Ogni anno 40 mila studenti lasciano l’Italia

All’estero Si può: si può studiare meglio, si può fare carriera, si può lavorare senza essere raccomandati, si fa un precariato che non è sottoccupazione, si passa prima ad un impiego ben retribuito. E così sono sempre di più i giovani italiani che danno il loro «addio ai monti» senza nostalgie e senza lacrime.
«L’attuale situazione di incertezza e di confusione che attraversa il Paese – spiega Giuseppe Roma, direttore del Censis che a questo fenomeno ha dedicato un focus – sta provocando una fatale attrazione verso l’estero. Gli imprenditori negli ultimi anni hanno risollevato l’andamento del Pil attraverso le esportazioni, ma soprattutto insediandosi in mercati stranieri, accettando le regole e gli standard internazionali. Altrettanto vale per i giovani, sia durante la fase formativa sia in quella lavorativa. La dequalificazione delle università italiane produce nei giovani più intraprendenti una forte spinta a studiare all’estero».
I numeri non sono ancora stratosferici, ma indicano una tendenza forte e inarrestabile. Intanto all’estero studiano ormai, sia pur per brevi periodi, il 14% dei ragazzi italiani tra i 15 e i 29 anni, una percentuale che sfiora il 30% (29,8) se riferita solo a universitari. Il programma Erasmus di questo fenomeno costituisce solo un segmento, tuttavia in forte espansione […]
«Gli studenti – commenta il vicepresidente esecutivo della Luiss Attilio Oliva – vedono all’estero università che funzionano, che investono, che fanno bene ricerca, che valorizzano i talenti. E’ questa la grande attrattiva che richiama oltreconfine. E sarebbe un bene se fosse solo sprovincializzazione, ma si rivela un preoccupante segnale se indica solo, come credo, una sfiducia nelle nostre università».
E il fenomeno, per la verità, sembra proprio essere questo, al punto che quasi 40 mila studenti (38.700) decidono ogni anno di non fare proprio l’università in Italia e andare direttamente all’estero: Germania, soprattutto, ma anche Austria, Inghilterra, Svizzera, Francia, Stati Uniti e, con percentuali sempre crescenti, Spagna. Da qui a decidere di lavorare poi in un Paese straniero, il passo è breve, e lo compiono il 4% dei neolaureati italiani. Gli stipendi d’ingresso all’estero sono in media superiori a quelli italiani del 30% (il 43% è tra i 1300 e i 1700 euro quando da noi sono sotto i 1000). E, a parità di precariato (circa un terzo del totale dei neoassunti) i laureati italiani all’estero vengono collocati su livelli mediamente più alti dei loro colleghi restati in patria (quadri o funzionari). Senza dire che fuori da qui si aprono prospettive anche per quei laureati che da noi hanno poco mercato: il 34% dei neodottori italiani all’estero, infatti, proviene da facoltà umanistiche, seguiti dai laureati in discipline economiche (28%) e giuridico-sociali (19%). Poi – ma questo era prevedibile – gettonatissimi sono gli ingegneri e i laureati nelle scienze pure.
Perché lì hanno successo e qui da noi no? Una risposta, secondo i dati Censis, è nella valorizzazione della meritocrazia (altro grande fattore di richiamo): il 22,4% dei nostri concittadini espatriati dice di aver trovato lavoro con una semplice inserzione, mentre da noi una percentuale analoga va riferita ai posti ottenuti tramite «conoscenze amicali o parentali». […]

L’articolo completo è raggiungibile sulla Stampa 

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12 commenti

strangerinworld

Da un lato mi dispiace: menti che potrebbero cambiare questo becero Paese se ne vanno e le speranze si affievoliscono. Dall’altro se avessi 15/20 anni di meno me ne andrei alla svelta, preferibilmente in zone anglosassoni con clima simile al nostro (California, Australia). Quando verrà il momento di mio figlio, se sarò in vita, gli consiglierò appassionatamente di lasciare questo schifo d’Italietta.

lorenzo a.

nessuna meraviglia, perchè un giovane dovrebbe scegliere di vivere in un paese in cui sà di essere gravato di un debito di oltre 40mila euro piuttosto che in un altro senza debito?

e poi vuoi mettere la soddisfazione di non pagare l’otto per mille !!!

Massimo

Attenzione, qui siamo sempre nel mito! Quello dei cervelli che espatriano. A parte che per studiare all’estero ci vogliono i soldini e non sempre ci sono nelle famiglie: quindi, solito problema, espatriano quelli che possono. A suo tempo, se avessi voluto studiare all’estero, sicuramente non avrei avuto i mezzi per farlo.
In secondo luogo, per esperienza diretta non mi sembra che i giovani italiani in università straniere siano tutti geni. Anzi. Molti scelgono percorsi facili, hanno “agganci” (eh sì, bisogna dirlo) in loco, si distinguono per superficialità e moderata ignoranza. Trovano lavoro? Beati loro, spesso però perchè sono considerati bassa manovalanza intellettuale, che costa meno di quella indigena o di altri paesi. Inoltre c’è molta precarietà anche all’estero: mi sembra strano che, senza le spalle coperte, fuggano dalla precarietà nostrana per immergersi in quella straniera. A meno che…

Senofane

@Massimo
non è un mito, è una necessità dovuta a più fattori, la mancanza di mezzi, paradossalmente, è una spinta ad emigrare, come lo è l’arretratezza mentale e religiosa della provincia. i “cervelli” non sono solo quelli laureati, che nei paesi europei più avanzati hanno realmente possibilità di carriera non possibili in italia, ma anche le persone “normali” vanno a fare lo stesso lavoro che potrebbero fare qui, ma con più soddisfazione e libertà. le famiglie stanno uccidendo con l’inedia psicologica forzata i loro stessi figli, mentre i politici li insultano chiamandoli bamboccioni o coglioni, la televisione si sostituisce ai sogni trasformando la realtà in incubo. non dimentichiamo che la maggioranza delle persone crede alla tv, ci crede veramente. il potere del vaticano schiaccia gli spiriti liberi. in italia è anche più difficile, a volte impossibile, trovare un compagno, e c’entra anche l’aspetto economico-occupazionale in questo.
per tutte queste cose la gente se ne va dove può, non necessariamente in paesi “migliori”, ma dove l’aria è più respirabile, come la spagna dove gli stipendi sono leggermente inferiori, come lo è il costo della vita, ma la speranza in un mondo migliore è palpabile.

Aldo

Curioso. Quando la manodopera specializzata giunge in Italia dall’estero si dice che facciamo un grande favore al Paese d’origine accogliendoli. Quando la “nostra” manodopera specializzata va all’estero si dice che ciò provoca un grande danno al nostro Paese. Ci saranno mica un po’ di ipocriti tra coloro che costruiscono questo tipo di attitudini “doppie” verso i movimenti migratori? Dunque decidiamoci: o gli Italiani che partono per lavorare all’estero fanno un grande favore all’Italia, o quando ammettiamo in Italia lavoratori stranieri facciamo un grave danno al loro Paese d’origine.

Una cosa rimane certa: quanta più gente viene in Italia, tanto più ne risente la situazione ambientale locale (già critica); quanta più gente se ne va, tanto più se ne avvantaggia la situazione ambientale locale. Dunque, buona fortuna e tante grazie a coloro che decidono di non stare più in Italia e a coloro che decidono di non venirci.

g.b.

Laurearsi all’estero è una cosa, andarci a lavorare dopo la laurea è un’altra: sul primo caso non mi sento di pronunciarmi, per quanto riguarda il secondo caso invece conosco vari giovani in gamba che sono riusciti a farsi apprezzare all’estero. Questo, se da un lato attesta le difficoltà crescenti a trovare un’occupazione decente in Italia, dall’altro lato dovrebbe lasciar pensare che il livello delle nostre università non sia poi così scalcinato, se permette a chi ne esce di farsi valere all’estero.

Silesio

Io credo però che solo il solo pensiero di “non vivere” in Italia, cioè a migliaia di chilometri da Ruini, Berlusconi, il calcio, la casta…. sia già un pensiero galvanizzante.

Nifft

Per mia esperienza vedo continuamente gli stessi professori universitari consigliare agli studenti più brillanti di andare all’estero.

Aldo dice
“Curioso. Quando la manodopera specializzata giunge in Italia dall’estero si dice che facciamo un grande favore al Paese d’origine accogliendoli.”

Mai sentito. Facciamo un favore alle “persone” accogliendoli, non al paese d’origine. Il paese d’origine ha tutto da perdere. Quando i nostri laureati e dottorati vanno all’estero è stata praticamente l’Italia a finanziare l’educazione di alto livello di quest’ultimi a vantaggio del paese straniero dove andranno ad essere produttivi. E’ esattamente un finanziamento dello nostro stato a favore degli altri paesi, completamente a perdere.

Maria

Laureata in Italia, ho studiato all’estero l’ultimo anno di universita’ con borse di studio (non italiane). Sono ritornata all’estero per un master (sempre con corse di studio) e ora sono fuori da 8 anni. Non potevo permettermi di studiare all’estero, ma ci sono riuscita. In quale delle vostre discussioni rientro? Per il momento non sono intenzionata a ritornare.

Giulio M.

@Massimo

Non è un mito. Io per studiare all’estero (Belgio) vengo pagato
dall’Unione Europea circa 2000 euro al mese netti (non tassabili
in quanto le borse di studio non sono reddito). Addirittura il treno
per andare da casa all’Università è pagato dal governo.

E non è vero che molti studenti all’estero sono menti mediocri. Intanto
devono sforzarsi di cambiare paese e imparare una nuova lingua, che
non è poco se si confronta con i 30enni che in Italia vivono ancora con
i genitori.

Non è vero che c’è molta precarietà all’estero. In Francia in questi anni
c’è stata una vera e propria invasione degli italiani (e parlo di scienziati,
non di pizzaioli, con tutto il rispetto per la categoria). Vedi ad esempio: http://www.stanza33.it/letteramussi.html
Qui in Belgio solo quest’hanno sono stati banditi 25 posti da professore
associato nel dipartimento S.F.M.N., e probabilmente non riusciranno
neanche a coprirli tutti. A Roma, per fare un esempio, a Tor Vergata
sono stati banditi 20 posti da ricercatore (sottopagato) dopo oltre dieci
anni di nulla assoluto, e verranno probabilmente usati per stabilizzare
i 50enni precari che hanno fatto da portaborse a qualche barone in
attesa di una occasione del genere.

Poi basta pensare che qui è normale vedere coppie di 25 anni con
figli, un lavoro ed una casa. I Italia gli unici a fare figli a quell’età
sono gli immigrati. Questo penso dica tutto su come è diversa la
vita all’estero…

Giulio M.

@Massimo

Non è un mito. Io per studiare all’estero (Belgio) vengo pagato
dall’Unione Europea circa 2000 euro al mese netti (non tassabili
in quanto le borse di studio non sono reddito). Addirittura il treno
per andare da casa all’Università è pagato dal governo.

E non è vero che molti studenti all’estero sono menti mediocri. Intanto
devono sforzarsi di cambiare paese e imparare una nuova lingua, che
non è poco se si confronta con i 30enni che in Italia vivono ancora con
i genitori.

Non è vero che c’è molta precarietà all’estero. In Francia in questi anni
c’è stata una vera e propria invasione degli italiani (e parlo di scienziati,
non di pizzaioli, con tutto il rispetto per la categoria). Vedi ad esempio: http://www.stanza33.it/letteramussi.html
Qui in Belgio solo quest’hanno sono stati banditi 25 posti da professore
associato nel dipartimento S.F.M.N., e probabilmente non riusciranno
neanche a coprirli tutti. A Roma, per fare un esempio, a Tor Vergata
sono stati banditi 20 posti da ricercatore (sottopagato) dopo oltre dieci
anni di nulla assoluto, e verranno probabilmente usati per stabilizzare
i 50enni precari che hanno fatto da portaborse a qualche barone in
attesa di una occasione del genere.

Poi basta pensare che qui è normale vedere coppie di 25 anni con
figli, un lavoro ed una casa. I Italia gli unici a fare figli a quell’età
sono gli immigrati. Questo penso dica tutto su come è diversa la
vita all’estero…

Toptone

E’ purtroppo tutto vero (o quasi).

Ho tre amici che hanno mollato questa Italia di melma 10 anni fa, e ora lì dove sono hanno casa, famiglia, lavoro e tutto.

Io invece mi sono fatto abbagliare da una prospettiva di carriera (falsa) nel Nord Italia e lì sono andato a vegetare, lavorare da pazzi e pagar tasse per tre anni. Alla fine del mese non mi restava nulla, e svaghi zero perchè il lavoro era da esaurimento e i soldi pochi.

Esausto e senza prospettive, son tornato a casuccia per trovare una situazione peggiore di come l’avevo lasciata. Ora lavoro in nero con una paga DA FAME, senza assicurazione nè contributi, in un posto di lavoro sporco e pericoloso.

Ora è troppo tardi per cambiare aria, ma avessi dato retta a loro a quest’ora non sarei qui a vedere e subire ‘sto sfacelo.

Rabbia…

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