La scienza e il caso

«Tutta colpa del caso…». «È accaduto casualmente…». «Una scelta casuale…». Quante volte lo abbiamo detto. Per scaricarci la coscienza, nel tentativo disperato di trovare un alibi buono per la nostro testa. E la nostra anima.
A svelare il bluff è ora la scienza: il caso non esiste. Ciò che avviene non è frutto del fato, ma di «calcoli» ben precisi che hanno a che fare con la statistica, la fisica e la biologia. Insomma, il caso come scienza esatta. L’esatto contrario della causalità intesa come «caratteristica di un fatto involontario e imprevedibile».
Può essere proprio questo uno dei punti di partenza per la lettura del libro curato da Giuseppe Lanzavecchia e Massimo Negrotti L’enigma del caso (Edizioni Goliardiche, pagg. 347, euro 19,80). Lanzavecchia, docente di Sociologia della Scienza, e Negrotti, direttore dell’Imes, Istituto Metodologico Economico Statistico, (entrambi titolari di cattedra all’Università Carlo Bo di Urbino) coordinarono nel settembre dell’anno scorso una conferenza internazionale dal titolo «Caso naturale, caso artificiale». Oggi gli atti di quel simposio si sono trasformati in un volume che – visto l’argomento trattato – sarebbe fin troppo facile definire un «caso» editoriale.

[…]

L’articolo completo di Nino Materi è consultabile sul sito del Giornale

65 commenti

bardhi

Hegel; che il casuale ha una causa perché è casuale, proprio come non ha una causa perché è casuale; che il casuale è necessario, che la necessità determina se stessa come casualità, e che d’altra parte questa casualità è piuttosto assoluta necessità (“Logica”, I, sez. III, cap. I, La Realtà).

Guastardo III di puglia

Il tipico esempio della lanciata del dado.
Se potessimo infatti sapere con alta precisione traiettoria, effetto e forza del lancio, oltre che pesi e superfici, riusciremmo a decidere o a conoscere l’esatto valore che il dado verrà a indicarci.

Spesso per “caso” s’intende solo ciò che ancora nn si conosce. Questo perchè se realmente esistesse il caso, un giorno magari un melo produrrebbe banane o magari l’acqua versata andrebbe verso l’alto anzicchè seguire la forza di gravità.
Mi pare più che ovvio che il caso non possa esserci… cmq i dibattiti ufficiali dovendo essere “meticolosi” è normale che affermino tutto ciò con tutto questo ritardo (come fa giustamente notare bardhi con la citazione della logica di Hegel)

Edoardo

“se fosse il Caso a gestire tutti gli eventi del mondo, come mai finora, con le sue infinite libertà di azione, non ha mai fatto resuscitare neppure una foglia, né ha mai costruito un barlume di vita?”

già,mmm…se il caso non esiste allora c’è puzza di disegno intelligente, sarà lì che vogliono arrivare? Non sono un filosofo, ma l’equazione Caso=Dio mi sembra dietro l’angolo…

Bruno Gualerzi

Non ho letto l’articolo e mi rimetto a ciò che è riportato dal post.
Intanto credo ci sia un errore, là dove è sritto: “(…) il caso come scienza esatta. L’esatto contrario della CAUSALITA’ (?) intesa come ‘caratteristica di un fatto involontario e imprevedibile”. Si tratta solo di un refuso – nel quale per altro è facile incorrere (‘causalità’ per ‘casualità’ e viceversa) – oppure sono io che non ho capito?
Al di là di questo, che differenza c’è tra questo considerare ‘il caso come scienza esatta’ e il cosiddetto ‘disegno intelligente’? Se tutto è ‘calcolabile’, cioè ridotto a misura del nostro intelletto, tutto è intelligibile e quindi ‘intelligente’. O no?

Paolo Garbet

Facile immaginare le conclusioni dei soliti noti per screditare, ad esempio, la teoria dell’evoluzione di Darwin. Peccato che per costoro sia troppo difficile capire la differenza tra “caso” e “selezione naturale”.

GIANNI

che contorcimenti mentali per non ammettere la possibilità di un Creatore…

Guastardo III di puglia

LA TEORIA DI DARWIN E’ ANCHE FORTIFICATA DALLA NN ESISTENZA DEL CASO!!
SE CAMBIAMO C’è UN MOTIVO!

claudio r.

Lasciamo che di queste cose se ne occupino i matematici e i fisici, non i solito produttori
di fumo d’italiano costume.
Sociologia della scienza? Ma cosa s’inventeranno ancora per procurarsi una cattedra universitaria!

Roberto Vai

Se il caso non esistesse, allora vivremmo in un determinismo assoluto. La nostra libertà sarebbe perciò un’illusione.
Possiamo veramente scegliere, oppure no? La risposta è, secondo me, una questione di fede. Di vera fede, forse l’unica davvero necessaria.
Non importa l’esistenza di un Dio o meno. Se il caso non esiste, tutto è già determinato, e io non sono libero.

Se invece ho fede nella mia libertà, allora il caso esiste e io, nel mio piccolo, partecipo al suo gioco.

Ma forse tutta questa problematica non è che un esagerato uso del principio di non contraddizione. Questo principio è indispensabile per la nostra razionalità, ma applicarlo pedissequamente per spiegare la realtà, mi sa che non è molto corretto.
La razionalità sistema la realtà, ma non la spiega.

dany

@ Roberto
Credo tu abbia leggermente travisato l’articolo, i fenomeni naturali in effetti non sono regolati dal caso, ma da precise regole, alcune ancora troppo complesse per essere comprese da noi. I comportamenti umani invece non saranno mai prevedibili da nessuna legge, abbiamo ancora per fortuna il nostro comportamento “irrazionale” che ci preserva e, da un certo punto d vista, ci rende unici

Guastardo III di puglia

@ dany

potrebbe anche il tuo “irrazionale” altro nn essere che una razionalità diversa, più profonda. Così come l’inconscio ad esempio.

Il problema è in effetti che questo massimo determinismo se preso in universale porterebbe la magistratura a chiudere. Se infatti ogni cosa che avviene ha delle cause e una propria necessità di essere a causa della natura: TUTTO SAREBBE UN’ESTENSIONE DELL’INCAPACITA’ DI INTENDERE E VOLERE. se tutto è determinato appunto nn sei libero, la tua coscienza è si illude di scegliere.

GIANNI

due anni fa sono andato ad una conferenza di un noto scienziato ateo sul tema che più o meno recitava così ” come è nato l’universo e la vita”. la cosa che mi ha impressionato è stata la frase con cui ha iniziato la conferenza e cioè: …”dato per accettato che non esiste un creatore, vediamo di dare una spiegazione ecc…” . praticamente ha cancellato nelle premesse il 50% delle possibili spiegazioni sulla nascita della vita…

Simplicius

Per come la vedo io, il caso e la teoria della probabilità sono utilizzati in ambito scientifico per modellare da un punto di vista fenomenologico fenomeni di cui non si ha completa conoscenza. Il che peraltro è la norma, come ci mostra il principio di indeterminazione. Di conseguenza l’esistenza di modelli matematici che descrivono/prevedono il comportamento di fenomeni apparentemente casuali è solo conseguenza di una acquisita conoscenza sul comportamento del fenomeno, che rimuove la casualità. Inoltre, il concetto di casualità prescinde dall’avere una realtà sottostante casuale o deterministica ma ancora non completamente conosciuta e/o spiegata (cioè caotica) o una presunta volontà superiore. La domanda finale dell’articolo è scollata dal problema in sè, e l’intento malcelato di negare l’esistenza del caso trova banale confutazione nel sillogismo “se il caso è dietro alla creazione di tutto e la vita esiste, allora il caso è dietro alla creazione della vita”, che è un procedimento analogo all’argomento ontologico per la dimostrazione dell’esistenza di dio. Uno schema di ragionamento corretto ma vuoto, in quanto la premessa è indimostrabile.

Bruno Gualerzi

@ Gianni
Hai ragione. Se si ammettesse l’esistenza di un Creatore Onnisciente Onnipotente Causa Prima e Ultima di tutto ecc. ecc., che bisogno ci sarebbe di pensare?
Che stupido, dimenticavo il libero arbitrio…
Niente da fare, bisogna pur sempre far girare le rotelle. Peccato.

Giovanni Bosticco

@ Gianni

Se un creatore esistesse, perchè non ci ha dotato di migliori occhi (ne esistono una cinquantina di tipi nel regno animale, e molti di essi molto più efficienti dei nostri), un miglior apparato uditivo, più sofisticato e molto più semplice (vedi sopra), e potrei continuare ancora per molto?
Il fatto che siamo ciò che siamo è perfettamente spiegabile dalla selezione naturale, che non è un cieco caso come invece afferma chi non la comprende (ma per non comprenderla bisogna non aver avuto voglia di studiarla, visto che non è certo complessa come la teoria della relatività generale).
L’unica giustificazione che possa avere un creatore è che non esiste. Almeno non avrà bisogno di giustificarsi.

piersky

Secondo me c’e’ un po’ di confusione…Gia’ Freud un secolo fa ci diceva che i nostri comportamenti, anche i piu’ insignificanti, non sono casuali ma hanno una ragione che va scovata studiando l’incosnscio.
Ora, pero’ da questa, pur condivisibile affermazione, affermare che il caso non esista e che il mondo e’ strettamente deterministico e’ una panzana! Infatti, la teoria che spiega tre della quattro forze fondamentali della natura (cioe’ la meccanica quantistica) e’ una teoria la cui interpretazione correntemente accettata e’ quella della “scuola di Copenaghen”. Bene, questa vede la Meccanica quantistica come una teoria probabilistica (detto in parole molto povere). Il fatto che esistano leggi matematiche molto precise, non significa che non esista il “caso”. Infatti, le leggi quantistiche si basano sul fatto che i risultati della misura di un sistema fisico sono determinate da legge probabilistiche, cioe’ dal caso…

Di una cosa si puo’ essere certi, un Sociologo della scienza, di Scienza ne’ capisce un fico secco!

guido

Analizziamo il “caso” inteso come la non causalità a livello microscopico, quello cioè delle particelle elementari, esemplificando attraverso un evento molto comune quale l’emissione di un fotone da parte di un elettrone.
Questo è un evento puramente casuale in termini di tempo e di direzione nel senso che non è possibile prevedere l’istante in cui avviene ed il punto in cui il fotone verrà assorbito con tutte le possibili conseguenze riguardo gli sviluppi futuri (dal nostro punto di vista).
Per questo motivo l’assunzione della traiettoria unica tra le (quasi) infinite possibili è da considerarsi un altro evento perché il successivo assorbimento da parte di un elettrone è diverso da quello di un qualunque altro, pur basato sulla stessa variazione di stato energetico.
Per chiarire: se colpisco il bersaglio con una carabina è 1° perché ho sparato 2° perché ho mirato; potrei sparare ad occhi chiusi o prendere la mira senza premere il grilletto, occorrono due fatti in precisa successione (prima la mira) ma distinti ed indipendenti per ottenere l’effetto.

La particella emettente non è quindi elementare ma strutturata in quanto composta da almeno due componenti, le cause appunto dei due eventi, e queste a loro volta sono quantizzate. La causalità allora comporta una struttura ossia la non elementarietà, ne consegue che una particella veramente elementare non può dare luogo ad un evento causale.
Riassumendo: se l’universo è quantizzato a livello di base gli effetti non hanno una causa.
Il fatto che l’universo non sia un “blob” informe ma possieda una certa struttura è spiegabile considerando che non distinguiamo le singole particelle; se fossimo piccoli come un elettrone ci troveremmo immersi in un grande caos dove vedremmo un pullulare caotico di particelle che emergono dal vuoto e vi ritornano quasi istantaneamente.
La causalità che si manifesta attraverso le leggi fisiche, che una volta apparivano assolute ed oggi riconosciamo essere probabilistiche, deriva da un effetto di scala: si tratta di numeri.
Il vedere l’universo come il risultato di una concatenazione di cause a partire da quella “prima” può essere appagante ma è destituito di fondamento.

bardhi

@ Gianni

Per facilitare la spiegazione dobiamo isolare i fenomeni e siamo abituati ad inventare un inizio e una fine.
Anche in questo caso non c’è luogo per un creatore, la catena causa – effetto non te la permette, poi se a questa catena aggiungi il rasoio di Occam il gioco è fatto, il creatore è proprio inutile.

bardhi

Agli deterministi del 18 secolo Engels li domando; Mi vorreste fare credere che il fatto che ieri note alle 2 una pulce mi punge alla spala sinistra e non alla spala destra era deciso gia prima della creazione del nostro sistema solare. (Spero che ho reso l’idea non ho trovato il pezzo originale è ho riprodotto quello che ricordavo).

Manlio Padovan

Anni fa, ma non proprio molti, uscì un libro di cui non ricordo né il titolo né l’autrice; ricordo solo che l’autrice era un avvocato e ne sentii parlare a RAI 3.
Il libro indagava il fatto che quelle che chiamiamo disgrazie e che sembra capitino proprio per puro caso, in effetti alle loro spalle hanno ben precisi motivi che spesso sono dovuti ad accadimenti strettamente personali e che ci procurano angosce di vario tipo, magari non esprimibili con precisione e magari a noi note per puro intuito. Pare che il caso non c’entri proprio.

soccrate

ma il non tempo prima del big bang secondo voi era casuale?.o il big bang era casuale al non tempo,perche se cosi fosse e come penso che sia esiste il grande caso svincolato da qualsiasi legge deterministica

Nifft

Credo che la confusione che si genera attorno i concetti del tipo: determinismo, causalità. casualità. razionalità, libero arbitrio, ecc…, sia dovuta al fatto che tendiamo ad antropormofizzare con concetti ambigui ed illusori la Natura (compresa la nostra). Ad esempio un comportamento “irrazionale” (ad esempio la pazzia o l’istinto) potrebbe benissimo essere “deterministico” e spiegabile con ipotesi “razionali”. Oppure un fenomeno potrebbe essere “casuale” e “non-deterministico” e continuare comunque ad essere descritto con leggi “razionali” e predittive. Sembrano paradossi, ma non c’è contraddizione, Si mischiano nella stessa frase livelli interpretativi diversi.

sallustiobis

Se il caso esista realmente oppure sia solo un illusione causata dalla nostra ignoranza non si sa per certo, ma la teoria scientifica che meglio spiega il funzionamento del nostro mondo, ovvero la teoria quantistica, si basa solo su probabilità. Dato un esperimento ben definito non si può predire che avrà un certo risultato ma solo la probabilità di ogni risultato possibile. Finchè la teoria quantistica non viene confutata è quindi ragionevole assumere che il caso esista realmente.
Un ottima introduzione (quattro ‘lectures’ del premio Nobel per la fisica Feynman) si trova su questo sito http://vega.org.uk/video/subseries/8

Sergio

Che il caso non esista mi pare un’evidenza: tutto ciò che avviene ha una causa precisa anche se non la conosciamo. Noi non conosciamo e penso non conosceremo mai tutti i fattori o le cause che concorrono a determinare un effetto.

La causa prima alias Dio condiziona tutta la catena di eventi successivi. Quindi non può esistere né il caso né la libertà né il libero arbitrio: tutto è necessariamente.

Questo assoluto determinismo non porterebbe però la magistratura a chiudere, come ha detto qualcuno. Naturalmente se non ci sono libertà e libero arbitrio non può nemmeno esistere una “colpa”. Tuttavia per ragioni evidenti l’individuo e la comunità hanno il diritto d’impedire certe azioni con la prevenzione e la punizione. Ma sia il reato che il tentativo d’impedirlo o la punizione sono tutti effetti o fenomeni necessari.

Io sono fermo a questo modo di vedere le cose. Non si tratta comunque di far salva la libertà per difendere la “dignità” dell’uomo (dignità è poi un concetto ambiguo o indefinito).
La libertà è del resto anch’essa un concetto ambiguo: nessuno è libero da condizionamenti di vario tipo che restringono di molto il concetto corrente di libertà (vedi attenuanti, per la legge e la morale).
“Libertà va cercando ch’è sì cara…”. Quando invochiamo la libertà desideriamo non essere sottomessi al volere altrui. Inutile dire che sia il desiderio di dominio (volontà di potenza) che il desiderio di affrancarsene sono fenomeni necessari, dovuti a determinate cause.

Roberto Vai

@dany

Come possiamo considerarci distinti dalla Natura? Noi siamo Natura, che altro?
Ciò che chiamiamo “artificiale”, perché prodotto da noi esseri umani, è in realtà naturale, come tutto ciò che ci circonda. Non c’é nulla fuori dalla Natura.
Secondo me, è ormai ora di liberarci dalla visione antropocentrica che ci ha illuso per troppo tempo. Siamo addirittura arrivati al punto di immaginare Dio a nostra immagine e somiglianza… Non è questa la vera bestemmia?

Andrea

A me più che a un dio creatore fa venire in mente la legge di causa-effetto del Buddhismo.

myself

La fisica quantistica moderna è una teoria non deterministica e non è l’unica teoria fisica non deterministica, non confondiamo però il modello con la realtà, come diceva qualcuno sarebbe come andare al ristorante e mangiare il menu.

Il fatto che la teoria quantistica funzioni bene fa pensare che forse la realtà possa essere non deterministica, comunque a mio parere la cosa non ha nessun risvolto ne fisico ne filosofico tanto che la natura sia determinata o casuale noi non possiamo che trattarla con approssimazioni e previsioni di cui l’importante è stimare l’errore.

Roberto Vai

@Sergio,

il determinismo è la conclusione a cui giunge la razionalità guardando il passato. Questo è l’ovvio modo d’intendere la realtà.
Ma l’ovvio è pure il grande nemico di chi cerca la verità. E’ molto difficile, infatti, rimettere in discussione ciò che è considerato ovvio.

Il passato che la razionalità vede è però anche il sepolcro (come dice Carlo Sini, filosofo alla Statale di Milano), non vi è più la vita. E non si ha nessuna notizia se vi fosse stata una possibile alternativa a ciò che poi è avvenuto.

Non potrebbe essere invece, che a ogni possibile evento con più alternative possibili si dipartano differenti realtà? In tal caso noi non potremmo comunque averne notizia, dato che seguiamo una sola diramazione.

Qui sta la difficoltà. Infatti, è tanto “ovvio” credere che l’unica vera realtà sia ciò che abita il presente, e che questa realtà evolva inesorabile nel tempo.

Ho idea che questo modo di vedere non sia affatto la verità.

elebi

Sono perfettamente d’accordo con Sergio

@ roberto e dany

mi pare di capire che la vostra sia l’idea cosiddetta libertaria di libertà, cioè l’idea che:

(a) le nostre azioni volontarie non sono necessitate (cioè: se si riporta indietro lo stato dell’universo, compreso il tuo cervello, all’istante in cui hai preso una certa decisione, potrebbe benissimo accadere che una fluttuazione quantistica in una tua sinapsi ti fa prendere una decisione diversa)
(b) è proprio per questo che siamo punibili/lodabili per le azioni volontarie

Questa idea è in realtà un’illusione cognitiva. La libertà è il “poter fare quello vuoi” (consonanza tra volontà e movimento), non che “quello che vuoi” non è necessitato. Quest’ultima cosa vorrebbe dire che la tua volontà è in balia del caso, un tipo di libertà ben poco appetibile.

I comportamenti volontari sono incatenati nel tessuto causale del mondo fisico tanto quanto i riflessi involontari. La differenza è che tra le cause dei primi (ma non dei secondi) ci sono le parole. In altri termini: un’azione volontaria è un’azione che per fartela fare o non fare basta che io (o tu stesso, o la comunità tramite minaccia di ritorsioni) te lo chieda.

C’è una letteratura sterminata sull’argomento. Consiglio “Freedom evolves” del sempre ottimo Dennett e “The illusion of conscious will” di Daniel Wegner

A proposito della meccanica quantistica: l’indeterminismo c’e’ solo a livello microscopico; per sistemi con massa diciamo pari o superiore a un granello di polvere anche la meccanica quantistica prevede un comportamento deterministico.

Roberto Vai

@elebi,
in parte mi pare di aver già risposto nel mio precedente intervento.
Vorrei però aggiungere che la tua confutazione è senz’altro corretta, direi ovvia, almeno per la coscienza generale dell’umanità.

Il fatto è, però, che noi, così facendo, facciamo coincidere ciò che abbiamo interpretato della realtà con la realtà stessa.
Questo è un grave equivoco in cui ci siamo intrappolatii. La parola, il pensiero, non sono la cosa in sé, ne sono solo un’interpretazione.

Decidere cosa sia la realtà, è un atto che inevitabilmente finirà sempre per naufragare.

Daniela

il caso è nel calcolo delle probabilità e nelle sue applicazioni, ciò che determina, di un evento gli aspetti che sfuggono individualmente a ogni previsione, mostrando di seguire leggi regolari solo statisticamente. Una delle principali peculiarità della meccanica quantistica è data dal fatto che in essa lo stato e l’evoluzione di un sistema fisico vengano descritti in maniera intrinsecamente probabilistica, molte sono le evidenze sperimentali e le tecnologie basate sul funzionamento della meccanica quantistica, il laser, il microscopio elettronico, la risonanza magnetica e molto altro, la meccanica quantistica è una disciplina rigorosa dal punto di vista scientifico con solide basi matematiche e sperimentali.
Il libro non l’ho letto ancora, ma se uno scienziato venisse a dirmi che il caso non esiste, gli chiederei se ha preso veramente la laurea? Io capisco che l’approssimazione e la modifica dei termini è qualcosa di moda oggi, vedi la differenza inventata tra laici e laicisti, ma almeno uno che si definisce scienziato dovrebbe essere preciso, e se anche uno che si occupa di statistaca fa errori del genere vuol dire che quello è alla frutta.
Spero vivamente che il giornalista abbia fatto un pessimo articol, e qualche dubbio mi viene quandomette nello stesso calderone “caso”, “casualità” e “causalità”.

Sergio

Roberto scrive:

“La parola, il pensiero, non sono la cosa in sé, ne sono solo un’interpretazione.
Decidere cosa sia la realtà, è un atto che inevitabilmente finirà sempre per naufragare.”

Dirò innanzi tutto che la “cosa in sé” di kantiana memoria non m’interessa. Che cosa sia il “sasso in sé” (la “sassità”) mi sembra privo d’interesse: mi bastano le sue qualità (forma, colore, peso, volume, struttura ecc.) per decidere dell’uso (per esempio tirarlo in testa a qualcuno). La sassità la lascio a zio Kant.

Lo stesso potrei dire della “realtà in sé”, per definizione inconoscibile. Ma la realtà in sé, come il sasso in sé, ha qualità che possiamo conoscere e che ci permettono d’interagire con essa. Potrebbe anche bastare. Dunque non naufraghiamo.

Dio è per la teologia e per definizione inconoscibile: se com-prendissimo, capissimo Dio, sarebbe un Dio minore, definito e definibile, che ha posto nella nostra capoccia. E invece anche di là col cavolo che capiremo il mistero della Trinità.
Lo stesso potremmo dire della realtà o dell’universo: ci siamo dentro, ne facciamo parte, non possiamo essere in contraddizione con essa, ma afferrare il tutto, conoscerlo in ogni sua parte, è probabilmente impossibile. A meno che l’evoluzione non tenda a questo, a far coincidere la coscienza di un essere futuro con il tutto, un essere che sarebbe o meglio diventerebbe quel fantomatico Dio di cui si parla molto a vanvera oggi. Ma questa mi sembra fantascienza.
Intanto accontentiamoci di questa bellissima realtà sotto i nostri occhi.

Roberto Vai

@Sergio,
da questo tuo ultimo discorso mi pare di capire che concordi con me: è meglio non tirare conclusioni.
In tal caso, però, il determinismo è anch’esso opinabile.

D’altronde, o facciamo come tu dici: “Intanto accontentiamoci di questa bellissima realtà sotto i nostri occhi.”
Oppure vogliamo saperne di più. Ma se optiamo per il determinismo, e lo portiamo alle sue estreme conseguenze, esso diventa inevitabilmente il nostro annichilimento.

opinione

La Vita è consenso ideale presente; unica, inconfrontabile e irreversibile e riguarda il principio e la finalità della conoscenza, perciò è constatabile all’inconcepibilità certa dell’uguaglianza assoluta di ciò che è; mentre l’esistenza è condizione eventuale incerta e diversificata e riguarda l’inizio e la fine della consistenza materiale di ciò che cè, perciò al concetto risulta realtà interpretabile; cioè casuale.

raphael

Ma se optiamo per il determinismo, e lo portiamo alle sue estreme conseguenze, esso diventa inevitabilmente il nostro annichilimento.

Allo stesso modo se esistesse un Dio non saremmo noi e le nostre azioni frutto del Suo determinismo?
Che Dio sarebbe se non conoscesse tutto il passato, il presente ed il futuro? Non può limitarsi….

Silesio

No ho visto grandi accenni alla fisica quantistica che dovrebbe essere la prima ad essere chiamata in “causa” su questo argomento. Da giovane lessi “Fisica e Filosofia” di Heisenberg in cui si trattava appunto del principio di indeterminazione e del fatto che la maggior parte dei vecchi concetti della “filosofia della natura” tra cui “caso”, “necessità” erano concetti assai ammuffiti. Non so da quale formazione partano i due autori, ma mi sembra che proprio la meccanica quantistica abbia eliminato il concetto di “necessità” come determinismo a priori. Andremo a leggere…

Roberto Vai

Sì Raphael,
ma solo il Dio di una visione dualistica: Dio e il mondo.
Il Dio insomma delle religioni monoteistiche, che, secondo me, sono comparse sulla Terra come possibili rimedi all’angoscia esistenziale.

Questa visione dualistica ha fatto ormai il suo tempo, è assillata da contraddizioni insolubili: il bene e il male, il libero arbitrio e l’onnipotenza di Dio.
Il suo superamento può però avvenire in due modi:
1) L’ateismo, ovvero esiste solo il mondo.
2) Oppure il monismo, ovvero esiste solo Dio.

In questo secondo caso Dio è Tutto. Ma questo Tutto, proprio perché è la totalità, equivale al Nulla.
Dato che l’infinito ha la stessa possibilità di essere compreso del nulla.
Se accettiamo questa possibilità: esiste solo Dio, allora il determinismo diventa solo uno degli ostacoli che la nostra ragione incontra nella ricerca il vero.

statolaico

Io passai l’esame di metodologia e tecnica della ricerca sociale con negrotti e già all’epoca era fissato con “l’artificiale”, portavamo infatti anche un suo testo in cui spiegava una sua teoria (che non era per nulla finita un lavoro affascinante e robusto, forse ci lavora ancora), la c.d. “teoria dell’artificiale”, praticamente il suo fiore all’occhiello. Davvero un personaggio (nel senso buono). 🙂

Silesio

Se ci fosse qualche forumista esperto di fisica teorica potrebbe in realtà chiarire alcune cose che personalmente non so spiegare bene. Io mi ricordo della frase “scandalizzata” di Einstein: “Dio non gioca a dadi!” a commento della teoria dei quanta. Eppure la meccanica quantistica finisce con il vanificare ogni teologia, dal momento in cui gli argomenti “teologici” nella loro “tradizionalità” si fondano su un concetto di realtà di tipo grossolano ed essenzialmente scorretto. A differenza di ciò che avviene nel mondo “grossolano” gli stati quantici possono esistere in “sovrapposizione”, ossia in parole semplici “A” può essere contemporaneamente “A” e “non-A”. Intuitivamente chiunque potrà vedere che il mondo che scaturisce è solo uno dei tanti mondi probabili o possibili. In questo quadro l’idea di una “creazione” perde di senso, in quanto in un modo o nell’altro, qualcosa ci dovrebbe sempre pur essere.

Guastardo III di puglia

quanti filosofi, mi pare il circolo di vienna spiritualizzato ^^
Evviva la criptometafisica accusata a Wittgestein!

(non è una critica)

Sergio

Un’obiezione ingenua, forse cretina, per Roberto, Silesio e altri scienziati.

Non vi capisco. Della fisica quantistica non so praticamente niente come, presumo, la quasi totalità dell’umanità (azzardo un 95%, ma forse più). Ho registrato delle trasmissioni ad usum Delphini e sono stato confrontato a paradossi e fenomeni vagamente o del tutto assurdi e inconcepibili (uno per tutti: la particella che attraversa contemporaneamente due fori diversi alla stessa altezza). C’è dunque un mondo in cui tutti questi concetti – principio di non contraddizione, causa, effetto, caso, casualità ecc. – sono ammuffiti ovvero superati.

Non capisco. Il mondo reale in cui ci muoviamo, il mondo dell’UAAR, tutti i nostri grossi problemi (Ratzinger ante portas) non possono fare a meno dei concetti ammuffiti.
Scusate la mia ignoranza e arretratezza.

Marco.g

Sono l’unico ad aver avuto l’impressione che chi ha scritto questo articolo non ha nemmeno capito di cosa parla il libro?

Bruno Gualerzi

@ Sergio
Concordo con te tranne per una cosa… che poi magari sta a significare che non concordo per niente.
Quel mondo ‘inconoscibile’ di cui parli, la vecchia ‘cosa in sè’ di zio Kant, spesso viene – più che giustamente per tanti aspetti – cacciata fuori dalla porta perchè inservibile a tutti gli effetti, inutilmente ingombrante come ogni metafisica… ma poi rischia di rientrare dalla finestra mentre si continua a tenere d’occhio la porta. Perché? Perché, per inservibile che sia, resta come esigenza strutturale alla condizione umana, e il non tenerne conto in questo senso (nel senso di non avere coscienza di questo suo essere esigenza, sia pure mai appagabile, e di viverne la contraddizione) la caccia in una dimensione inconscia della nostra psiche del tutto fuori controllo.
Con quali conseguenze ‘oggettive’ (oltre che soggettive, ma questo apre un altro discorso che non voglio fare ora), tutt’altro che trascurabili, molto concrete, pratiche… e proprio per chi si sente vicino al mondo UAAR? Con la conseguenza che viene lasciato libero quel campo in cui pascola da sempre un gregge guidato dal Pastore di turno. Soprattutto dal Pastore per antonomasia: ora come ora, da quel ‘Ratzinger ante portas’ che detiene il controllo fraudolento di tante coscienze. Sfruttando proprio questa dimensione inconscia.
E, permettimi, sfruttando anche il disinteresse per questa dimensione di chi per altro non crede alle sue – e alle tante altre simili – panzane.

Nifft

Sulla meccanica quantistica (MQ) c’è un fiorire di interpretazioni diverse. Ce se ne può fare un’idea facendosi un giro su wikipedia. Le interpretazioni vanno da quelle deterministiche a quelle non deterministiche, con uno spettro continuo tra le due estremità. Tutte queste interpretazioni non sono in contraddizione con l’insieme delle equazioni che costituiscono la MQ. L’unica cosa certa è che queste equazioni “funzionano” in senso operativo e, se applicate secondo certi criteri, ci danno la capacità di prevedere in senso statistico lo stato di un sistema quantomeccanico.

Vorrei fare anche un’osservazione sul fatto che secondo me non si dovrebbe contrapporre il determinismo, secondo la definizione che ce ne da la fisica, con l’esistenza o meno del libero arbitrio. Sono concetti che viaggiano su piani completamente diversi. Come ha espresso chiaramente anche elebi qualche post più sopra.

C’è chi in effetti punta sugli aspetti non-deterministici dell MQ per dimostrare l’esistenza del libero arbitrio e della coscienza, o addirittura l’esistenza di Dio (la super-coscienza). Io credo che in realtà la MQ non dimostri proprio niente, visto che non si spiegherebbe ad esempio come mai non consideriamo anche un sasso dotato di libero arbitrio o di intenzionalità, visto che in esso avvengono le sesse fluttuazioni quantistiche che avvengono nel nostro cervello. Si tratta semplicemente di una confusione concettuale che si genera tipicamente quando si accosta una terminologia esatta (quella fisica), valida in un contesto ben preciso, con una più fumosa (quella della filosofia o peggio, della teologia).

Un’ultima osservazione sul principio di causalità che implicherebbe l’esistenza di Dio (la causa prima). Il principio di causalità *non implica* l’esistenza di una causa prima. L’esistenza di una causa prima è un postulato arbitrario. Con buona pace della scolastica.

monicavita

@Gianni
che contorcimenti mentali per spiegare l’origine della vita: oltre a tutte le leggi scientifiche da esaminare, discutere, provare, smentire, dovremmo pure porci il problema di chi ha creato il vostro immaginario creatore? O dovremmo, noi razionalisti, credere che il creatore sta lì da sempre e non ha bisogno di spiegazioni? Ma possibile che voi credenti siate ancora convinti che l’idea di creatore semplifichi le cose? Facciamo un patto: noi continuiamo a pensare e voi continuate a credere.

GIANNI

@ monicavita

sono d’accordo con te che l’idea del creatore non semplifica le cose (nel senso che non da risposta a tutte le domande), comunque, e non è poco, dà un senso alla vita…

Marco.g

Tutto l’articolo (il libro presumo di no) si basa sulla generalizzazione grossolana per cui la Scienza (atea) avrebbe come Postulato l’identificazione del Caso come Origine prima di tutte le cose. Ovviamente le cose non stanno così. Il “caso” non è ne’ un termine scientifico ne’ metafisico, è semplicemente una parola con la quale indichiamo una causalità talmente complessa da rendere impossibile conoscere o anche determinare in anticipo gli effetti.

Un esempio tipico è la lotteria, che vale anche come esempio di “artificialità”, in quanto funziona soltanto perché scegliamo di occultare deliberatamente le cause. Se a un certo punto i numeri non venissero nascosti il risultato non sarebbe più “casuale”.

Il fatto è che, come scriveva Stephen Jay Gould, l’evoluzione sembra funzionare in un modo molto simile ad una lotteria. Basta variare anche solo un piccolo elemento di questa complessa causalità per ottenere risultati molto diversi. Se il film della vita potesse essere riavvolto, niente si svolgerebbe più allo stesso modo. Se lo si potesse riavvolgere più volte, darebbe ogni volta risultati diversi. Semplicemente le varianti secondo le quali le casualità complesse che la determinano possono essere combinate sono tali da poter essere considerate, ai fini pratici, infinite. Un sistema di cause ed effetti può diventare abbastanza complesso da rendere “caso” e “necessità” praticamente indistinguibili.

Bruno Gualerzi

@ Sergio
Forse devo chiederti scusa. Non avevo letto con la dovuta attenzione il tuo intervento delle ore 06.12, e mi riferivo soprattutto a quello precedente. Per il quale confermo quanto scritto, mentre non sono sicuro che ciò valga anche per questo ultimo. Se ti va, dimmelo tu.

Sergio

@ Nift

Grazie di queste scarne ma comprensibili note sulla MQ. Un’osservazione sulla causa prima, che dici un postulato arbitrario. In effetti è concepita per evitare il regressum ad infinitum che ripugna alla nostra ragione. Ma perché ripugna? Perché è inconcepibile, come del resto l’infinito stesso di cui nessuno ha esperienza. La nostra esperienza vede dappertutto limiti, inizio e fine di ogni fenomeno o ente.

Ma come Dio è causa di se stesso – in altre parole non ha causa – lo stesso si potrebbe affermare dell’intero universo o della materia: la causa come in Dio è in sé, ovvero non ha causa, semplicemente è (eterna). Se affermassimo questo non avremmo bisogno di un postulato arbitrario (la causa prima alias Dio di aristotelica memoria e del suo scopiazzatore d’Aquino).

Sergio

@ Bruno Gualerzi

Devo dirti (o ammettere) che non ho capito molto il tuo intervento delle 7:21. Per esempio questo passaggio mi risulta oltremodo ostico pur avendolo letto e riletto;

“Perché, per inservibile che sia, resta come esigenza strutturale alla condizione umana, e il non tenerne conto in questo senso (nel senso di non avere coscienza di questo suo essere esigenza, sia pure mai appagabile, e di viverne la contraddizione) la caccia in una dimensione inconscia della nostra psiche del tutto fuori controllo.”

Il mio IQ è molto basso purtroppo e non ci arrivo. Avrai notato che io mi esprimo in modo elementare, in conformità del mio IQ (sotto la media).

Ma mi rendo però conto che qui non si possono dare lunghe spiegazioni passo passo per i poveri di spirito come il sottoscritto.

Nifft

@ Sergio
“Grazie di queste scarne ma comprensibili note sulla MQ. Un’osservazione sulla causa prima, che dici un postulato arbitrario. In effetti è concepita per evitare il regressum ad infinitum che ripugna alla nostra ragione. Ma perché ripugna? Perché è inconcepibile, come del resto l’infinito stesso di cui nessuno ha esperienza. La nostra esperienza vede dappertutto limiti, inizio e fine di ogni fenomeno o ente.”

Il fatto è che, anche se non ce ne accorgiamo, il “regressum ad infinitum” lo vediamo da tutte le parti. Che esso ripugni alla ragione non è più vero almeno dal 1600. La stessa fisica è nata con Newton e Leibniz proprio dalla possibilità indedita di gestire limiti all’infinito attraverso il calcono infinetesimale. Se non sapessimo gestire tali serie infinite dovremo concludere che Achille non potrà mai superare la tartaruga e tutta la fisica (quella moderna, non quella di Aristotele) sarebbe impossibile.

P.s. Il lavoro fondamentale sugli infiniti, su cui si poggia gran parte della matematica e praticamente tutta la fisica (in particolare, manco a farlo apposta, la MQ) è quello sullo studio degli insiemi infiniti di Georg Cantor.

Roberto Vai

Un’interessante interpretazione della MQ è espressa nell filmato “What the bleep do we know!?”, disponibile gratuito su Internet con i sottotitoli in italiano.

La meccanica quantistisca è, per me, solo uno dei tanti spunti che mi portano a mettere in discussione la concretezza del mondo. Almeno come di solito la si intende. Ovvero con pieni e con vuoti. Con ciò che c’è, ora, e ciò che non c’é, ma che c’era o ci sarà.

Questa bellissima realtà o la vivo, come ben dice Opinione, o me ne voglio fare una ragione.
In questo ultimo caso però, più la studio e più essa perde di consistenza.
Gli atomi, le particelle considerate indivisibili, non esistono. Ma non tanto per quel che dice la scienza, proprio non possono esistere! E’ un rifiuto che viene dal profondo.

La realtà non è ciò che abita il presente. Se fermassi il tempo, non vi sarebbe alcuna realtà congelata. Questa è una fantasia della mia razionalità malata. Ma non perchè è cosa inattuabile, proprio perché fermare il tempo vorrebbe dire cadere nel Nulla. Niente può esistere senza divenire: tutto è tempo.

Datemi un punto fermo e non solleverò il mondo, ma tutto vi collasserà.

Bruno Gualerzi

@ Sergio
Mi spiace l’abbia preso in questo modo, anche perché il mio cosiddetto IQ, se misurato con i parametri correnti, quasi sicuramente è anch’esso sotto media. Provo a dirlo in altre parole, forse ancora meno comprensibili… ma ci provo, perchè ci tango a farmi capire.
L’evoluzione biologica ha fatto pascolare su questo pianeta un animale, l’uomo, dotato di coscienza: coscienza che lo obbliga in qualche modo ad essere consapevole della propria precariatà (l’uomo, a diversità, come almeno pare, degli altri animali, ‘sa’ di morire).
Da qui una condizione umana caratterizzata dalla necessità di far fronte a questa precarietà usando soprattutto lo strumento (la coscienza) che lo caratterizza, e che lo porta a porsi quelle famose domande sulle quali in genere si ironizza: ‘”chi siamo”, “da dove veniamo”, “dove andiamo” eccetera.
Ebbene, queste domande, destinate a restare senza risposta (e anche per questo si prestano all’ironia), sono però, io credo, domande ineliminabili. Non tenerne conto, soprattutto ‘rimuoverle’ in senso psicanalitico, non significa che non rimangano, ma rimangono, appunto, a livello inconscio, cioè agendo sulla nostra coscienza senza che ce ne rendiamo conto. Che è quanto di più pericoloso ci possa essere, perché ci spingono a cercare risposte nell’irrazionale (per es. le religioni, ma non solo).
Tutto qui, almeno per il passo da te riportato.
(Ribadisco il mio disappunto per come hai accolto i miei rilievi. Per ragioni del tutto casuali ho fatto l’insegnante di storia filosofia (ora sono in pensione) ma mi sono sempre ritenuto poco più di un autodidatta, e proprio per conservare una libertà di pensiero che è ciò cui tengo maggiormente e che mi ha fatto avvicinare a UAAR).
Un saluto cordiale.

Roberto Vai

@Nifft
“come mai non consideriamo anche un sasso dotato di libero arbitrio o di intenzionalità”

Perché sbagliamo.
Convinti nella unicità della nostra ragione. Sarà più potente di tante altre, ma perché dovrebbe essere diversa in assoluto?
E se non è veramente “altro”, questa benedetta ragione non dovrebbe essere allora dovunque? Anche se si manifesta in modi per noi inimmaginabili?

Roberto Vai

@Niftt
“Il fatto è che, anche se non ce ne accorgiamo, il “regressum ad infinitum” lo vediamo da tutte le parti. Che esso ripugni alla ragione non è più vero almeno dal 1600. La stessa fisica è nata con Newton e Leibniz proprio dalla possibilità indedita di gestire limiti all’infinito attraverso il calcono infinetesimale. Se non sapessimo gestire tali serie infinite dovremo concludere che Achille non potrà mai superare la tartaruga e tutta la fisica (quella moderna, non quella di Aristotele) sarebbe impossibile.”

Difatti ciò è avvenuto con il trionfo della razionalità. Molto utile senz’altro la razionalità, ma essa non è fonte di verità (Ogni sistema non può essere autosufficiente, Godel).
Achille non potrà mai superare la tartaruga, se li intendiamo, come la razionalità li intende, come oggetti distinti.
Ma nessun oggetto è mai “veramente” distinto. Questa è solo una semplificazione della realtà, avvenuta per praticità da parte della razionalità.
La razionalità sistema la realtà, non la spiega.
Achille supera la tartaruga perché Achille non è “veramente” distinto dallo spazio che lo circonda e dalla stessa tartaruga.

guido

Come dice “elebi” : per sistemi con massa diciamo pari o superiore a un granello di polvere anche la meccanica quantistica prevede un comportamento deterministico.
Quì sta il nocciolo della questione dal momento che il comportamento casuale e tutte le altre stranezze delle particelle non si riscontrano nel nostro mondo che appare abbastanza deterministico (salvo l’evoluzione dei fenomeni complessi).
E non esiste un confine di demarcazione (è stato sperimentato che non solo particelle elementari ma anche molecole composte da molti atomi – ad esempio il fullerene – possono coesistere in sovrapposizione; per dirla in altri termini possono stare contemporaneamente in due posti diversi).
Il quasi determinismo che riscontriamo nel nostro mondo macroscopico deriva dal fatto che le particelle elementari non seguono alcuna legge – cosa le costringerebbe?- e questa non è una contraddizione come a prima vista può sembrare.
La cosidetta legge di grandi numeri apparentemente fà si’ che se lanciamo una moneta molte volte testa e croce si equivalgano; vogliamo allora pensare che la moneta tenga conto di tutti gli altri risultati per decidere o essere costretta a girarsi da una parte? Si deve anche considerare che è la stessa cosa il lanciare 100 volte una moneta o lanciarne 100 contemporaneamente.
Il fatto è che non teniamo conto dell’ordine di uscita ma riguardiamo solo l’evento complessivo, e di eventi che portino intorno all’equivalenza ce ne sono molti di più degli altri (è una questione di rapporto tra permutazioni e disposizioni) e perciò abbiamo l’illusione di un certo determinismo.
Se le monete fossero molti miliardi, come le particelle, allora saremmo portati vieppiù a credere al determinismo.
Una molecola che vibra per agitazione termica si muove in ogni direzione, casualmente, anche verso l’alto; un granello di sabbia potrebbe muoversi spontaneamente verso l’alto se lo facessero tutte le molecole di cui è composto, non è proprio “assolutamente impossibile”.

Sergio

@ Bruno Gualerzi

Scusa le mie obiezioni che erano in effetti un po’ ironiche (ma non troppo). Invece questo tuo ulteriore commento mi è piaciuto.
Caso mai avrei qualcosa da ridire sul fatto che solo quell’animale razionale che è l’uomo “sa” di morire. Certo le capacità intellettuali dell’uomo sono incomparabilmente più elevate di tutti gli altri esseri terrestri che conosciamo, ma sul punto non sono così sicuro. Fino a poco tempo fa si sosteneva che solo l’uomo ha l’autocoscienza, ciò che lo distinguerebbe dall’animale (si diceva che un animale davanti allo specchio non poteva riconoscere o capire che l’immagine era la sua). Nel frattempo si è abbandonata questa posizione. Certo l’animale non pensa come noi, ma “sente” il pericolo (conosce dunque). Come “cogito” preferisco: sento (o soffro, piango) ergo sum.
I gesuiti staranno ora a sottilizzare per esaltare quell’essere incomparabile dotato di anima immortale e destinato alla gloria dei cieli. Ma i gesuiti sono dei cialtroni (spero che saremo d’accordo su questo).

Quello che leggo oggi (Roberto Vai, Silesio, Nift, Opinione ecc.) mi disorienta, ma mi fa riflettere.
Un saluto cordiale

Bruno Gualerzi

@ Sergio
Sono contento per il chiarimento circa le intenzioni dei nostri interventi.
Solo una precisazione. Dicendo che l’uomo ‘sa’ di morire, intanto non intendevo affermare – d’accordo con te e con il concetto autentico di ‘evoluzione’ – che anche gli altri animali non lo ‘sappiano’, magari in altro modo che ancora ci sfugge… ma soprattutto non intendevo con questo affermare che l’uomo è ‘superiore’ agli altri esseri viventi.
Anzi, personalmente temo addirittura (sì, soffro di ‘pessimismo cosmico’) che la specie uomo, l’ultima arrivata sul pianeta, possa essere anche la prima ad andarsene. E per propria colpa, con tanti saluti alla sua sua presunta superiore intelligenza e alla sua presunta anima ‘immortale’. O meglio, proprio a causa di questa sciocca presunzione che lo porta ad anteporre l’aldilà all’aldiqua. E se sono ateo, lo sono soprattuto per questo, per cercare di impedire questa corsa più o meno inconscia verso la propria distruzione.
Ciao.

Barbara

Da buddista,sull’argomento posso fare le seguenti considerazioni:
“Se vuoi conoscere le cause passate guarda i risultati che si manifestano nel presente,se vuoi conoscre gli effetti che si manifesteranno nel fututro guarda le cause che stai ponendo nel presente.”
Le religioni si sono occupate del caso seguendo molte strade,spesso atttribuendo la sorte degli individui all’essere in grazia con dio,alle loro buone azioni,alla fede,alla predestinazione e così via.In contrasto il buddismo insegna che la sorte di ogni persona è il diretto risultato delle cause che questa ha posto nell’esistenza attuale ed in tutte le precedenti(dato che la vita è eterna).Perciò ogni persona ha la sfortuna o fortuna che merita.Ciò potrebbe sembrare pessimistico se non fosse per il principio buddista di shukumei tenkan(cambiare il proprio destino),significa:ciò che risiede nella vita di un individuo.E’ il karma che risiede nella vita di ognuno di noi,che buono e cattivo.E’il cattivo karma che deve essere sradicato o cambiato,il buddismo insegna che il modo per liberarsi delle cattive cause è creare cause positive ancor più grandi nella vita presente.Si può dire che il buddsmo sia una religione che dà alle persone le redini del loro stesso destino.

nasoblu5

>praticamente ha cancellato nelle premesse il 50% delle possibili spiegazioni sulla nascita >della vita…

Ed in base a quale presupposto si tratta del 50%?

Allucinazioni, cannabis, LSD o quant’altro….

Se vuoi fare un ragionamento scientifico dotato di una minima serietà potresti assegnare alla possibilità dell’esistenza di un creatore, e non staro qui a rilevare tutte le fallacie epistemologiche già rilevate da Dawkins e compagnia in merito all’introduzione di un’ipotesi del tutto non necessaria, una probabilità valutabile per eccesso a dieci elevato a meno dieci seguito da dieci miliardi di zeri e vedere quali dati, eventi sperimentali, edifici teorici coerenti con i dati a disposizione possano smuovere quella probabilità di qualche ordin di grandezza verso l’alto.

Buona fortuna!!

Roberto Vai

@Guido
Sono completamente d’accordo, penso che il tuo intervento abbia chiarito un aspetto fondamentale.

Manlio Padovan

A leggere alcuni commenti, indubbiamente come tutti interessanti ed originali, mi viene in mente di avere sempre avuto la sensazione che noi (occidentali? Qui non so rispondere perché non sono all’altezza per farlo) tendiamo in ogni questione a vedere cosa c’è sempre più dentro, ma trascuriamo per lo più di osservare cosa c’è intorno. Basterebbe, per fare solo un esempio che non mi pare banale, il nostro atteggiamento nei riguardi della natura e la conseguente agricoltura la quale, nata dall’osservazione della natura, da essa non solo si è staccata ma l’ha decisamente tradita ed è essa stessa peggiorata.
Oppure l’atteggiamento nostro nei riguardi della proprietà e quello che hanno i popoli nativi (non so se solo i neri; ma a questi lo riferisce il giornalista Kapuscinski) per i quali ogni membro della comunità detiene il diritto individuale ad una ragionevole porzione di terreno agricolo, secondo i suoi bisogni; ecco quindi che la sicurezza individuale è il diritto garantito di reclamare una porzione di terra per coltivarla; e se un tribunale, riunito sotto l’albero, deve giudicare due membri del villaggio, non cercherà di appurare la verità, ben sapendo che essa non è appurabile, ma si dedicherà ad appianare il conflitto. Ha dichiarato Salvatore Satta, che fu stimato giurista e romanziere: “…veramente processo e giudizio sono atti senza scopo, i soli atti della vita che non hanno uno scopo…”.
Non potremmo fare uno sforzo per correggerci? Basterebbe forse fare più caso alla realtà e vincere quella malefica cosa che è l’idealismo.

Silesio

Sarebbe bello che ottenesse un po’ di pubblicità il progetto “The elegant universe” afferente al sito
http://www.pbs.org/wgbh/nova/elegant/
E’ in inglese e lo segnalo perché è un documentario sugli sviluppi delle prospettive della fisca che pochissimi (io compreso) non conoscevo.

Alien

Siamo di nuovo al vecchio dilemma: il mondo è necessario o contingente? Se diciamo che è necessario, dobbiamo accettare il concetto “niente accade per caso”. Se diciamo che è contingente, allora iniziamo a domandarci il perchè qualcosa accade in un modo e non in altri. In entrambi i “casi”, finiamo nel vicolo cieco del misticismo.

Nel primo caso sbagliamo perchè ci impegoliamo nel regresso all’infinito del rapporto causa-effetto, fino ad arrivare alla cosiddetta Causa Prima (dio), che è un tentativo ingenuo di fermare la catena regressa che abbiamo definito in modo antropomorfo e quindi in qualche modo illegale.

Nel secondo caso sbagliamo perchè ci impegoliamo nella teleologia del mondo, che, di nuovo, è un ingenuo tentativo che pecca di antropomorfismo nel vedere finalità dappertutto (il disegno intelligente).

Come vedete, tutti e due gli atteggiamenti portano al concetto di dio.

La visione corretta non è nè l’una nè l’altra: il mondo semplicemente è quello che è, e dovremmo cercare di capirlo senza tirare in ballo concetti antropomorfi e soggettivi come “caso”, “finalità”, “determinismo”, “dio”.

E’ ovvio che la matematica sia l’unico mezzo che possa oggettivamente descrivere il mondo oggettivo, ma non dimentichiamoci che le leggi naturali non sono mai esattamente descrivibili con tale mezzo. Quindi, niente “caso”, ma anche, per favore, niente “dio”.

Roberto Vai

@Alien
Sondo me vi sono altre possibilità, oltre al contingente e al necessario.

Una di queste è l’evoluzione creatrice (Bergson) e un’altra è l’interpretazione di Everett della meccanica quantistica: mondi paralleli.

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