«L’ho chiamato per chiedergli di pubblicare un mio articolo sul Foglio e lui mi ha proposto: “Livia, perché non sottoscrivi l’adesione alla veglia che abbiamo organizzato per il diritto alla parola?”. Gli ho risposto subito di sì, senza esitare. E mi sorprendo di chi si sorprende della mia iniziativa. Il diritto alla parola deve sempre valere, per tutti».
Livia è Livia Turco, ministro della Salute, difensore strenuo della legge 194, cattolica, membro di spicco del Partito democratico. Lui è Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, autore di una campagna potente per la moratoria sull’aborto. Ma anche artefice di un’altra iniziativa: una veglia laica di conversazione e meditazione sul «carattere illiberale della contestazione del diritto di parola» del professor Joseph Ratzinger-Benedetto XVI all’Università La Sapienza. All’iniziativa, prevista per domani sera nella sede romana del Foglio, hanno già aderito in molti. Tra gli altri Antonio Polito, senatore del Pd, Daniele Capezzone, già segretario dei Radicali e deputato del gruppo misto, Barbara Palombelli, giornalista, Daniela Santanchè, deputata di «La Destra», Benedetto della Vedova, deputato di Forza Italia e presidente dei riformatori liberali, Alain Elkann, scrittore, Andrea Marcenaro, giornalista. E, appunto, Livia Turco.
Allora, ministro, sono gli altri, quelli che contestano la partecipazione del Papa all’apertura dell’anno accademico, a sorprendere lei?«Certo, io mi vedo impegnata ad abbattere tanti muri e ad allargare il dialogo. Mi è sembrato normale sostenere la visita di Ratzinger alla Sapienza. Io alla scelta attribuisco un significato completamente opposto a quello dei critici. E il Papa offre una prova di pluralismo, di laicità e umiltà. Non si sostituisce al potere temporale. Non è mica lui che celebra l’apertura, è solo uno degli ospiti e siederà accanto a Fabio Mussi e a Walter Veltroni».
Al ministro non sfugge certo la portata della polemica innescata da un nutrito gruppo di docenti, la difesa della libertà di ricerca scientifica, l’accusa al Papa di aver giustificato il processo a Galileo. «Basta con le guerre tra Guelfi e Ghibellini — taglia corto Livia Turco —. Bisogna distinguere il diritto alla parola dal diritto alla contestazione. Quella di Papa Ratzinger è una prova di laicità, non sarà lì a fare una lectio magistralis, la sua è una scelta di umiltà e deve essere apprezzata. Se avesse celebrato la cerimonia allora sarebbe stato uno scandalo, una forma di sovversivismo. Ma così no. Insomma mi piace quello che ha fatto. Invece…».
Invece non proprio tutto delle scelte di questo Papa piace al ministro: «L’altra domenica ha detto la messa con le spalle rivolte ai fedeli e lì non mi è piaciuto. Che sia una sua prerogativa va bene, ma ci sono rimasta male, mi sono sentita a disagio. Perché lo ha fatto?». […]
Il testo integrale dell’articolo di Margherita de Bac è stato pubblicato sul sito de Il Corriere della Sera