Aborto: il dramma delle donne straniere

Un articolo di Carlo Picozza, pubblicato oggi su “Repubblica” (cronaca di Roma), squarcia il velo sugli aborti clandestini delle donne straniere. Non parlano bene la nostra lingua, non conoscono i loro diritti, mancano i mediatori culturali. Mentre alcune cinesi riescono chissà come a procurarsi la Ru-486, tra le ucraine è diffuso l’uso di un farmaco per la cura dell’ulcera gastrica e duodenalie. Le romene e le bulgare, da quando i loro paesi fanno parte dell’Unione Europea, non godono più della prestazione gratuita: immaginabili le conseguenze. Ma Livia Turco ha promesso di rimediare all’errore. Dei quindicimila aborti praticati ogni anno nel Lazio, un terzo riguarda donne dell’Est europeo.

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4 commenti

schock

Sulle frontiere Italiane dovrebbero scrivere sul cartellone di benvenuto in Italia: “LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH’ ENTRATE”

Vassilissa

Questo dimostra che la 194 va rivista e cioè POTENZIATA, con un maggior numero di consultori dove le immigrate possano trovare mediatrici culturali (e non i prolife), informazioni e contraccettivi, con l’abolizione dell’obiezione di coscienza e la vendita libera della pillola del giorno dopo. Tanto per cominciare.

Crudo Goriziano

Costruiamo l’Ispezione Popolare per il diritto di scelta e difesa della 194 (per inibire tutti i Ferrara e i prolife di turno, clericali o in doppiopetto e loro amanti di scorta, che presidiano il territorio a mò di squadracce) presso tutte le strutture ospedaliere pubbliche e presso i consultori familiari (quei pochi che restano…)

Massimo

Questo dimostra che la fede religiosa non tutela, ma piuttosto ricatta (modulandosi a doppio filo col potere politico, attraverso la logica del bastone e della carota) soprattutto i più deboli e più esposti. Offrendo “tutele” in cambio di osservanza, intorno a due parole che (non a caso) assumono anche un doppio significato: “Signore” e “Famiglia”.

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