Tra Sofri e Ferrara

È lo scambio fra due amici di vecchissima data. Un confronto tutto di merito, di reciproca stima e di grandi contenuti. Comunque finirà la campagna elettorale di Giuliano Ferrara per una «moratoria» sull’aborto, la polemica con Adriano Sofri lascerà il segno. Perché il pamphlet a firma dell’ex leader di Lotta continua, ora giornalista e scrittore, in uscita in questi giorni da Sellerio, è una risposta alla battaglia anti-aborto che non risparmia nessuna critica all’amico trentennale.
«Contro Giuliano. Noi uomini, le donne, l’aborto» è il titolo del libro, anticipato da un’intervista al settimanale L’espresso. Ieri la risposta di Ferrara sul Foglio, con i toni della cordialità ma dell’esplicito dissenso.

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L’articolo completo è consultabile sul sito del Giornale

10 commenti

Mifepristin

Non vedo cosa abbiano da ammirare quelli del Giornale in questa squallida iniziativa di Ferrara contro la libertà personale di chi ha avuto la (s)ventura di nascere con utero ed ovaie!
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Nella passione della sua crociata Giuliano non esita ad arruolare testimoni autorevoli (e maschi) come Bobbio o Pasolini. Ma Bobbio, in un’intervista fin troppo citata, faceva l’errore di anteporre il diritto del concepito a quello della madre: se lo si accettasse, di fronte a una minaccia fatale per la vita della madre o del concepito si dovrebbe sacrificare la madre.
—–appunto Bobbio era in errore: in una prospettiva astratta ed ideologica personificava il concepito attribuendogli un diritto sul corpo e sulla vita della madre, io credo che se Bobbio avesse riflettuto meglio sui dati biologici si sarebbe ricreduto, l’embrione non può avere diritti perché non è ancora, dal punto di vista naturalistico, un soggetto umano.

Peppe

@Barbara
Vero, Ferrara è quello che è… ma anche Sofri non l’ho mai potuto soffrire come uomo.

Però non posso, di tanto in quando non apprezzarlo, per quel che dice come “intellettuale” o libero pensatore… e devo essere onesto: sottoscriverei ogni parola che di lui è stata pubblicata a proposito dell’aborto su l’Eespresso. Ho anzi riletto l’articolo più di una volta: una esposizione semplicemente geniale. Lo devo riconoscere.

Dopo essere stato demolito dalla Bignardi alle invasioni barbariche (vedi link qui sotto)
http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=invasioni&video=9354
è stato spernacchiato anche da Sofri. Che dire, se non che se lo merita?

ren

Che faccia ha fatto Ferrara quando la Bignardi lo ha più o meno educatamente buttato fuori dallo studio. Che figura. Come fa a prestarsi a situazioni così tutti i giorni in cui la sua autostima e dignità ne escono con le ossa rotte non riuscirò mai a capirlo.
Beh. Certo. Lo fa per soldi. Alcuni esseri umani per soldi farebbero qualsiasi cosa.

Mitra

quoto barbara.
anzi, per quanto riguarda la stima verso i due figuri, andiamo sul negativo.
siamo arrivati al punto che ci tocca assistere a “scontri intellettuali” tra parolai prezzolati.
non c’è limite al peggio.

Vatatze

Quando Anubi dovrà pesare il cuore di Ferrara, non ci sarà bisogno né della bilancia né della piuma di Ma’at: stimerà ad occhio nudo.

claudio

mi sarebbe piaciuto come mediatore il figlio di Calabresi!

quoto Barbara

Daniela

apprezzo lo sforzo di sofri, da quello che ho letto sulla repubblica mi sembra che abbia scritto delle cose abbastanza sensate, però non capisco come si possa trattare un personaggio come ferrara con riguardo e riverenza intellettuale, è uno squallido personaggio che in vita sua non ha mai usato la razionalità. Quello che sta conducendo è un vero e proprio linciaggio mediatico che sta facendo danni incalcolabili, questa sottopsecie di umano non ha idea di quanto dolore sta provocando e quei suoi manifesti a genova sono vergognosi, bisognerebbe ricorrere alle vie legali contro le sue menzogne.

Marco T.

Vorrei segnalare e denunciare con la massima fermezza l’infame falsificazione del pensiero di Kant operata da Ratzinger nell’enciclica “Spe Salvi” e ripresa in questi giorni da Giuliano Ferrara nell’ambito del suo petulante Kulturkampf dalle pagine del Foglio contro l’idea stessa dell’aborto. Il clericalismo come concezione politico-religioso-filosofica ha tutto il diritto di esistere e di manifestarsi nella sua intrinseca miseria intellettuale, ma non ha il diritto di arruolare chi gli pare, soprattutto se si tratta di uno come Kant, cui si può rimproverare qualsiasi cosa, tranne di essere assimilabile alle concezioni reazionarie della Chiesa cattolica di oggi e degli atei devoti alla Ferrara.
Dunque, veniamo ai fatti.
In un articolo di ieri su Chiara Lubich, Ferrara scrive a un certo punto: “Se il primate di Spagna o il Papa di Roma dicono che è in corso una rivoluzione culturale di sconsacrazione e disumanizzazione della vita, che la profezia di Kant sulla “fine perversa di tutte le cose” si sta rivelando attendibile in un progresso che sta in mani sbagliate (“Spe salvi”), allora qualcosa bisogna pur fare”.
Questo passaggio mi ha inizialmente fatto sorridere, perché mostra subito a che punto è arrivato il cervello di Ferrara: per citare Kant ha bisogno non di andarselo a leggere coi propri occhi (e dire che “La fine di tutte le cose” è un testo abbastanza breve pure per uno superimpegnato come lui), ma di basarsi su una citazione fatta da Ratzinger nella sua ultima enciclica, che è diventata la sua Bibbia politica. Un lettore sprovveduto, a questo punto, può pensare che Kant abbia qualcosa a che vedere con la posizione di Ratzinger e Ferrara. Se poi questo stesso lettore va a controllare la citazione di Ratzinger, scopre che in effetti Kant sembra dire esattamente quello che vogliono dire Ratzinger e Ferrara. Alla fine del § 19 di “Spe salvi”, infatti, si legge: «Nel 1794, nello scritto “Das Ende aller Dinge” (“La fine di tutte le cose”) (…) Kant prende in considerazione la possibilità che, accanto alla fine naturale di tutte le cose, se ne verifichi anche una contro natura, perversa. Scrive al riguardo: “Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore […] allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo […] inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose”».
Il nostro lettore sprovveduto, o quello interessato all’impostura come Ferrara, non avrà dubbi che qui Kant esprima una posizione quasi perfettamente in linea con la posizione di Ratzinger: 1) il cristianesimo (cioè il cattolicesimo romano, come Ratzinger si augura che si intenda) è degno d’amore, e se un giorno si smetterà di amarlo, l’Anticristo avrà avuto la sua breve vittoria instaurando il regno della paura e dell’egoismo; 2) il cristianesimo è destinato ad essere la religione universale e se per qualche ragione le cose non dovessero andare come dovrebbero, allora andrà tutto a puttane e saranno cazzi amari per tutti.
Ma è questa concezione tipicamente ratzingheriana ante litteram che Kant esprimeva nel suo breve scritto del 1794? Assolutamente no! Il cristianesimo cui pensava Kant non aveva nulla a che vedere con la Chiesa cattolica, anzi, per Kant era essenziale il superamento della religione intesa come insieme di dogmi gestiti e inculcati da un’istituzione dispotica come la Chiesa cattolica (e qualsiasi altra chiesa). Il cristianesimo cui pensava Kant, agganciato al protestantesimo, era un messaggio esclusivamente morale e fondamentalmente ragionevole perché in larga misura coerente con quanto la ragion pratica può liberamente scegliere per sé in via del tutto autonoma, cioè al di fuori da ogni rivelazione, da ogni imposizione dogmatica e da ogni Chiesa.
Che Ratzinger citi in perfetta malafede (non è uno stupido e conosce bene il testo che sta manipolando, tant’è vero che poco prima, attraverso la citazione di un altro testo kantiano, ha fatto un rapido riferimento al vero pensiero di Kant sulla religiosità clericale) è d’altronde dimostrato dal suo primo “[…]”. Cosa si dice nel passo omesso nella citazione? Si dice (tra parentesi) per quale motivo il cristianesimo potrebbe smettere di essere amabile ed eticamente plausibile: “cosa che potrebbe ben verificarsi, se si rivestisse di autorità dispotica abbandonando il suo spirito mite” (in I. Kant, “Scritti di filosofia della religione”, a cura di Giuseppe Riconda, Mursia 1994, p. 228). Infatti, poco prima (il passo citato da Ratzinger è l’ultimo capoverso del saggio) Kant aveva precisato che il cristianesimo perde la sua amabilità quando lo si associa a “una qualsivoglia autorità esterna (fosse anche quella divina)” (p. 227), e questo è esattamente quello che fa ed ha sempre fatto la Chiesa cattolica per sua natura. Del resto, quello che Kant pensava del clericalismo è espresso con mirabile chiarezza nel § 3 della seconda sezione della quarta parte de “La religione nei limiti della semplice ragione”, uno scritto coevo molto più ampio de “La fine di tutte le cose” (1793, 2a ed. 1794). Tale § ha un titolo quanto mai eloquente, che dovrebbe far vergognare Ratzinger e il suo scagnozzo Ferrara: “Del clericalismo in quanto potere dedicato al falso culto del buon principio”.
(Marco Trainito, docente di Filosofia)

Gundam

Anche Goebbels,quando nella sua propaganda accusava l’inghilterra di
gravi crimini nel suo impero coloniale,o gli Stati Uniti di crimini contro i negri
diceva la pua verita,sfido chiunque a metterlo i dubbio.
Sofri merita quindi la stessa stima.

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