteggio. No all’aborto, no alle politiche pubbliche anti-nataliste, dare la possibilità dell’interruzione di gravidanza soltanto come «eccezione» per salvaguardare il diritto alla salute fisica e psichica della madre.
Il Vaticano affida a monsignor Emilio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il compito di stendere una proposta per la modifica della 194 pubblicata ieri dal Corsera. Mancano all’appello, sostiene Sgreccia, 5 milioni di italiani abortiti. E meno aborti significa più capitale umano in un Paese come l’Italia dove il declino della natalità allarma sociologi e sacerdoti.« C’è anche un dovere verso la scienza che porta a modificare la legge non soltanto perché la legge è inadeguata nel definire la vivibilità del feto, ma perché la scienza conferma che l’essere umano dal momento del concepimento è un individuo umano».

(Laura Eduati)

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Fonte: Liberazione