Le Religioni, tutte le Religioni, si nutrono della nostra (comprensibile) paura della morte. Cristiani, Islamici ed Ebrei promettono, in modi leggermente diversi l’uno dall’altro, una “vita eterna” dopo la morte. Altre religioni parlano di continue reincarnazioni o di “passaggi” a stati superiori dell’esistenza.
La Scienza, però, inizia a parlare seriamente di una soluzione molto più radicale e, soprattutto, molto più concreta: l’abolizione della morte per via tecnica.
Sconcertante? Assurdo? Impossibile? Vediamo…
Quando?
Ciò di cui stiamo per parlare NON è destinato a noi. Noi moriremo. Anche i nostri figli ed i nostri nipoti moriranno certamente. Non è però detto che siano condannati a morire anche i nostri pronipoti, cioè le persone nate dopo il 2060 – 2070. Come vedremo, è quasi certo che non moriranno mai le persone che nasceranno tra il 2300 ed il 2500.
In altri termini, le tecnologie di cui stiamo per parlare non saranno disponibili prima di qualche decennio ma saranno quasi certamente disponibili entro pochi secoli.
La principale incognita non riguarda la tecnologia. Si è già capito che queste tecnologie diventeranno disponibili tra qualche decennio o qualche secolo. Il problema è un altro: ci sarà ancora il genere umano tra qualche decennio o qualche secolo? Che la nostra specie riesca ad evitare l’auto-estinzione per 30 o 40 anni è quasi certo. Non lo è affatto che riesca ad evitarla per alcuni secoli. La disponibilità di tecnologie pericolose è già adesso molto vasta (bombe atomiche, armi batteriologiche e chimiche, tecnologie inquinanti per l’ambiente, etc…) e lo sarà ancora di più in futuro. Questo, sommato alla natura scimmiesca, irresponsabile e litigiosa che ci caratterizza, crea una miscela molto, molto pericolosa.
Uno sviluppo inevitabile
Forse vi sorprende il fatto che io sia così sicuro della disponibilità di queste tecnologie entro pochi secoli. Se però riflettete un attimo, vi renderete conto che si tratta di una previsione ovvia.
Se voi poteste disporre di una piccola cifra, o di una piccola quantità di tempo da investire nella ricerca scientifica, in quale di questi due “filoni di ricerca” preferireste investirli?
Una tecnologia che potrebbe permettervi, presto o tardi, di vivere di più, meglio o persino vivere per sempre. Se non voi, almeno i vostri figli o nipoti.
Qualunque altra cosa, a vostra scelta.
Sono quasi sicuro che la stragrande maggioranza di voi ha risposto “1” senza pensarci due volte. Il nostro naturale “spirito di conservazione” ci obbliga a farlo. Se applicate questo concetto ai vari centri di ricerca universitari, alle industrie farmaceutiche, ai magnati come Bill Gates e George Soros, potete capire perchè lo sviluppo delle tecnologie per l’immortalità è semplicemente inevitabile: non c’è nient’altro che “paghi” altrettanto per il suo investimento. Non ci può essere nient’altro semplicemente perchè la vita è il bene che precede ogni altro. Se non c’è vita, non c’è nulla. Sconfiggere la morte è quindi il bene supremo e potete scommettere sul fatto che l’Uomo investirà tutti i suoi soldi e le sue energie nel riuscirci.
Immortalità di primo tipo: l’elisir di lunga vita
Il modo più ovvio di ottenere l’immortalità consiste nel fermare il processo di invecchiamento naturale. Gli studi in questa direzione sono iniziati circa trent’anni fa e hanno già cominciato a dare i primi frutti.
Tenete presente che le difficoltà da risolvere sono ancora molto numerose e molto, molto serie. Una per tutte, questa: il processo di invecchiamento naturale è anche un meccanismo di controllo sulla formazione dei tumori. Bloccare questo meccanismo potrebbe voler dire provocare l’insorgenza di una grande quantità di tumori nel paziente.
Nonostante questo, è già chiaro adesso che entro un secolo o due avremo effettivamente questo “elisir dell’eterna giovinezza”.
Immortalità di secondo tipo: il potere della medicina
Restare giovani però non vuol dire vivere per sempre. Basta una malattia od un guidatore ubriaco per mettere fine alla vostra, eternamente giovane, esistenza.
Per superare anche questo problema, è necessario il “potere della medicina”, cioè è necessario essere in grado di riparare un corpo danneggiato ad oltranza. La medicina di cui disponiamo ora è poco più che un giocattolo se la confrontiamo con le sfide che l’aspettano in questo settore ma, ormai lo sappiamo, è solo una questione di tempo.
Una delle capacità che dovrà essere sviluppata per rendere possibile questo tipo di immortalità è quella di generare organi di ricambio. Questa tecnologia è già in fase di sviluppo e dovrebbe arrivare a maturità entro qualche decina d’anni.
Immortalità di terzo tipo: Matrix
Ma c’è anche un altro modo di ottenere l’immortalità: copiare il contenuto della mente umana e depositarlo all’interno di un simulatore. Questa tecnica è stata magistralmente descritta da William Gibson in un bellissimo racconto intitolato “The winter market” ed apparso all’interno della raccolta “Burning Chrome” (“La notte che bruciammo Chrome”).
Si tratta di una tecnica strettamente correlata a quella del Mind Uploading ed a quella di Matrix.
Raggiungere questo risultato è molto, molto più difficile di qualunque altra cosa l’Uomo abbia mai tentato. Uno dei problemi da risolvere consiste nel leggere, salvare su disco e poi scrivere dentro un nuovo cervello artificiale la mente umana. La mente umana è l’insieme di almeno 10^14 -> 10^15 elementi diversi, ognuno rappresentato da una concentrazione di molecole all’interno di una sinapsi. Si tratta di mappare un cervello, ricostruirlo con la stessa struttura e scriverci dentro i valori che aveva l’originale.
Andare sulla Luna è stata una gita fuori porta al confronto.
Tuttavia, gli studi in questa direzione sono già iniziati. Tra l’altro, questa tecnologia è l’unica realmente compatibile con le dimensioni limitate del nostro pianeta, come vedremo tra un attimo.
Immortalità di quarto tipo: i Cloni
Il passo successivo chiude il cerchio: trasferire la vecchia mente in un nuovo corpo. Tutto questo è stato descritto, in modo molto spettacolare, nel film “Il sesto giorno” con Arnold Schwarzenegger.
Qui il problema è quello di creare un nuovo corpo senza però creare un nuovo individuo. Si può pensare a tecnologie di clonazione od a una forma molto avanza di “ingegneria biologica”. In ogni caso, prima di riuscire in questo compito sarà necessario comprendere a fondo la nostra biochimica e la nostra fisiologia. Il livello di conoscenza che abbiamo ora di questi temi, pur avanzatissimo, è del tutto risibile rispetto a quello che ci occorre. Per questo, è probabile che lo sviluppo di questa tecnologia richieda ancora alcuni secoli.
La separazione della nosra individualità (la nostra mente, i nostri ricordi) dal nostro corpo ha delle conseguenze interessanti: la fame, il dolore e la malattia perderebero completamente di significato. Inoltre, sia usando un corpo “fisico” nuovo che limitandosi ad un corpo simulato “a la Matrix”, ognuno potrebbe scegliersi l’aspetto fisoco che preferisce. Avremmo quasi certamente un mondo popolato da cloni di Tom Cruise e Nicole Kidman.
La vita senza la morte
Questo ci porta al punto centrale del nostro discorso: la Vita senza la morte ha delle caratteristiche piuttosto interessanti per chi si occupa di Religione e di Filosofia.
Se non si muore mai, quand’è che “si paga il conto dei propri peccati” o che si “riscuote il credito delle proprie buone azioni”? Ovviamente, l’intero, colossale edificio della Morale Religiosa crolla miseramente sotto il peso di queste tecnologie. Si può ancora sostenere che esiste il peccato ma se diventa possibile rimandare in eterno l’incontro con il Giudice/Creatore, l’intero discorso perde di significato.
In modo simile, perde di significato la riproduzione. Se è possibile vivere in eterno, che senso ha mescolare i propri geni con qualcun’altro per dare origine ad una copia, imperfetta, di sé stessi? La tentazione di mantenere in vita, per sempre, l’originale diventa quasi irrestibile. Meglio, molto meglio continuare a godersela in prima persona. Di conseguenza, scuole, asili, fabbriche di giocattoli e via dicendo perdono di significato.
Una questione di mercato
Lo sviluppo di tecnologie complesse come queste è un processo lento e costoso, che coinvolge ricercatori, industrie, governi, clienti e enti di controllo. Inevitabilmente, queste tecnologie diventeranno disponibili a “step” successivi ed a costi molto molto elevati. Solo i più ricchi potranno accedervi.
A differenza con quello che succede con le automobili, potersi permettere queste costosissime tecnologie ha però un effetto drammatico sulla propria esistenza: coloro che potranno accedervi, in ogni singolo momento della nostra storia, potranno vivere in eterno e gli altri no. Questo vuol dire che coloro che arriveranno per primi al necessario livello di ricchezza otterranno il premio supremo: l’immortalità. Non solo: occuperanno con il proprio corpo e la propria individualità una parte dello spazio e delle risorse disponibili sul pianeta. Dato che il pianeta ha dimensioni e risorse finite, non potrà mai ospitare una quantità infinita di abitanti (almeno, non del tipo a cui noi apparteniamo). Agli ultimi che arrivano, la conquista dell’immortalità potrebbe essere preclusa dalla mancanza di spazio e di risorse.
In buona sostanza: se potete arricchirvi, fatelo.
Problemi collaterali
La limitatezza delle risorse del pianeta implica un limite alla quantità di abitanti che può ospitare e quindi al numero di persone che potrà mai accedere all’immortalità, a meno che…
Il primo modo di superare questo limite consiste ovviamente nel popolare altri pianeti. Si stanno già pianificando spedizioni su Marte ed è ovvio che la nostra specie tenterà di popolare altri pianeti, anche molto lontani da noi.
Il secondo modo, più sorprendente, consiste nel liberare l’uomo dal tipo di tecnologia che sta usando attualmente per esistere, cioè dalla sua biologia basata sul carbonio. Si può ipotizzare un corpo in tecnologia allo Zolfo od al Silicio, magari dotato di mitocondri a fusione fredda. Più probabilmente, però, si potrebbe trattare di un nuovo mondo, completamente simulato, simile a Matrix, che ospita al suo interno “corpi” immateriali.
Solo separando l’esistenza “mentale” dalla esistenza “fisica”, infatti, si potrebbe superare veramente il limite di risorse del nostro pianeta.
Artur C. Clarke, l’indimenticato autore di “2001, Odissea nello Spazio” e di molti altri bellissimi libri, aveva ipotizzato addirittura un meccanismo grazie al quale la specie evoluta di “2001, Odissea nello Spazio” aveva “traslocato” le proprie coscienze nella trama stessa dello spazio/tempo, usando una delle 26 dimensioni disponibili per immagazzinare le informazioni che la riguardavano.
Impossibile? Improbabile? Assurdo? Troppo lontano nel tempo? Forse si, ma le implicazioni che queste tecnologie hanno sul nostro modo di intendere la vita ed il mondo sono già chiare adesso.
Per esempio, che farebbero i preti senza la morte? Se si riflette su di questo, si comincia a capire su cosa veramente si basi la loro “autorevolezza” ed il loro potere. Come diceva Freud, comprendere qual’è la reale natura della propria prigione è il primo passo per uscirne. Per questo credo che sia utile “fantasticare” sul tema dell’immortalità.
L’Anima Immortale
Non solo: se cominciate a riflettere sul rapporto che esiste tra noi (coscienza personale) ed il nostro corpo, diventa chiaro anche quale sia in realtà il rapporto tra noi e la nostra “Anima”, tra noi e la “vita eterna”.
L’anima, molto banalmente, è l’insieme di “software” e “dati” presenti nella nostra mente. E’ composta dai nostri ricordi, dalle cose che sappiamo e dal nostro modo di reagire agli eventi. Noi “muoriamo” (come coscienza personale) semplicemente perchè non esiste (ancora) un modo di salvare questo materiale su un CD-ROM. Quello che ci frega, è la mancanza di un sistema di backup. Niente di più. Se fosse possibile “salvare su CD” la nostra mente, potremmo tranquillamente aspettare, seduti dentro il CD, che venga sviluppata la tecnologia necessaria per darci un nuovo corpo ed una nuova vita, “fisica” o “simulata” che sia.
Si può costruire una intera filosofia attorno al concetto di “anima immortale” ma, in buona sostanza, è soltanto una questione di backup.
Potete approfondire l’argomento leggendo questo libro:
di Boncinelli – Sciarretta
Raffaello Cortina Editore
Alessandro Bottoni
alessandro.bottoni@infinito.it
alessandrobottoni@interfree.it
Notizie come questa mi mandano in bestia! Perché dirmi che io sarò uno degli ultimi esseri umani condannato a morire? Fra qualche generazione esisterà una possibilità concreta di vincere la morte, e allora? Tanto io non ci sarò più quindi preferisco portarmi tutti nella tomba con me.
A quanto pare Adamo vuole ancora cogliere la mela.
Sarei sinceramente interessato a cosa ne pensa lei Sig. Bottoni circa l’onnipotenza (umana), che sarebbe dal punto di vista logico il passo successivo all’immortalità.
Dopo tutto, una volta immortale, l’uomo può fare quello che vuole: è solo questione di tempo.
PS: chiedo scusa per aver spezzato il mio commento in 4.
Solo un paio di appunti. Si afferma che la riproduzione sia il creare una copia imperfetta di sé stessi. Chiunque conosca l’evoluzione naturale dovrebbe invece affermare che la riproduzione produca delle copie perfezionate di sé stessi. O meglio, delle copie di sé stessi più adatte all’ambiente circostante.
Inoltre, in tutto l’articolo, pare che ci sia una poco attuale tendenza al dualismo mente-corpo. Personalmente, preferisco approcci più moderni alla filosofia della mente, come appunto sono l’approccio incarnato (cervello e corpo sono un tutt’uno inscindibile e la mente è vista come un emergenza dell’interazione di tutti gli elementi di questo sistema dinamico) e situato (ovvero, come l’approccio incarnato, ma prendendo in considerazioni il continuo feedback e controfeedback dato dall’ambiente e dalle persone/oggetti/animali con cui si interagisce).
Il postumanesimo e` stato ampiamente esplorato.
L’ultimo romanzo di fantascienza che abbia letto a questo proposito e` Accelerando di Charles Stross, disponibile gratuitamente qui, sul sito dell’autore e su polpa di alberi morti, tradotto in italiano.
Un ulteriore modo di rendersi immortali somiglia alla modalita` “Matrix”, ma con un po’ di biotecnologia in piu`: non c’e` bisogno di uploadare il nostro cervello in un simulatore, basta sostituire via via un numero sempre maggiore di neuroni con degli impianti nanotecnologici.
Il vantaggio e` che sostituire il singolo neurone non provoca un “salto”: la coscienza dell’individuo resta inalterata e la modifica puo` essere portata avanti in passi quasi-adiabatici. Il flusso di coscienza non viene mai interrotto ed effettivamente si passa dall’essere completamente biologici all’essere completamente cyborg senza soluzione di continuita`.
Anche se il risultato finale puo` sembrarci ora alieno, verra` un tempo in cui si potra` sostituire il singolo neurone malato. A quel punto sostituirli tutti sara` avvertito come “naturale”, cosi` come la presenza di denti finti o di una dentiera non rende un essere umano meno “umano”.
…sulla paura della morte per nutrire TUTTE le religioni, ho qualche perplessità. Ovviamente ci si può riferire alle grandi masse, solitamente ignoranti, che si appoggiano a questo per agire correttamente durante la vita. In realtà però, le religioni diverse dai monoteismi hanno diverse chiavi di interpretazione riguardo alla morte che sarebbero da approfondire, ma non mi dilungo altrimenti vado fuori tema.
Per quel che riguarda l’essere immortali, dal mio punto di vista (che non temo la morte perchè fatto assolutamente naturale in quanto sono nata – semmai temo la sofferenza dei miei cari alla mia dipartita, ma questo è un’altro discorso) non credo sarebbe così desiderato come sembra.
Infatti si spera nell’immortalità solo per il fatto che prima o poi si muore, ma se non si potesse morire, credo che la morte sarebbe per molti auspicabile.
Sono dell’idea però che l’immortalità potrebbe spettare ai Geni, ai Luminari ed a chi può continuare a dare un apporto positivo per l’evoluzione dell’umanità. Al giorno d’oggi questo è impossibile, dal momento che se ci fosse la possibilità di “restare in vita”, sarebbe a pannaggio dei ricchi, e non dei sapienti. E questo non sarebbe sicuramente favorevole allo sviluppo dell’umanità, semmai creerebbe un mondo classista peggiore delle peggiori società mai esistite sul nostro pianeta.
Saluti
N2RT
Non si può negare una certa logica in questo lungo discorso, ma il problema è poi che farsene di questa vita eterna. La vita eterna è eterna noia e ripetizione. E anche se mi reinvento ad ogni istante e provo sensazioni nuove e straordinarie, lo stesso che barba.
Insomma: davvero il gioco vale la candela? E’ la morte che dà senso e gusto alla nostra esistenza.
Beata sorella nostra morte corporale.
Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte
ingenerò la sorte.
Cose quaggiù sì belle
altre il mondo non ha, non han le stelle.
(Leopardi, Canto XVII, Amore e morte)
Mi congratulo vivamente con il Sig. Bottoni per la pubblicazione di questo interessantissimo articolo.
L’articolo del sempre arguto Bottoni è pieno di spunti interessanti, ma un passaggio mi lascia perplesso:
L’investimento di risorse umane ed economiche verso la ricerca dell’immortalità viene descritto come “uno sviluppo inevitabile”. Ne dubito.
Tali investimenti andrebbero a portare i benefici due o tre generazioni dopo, e non vi è nessuna multinazionale o governo che che stanzierebbe enormi cifre per non trarre benefici immediati per i propri azionisti o elettori.
Basti pensare ai problemi ambientali: per trarre un profitto immediato non si ha nessuna cura dello stato del pianeta che verrà lasciato ai nostri figli, quando basterebbe rinunciare davvero a poco per assicurare un mondo più vivibile alle generazioni successive…
come diceva Woody Allen: se non morirò mai sarò costretto a rivedere Holiday on Ice? (e, aggiungo io, Bruno Vespa, Berlusconi, il festival di Sanremo) mmm…meglio farla finita ad un certo punto.
E’ un articolo interessante, ma secondo me va preso come pura speculazione fine a se stessa, perchè volendolo analizzare criticamente si potrebbero muovere numerose obiezioni. Le mie sono queste: per quanto riguarda il punto 1 ed il punto 2 dello “sviluppo inevitabile”, non sono convinto che tutti rispondano 1, la lungimiranza a quanto pare proprio non caratterizza la specie umana (non parlo quindi delle singole individualità, ma delle scelte della specie nel complesso): siamo sull’orlo della catastrofe ambientale e le riunioni dei paesi avanzati che servirebbero a prendere le decisioni importanti per il clima sembrano riunioni di obesi che litigano per chi deve perdere cento grammi… io penso che la scelta sia con molta probabilità la 2: qualunque cosa, purchè ora e subito (in barba alle generazioni future…) ops, ora devo proprio uscire, la mia famiglia mi chiama 🙂 finirò di scrivere quest’intervento stasera… , ciao a tutti! (continua)
A parte la noia dell’ immortalita’, vi immaginate ogni sera beccarvi l’ ennesima puntata di Un posto al sole? Mi sembra che questo articolo sia un po’ superficiale. Primo non e’ detto che la storia abbia un proseguimento lineare e che quindi la conoscenza scientifica abbia uno sviluppo di conseguenza. Poi dobbiamo sempre parlare di scienze al plurale come insegna J.M. Levy-Leblond, perche’ per ogni epoca abbiamo un modo di intendere, di produrre, di pensare epistemologicamente la conoscenza. Non si puo’ affermare se oggi siamo cosi,’ tra secoli saremo cola’. Lo sviluppo di un corpus di conoscenze e’ dato dalla societa’ in cui ci si trova.
Per esempio se facessimo una radiografia dell’ umanita’ nella sua complessita’ troveremmo che per ora si muore per malattie banali e comuni nella stragrande maggioranza dei casi.
Che dobbiamo attenderci pandemie e che la ricerca genetica non e’ ancora in grado di capire il funzionamento del softwere di cui parlavi.
Poi non capisco la frase “la natura scimmiesca irresponsabile e dannosa” visto che i nostri cugini piu’ prossimi sono i bonobo noti per vivere in comunita’ pacifiche, sessualmente aperte, paritarie e egalitarie
Articolo molto interessante, ma non so fino a quanto potrebbe essere desiderabile vivere per sempre per sprofondare nella noia eterna. La bellezza della vita potrebbe essere appunto nella sua limitatezza, per chi ha la fortuna di poter avere le risorse per godersela,ma anche chi fa una vita orribile, mettiamo chi nasce in africa,o, piu’ in generale, vive in stato di povertà, o e’ gravemente malato, puo’ avere speranza appunto non nel migliorare la sua condizione sociale, improbabile per moltissime persone,ma nel fatto che con la morte cesseranno tutte le sofferenze e tutti i ricordi negativi,già questo non e’ sufficiente per desiderarla, in molti casi?
Io invece mi complimento con Sergio, sottoscrivo il suo commento e la sua citazione e aggiungo un doveroso chiarimento a quella che altrimenti può apparire un evidente doppiezza: ci sono più cose materiali che nomi e più cose che idee (come in questo caso, per esempio, più di un Massimo).
Noi esseri umani scopriamo la “morte” solo quando la vediamo negli altri: l’assenza di movimento, di parola e di pensiero viene identificata come mancanza di vita. Solo allora l’irreversibilità della morte viene colta dalla nostra percezione. A questo punto scatta la riflessione, ovvero la specchiatura, quel morto lo sarò anch’io. Se il soggetto è sociale, allora paura e dolore sono emozioni biologiche; se il soggetto è asociale, nè paura nè dolore intaccano l’individuo (il più fortunato tra i mortali?).
Sfortunatamente per Bottoni, la morte degli altri non è evitabile (nel suo futuro tecno-medicale l’incidente può sempre succedere), quindi dolore e paura non saranno mai eliminabili.
Si tratta di un’immortalità condizionata che non eliminerà mai la sofferenza dell’esistere, della perdita (sei immortale ma muoiono o vanno in polvere amici, ambienti naturali e oggetti a te cari, perfino il pianeta stesso)
Soluzioni? bloccare il tempo lineare e/o uscire dalla materia > evolvere fuori dalla dimensione spazio/temporale se fosse possibile
Mi sembrano dei sogni e delle fantasie. E’ il solito giochino di proiettare nel futuro le tecnologie che abbiamo adesso, immaginandole estrememente piu’ potenti. Voglio ricordare ad Alessandro che negli anni 50 molti scienziati seri pensavano di poter realizzare la fusione nucleare in pochi anni. Dopo 50 anni non c’e’ niente di simile e si parla di almeno altri 50 anni per vedere la prima centrale a fusione. Posso fare molti altri esempi, dal computer quantistico all’uso massiccio di superconduttori ad alta temperatura. Non riusciamo a controllare adeguatamente il comportamento quantistico di pochi atomi, mi sembra molto ottimistico pensare che in qualche secolo si arrivi all’immortalita’.
Poi come altri hanno detto, non so se tale traguardo sia veramente desiderabile. .
Infine, il fatto che gli stessi individui siano immortali non rischia di distruggere l’evoluzione sia naturale che sociale?
La morte è uno dei più congegnali rimedi adottati dalla natura per assicurare il ricambio degli individui e quindi per migliorare l’elasticità del sistema. Nel contempo solo la prospettiva che un determinato politico (di cui non si fa il nome) possa diventare immortale, porterebbe una tale disperazione da indurre un milione di altri individui (i migliori) a suicidarsi. Questa è anche una ragione per considerare la morte una buona cosa.
Oppure anche uno solo a “suicidarlo”. Non sarebbe opportuno cominciare a pensarci?
io non sono in grado di controbattere con spiegazioni scientifiche o filosofiche, ma ovviamente mi pongo delle domande, e se provo a immaginare uno scenario futuro simile (che per fortuna non vedro’, meno male che all’inizio e’ gia’ chiaro) vengo preso dall’angoscia.
Innanzitutto mi immagino CHI sara’ in grado di sfruttare tale tecnologia, tutti gli individui? mmh….se non riusciamo nemmeno adesso a mangiare tutti !…. a parte la morte, che in un certo senso e’ anche apice di un percorso, come riusciremo ad evitare la nostra sofferenza sapendo che per alcuni sara’ possibile lottare contro di essa ed eventualmente eliminarla, e per molti altri no?
E quando penso agli “altri” mi immagino la maggior parte della popolazione del pianeta, che ovviamente non avra’ ne’ controllo ne’ potere, e che dovra’ comunque farsene una ragione – se costoro scelgono di farsela di tipo religioso siamo fregati, saranno molti piu’ di adesso 🙂
Insomma immagino uno scenario di lotta e di dolore, all’insegna dell’arroganza e dell’invidia , milioni di persone che non vedono l’ora di investire con l’automobile gli “immortali” e via dicendo. Un film dai toni apocalittici, per il momento rimango dell’idea di Leopardi: in fondo non e’ strettamente necessario appellarsi alla fede per vincere la paura.
Riprendendo un concetto già accennato nel post ‘Dei e Demiurghi’, considero esistenza ‘reale’ solo l’esistenza del singolo. Detto brutalmente “morto io morti tutti”! Di conseguenza non posso non cogliere una sorta di afflato religioso in questa ipotesi di immortalità, anche se scientificamente plausibile.
O l’immortalità resta un’esigenza dovuta alla coscienza della precarietà della vita – reale come esigenza – oppure ogni prospettiva tendente a ‘soddisfare concretamente’ questa esigenza rischia di produrre solo ‘alienazione concreta’.
La morte darebbe un senso alla nostra vita??? Sì, forse alla vita di chi lo dice. Della mia francamente ho qualche dubbio.
E comunque proprio non capisco: non é esattamente lo stesso principio liberale su cui si basano i diritti civili? Se un domani ci sarà la possibilità di scegliere fra morire o essere immortali, chi non vuole l’immortalità…semplicemente non ne usufruisce; esattamente come per il divorzio, l’aborto, e tutto il resto.
Di altri problemi poi mi pare un pochino prematuro parlare. Comunque personalmente dubito che se esistesse una simile tecnologia rimarrebbe a lungo appannaggio di pochi: chi non farebbe il possibile e anche di più per disporne? Sarebbe come se, in questo momento, si sapesse per certo che esiste nel mondo una cura contro il cancro, ma che solo pochi vi hanno accesso: non pensate che tutti gli altri farebbero come minimo la rivoluzione pur di averla anche loro?
Ma, a parte tutto questo, il problema più grave sarebbe semmai un altro: é ovvio che l’esistenza dell’immortalità sul nostro pianeta é strettamente legata a 2 condizioni assolutamente necessarie ed imprescindibili, e al momento non disponibili, almeno la seconda:
1) L’esistenza di altri pianeti abitabili nell’universo.
2) La possibilità di raggiungerli.
cartman666 scrive:
27 Gennaio 2008 alle 12:16
Articolo molto interessante, ma non so fino a quanto potrebbe essere desiderabile vivere per sempre per sprofondare nella noia eterna.
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giusto.
i nichilisti si dispererebbero! come potrebbero fare senza più quel dolce e quieto non essere…
i disperati non avrebbero neanche più il piacere del suicidio
SE DAVVERO RIUSCISSIMO AD OTTENERE LA VITA ETERNA: sarebbe una prova definitiva della presunta malvagità di Dio… dato che “in teoria” c’ha chiamati ad essere dal nulla ALMENO deve lasciare la possibilità di tornarci a quel nulla!
Che faranno i preti (e quindi anche vescovi, papi e cardinali) di fronte a queste tecnologie? E’ molto semplice, saranno i primi a mettersi in coda per l’acquisto materiale della vita eterna (prima però faranno uscire il terzo testamento come giustificazione ideologica).
Leopardi considerava spaventosa l’idea dell’immortalità di Platone, e in tempi più recenti Borges non aspirava a nient’altro che di sprofondare di nuovo nel nulla. Chi l’ha detto che l’uomo aspira alla vita eterna? E poi cosa sarebbe questa vita eterna? I credenti dicono che è la visione beatifica di Dio. Mah!
Certo l’esperienza della morte di un essere caro è molto dolorosa e non è nemmeno facile abituarsi all’idea che dovremo farci da parte e far posto agli altri. Ma la vita stanca pure (“Cose già viste e a sazietà riviste / Sempre vedrai s’anco mill’anni vivi.” (Alfieri – morto ad appena 51 anni, ma apparentemente già stufo.).
@ Lorenzo
La morte dà senso alla nostra vita nel senso che è un limite inoltrepassabile: è entro questo limite che dobbiamo realizzarci senza perder tempo (ars longa, vita brevis). Senza limite niente ha forma, sostanza. Si può sempre spostare un po’ più in là il limite, ma per fortuna c’è sempre.
A me il binomio di Leopardi – amore & morte – piace. La morte ha un suo fascino (non solo per i suicidi, anzi questi nemmeno lo provano). Se non si morisse il mondo sarebbe ancora più sovraffollato e invivibile.
Certo non possiamo nemmeno lontanamente immaginarci come sarà l’uomo fra secoli e millenni o addirittura milioni di anni (se l’umanità sopravvivrà). Probabile un’evoluzione pilotata. Ma se anche l’uomo fosse biologicamente immortale, capace di rigenerarsi e ringiovanire in continuazione, ci sarà sempre la tegola o l’asteroide in agguato. Difficile anche immaginare che potrà sopravvivere all’impatto della Via Lattea con Andromeda. Ma chissà, le vie del Signore sono infinite.
Io penso che non si abbia paura della morta, ma si ha parua dell’inconscio, e cioè di quello che potrebbe esserci dopo la morte.
L’uomo è per sua natura un animale pervaso dallì’abitudine. tutto quello che sa lo sa per ripetizione e abitudine. Ci si sente sicuri su questo mondo, perchè abbiamo in nostro potere le azioni e i pensieri, sappiamo dove mettiamo i piedi, sappiamo che il nostro pianeta è sferico, e sappiamo tante cose che sono date per certe.
Quando invece entra in gioco l’inverto, ognuno ha paura di abbandonare il mondo nel quale vive, e così succede con la morte.
A pensarci bene, l’immortalità è voluta dall’uomo solo perchè non ha nozioni e informazioni su quello che c’è (se c’è) dopo la nostrao morte fisica. Se invece si sapesse cosa c’è dopo la morte, si potrebbe ragionare in termini di convenienza, se sia conveninete morire o restare in vita. Quindi l’immortalità è una scelta aprioristica per l’umanità, dettata dalla forza dell’abitudine e delle nostre certezze.
Sarebbe come un individuo posto in due stanze, una miseramente arredata, e l’altra attigua molto più lussuosa a cui si può accedere, a condizione che, una volta averci messo piede, non si può più tornare nella stanza in cui si era al principio.
Avendo il comando della stanza, conoscendola alla perfezione, ed essendoci ormai abituato, il soggetto avrà timore di cambiare stanza, non essendo noto a lui appunto il dato che è molto più lussuosa, per paura di non avere più certezze, e di peggiorare le sue condizioni di vita. Ma ciò non toglie che nella stanza adiacente le condizioni potrebbero essere migliori, molto migliori, più comfort, più felicità, più “vita”.
Per quanto riguarda l’immmortalità io credo che sia un’utopia, la natura alla fine prevale sempre, e non si può sovvertire se non sovvertendo la stessa natura umana, cosa che richiederebbe una palingenesi chiaramente impossibile.
E’ indubbio che la vita media si sia allungata negli ultimi secoli, ma è altrettanto indubbio che l’immortalità non può essere raggiunta, ci sono dei litmi che l’uomo non può superare.
Il matrix ad esempio è fantasia, non è realtà, alla base della filosofia del matrix c’è il presupposto che le macchine abbiano il comando sull’uomo, clonandolo e creando un’entità immateriale, dandogli una coscienza di avere invece una materialità. Tutto questo è improponibile se dobbiamo essere realisti e non fantascientifici. Una cosa è la scienza, un’altra è la fantascienza (anche se alcune cose fantascientifiche sono diventanto col tempo vera e propria scienza realizzabile, ma non credo che sia questo il caso).
Eè altamente probabile che i tumori in futuro saranno curati, ma io poi ci rifletto, e mi dico che ancora oggi ci sono milioni di morti per tumori in tutto il mondo, con tutte le cure sofisticate che possediamo. Questo per dire che possiamo solo avvicinarci alla perfezione, ma questa soglia non potremo mai superarla perchè la nostra stessa natura mortale ce lo impedisce. E’ un sogno che rimarrà tale.
E’ un sogno anche immagazzinare una quantità esorbitante di informazioni quale quella che ogni mente umana possiede, in hard disk o come backup…semplicemente perchè non esiste un cavetto usb (e nessuno lo inventerà) che permette di trasferire dati immateriali psichici in dati informatici registrabili, a meno che un individuo non si metta a scrivere per ogni singolo secondo della sua vita al computer, tutti i suoi pensieri, tutti i suoi avvenimenti, ogni minima variazione del suo corpo dellop spazio, ed ecc ecc….anche questo quindi è improponibile.
Siamo mortali, e per questo siamo umani, Se non lo fossimo, potremme definirci delle macchine, il che francamente non mi garba, anche perchè francamente in tutte queste fanta-filosofie si lascia da parte un aspetto fondamentale dell’uomo: la sua dignità di essere pensante-mortale.
Fa parte della dignità umana morire, fa parte della natura morire, non sarebbe più un mondo vivibile se nessuno morisse. Morire è un dovere, l’immortalità è una pretesa sciocca, per il solo fatto che nessuno potrà mai dire cosa ci aspetta dopo la morte.
Alessandro mi sembra colgiere nel segno il tuo intervento soprattutto perchè ti poni la domanda su chi utilizzerà questa ipotetica tecnologia: una tecnologia simile porrebbe questioni etiche del tutto nuove, in linea di principio se una tale tecnologia fosse messa a punto dovrebbe essere disponibile per tutti altrimenti si creerebbero persone eterne e persone “da macello”, paragonabili alle povere bestie di cui ci serviamo per uso alimentare. Il discorso della personalità intesa come mero back-up dei dati è un azzardo (e condivido anch’io antoniotre82 quando lo fa notare), inoltre se anche ci fosse una tecnica in grado di eseguirlo, non possiamo escludere per comodità di ragionamento le forti ripercussioni psicologiche che ci sarebbero. Ipotesi 1 -quella della mente salvata e riscritta in una macchina- : ad un tratto uno si ritrova inscatolato, senza battito cardiaco, senza attività respiratoria, e con dei sensi presumibilmente alterati… mi sembra una tortura peggio del polmone d’acciaio! 2 – un clone con un corpo biologico e il cervello riscritto con una qualche tecnica futuristica: qui si spalanca (ma anche nell ‘esempio di prima, a dire al vero), la porta sul mare dei dubbi filosofici riguardo alla personalità ed alla percezione dell’io. Chi mi da la certezza che quell’individuo sarei proprio “io”? E se la mia personalità si disintegrasse nel momento del back up (e quindi la percezione di me stesso), e quella fosse una persona che ha i miei ricordi, parla come me, pensa di essere me ma non sono “io”? Vedetela un po’ come la paura del dottore del telefilm star trek, che non voleva usare il teletrasporto per la paura che perdesse la percezione di se (e morisse quindi nello stesso istante in cui l’altro se stesso sarebbe apparso dall’altra parte)…
Così per fornire qualche dato scientifico alla discussione.
Il cervello è una struttura plastica: il chè significa che gli eventi esterni o interni lo modificano. La somma di queste modifiche è ciò che ciascuno di noi è ora … e adesso che avete letto quanto ho scritto il vostro cervello si è modificato …. strutturalmente, biochimicamente modificato!!
La plasticità è la base della memoria e quindi dell’apprendimento. L’uomo ha tanta potenzialità cognitiva perchè ha a livelli incredibilmente elevati le strutture genetiche/biochimiche che sono alla base della plasticità. Queste strutture genetiche (soprattutto gli elementi Alu) sono diversamente presenti nel patrimonio genetico degli animali ed aumentano aumentando la “scala” evolutiva: molti nei primati e moltissimi nell’uomo!
Questi elementi permettono di ottenere molte proteine da UN UNICO GENE, soprattutto geni coinvolti nella trasmissione nervosa!!! Quindi gli stimoli esterni, alterando dei meccanismi biochimici, influenzano l’uso di questi geni che, producendo proteine diverse da quelle “originali” modificano la cellula nervosa, il circuito nervoso, il cervello!
“La vita non conosce la morte e la morte non conosce la vita” (così sosteneva già Epicuro).
E poichè “l’errore produce numeri infiniti”, posto l’equivoco già nel tema, potremmo parlarne tutti a lungo, ma non all'”infinito” (vista la natura mortale di ciascuno di noi).
Comunque chi ha certezze sulla “piacevolezza” dell’immortalità (a parte la sua possibilità o meno) dovrebbe almeno valutare il fatto che in condizioni diverse si hanno pensieri diversi.
Ma questa discussione mi risulta interessante e piacevole per un altro motivo: dimostra con estrema chiarezza che non c’è un solo modo di essere atei o agnostici, ma una pluralità di modi possibili.
E questo, a sua volta, deriva dal fatto (altrimenti assurdo) che non ci sono persone uguali con idee diverse, bensì persone diverse con idee diverse.
A mio parere, l’ovvio è il peggior nemico di chi cerca la verità.
Si dice: “Quella persona è morta”, oppure: “Io morirò”. E si ritiene di aver ben chiaro cosa si è detto.
Senza accorgersi che si assume per assodato ciò che invece non lo è affatto. Si dà per ovvio, infatti, sia cosa si intende per “morire” sia cosa significa “Io” o “Quella persona”.
E soprattutto si dà per scontato cosa sia la realtà. Ovvero si dà per certo che la realtà sia ciò che abita il presente.
Se incominciamo invece a dubitare di essere i nostri pensieri, oppure il nostro corpo, giacché sono solo cose che abbiamo… Ecco che il nostro benedetto Io ritorna a essere un mistero pieno di possibilità.
Saluti
Non vorrei ripetere cose già dette, a parte il fatto che trovo alquanto improbabile la sostituzione del carbonio col silicio (chi conosce un pò di chimica sa che il silicio a differenza del carbonio non permette la formazione di legami multipli con altro silicio, ne risulterebbe una grande perdita di varietà di materiale organico. La formazione di legami tra silicio e ossigeno inoltre ci trasformerebbe in masse rocciose viventi 😀 )…
Dal canto mio preferisco mirare ad un’ “immortalità” di tipo foscoliano. Meglio cercare di diventare immortali nel ricordo di chi verrà dopo anzicchè godersi l’infinita noia dell’eternità…
Forse non tutti sanno che…
Esiste anche nel nostro paese un’organizzazione, l’Associazione Italiana Transumanisti, http://www.transumanisti.it il sito, il cui scopo istituzionale è riflettere (anche) su queste cose, e raccogliere articoli, notizie, bibliografia, etc. in argomento.
Tra l’altro, non sorprenderà sapere che esiste un certo overlapping, che io sappia, tra i membri e simpatizzanti della stessa e quelli della UAAR.
Forse altre persone potrebbero essere interessate a dare un’occhiata.
Sergio scrive:
27 Gennaio 2008 alle 11:41
“Non si può negare una certa logica in questo lungo discorso, ma il problema è poi che farsene di questa vita eterna. La vita eterna è eterna noia e ripetizione. ”
D’accordo. Ma la questione in effetti non è la “vita eterna”, che sarebbe solo di poco meno noioso che stare per l’eternità a cantare tra cherubini, serafini, troni, dominazioni, angeli e arcangeli, ma un “indefinite life span”. In altri termini, non essere un prodotto con una scadenza, o prolungare le tendenze evolutive e le tecniche che hanno già moltiplicato l’aspettativa di vita media della nostra specie.
Poi, al di fuori di sistemi che mirano a generalizzare valori metafisici di rispetto dei “momenti provvidenziali”, ognuno resta libero di ritirarsi dal gioco quando crede.
Belle le vostre speculazioni sulla vita e sulla morte. In parte le condivido, in parte no.
Quanto segnalato da Bottoni ha invece in sé gran parte dei difetti del tipico pensiero religioso.
A mio parere, tenere i piedi ben ancorati a terra rimane una pratica molto salutare.
alessandro scrive:
27 Gennaio 2008 alle 13:58
“Innanzitutto mi immagino CHI sara’ in grado di sfruttare tale tecnologia, tutti gli individui? mmh….se non riusciamo nemmeno adesso a mangiare tutti !…. a parte la morte, che in un certo senso e’ anche apice di un percorso, come riusciremo ad evitare la nostra sofferenza sapendo che per alcuni sara’ possibile lottare contro di essa ed eventualmente eliminarla, e per molti altri no?”
Questo è un argomento di eterno dibattito nel movimento transumanista, ma rispetto all’alternativa la risposta è chiara: che differenza c’è rispetto agli antibiotici o ai vaccini? forse che quando abbiamo iniziato a produrli eravamo in grado di dare da mangiare a tutti? forse che proporresti di smettere di farlo sino a che non abbiamo sconfitto la povertà in Italia o la fame nel mondo?
Perché “immortalità” è un concetto che suono molto filosofico e trascendentale, ma quello di cui parliamo è in sostanza il fatto di *poter* vivere 70 anni anziché 50, 140 anni anziché 70, 250 anziché 140, poi 1000, 5000, etc., tenendo presente che magari quando il sole tra due miliardi di anni di anni diventerà una gigante rossa magari friggerà lo stesso tutti o la maggiorparte degli abitanti del pianeta di allora.
Oggi con le migliori cure veterinarie o mediche del mondo nessun gatto arriva a 30 anni e nessun uomo a 150.
Mi pare che stiamo parlando più della “desiderabilità” della vita eterna che della “fattibilità”. In genere chi é contro avanza l’argomento “se fossimo immortali non saremmo più umani”. Beh, limitandosi sempre alla desiderabilità, uno potrebbe anche obiettare: ma dove sta scritto che si deve essere per forza umani? Ma se essere umani implica il morire, allora, se c’é la possibilità di evitarlo, io preferisco non essere più umano!
Poi, ovvio che, come dicevo prima, un giorno che ci fosse questa possibilità, chiunque fosse contrario potrebbe sempre decidere di non avvalersene. Il problema vero sarebbe più che altro quello della sovrappopolazione (c’é già con la mortalità, figuriamoci con l’immortalità…), risolvibile solo scoprendo e potendo raggiungere altri pianeti abitabili nell’universo.
Ma, a parte tutto questo, credo che – senza polemica nei confronti di nessuno – certe affermazioni filosofiche, certe “razionalizzazioni” a mio avviso un tantino estreme contro l’idea stessa di immortalità, rischino di suonare come delle provocazioni, un voler andare “controcorrente” e “contro la massa” a tutti i costi, e servano solo a farsi del male, il che non mi pare proprio il caso. Per questo, in generale, riterrei più opportuno (specialmente in pubblico), come si diceva nel topic su l’Ateo e Famiglia Cristiana, disquisire meno di filosofie, ideologie, visioni del mondo e massimi sistemi vari, e più di problemi strettamente concreti nelle nostre vite causati dal grave deficit di laicità nel nostro Paese. Sarebbe il caso di rifletterci su.
Che cosa ci sarà dopo la nostra morte? Esattamente quello che c’ era prima della nostra nascita. Questo è quello che sostiene Dawkins, e al di là del fatto che questo è un sito ateo, mi sembra la risposta più sensata e ragionevole che ho conosciuto finora. Perchè dovremmo avere bisogno dell’immortalità? Prima o dopo è giusto andarsene e lasciare spazio ai nostri figli e nipoti. Con l’immortalità noi saremmo ancora all’età della pietra.
faccio una precisazione soprattutto per Stefano Vaj: a volte sintetizzando un’idea unisco piu’ questioni, il riferimento alla fame l’ho usato per intendere che saranno sempre loro a non usufruirne, per loro la vita non cambiera’ e non scatenera’ nessuna corsa per farla durare piu’ a lungo. Almeno cosi’ immagino.
Leggere di questi temi nel sito uaar mi ha fatto molto piacere: grazie davvero ad Alessandro Bottoni di averli introdotti. Una cosa molto discussa dentro al movimento transumanista internazionale è proprio l’uso della parola *immortalità* che alcuni vorrebbero bandire per le risonanze religiose che evoca, a vantaggio di *life extension*, molto più corretto per indicare gli effetti delle tecnologie di cui si parla. Bisogna però distinguere nettamente obiettivi che appaiono vicini e raggiungibili anche per chi vive oggi, come la life extension (se usando le prime tecniche posso arrivare ai 120 anni, a quel punto posso usare tecniche più avanzate, ecc. — è la strategia dei ponti), da speculazioni affascinanti ma al momento puramente teoriche come il mind uploading.
Sulla questione dell’accesso c’è una sensibilità molto diversa in usa e in europa. Qui i sistemi sanitari sono in genere ispirati alla completa e universale copertura pubblica per le medicine salvavita e sono istituzionalmente incaricati di fare prevenzione, cioè di ridurre i fattori di rischio che la gente di ammali in futuro, (tra l’altro) come decisivo strumento di risparmio per i sistemi stessi. Le tecnologie che mirano alla life extension si collocano del tutto su questa linea. A meno che non prevalgano remore di carattere ideologico-religioso: come la proibizione della ricerca sulle staminali o l’obbligo di morire perchè «Dio lo vuole» dato che ci ha fatto mortali… Ovviamente chi si annoia della vita si accomodi pure. Personalmente avrei progetti per i prossimi 1000 anni. 🙂
Alcune citazioni dal saggio di Boncinelli che Alessandro Bottoni linka
http://www.internetbookshop.it/code/9788870789416/BONCINELLI-EDOARDO-SCIARRETTA-GALEAZZO/VERSO-LIMMORTALITA?-SCIENZA-SOGNO-VINCERE-TEMPO.html
Verso l’immortalità? La scienza e il sogno di vincere il tempo
Edoardo Boncinelli e Galeazzo Sciarretta
2005, XI-231 p., brossura
Editore Cortina Raffaello (collana Scienza e idee)
«Qual è, allora, la discriminante tra un plausibile sviluppo scientifico e una fantasiosa futuribilità? Ci sembra ragionevole ritenere che la chiave risieda nella concretezza scientifica delle premesse su cui l’ipotesi applicativa si basa. Per esempio uno dei presupposti della science fiction anni 50, che amava collocare le proprie storie negli allora lontani anni 2000, era la fattibilità dei viaggi interstellari o intergalattici. Informati del limite einsteniano che pone come fisicamente insuperabile la velocità della luce, gli autori lo aggiravano inventando non meglio identificati salti dimensionali e porte spazio-temporali. Tali concezioni non avevano e non hanno alcun riscontro scientifico nè tantomeno applicativo. Di conseguenza erano e restano pura fantascienza. Affermare oggi che si potranno produrre per clonazione tessuti oppure organi sostitutivi [la terza strategia] è invece una proiezione scientifica, in quanto tali possibilità si basano su premesse teoriche già adeguatamente controllate, su applicazioni ancora perfettibili ma concrete e sulla produzione per clonazione di organi completi di insetti e di interi organismi di mammiferi in grado di vivere e riprodursi. Non ci sembra quindi trattarsi di fantascienza. La prospettiva in sè, e con essa i benefici che se ne possono prevedere, è fondata. Non vorremmo comprometterne la credibilità azzardando stime temporali, ma riteniamo che tutto ciò si realizzerà ragionevolmente a breve.»
Boncinelli delinea 3 strategie geniche:
1. l’eliminazione di specifiche malattie genetiche
2. la cancellazione a livello genetico del processo di invecchiamento
3. la sostituzione/rigenerazione di tutte le parti dell’organismo danneggiate
(pag.172 e ss.)
«Non vi è dubbio che sono i nostri geni a farci invecchiare, o, più precisamente, a non contrastare indefinitamente le cause di degrado naturali. In ciascuna specie essi funzionano egregiamente per un certo tempo in cui l’organismo fiorisce con un andamento di segno opposto a quello dell’invecchiamento, per poi cominciare a disinteressarsi del problema. Allora i danni si accumulano, gli interventi di riparazione si diradano e perdono di prontezza e di efficacia, le difese si indeboliscono e ci si avvia alla fine. E’ chiaro che la seconda strada per l’immortalità passa di qui: selezionare o costruire geni atti a conservare le benefiche proprietà per un tempo più lungo. … (179) L’invecchiamento non è in linea di principio inevitabile, nè ineludibile. Semplicemente la caratteristica genomica di conferire maggior longevità non aveva motivo di essere premiata, perchè il criterio di valutazione della selezione naturale massimizza l’efficienza riproduttiva. Ora, per la prima volta dopo miliardi di anni, una strana specie dal cervello un po’ ipertrofico ha inaspettatamente sviluppato la cacità di intervenire nel processo e di cambiare le regole del gioco: la partita può ricominciare.
La seconda strategia verso l’immortalità si perseguirà dapprima studiando la natura e la funzionalità dei geni coinvolti nella riparazione dei vari danni. … il passo successivo, quello che permetterà di cominciare a vedere effetti concreti, consisterà nell’inserire nel genoma umano, a livello embrionale oppure nel corso della vita, geni opportunamente selezionati o modificati sulla base delle conoscenze accumulate. Oltre a contrastare la comparsa delle malattie [prima strategia] questi interventi mireranno a rallentare il ritmo dell’invecchiamento. Quanti anni si potranno guadagnare per questa via? Certo molti di più di quelli consentiti dalla prima strada, quella della lotta alle cause di morte, in quanto si propone di combattere il catalizzatore supremo di tutti i processi che conducono alla morte: l’invecchiamento. Rispetto alla prima strada questa seconda strategia non si limita a prolungare la vita, ma anche la giovinezza. »
(pag.198)
« L’allungamento della vita che abbiamo fin qui prospettato si otterrà dunque in vari modi, tutti basati sulla manipolazione dei geni. … Dal punto di vista della biologia molecolare le tre strade confluiscono e si confondono. Fin dove può portarci l’insieme delle tre strategie sinora considerate? La prima può arrivare al massimo al limite della longevità dell’attuale genoma umano, circa 100 anni e poco più. Per la la seconda non abbiamo elementi per scorgere limiti. … Non ci sembra di intravvederne per la terza, la strategia sostitutiva, se applicata indefinitivamente in modo sistematico e radicale.»
Sulla questione sovrappopolamento mi pare plausibile, e in linea con le tendenze demografiche già in atto nelle società più avanzate, un adattamento automatico che porti ad avere sempre meno figli e sempre più tardi.
Avere figli è in genere vissuto come forma di autoperpetuazione e come garanzia per la vecchiaia. Se l’invecchiamento potrà essere allontanato e la morte lo stesso, anche la decisione di avere figli (con il senso di *fine della libertà e della giovinezza* che la accompagna) verrà progressivamente posticipata. Meno figli e più tardi è una tendenza già in atto. È un lifestyle ancora stigmatizzato perchè la nostra comprensione del mondo resta ancorata alle condizioni esistenziali e sociali passate e perchè gli stati si allarmano alla decrescita demografica in quanto mancherebbero giovani a cui far pagare pensioni e assistenza per i vecchi, ecc. Ma l’allungamento delle aspettative di *vita giovane* ribalterebbe la prospettiva.
Personalmento trovo l’idea dell'”elisir d’immortalità” terrificante. NOn per la vita eterna in se per se,ma per la fine abbastanza ovvia che farebbe.
Sarebbe un tecnologia molto, molto costasa di quelle alla portata solo dei vari Bush, Berlusconi, Bin laden, ecc… gente estremamante conservatrice per una semplice ragione: mantenere lo status quo che gli consente di arricchirsi.
Credo veraemente che porterebbe solo alla creazione di una casta intoccabile ad eternam che governa e manipola una massa di pedine informe la cui breve vita li renderebbe bersagli facili, facilissimi.
Dopo aver letto tutti questi interessantissimi commenti (queso post, come altri analoghi, sarebbe da incorniciare!) la mia ‘posizione’ circa l’immortalità resta tuttavia inalterara: l’immortalità è, e resta, un’ESIGENZA destinata a rimanere tale perché è la VITA che così la vuole (v. Shopenhauer)… e la vuole proprio per affermarsi come tale, come evento biologico. Se, in quanto esseri animati dotati di coscienza – e soprattutto coscienza della nostra inevitabile fine come individui – non aspirassimo in qualche ad ‘andare oltre’ questo esito, la specie si esurirebbe.
Ora, da questo punto di vista, sperare di ‘andare oltre’ puntando alla trascendenza come fanno le varie religioni, o come fanno i vari umanesimi… ma anche come ritiene di poter fare la scienza… non vedo molta differenza.
Devo aggiungere un PS.
Posto questo, che personalmente considero come base da non rimuovere pena il rischio di esiti alienanti, ognuno può poi trarne le conclusioni più diverse. E, sempre personalmente, fra religioni e ideologie varie, preferisco senza ombra di dubbio la scienza.
Il problema per me si sposta sulla qualità dell’esistenza.
Chi vive una esistenza triste, si sentirebbe condannato a viverla per sempre. Chi vorrebbe essere uno schiavo sottopagato per sempre ?
Chi invece vive una vita soddisfacente, per ragioni almeno interiori, potrebbe auspicarsi una vita quanto più lunga possibile e teniamo conto che i casi di morte violenta esisteranno sempre.
Forse ridurremo drasticamente i problemi legati al cibo e al lavoro ?
Per me, che sono su un sentiero di agnostica ricerca interiore, una vita illimitata sarebbe una fonte enorme di piacere e soddisfazioni, ma non credo lo sarebbe per tutti.
Mi pongo anche un altro problema di carattere relativistico e psicologico sul tempo.
Le giornate di mia nonna, a suo dire, volavano via come lampi.
Quando ero bambino le mie giornate erano lunghe.
Più tempo viviamo, più il giorno successivo diventa una frazione minore rispetto al tempo che abbiamo vissuto. Se dovessi vivere 400 anni, forse passerei giornate intere a meditare e mi passerebbero come respiri.
Probabilmente l’allungamento dell’esistenza oggettiva non risolverebbe il problema della percezione del tempo soggettivo.
Forse per organizzare un viaggio potrei impiegare settimane invece che giorni… ci sarebbe sempre tempo per tutto e quindi non saremmo più spinti a fare chissà quante cose … tutti illuminati o tutti fulminati ?
Forse mi piacerebbe e al momento giusto sceglierei di morire
La mia perplessità riguarda il “trasferimento della nostra mente su supporto esterno”. Questa cosa sembra concettualmente priva di implicazioni ma cosi non è.
Questo trasferimento fa riaffiorare considerazioni su cosa sia la nostra coscienza. Siamo davverso sicuri che questa riproduzione della nostra dimensione mentale non sia semplicemente una copia di noi e non noi stessi?
Intuitivamente mi viene da affermare che copiando il mio cervello non copierei me stesso, ma non perchè abbia un anima ma perchè trovo inconcepibile la possibilità che si possano creare piu istanze di me CONTEMPORANEAMENTE presenti nella realtà.
Se in fatti io venissi “digitalizzato” potrei fare N copie di me e “mandarle in esecuzione” tutte contemporaneamente… e a quel punto DOVE si troverebbe la mia coscienza? in quale delle N istanze che sono in esecuzione? che fine fa a quel punto il mio IO appercettivo?
Tutte queste domande quindi rendono meno plausibile la copiabilità di qualcuno…almeno fino a quando non scopriamo COSA sia quel QUALCUNO.
Io credo che ci autoelimineremo prima di arrivare a tanta tecnologia.
Asatan scrive:
28 Gennaio 2008 alle 08:19
<>
In cosa questo sarebbe diverso dalle terapie “longeviste” che già abbiamo? Come terapie mediche, nutrizione igienicamente quasi perfetta qualitativamente decente (seppure energeticamente inefficiente), case riscaldate, sport, vacanze? Uno può naturalmente vivere sino ad 80 nella giungla, se è molto fortunato, ma non vi è dubbio che già oggi esiste una classe d’età legata all’accesso a queste cose, che non è affatto scontato dal punto di vista internazionale e sociale.
In sostanza, mentre “immortalità” è una parola che ha connotati religiosi sgradevoli, quello di cui si tratta e semplicemente rendere l’invecchiamento biologico statisticamente irrilevante rispetto alle altre cause di morte o menomazione (incidenti, suicidio, violenza, avvelenamento, nuove possibili patologie, etc.), così come oggi lo è la tubercolosi. Qualcuno davvero crede che non dovremmo sprecare tutti quei soldi in vaccini quando c’è gente che vive per strada o muore di fame?
Per il mind uploading e “l’immortalità” in senso non biologico, mi sembra plausibile che avremo simulazioni sempre più accurate della soggettività umana in generale, e potenzialmente di singole persone specifiche, sino a giungere ad una reale difficoltà pratica di distinguerle nel quadro di test del tipo di quello ipotizzato da Turing.
Quando e se potremmo dire che si tratta “davvero” della “stessa” persona? Forse che in tal caso la persona in questione andrà considerata “immortale”?
Queste – che pure vengono ogni tanto poste anche nell’ambiente transumanista – per me sono domande di carattere metafisico, che tradiscono la propria evidente matrice religioso-superstiziosa.
Già oggi e nella nostra vita ordinaria la continuità della nostra “identità” è fondamentalmente un’illusione del soggetto (potrei essere una copia perfetta di qualcuno che è stato rapito ieri dagli alieni ed ovviamente per definizione non me ne accorgerei affatto). Le persone inoltre cambiano, ed una simulazione minimamente realistica non potrebbe che a sua volta cambiare nel tempo. Per cui, se la stessa continua a “girare” su un qualche tipo di elaboratore, a prescindere dai discorsi sulla morte termica dell’universo, che senso ha dire che “si tratta della stessa persona” quando fossero passati 10.000 anni? Neppure la sua mamma – o il suo programmatore… 🙂 – sarebbe più in grado di riconoscerla. Se invece volessimo conservare indefinitamente un certo stadio di sviluppo della personalità emulata, ebbene, sarebbe una versione tecnologicamente più avanzata dell'”immortalità” che conosciamo già: quella della gloria tramandata dai poeti, quella delle fotografie o dei film, quella della memoria conservata dai documenti storici.
@ Stefano Vaj
In merito al mind uploading:
la questione non è semplice come pensi. Il problema non è la riconoscibilità di una persona da parte degli altri, bensì la conservazione del PUNTO DI OSSERVAZIONE del mondo che è rapresentato dalla nostra coscienza. Potrebbe esserci un mio alter ego identico a me che tutti non saprebbero distinguere dal vero me…il problema però non sta in questa interazione “esterna”. Il problema sta nella percezione dall’interno verso l’esterno. Se io infatti cessassi di esistere con la mia morte…nessuno mi garantirebbe che tornerei a “osservare” di nuovo la realtà da un altra mia istanza fatta girare in un secondo momento e in un altro luogo che non sia il mio corpo.
# hyxcube scrive:
28 Gennaio 2008 alle 12:54
<>
Ecco, forse siamo un pochino fuori tema, per il luogo e per il thread, ma noterò che è appunto questo cui non credo.
NON esiste neppure nella vita ordinaria alcuna “conservazione del punto di osservazione del mondo” rispetto cui possa essere mai sperimentata un’interruzione o una discontinuità. Per gli altri, perché siamo costretti ad arrestarci alla realtà fenomenica, e nulla sappiamo della loro soggettività noumenica, se mai pure esiste. Per noi stessi, perché qualsiasi soggetto non può per definizione che percepire la sua continuità ed identità che come conservata (diversamente non sarebbe la sua).
Il resto IMHO è metafisica, o semplicemente mancanza di prospettiva (del tipo “non voglio morire perché ho paura del buio”).
Per cui, quando (e *se*) ci abituassimo a considerare le copie digitali dei nostri vicini come continuazione dei nostri vicini (per le stesse ragioni per cui consideriamo la stessa persona le due versioni del medesimo vicino incontrate a distanza di una settimana), ho il sospetto che cominceremo a vedere la prospettiva di essere “copiati” in modo analogo come una sorta di continuità anche per quello che ci riguarda – anche se quelli che oggi pensano che i loro vicini vengono ogni tanto sostituiti da robot alieni non esiteranno naturalmente a pensare che l’anima dell’individuo originale in realtà è andata all’inferno e che la nuova versione è solo un automa e un simulacro.
Quante migliaia (milioni?) di anni di contributi pensione bisogna versare per avere diritto alla pensione di immortalità?
E perché mai se la tua vita non ha una scadenza precisa dovresti avere qualcosa di diverso da un piano di accumulo di durata arbitraria? 🙂
Oppure, la previdenza sociale e sanitaria andrebbe a sostituire completamente quella pensionistica…
# Stefano Vaj scrive:
Per noi stessi, perché qualsiasi soggetto non può per definizione che percepire la sua continuità ed identità che come conservata (diversamente non sarebbe la sua).
… certo, concordo con te sul fatto che ogni istanza di se percepisca la propria continuità e identità ma la mia obiezione era riferita al fatto che l’istanza che io rappresento cessa di esistere insieme alla materia che permette la sua emersione (come sistema di interconnessioni sinaptiche etc); con la cessazione di questo sistema, cessa anche l’esistenza di un particolare punto di osservazione che quindi puo essere solo riprodotto e non trasferito. La nuova copia che viene creata ricorderà tutto fino al momento della morte della propria “matrice” ma in realtà il suo punto di osservazione non è, di fatto, quello della sua matrice.
Mi rendo conto però che questo non è il luogo adatto a questa discussione, che tra l’altro sto mandando OT 🙂
“Il problema per me si sposta sulla qualità dell’esistenza.
Chi vive una esistenza triste, si sentirebbe condannato a viverla per sempre. Chi vorrebbe essere uno schiavo sottopagato per sempre ?”
E perchè mai? Vivendo in eterno (o comunque molto, molto più a lungo), avremmo tutto il tempo e la possibilità di trasformare la nostra esistenza da triste a soddisfacente.
Ma ve l’immagite l’Hitler di turno vivo per l’eternità, La Binetti pure, il papa che non muore mai, anche se è vero che dopo un papa se ne fa un’altro ed io condannato a vedere e sentire le stesse sciocchezze per l’eternità? Altro che fantascienza, questo è orror allo stato puro!
Ok, adesso che ci siamo un po’ riposati con i racconti di fantascienza, possiamo riprendere a discutere e ragionare su ciò che ci circonda, per favore?