I vescovi di Strapaese

La Conferenza episcopale italiana, a seguire il sostantivo e il primo aggettivo, sembrerebbe un’istituzione seria, dedita alle questioni di fede e alla guida spirituale del clero; il secondo aggettivo, però, chiarisce che si tratta di un soggetto italiano, e come tale soggetto a tutti i vizi e le poche virtù di questo splendido Paese baciato dal sole. I vescovi italiani hanno pertanto una certa propensione alla chiacchiera e all’intromissione, che li fa assomigliare non poco allo stereotipo del bar di provincia, in cui tra un grappino e un caffé corretto si decidono le sorti del Paese, si fa la formazione della nazionale di calcio e si confrontano i meriti pettorali delle ragazzotte che sgambettano in televisione.Lo conferma anche la faccia di Giuseppe Bettori, segretario generale della Cei, uno che sembra un parroco di provincia, amante del vino e gran giocatore di briscola, allenatore della locale squadra di calcio e animatore di gite e pellegrinaggi, magari anche propenso a tirare qualche sganassone ai chierichetti impertinenti e ai paesani irriverenti.

Quest’immagine doncamillesca, a dispetto della sua evidente vetustà, sembra sempre più quella a cui i vescovi italiani vogliono ricondurre il Paese, con esortazioni e paterni richiami all’ordine, sullo stile del parroco che si ferma al bar della piazzetta, scambia due parole con tutti e assolve ogni peccato, a patto che ci si confessi regolarmente, e i parrocchiani contenti di avere un prete così alla mano, pronto a condividere le loro preoccupazioni. Un modello, insomma, fondato sul campanile al centro della piazza, sull’oratorio come luogo di socialità e sulla tonaca come presenza costante e rassicurante, che non ha nemmeno più bisogno di alzare i toni o di scagliare anatemi, e nel quale in fondo non è nemmeno tanto importante quanto le esortazioni pastorali siano seguite o persino ascoltate: conta solo che il parroco sia lì, chiamato a battesimi, matrimoni e funerali, e che ad esso sia riconosciuto un ruolo privilegiato in questo microcosmo, anche se quasi soltanto decorativo.
Le continue uscite della Cei vanno prese in questo modo: è inutile analizzarne i contenuti, allarmarsi per le uscite più ferocemente clericali o esprimere una cauta soddisfazione quando vanno nel senso di una blanda giustizia sociale: non importa che cosa i vescovi dicono, ma il fatto stesso che, un paio di volte al mese, essi intervengano nel dibattito pubblico. Così è capitato anche in quest’ultima occasione: gli auspici per una riforma elettorale che ripristini le preferenze, uno sforzo per riqualificare la scuola e un maggiore impegno nella lotta alla mafia possono essere analizzati finché si vuole, ricavandone, rispettivamente, un viatico per il grande inciucio, la premessa di ulteriori richieste di quattrini e un richiamo retorico abbastanza scontato. Si può anche rispondere con la consueta ironia da mangiapreti, facendo notare che, quanto a sistema elettorale, quello per la nomina del pontefice cattolico non è tra i più evoluti, e che in fondo la chiesa cattolica non è poi questo capolavoro di democrazia rappresentativa; ma, in fondo, tutte le discussioni sui contenuti non fanno che accettare il fatto più importante, vale a dire la continua presenza delle tonache sulla scena pubblica italiana.

A questo punto, è facile aspettarsi che le prossime dichiarazioni di Bettori possano spaziare su ogni tema dello scibile, dalla materia oscura dell’universo all’elezione di Miss Italia: ormai il parroco è entrato nel bar, e non ne uscirà tanto presto.

Fonte: Aprileonline

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9 commenti

Enrico

Mi sembra che la chiesa dica la sua sui grandi temi del paese e del mondo non sulle bagatelle

Maurizio D'Ulivo

Dal mio punto di vista direi che, per riqualificare la scuola in Italia (come auspicato dalla CEI), potrebbero essere indispensabili, fra le altre, le seguenti riforme:
1) abolizione dell’ora di religione, anche a titolo facoltativo, sostituendola con un’ora, stavolta obbligatoria, di insegnamenti a carattere tecnico-scientifico;
2) conseguente passaggio degli attuali insegnanti di religione non di ruolo alle graduatorie degli insegnanti non di ruolo, ovviamente solo nel caso che essi siano in possesso dei titoli specifici per l’ingresso in tali graduatorie, con conservazione dei punteggi acquisiti;
3) divieto di assunzione di insegnanti di qualsiasi natura in deroga alle ordinarie modalità concorsuali e selettive (basta cone gli insegnanti nominati dalla curia);
4) introduzione obbligatoria, all’interno del programma di educazione civica, di un congruo numero di ore in cui si parli della necessità che uno stato plurale debba essere necessariamente laico;
5) divieto assoluto di finanziamento delle scuole private con fondi pubblici;
6) introduzione dell’obbligo di esame da parte di una commissione pubblica, per tutte le materie al termine di ciascun anno scolastico, per gli studenti delle scuole private, ai fini dell’ammissione nella classe superiore;
7) introduzione di meccanismi di accreditamento della scuola privata ai fini del rilascio e del mantenimento dello status di scuola parificata a quella pubblica, che preveda anche l’effettuazione di un numero minimo di visite a sorpresa nel corso dell’anno scolastico da parte di una commissione di parte pubblica in cui siano rappresentate anche associazioni di consumatori riconosciute e altre associazioni di parte terza.

Arcturus

Complimenti a Maurizio D’Ulivo: sottoscrivo in pieno. Questi punti sarebbero già il primo passo verso una scuola più qualificata e, come dire, riabilitata alla sua vera funzione sociale. Poi, ovviamente, si dovrebbe proseguire con la riqualificazione dei docenti, il ripristino di una valutazione meritocratica oggettiva e ponderata, il ripensamento sulla funzionalità delle varie forme di politicizzazione dell’istituzione. Studiare di più e meglio, chiacchierare meno.

Luciano

La descrizione di Nicola Jacovone è davvero ben riuscita e mi trova perfettamente concorde.

Sunrise

quoto Maurizio D’Ulivo
Relativamente all’articolo, mi viene in mente la Littizzetto e le sue domande a Ruini, che ora possono essere girate al suo attuale clone: meglio gli spaghetti o i rigatoni? nel bagno, meglio la doccia o la vasca? meglio mangiare carne rossa o carne bianca? ecc. ecc.

ren

Si anche a me. Meglio le clementine o i mandarini signor ruini? Le gomme normali o da neve in questi giorni?

Agnostica

Quoto in pieno Maurizio D’Ulivo.
E’ necessario formare cittadini consapevoli, che sappiano capire la differenza tra un’opinione, un “amorevole” suggerimento e un’imposizione!!!!!

Toptone

Una correzioncina per Jacovone. Il segretario generale della CEI è il cardinale Giuseppe Betori, non “Bettori”.

Un’obiezione per D’Ulivo. L’ora di religione dovrebbe essere mantenuta disponibile e facoltativa, per tutti i cattolici (e non) che la chiedono. Abolendola tout-court si danno un sacco di argomenti a chi vorrebbe confessionalizzare la scuola. A quel punto avrebbero buon gioco nel dire che “gli atei liberticidi vogliono impedire ai cattolici (o chi per loro) di studiare la religione. E ci daremmo la zappa sui piedi esattamente com’è successo con la vicenda Sapienza.

Dai divieti incrociati nessuno ci guadagna (eccetto forse lo status-quo).

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