In Italia un laureato su cinque ha difficoltà a scrivere

Dirimere un’ambiguità lessicale è un problema per un laureato su cinque. A dir la verità, anche solo comprendere la frase che avete appena letto è un problema per un laureato su cinque. “Termini come dirimere, duttile, faceto, proroga si trovano comunemente sui giornali, ma per molti italiani con pergamena appesa al muro sono parole opache”. Luca Serianni, linguista all’università di Roma 3, ne fece esperienza diretta un giorno nell’ambulatorio di un dentista cui s’era rivolto per un’urgenza. “Con le mie lastrine in mano chiamò al telefono un collega per avere un parere: “Senti caro, aiutami a diramare un dubbio…””. E il professore sudò freddo: “Un medico che non sa maneggiare le parole è un medico che non legge, quindi non si aggiorna, quindi forse non sa maneggiare neanche un trapano”.
Analfabeti con la laurea. Non è un paradosso. E nessuno s’offenda: ci sono riscontri scientifici. Il report 2006 del ramo italiano dell’indagine internazionale All-Ocse (Adult Literacy and Life Skill), coordinato dalla pedagogista Vittoria Gallina, non lascia spazio a dubbi: 21 laureati su cento non riescono ad andare oltre il livello elementare di decifrazione di una pagina scritta (il bugiardino di un medicinale, le istruzioni di un elettrodomestico).
Enon sanno produrre un testo minimamente complesso
(una relazione, un referto medico, ma anche una banale lettera al capocondominio) che sia comprensibile e corretto. Una minoranza? Sì: un laureato italiano su due, per fortuna, raggiunge il quinto e massimo livello. Ma è una minoranza terribilmente cospicua, anche se si maschera bene. Negli Usa tre anni fa fu uno shock scoprire che i graduate fermi al livello base sono il 14%. Da noi il buco nero si manifesta a tratti, in modo clamoroso, come un mese fa, a Roma, al termine dell’ultimo dei concorsi per l’accesso alla magistratura. Preso d’assalto da 4000 candidati, in gara per 380 posti. Nonostante questo, 58 posti sono rimasti scoperti: 3700 candidati, tutti ovviamente laureati (magari anche più) hanno presentato prove irricevibili sul piano puramente linguistico. “Per pudore vi risparmio le indicibili citazioni”, commentò uno dei commissari d’esame, il giudice di corte d’appello Matteo Frasca. […]
“La società sprintata”, come la chiama il pedagogista Franco Frabboni, preside di Scienze della formazione a Bologna, uno degli autori della riforma universitaria, è arrivata negli atenei. E gli atenei la assecondano: “La trasmissione del sapere universitario è regredita dalla scrittura all’oralità”, spiega. Nelle aule della nostra istruzione superiore, il grado di padronanza della lingua italiana non è mai messo alla prova. Persino l’arte dell’argomentazione orale, ponte fra i due universi semantici, è svanita, racconta Frabboni: “Professori sempre più incerti fanno lezione con diapositive, seguendo una traccia fissa. Ai laureandi si lascia esporre la tesi con presentazioni powerpoint. I “test oggettivi” d’ingresso sono crocette su questionari”. La competenza linguistica non è considerata un pre-requisito indispensabile: “Devi guadagnarti cinque crediti per la lingua straniera, e cinque per l’informatica, ma non c’è alcun obbligo per quanto riguarda la buona pratica dell’italiano”. Un tacito accordo fissa tetti massimi di lettura ridicoli per i testi d’esame: “Quando un professore assegna più di 150-180 pagine, davanti al mio ufficio c’è la fila di studenti che protestano”. […]
Ma se avessero ragione loro? Perché alla fine si scopre che il laureato analfabeta non fa necessariamente più fatica a trovare lavoro rispetto ai suoi quattro colleghi più letterati. le imprese non sembrano granché interessate a selezionare i propri quadri dirigenti sulla base delle competenze linguistiche di base. E non perché non si accorgano delle deficienze dei loro nuovi assunti. Parlare con Carlo Iannantuono, responsabile delle risorse umane per la filiale italiana della Sandik, una multinazionale del ramo macchine per cantieri, reduce da una lunga selezione di personale laureato, è come farsi raccontare una serata allo Zelig: “Quello che se potrei, quello che s’è laureato per il rotolo della cuffia (e si vede), quello che glielo dico così, an fasàn (e io: e dü pernìs…)…”. Gli analfabeti conclamati, calcola, sono solo un 3-4 per cento, ma molti altri non sembrano pienamente padroni delle loro parole. E lei li assume lo stesso? “Dipende”, si fa serio, “noi cerchiamo bravi venditori. Quello che deve discutere con i dirigenti della Snam è meglio sappia i congiuntivi. A quello che deve convincere un capocantiere della Tav forse serve di più un buon paio di stivali di gomma”.
“Non c’è alcuna sanzione sociale verso l’analfabetismo con laurea”, commenta con sconforto Tullio De Mauro, il padre degli studi linguistici italiani. Forse perché non si riconoscono immediatamente, si mascherano bene da alfabetizzati. “Fino a cinquant’anni fa l’incompetenza linguistica era palese: otto italiani su dieci usavano ancora il dialetto. Oggi il 95 per cento degli italiani parla italiano. Ma che italiano è? Solo in apparenza parliamo tutti la stessa lingua. Quando si prende in mano una penna, però, carta canta, e le stonature si sentono”. […]

L’articolo completo è raggiungibile su Repubblica 

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27 commenti

antoniotre82

E’ decisamente vero…anche io conosco un sacco di laureati che ancora commettono un sacco di errori quando mi mandano sms o delle e -mail. Per non parlare della pessima cultura generale che possiedono.
Comunque come si denota anche dalla notizia…il savoir faire il più delle volte colma queste deficienze.

Giorgio

Probabilmente questa è una concausa della facilità di attecchimento delle superstizioni.

rossotoscano

Iniziando dalla tele in cui si sentono strafalcioni ogni istante( e non parlo solo di giurato) mi ricordo il titolo di un servizio di tg1 intitolato ” out out di mastella” ben dimenticando che aut è latino e non inglese, per non parlare dei congiuntivi ( maledetti) e dei plurali e poi lasciando stare i passati remoti che ormai sono bestie rare( quelli esatti dico) non mi piace la moda dilagante di usare l’impersonale dopo il soggetto: noi si va, noi non si discute etc etc tipiche intromissioni dialettali entrate specialmente nel linguaggio politico quando si vogliono prendere le distanze… il problema è che si legge poco e quel poco magari è scritto anche in un italiano non perfetto… molti libri che io leggo, tradotti in italiano, contengono molti errori, ci vorrebbe qualcuno che controllasse iniziando dalla tele…

Nifft

Se per questo un lauerato su cinque ha anche serie difficoltà in semplici operazioni di matematica (ad esempio non saprebbe da dove partire per calcolare un prezzo scontato)…

lulalle

Ecco le conseguenze del 6 politico preteso dai sessantottini…

San Gennaro

@Nifft
verso l’incapacità matematica la sanzione sociale è meno grave, anche se, a mio parere, si tratta della medesima difficoltà di concettualizzazione.

Tempo fa ci fu un mezzo scandalo quando Celentano scrisse in TV “la guerra e (sic) contro l’amore”; niente di tutto questo è mai accaduto per strafalcioni matematici.

Ancor più tempo fa su RAI3 andò in onda un programma (La principessa sul pisello – conduttori: G. De Antoni & O. De Fornari) nel quale alle concorrenti (tutte giovani donne chissà perché) si ponevano domande da III liceo per saggiarne la preparazione. TUTTE vertevano su italiano e storia, nemmeno una di matematica. Ciò attesta l’ignoranza matematica dei conduttori, sulla quale non sono comparsi commenti.

asatan

Si potebbe iniziare obbligando la TV ad abolire orrori grammaticali come “è più buono”!
La mia prf di lettere mi avrebbe linciato per il mancato utilizzo del “è migliore”.

Ma davvero non sanno cosa vogliono dire parole come duttile, faceto e proroga? Sono termini di uso comune, non paroloni da accademia della crusca, se ci arrivo io che ho la terza media…

lacrime e sangue

Nel mondo della scuola dell’obbligo, constato di persona che gli insegnanti – per non essere citati in tribunale da genitori sempre meno genitoriali – hanno deciso di evitare pressioni sull’ortografia, la grammatica e la grafia (tanti scrivono come piccioni con le zampe sporche d’inchiostro), nonchè la storia, le scienze, l’arte etc.
Alle superiori, visto che le scuole devono fregarsi gli allievi l’una con l’altra se vogliono i contributi statali, vince la scuola più sciatta, quella che permette “l’autoggesttione” ai giovinastri perditempo e la promozione garantita ai figli di papà/mamà.
All’università si scrive “d’orato” – ho corretto più di un compito con simili mostruosità – e il prof. ti risponde che non è lì per correggere la grammatica.

Lo sapete già che una massa di gente che legge solo per obbligo è la vera manna delle religioni: nessuno di ‘sti semi-analfabeti si prenderà mai il tempo di leggere Dawkins.
Con loro la chiesa può star tranquilla.
Pensare è difficile, costa impegno e sforzo: meglio obbedire a chi pensa per te.

Bruno Gualerzi

I miti, positivi o negativi, sono duri a morire. Uno di questi è senza dubbio il famigerato ’68. Possibile che ancora a distanza di 40 anni la scuola viva sempre nell’ombra lunga proveniente da quegli anni? Tutti coloro che hanno operato nella scuola, diciamo dagli anni ’80 fino ad oggi, cioè in un periodo (parlo per esperienza diretta) in cui anche solo parlare di 6 politico era tabù (figuriamoci applicarlo), dove la parola d’ordine era efficienza e meritocrazia… cosa hanno fatto?
Non sarà perchè molte delle istanze del ’68 (pieno di errori non c’è dubbio, ma anche di un fervore che, sia pure a sua volta mitizzato, fu innegabile) sono state disattese, hanno spaventato invece che incentivato il cambiamento e tutto è stato sommerso in quello che venne infatti chiamato ‘riflusso’ e che ha visto in prima fila le forze più retrive del paese… non sarà questa quanto meno una concausa dell’arretratezza della scuola?

Senofane

se è per questo esistono più persone stupide che intelligenti, e la chiesa, la politica, la televisione e tutto il resto sono fatte per lo più da questi individui, e sono loro a selezionare i nuovi arrivati.

powerpoint è un programma, ne esistono altri migliori nella suite open office, servono a “creare” presentazioni e diapositive. lo dico perché questa è cultura informatica.

errori d’ortografia possono essere imputati sempre all’incultura informatica, non sempre si sa installare o configurare un correttore ortografico e gli errori di digitazione colpiscono tutti indistintamente.

il 2008 è l’anno delle lingue, lo potete leggere sul sito dell’onu, peccato che l’italiano non sia tra lingue che si salveranno dall’estinzione, mi ci ero affezionato, ma prima di lui c’è una lunga fila. che consolazione!…!.

Asatan

@Luca: in che film l’hai visto? Ho 27 e ti garantisco che quando andavo scuola i testi riportavano una sola forma corretta, ovvero “è migliore”. E’ solo d fine anni 90 che l’allocuzione “è più buono” è entrata massicciamente nel gergo pubblicitario e televisivo, andando poi a infettare la parlata comune. Come tante, troppe altre cose.

Quanto ai formalismi della lingua scritta su internet dovresti tenere conto della sostanziale differenza fra articoli e commenti di blog\forum\ecc. I primi sono assimilabili alla normale scrittura, mentre i secondi sono una forma colloquiale informale (l’equivalente delle chiacchiere al bar).
“Fregarsi” (nel senso di rubare\rubarsi) usato in un articolo, senza virgolettato, sarebbe poco elegante. In una risposta coloquiale internettiana decisamente accettabile. Stesso discorso per “tele”.
Dipende dal contesto in cui lo si trova.

Quanto alle parole straniere in corsivo…. chiudi un occhio ed abbi pietà, non tutti sanno a memoria i codici html necessari e magari han di maglio da fare.

claudio r.

Ma bravo Luca!
Sapresti , per caso, enunciare la congetturra di Goldbach?
Perche’ noi siamo un paese di naviganti, poeti, artisti e letterati ma difettiamo un po’
di cultura matematica.

enrico

Allora non sono obiettori! Non prescrivono la pillola del giorno dopo solo perchè hanno difficoltà a scrivere

Druso

Finché saranno premiati gli studenti che imparano a memoria la lezione, senza comprendere la materia, non c’è da stupirsi.
Non è importante la comprensione del testo, quanto la sua assimilazione mnemonica, in certe sessioni d’esame (fortunatamente, non tutte)

Toptone

Ed io che mi lamentavo delle condizioni della mia scuola negli anni ’80!

20 anni fa mancavano aule, computer, attrezzature, banchi e sedie, ora a tutto quello ci dobbiamo aggiungere i cervelli.

Finchè la barca va, lasciala andare….. firulì firulà.

Asatan

@Claudio.r: in un paese dove la gente non sà minimamente parlare la propia lingua (vocabolario medio 300 parole), non ti puoi aspettare grandi livelli culturali in nessun campo.

****QUIZ STORICO***** (visto che c’è chi disprezza codesta materia)

Ditemi il nome del primo ateto divenuto famoso nella storia.

machetazos

Lavorando in università e dovendo spesso fare da assistente agli esami, non posso che confermare: l’italiano come l’ho imparato alle elementari (anni ’80, eh, non un secolo fa) ormai è una lingua morta. Sulle competenze specifiche di molti laureandi, poi, meglio stendere un velo peloso 😉 del resto, è il classico cane che si morde la coda: se arrivi all’università con un italiano stile Alvaro Vitali, senza saper nemmeno definire “a parole” un logaritmo, senza saper usare un PC (altro che fare slideshow in Powerpoint), leggere e capire un testo di fisiologia è lievemente fuori portata.
Per inciso, dato che si parla di gente che conta di far carriera in ambito biomedico, l’idea che certi miei “allievi” possano trovarsi in futuro a ricoprire incarichi di responsabilità è semplicemente terrorizzante.

paolo marani

Asatan scrive: “Ditemi il nome del primo ateto divenuto famoso nella storia.”
Io, lo dico io…è coso, ..è.. cel’ho sulla pùntata della lingua, mannaggia… 🙂

Aldo

Forse è per incoraggiare l’approfondimento della lingua che il nostro amato legislatore scrive con uno stile tanto invidiabile nella sua trasparente eleganza letteraria, tipo:

“Le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 1, nell’ambito delle attività di cui al comma 4 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dei corsi di formazione organizzati dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, e nell’ambito delle attività per l’alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti di cui all’articolo 27, comma 8, lettera g), della legge 16 gennaio 2003, n. 3, inseriscono tra le materie di studio a carattere fondamentale le problematiche relative all’accessibilità e alle tecnologie assistive.”

Sicuramente il capocantiere della Tav si sente perfettamente a proprio agio di fronte a una frase come questa!

L’italiano è ormai considerato una lingua morta, a cominciare da chi scrive leggi che dovrebbero rivolgersi ad ogni cittadino e sono invece scritte in uno strano idioma da iniziati. O forse lo fanno apposta per non farsi capire e poter esercitare impunemente i propri arbìtri? Ma no, dai, sono troppo sospettoso!

ren

Poi ci si domanda come mai persone come Berlusconi vincano le elezioni. Una barca di laureati ammette di non leggere MAI, nè giornali, nè libri, nulla. Come si fa ad avere strumenti critici per giudicare cosa sia bene e cosa male … Non che il resto della popolazione sia composto da grandi lettori …

Oggi va per la maggiore Maria de Filippi & C. e Moccia …

Carlo

Sono in Germania da 3 anni e ho notato una differenza fondamentale con l’Italia: qui la gente legge. Non a caso, le librerie sono piene di gente al sabato pomeriggio, anche di ragazzi sui 20 anni. In Italia, invece, mi ricordo chiaramente di aver sentito dire a piu’ di una persona (studenti universitari, non muratori) come loro fossero FIERI di non leggere e di non essere acculturati. Purtroppo in Italia c’e’ molto disprezzo per la cultura, cosa ovviamente sfruttata da personaggi come il berlusca e anche dalla chiesa cattolica.

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